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Autore: Veni Vidi Jackie    14/09/2015    1 recensioni
Matilde, amica (o qualcosa di più?) da più di un anno di Jack, ha da tempo dimostrato con lui atteggiamenti aggressivi. Quando lei troverà l'amore in Frank, Jack verrà prima relegato in secondo piano e poi abbandonato dalla ragazza. Ormai libero, la fine del "regime tirannico" di Matilde dovrebbe farlo stare meglio, ma la gelosia lo dilanierà e ben presto lo farà arrivare sull'orlo della pazzia.
In questa situazione, saranno personaggi assai strani a farlo tornare su di morale!
Genere: Comico, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Marco Tullio Cicerone mi guarda sorridendo, con la sua solita positività che emana. Sto cercando di fare i compiti, ma sento sempre il suo sguardo su di me. E' seduto sulla poltrona che mi sta di fronte. Quando alzo gli occhi, lui mi sorride e non dice nulla. Per dieci minuti non faccio che alzare e abbassare lo sguardo, mentre lui mi osserva.

- Vuoi qualcosa? - gli chiedo alla fine

- Oh, no no – risponde.

Io scrollo le spalle e continuo a studiare, ma percepisco sempre il suo sguardo su di me. Per un altro paio di minuti faccio finta di niente, poi butto la penna sul tavolo e mi rivolgo a lui.

- Marco, c'è qualcosa che devi dirmi? -

- Oh, sì sì -

- Ma se prima...-

Ci rinuncio: certe volte lui e i suoi “amici” sono incomprensibili. Dicono una cosa e ne fanno un'altra, sono pieni di contraddizioni. Non resta che armarsi di pazienza.

- Dunque, cosa vuoi? -

Lui scende veloce dalla sua poltrona e mi stringe da dietro le spalle, con tono affettuoso.

- C'è il processo, Jack. -

Ancora: frase incomprensibile. “Processo”? Che vuol dire? Che processo? - Marco, di cosa parli? -

Lui prende una sedia dal tavolo e vi ci siede accanto a me.

- La tua lezione con me sarà un processo -

- Continuo a non capire -

- Cercherò di convincerti che tu non hai colpa nell'aver perso Matilde. -

Rabbrividisco: Cicerone ha appena detto ciò che da tempo tento di rimuovere. Ho la convinzione che, se nei primi mesi in cui Matilde era buona con me io le avessi dichiarato il mio amore, lei adesso sarebbe stata la mia fidanzata. Non faccio che pensarci: ho perso il treno, è giusto che io ne soffra.

- Non fartene un rammarico, Jack. - Cicerone prende la sua sedia e la sposta nel centro della sala, poi mi fa alzare e prende anche la mia. La posiziona a circa quattro metri di distanza dall'altra, poi mi fa segno di prendere posto ad una delle due. Sempre più confuso, faccio come mi dice.

- Il mio amico Pomponio impersonerà Matilde – dice, poi fa un fischio come per chiamare qualcuno e dalla cucina sbuca un uomo. Chi è? Non l'ho mai visto! Come è entrato? Anche lui è vestito con una toga bianca e sta mangiando un pacchetto di patatine. Quando mi vede fa un grande sorriso e mi stringe la mano.

- Tu devi essere Jack! Che piacere conoscerti! Sono Tito Pomponio Attico, Marco mi ha parlato bene di te. Ah, questo strano cibo è ottimo! -

Lo guardo perplesso, perché sto ancora pensando da dove sia venuto e come sia potuto entrare nella mia casa. Lui nota il mio dubbio e mi dice:

- Non spaventarti, non sono un ladro! Marco mi ha chiamato per la sua lezione ed eccomi qua. Ho semplicemente infranto una finestra e sono entrato, niente di cui preoccuparsi -

Lo guardo allibito mentre si siede dall'altra parte. Quest'uomo ha fatto un'effrazione! E' penetrato in casa mia come farebbe un ladro! Cerco lo sguardo di Cicerone, sperando che mi spieghi meglio le cose, ma lui non fa che sorridere. Forse è fiero di come sta conducendo la sua lezione.

