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Autore: Sette Lupe    15/09/2015    3 recensioni
"In fondo l'Angelo della Morte non aveva fatto altro che seguire le regole. In fondo era questo il bello del gioco, no?"
La vita di un arciere di Gerusalemme che gioca con gli Assassini come una falena con le fiamme di una torcia.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad, Malik Al-Sayf, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4
INCENSO, MIRRA E CANFORA


 
Fortunatamente Sajid aveva chiesto due giorni di permesso: i postumi della sbornia della sera prima si rivelarono davvero pesanti. Si chiese se anche il suo strano compagno di bevute era conciato come lui. Ripensò molto a quella strana notte e all'Angelo della Morte.

"Sajid, pensa alla pelle" gli aveva raccomandato prima di congedarsi, la sera precedente: "Dammi retta, lascia perdere gli Assassini. Lascia che siano quelli senza speranza come me a fare certe cose. Tu hai la possibilità di scegliere. Scegli di vivere felice e senza rimorsi."

Sajid aveva ridacchiato: "Ci penserò. Spero di rivederti un giorno o l'altro"

L'Assassino aveva sorriso amaramente: "Io invece mi auguro di no, perchè significherebbe la fine di uno dei due" Poi si era dileguato nelle ombre di un vicolo angusto. 

Se l'Angelo della Morte intendeva farlo desistere dall'idea di condurre la rischiosa vita di una guardia cittadina che si appassiona tenacemente a tutto ciò che riguarda gli Assassini, il suo tentativo era fallito quanto quello di rabbonire la donna con la giara di terracotta: Sajid cominciò anzi a cercarli ancora più attivamente, a studiarli con sempre maggior attenzione. Nascose nei recessi della sua anima la storia del mercante di schiavi, quella del suo incontro con l'Angelo della Morte, l'ossessione rinnovata e in un certo senso mutata che quelle ore avevano acceso nel suo cuore. Nascose anche il suo risentimento nei confronti di Amir: se voleva studiarli doveva avvicinarli ancora e le conoscenze dell'uomo potevano rivelasi una vera manna.

Imparò ad accettare la corruzione e i raggiri come parte della vita che si era scelto. Senza condividerli, senza attuarli, ma tollerandoli perchè si rendeva conto che combatterli era impossibile. Così come aveva fatto prima con l'esistenza degli Assassini, poi con la vera natura di Gerusalemme, accettò anche che la razza umana era sommamente imperfetta nel caos che creava attorno a sè: perdonò Amir, perdonò le altre guardie corrotte... con sè stesso fu più difficile, ma alla fine si concesse clemenza, del resto cos'era lui se non un essere umano imperfetto e sbagliato tra tanti esseri umani imperfetti e sbagliati?

Non avrebbe più rivisto l'Angelo della Morte, o almeno così riteneva: quel tipo di Assassini uscivano dalla roccaforte di Masyaf solo in occasione di missioni particolari e vi facevano rientro il prima possibile. Quando se ne rese conto si sentì stranamente triste ma riconobbe anche che non rivederlo mai più, ne lui nè uno come lui, gli avrebbe assicurato una vita lunga e prospera. No, non lo avrebbe più cercato, al contrario di quanto aveva ritenuto di dover fare in un primo momento.

Non ebbe più contatti tanto ravvicinati con nessun altro Assassino, e non tentò nemmeno di ingraziarsi il geografo: lasciò sempre che fosse Amir ad avere rapporti diretti. Stipulare accordi con quella gente andava contro le sue convinzioni. Tuttavia divenne un grande osservatore dei loro comportamenti. Li osservava andare e venire dalla zona attorno al Tempio di Salomone, nei mercati, attorno alla bottega del geografo. Imparò quali erano i loro percorsi preferiti, le loro abitudini. E ricominciò a giocare d'azzardo con loro, sfruttando le sue nuove conoscenze: li stuzzicava esattamente come quand'era bambino, godendo dell'apprensione dei commilitoni quando li avvicinava e del loro stupore quando usciva indenne dalle sue marachelle.