- Dunque – annuncia con fare cerimonioso – il mio grande amico Pomponio interpreterà Matilde; mentre tu, Jack...beh, sarai tu stesso. Adesso manca solo un giudice che presieda alla causa -

Marco batte una volta le mani e, dopo pochi secondi, sento bussare alla porta. Guardo Cicerone con aria dubbiosa, mentre lui mi invita ad andare a vedere. Aprendo la porta lentamente, ho paura. Non ho idea di chi mi ritroverò davanti. Mi faccio coraggio e la apro di qualche centimetro, poi sempre di più. Mi ritrovo davanti un uomo sulla cinquantina, che mi sorride. Poi mi tende la mano e io ricambio il suo gesto.

- Piacere di conoscerti. Mi chiamo Publio Virgilio Marone. -

L'uomo entra in sala, dove stringe la mano dei presenti. Marco si assicura di mettere dei libri sotto la sedia che poi indica a Virgilio, in modo che questa sia più alta delle altre due. Me ne torno al mio posto, quando lo stesso Cicerone riprende a parlare

- Jack, io farò il tuo avvocato. Il tema del nostro dibattito? Il qui presente Jack accusa Matilde di averlo abbandonato: è stata una cosa legittima? Matilde ha fatto ciò che andava fatto? Oppure ha sbagliato? Ha commesso un errore? Che sia deciso dai giurati! -

Cicerone schiocca le dita ed improvvisamente, come se emergessero da una nebbia fitta, compare un gruppo di persone sedute di fronte a noi. Sono tutte vestite di bianco e rosso, come Cicerone. Credo di trovarmi un un'aula di tribunale. Marco, vedendo il mio stato di perplessità, mi fa l'occhiolino, come se così potesse confortarmi. Mi ritrovo in mezzo a decine di persone vissute due millenni fa e lui crede che facendomi l'occhiolino mi tranquillizzi? Del resto non ha neppure senso farsi indietro: ormai sono in ballo e devo ballare. E' quindi con grande curiosità che chiedo:

- E chi sarebbe il difensore di Matilde?. -

Attico si gira verso di me e scuote la testa con un'espressione seria in volto, come a dire: “meglio se non lo conosci”.

Cicerone fischia di nuovo e dalla cucina esce un altro personaggio. La mia cucina è forse diventata una fabbrica di uomini? La giuria comincia a borbottare e io osservo il nuovo arrivato: procede a testa alta con fare altezzoso, come se considerasse tutti gli altri dei suoi inferiori. Ogni volta che incrocia lo sguardo con uno di noi fa una smorfia di disgusto. E' moro e piuttosto alto. Resta in piedi accanto a Cicerone, che non lo degna neppure di uno sguardo. Ma chi sarà mai? C'è un'atmosfera di tensione da quando è entrata quella misteriosa figura.

- Matilde, vuoi spiegare cosa provi per Jack? Vuoi dirci cosa sia Jack per te? - chiede Cicerone. Attico annuisce.

- Jack per me è importantissimo, è il mio migliore amico. Sono molto legata a lui... -

Rido, cercando di non farmi vedere, non so se sia perché un uomo sta imitando la voce di Matilde o per le sciocchezze che ha detto. Attico, infatti, sta imitando con successo il modo di parlare di Matilde. E' identico. Devo anche dire che la sua risposta rispecchia in pieno quella che avrebbe dato Matilde.

- Non credo – continua – di aver mai conosciuto una persona come lui. Mi è sempre stato vicino in tutti i momenti, sia felici che tristi. -

Rido più forte: forse sarà divertente, dopo tutto. Ho già sentito un paio di bugie e non ho intenzione di subire in modo passivo. Cicerone intuisce i miei pensieri e si rivolge a me.

- Jack, hai qualcosa da dire su quanto ha detto Matilde? -

Mi giro verso Pomponio Attico: devo fare un grande sforzo di immaginazione per vedere Matilde e non lui. Ciò che mi aiuta, tuttavia, è ciò che dice: ha dato una risposta del tutto coerente con quella che avrebbe dato la ragazza. In questo modo mi è più semplice fingere di avere a che fare con Matilde. Evidentemente ha studiato bene il suo personaggio. Ho l'impressione, non a caso, che tutto questo sia finto, che sia una messa in scena. Mi sembra di essere su un palco e che la giuria sia il mio pubblico.

- Se tu mi avessi voluto davvero del bene – inizio – non mi avresti abbandonato. Il vero affetto dura per sempre -

Pomponio fa la stessa espressione che ho visto tante volte assumere da Matilde: i suoi occhi si socchiudono mentre mi gela con lo sguardo, poi risponde alla mia provocazione in tono ancor più freddo.

- Io non ti ho abbandonato, sono solo stata impegnata in questo periodo. Ho avuto molto da fare. -

Scuoto la testa: non è vero, non ha avuto da fare. Non ha fatto che passare il tempo con Frank, senza più considerarmi. Non le permetterò che mi inganni di nuovo.

- Mi chiamavi sempre, ad ogni ora. Poi ti fidanzi con Frank e non ti fai più sentire, pensi che io...-

- Signor giudice, l'accusatore sta offendendo verbalmente l'imputata. Che venga fatto smettere! – esclama l'uomo misterioso, prendendo la parola per la prima volta. Virgilio alza una mano, poi mi chiede di continuare.

- Ricordi quando stavi male per Olivier, eh? Lo ricordi? Chi c'era accanto a te, eh? Chi era l'unico ad aiutarti? Io! -

Con grande sorpresa noto che i giurati si stanno asciugando gli occhi con dei fazzoletti...gli ho fatti emozionare? No, meglio se non li guardo o comincerò pure io. Vedo addirittura passare dei venditori di fazzoletti tra gli stessi giurati, che li comprano tra una lacrima e l'altra.

- Piangevi tutti i giorni e non avevi la forza neppure di uscire di casa! Poi un giorno piombo nella tua vita e tu mi dici che sono riuscito a farti dimenticare Olivier! Non immagini la mia felicità in...-

Mi fermo: cosa mi sta succedendo? Uno strano liquido esce dai miei occhi e io abbasso lo sguardo, per non darlo a vedere. Sto davvero piangendo? No, non in pubblico! Non ora!

Cicerone mi guarda, non capendo cosa mi stia prendendo. Mi passo una mano sugli occhi, mi schiarisco la voce e ricomincio.

- Non puoi nemmeno immaginare la mia felicità in quel momento. E tu cosa fai per ringraziarmi? Mi...mi abban...-

Niente da fare. Stavolta le lacrime scorrono veloci sul mio viso, cerco di nasconderle ma tutti hanno ormai capito cosa sta accadendo. Sento un borbottio e il difensore di Attico (o Matilde, non so come meglio dire) commentare: “è solo una femminuccia”. Alzo la testa per rispondergli, ma sono colpito da un altro attacco di pianto e la riabbasso.

Sento una mano sulla spalla: Cicerone mi chiede se voglio interrompere il processo per riprendermi. Io annuisco, senza neppure riuscire a proferire parola. .

- L'udienza è sospesa. Ci aggiorneremo tra quindici minuti – annuncia Virgilio – Ah...quanto costa un fazzoletto? - chiede, rivolgendosi ad un venditore.

Io e Cicerone usciamo dalla sala e ci dirigiamo in camera mia. Io non faccio che piangere, piango così tanto che non vedo neppure dove sono. Tutto è velato dalle lacrime e per due volte sbatto nello stipite della porta. Dietro di me lascio un fiume di lacrime in cui cominciano a saltare salmoni e carpe. Un giurato prende addirittura una canna da pesca e inizia a pescarci. Non ricordo un momento in cui sono stato peggio, eccetto quando mi sono gettato sotto un treno.

Stavolta ho toccato davvero il fondo.

  
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