Cominciarono a chiamarlo addirittura l'Incantatore di Assassini, prima per dileggio, poi per stima, perchè era come se riuscisse a spingerli a fare qualunque cosa desiderasse senza nemmeno doversi rivolgere direttamente a loro. Se su un tetto si trovavano due o tre Assassini, lui sapeva come fare in modo che se ne andassero senza causare scontri, oppure poteva attirarli in un punto specifico della città, quasi come se li avesse ammaestrati. Sapeva individuarli anche quando non avevano nessun segno di riconoscimento in vista,  capiva in anticipo quale fosse la loro linea d'azione e come evitarla per non finire nella lista delle vittime designate;  infine, quando facevano qualcosa di sbagliato, era tra i migliori nel braccarli e dare loro una rapida morte. Divenne un punto di riferimento per i commilitoni, un esempio da seguire per le reclute, una fonte di orgoglio per i suoi capitani.

Non li perseguitò mai più di quanto non fosse strettamente necessario, come un cacciatore che non spinge le prede all'estinzione, per non rischiare di restare senza trofei da esporre. Ma non concesse nemmeno loro troppa clemenza. Si sentiva felice come mai lo era stato prima, fiero di se stesso e soddisfatto della sua esistenza.

Il suo orgoglio crebbe ulteriormente quando Abdul-Muhaimin, un ricco mercante di armi della zona, ottenne dalle autorità una scorta composta dalle migliori tra le guardie in servizio a Gerusalemme: Sajid era tra loro.

Non approvava quello che faceva il mercante o come si comportava: era un doppiogiochista, una persona senza scrupoli e senza onore, ma Sajid non si scandalizzava nè si indignava; era un suo dovere proteggere tutti e l'opinione che aveva dell'uomo non era minimamente rilevante.

Salì con calma sul tetto di un edificio a tre piani da cui poteva avere una buona visuale del mercato dove Abdul-Muhaimin si aggirava sfottendo i suoi dipendenti e rimproverandoli per le loro scarse rendite, quindi incordò il suo arco. A pochi metri un drappo con il simbolo di una famiglia abbiente della zona garriva nel vento, Sajid lo teneva d'occhio per essere sempre cosciente della forza e direzione delle folate.

Al momento la brezza spirava da est, freddissima, portandogli gli odori del mercato. Sajid socchiuse gli occhi per proteggerli dal riverbero del sole sull'intonaco chiaro delle case e si concentrò sulle persone sotto di lui.

La temperatura era insolitamente bassa per essere un giorno di metà settembre, e il sole splendente sembrava non riuscire a mitigare il freddo pungente della mattina. Per non pensarci prese ad osservare le bancarelle e i vari acquirenti del mercato: c'era una ragazza deliziosa che stava comprando del latte; il commerciante lo versò nella giara che lei si depose con grazia sulla testa, incamminandosi poi lungo la via. Sajid sorrise tra sè ammirando le sue forme minute, le proporzioni armoniose.... magari poteva scendere e chiederle il nome... poi gli venne in mente una sera di qualche mese prima: il suo ultimo incontro con una donna che trasportava la giara in bilico sulla testa non era stato propriamente sereno. Ridacchiò tra sè nel sollevare di nuovo il volto verso il cielo, annusando il vento; era un'incarico facile, il mercante non aveva veri nemici, era solo uno a cui piaceva darsi delle arie evidentemente: dalla mattina presto non c'era stato il minimo segno di attività sospette. Sarebbe stata una giornata noiosa se non fosse riuscito a scambiare qualche parola con la fanciulla. Non pensava più al mercante e a dove si trovasse, non c'era traccia degli Assassini, quindi non serviva nemmeno controllare di non trovarsi sul possibile percorso di avvicinamento di uno di loro.

Alle sue narici giunse un odore che non era piacevole seppur nemmeno completamente sgradevole, ma del resto un profumo non aveva bisogno di piacere se era sacro: da qualche parte qualcuno stava spandendo incenso, mirra e olio di canfora. 

Sajid sentì un brivido gelido salirgli lungo la spina dorsale e lanciò un'occhiata al drappo per controllare la direzione delle folate.

Il vento era cambiato, ora spirava alle sue spalle. Terrorizzato inspirò bruscamente.

La mano che gli tappò la bocca era fredda e forte... e gli lasciò il tempo di trarre il respiro per non affogarlo, pur impedendogli di gridare; quasi in un gesto di rispetto.
La sorpresa fu tale da impedirgli di formulare pensieri coerenti. Fu anche tutto molto rapido.

Il brivido ghiacciato che aveva sentito poco prima non era prodotto dal vento ma da una sottile lama raffreddata dalla lunga attesa esposta all'aria frizzante del mattino, che aveva reciso con un colpo da maestro la sua aorta.

Le ginocchia di Sajid cedettero quando l'Assassino estrasse la lama dalla sua schiena e lui si accasciò tra le sue braccia. 

Sentiva forte l'odore di Masyaf, mentre si lasciava calare delicatamente a terra. L'aveva visto succedere altre volte: sapeva che non gli avrebbe fatto ulteriormente del male. Non aveva più paura adesso, era solo molto stanco.

Quando il suo aggressore entrò nel suo campo visivo, Sajid non potè reprimere un sorriso Toh, chi si rivede: è prorio piccolo il mondo, nevvero?

L'Angelo della Morte, era tornato in città dunque. La sua pelle era più scura, dopo l'estate assolata, e la cicatrice verticale sul suo labbro spiccava ancora più nettamente. Non lo aveva riconosciuto però, comprese guardando la sua espressione.

Sajid tentò di muovere le labbra per dirgli qualcosa, ricordargli chi era, ma le forze lo avevano abbandonato completamente e la sua vista si stava ormai annebbiando. L'Assassino gli rivolse un lieve sorriso, gentile, rassicurante e gli chiuse gli occhi con un gesto delicato. Lo rivolgeva a ciascuna delle sue vittime, Sajid lo sapeva: quello era il suo ministero, ogni uccisione un rituale che avrebbe sempre rispettato con deferenza e premura.

Si sentì onorato di tanta attenzione dedicata lui, che in fondo era solo un arciere tra tanti.

Forse quella notte davvero gli era stato invitato un angelo con un messaggio, anche se in maniera tanto assurda e improbabile. Forse avrebbe dovuto ascoltare le sue parole... O forse aveva solo avuto il privilegio di conoscere in anticipo il suo fato già scritto da mani divine.

Aveva dimenticato la prudenza e l'Assassino aveva mantenuto la sua parola: lo aveva ucciso senza pensarci due volte, ma Sajid non gli portava rancore.

In fondo l'Angelo della Morte non aveva fatto altro che seguire le regole.

In fondo era questo il bello del gioco, no?



 
Epilogo
 
Altaïr si rannicchiò accanto al braciere, cercando di riscaldarsi. Aveva passato tutta la mattina accucciato su una torretta diroccata, esposto al vento gelido in attesa del momento migliore per colpire il suo bersaglio e, nonostante la corsa a rotta di collo per seminare i suoi inseguitori una volta ucciso il mercante, continuava a rabbrividire per il freddo. 

Riconobbe subito i passi di Malik alle sue spalle, un attimo dopo il Rafiq sedeva poco distante da lui. 

"Che mi dici di Abdul-Muhaimin?" chiese senza prima salutarlo, con una sottile sfumatura di astio nella voce.

"Wa alaykum as-salām, Daï" gli rispose sarcastico Altaïr: "Dico che se mi prendo una polmonite per aver passato la stramaledetta mattina a braccare un bersaglio secondario, invece di indagare su Majd Addin come dovrei invece fare, sarà solo colpa tua"

Malik sbuffò:"Oh, quante lagne, non fa poi così freddo"

"Per te che stai tutto il giorno accanto al braciere certamente no!" sibilò ferocemente di rimando. Malik lanciò un'occhiata rapida agli altri Assassini presenti per assicurarsi che non lo stessero guardando, prima di rifilare un calcio al confratello.

Durante l'ultima visita di Altaïr a Gerusalemme, tra i due era scoppiato un alterco furioso davanti a metà degli Asssassini presenti in città, tanto violento da giungere persino alle orecchie di Al Mualim. Il Mentore aveva avvertito prontamente entrambi di non farsi sorprendere nuovamente in un atteggiamento simile, o avrebbe fatto pentire entrambi di essere nati... in quella vita e in tutte quelle precedenti. Da allora avevano continuato di nascosto la loro schermaglia.

Altaïr stava per reagire quando un novizio entrò in nella sala con un annuncio:"Sono rientrato ora dal mercato, e sapete la bella novità?  L'Incantatore di Assassini è stato ucciso!"

"Non potresti essere più rispettoso nei confronti di un defunto, Riad?" lo rimbeccò prontamente Malik: "E comunque lo sapevamo già"

"Chi è morto?" chiese Altaïr confuso.

"Lo chiamavano tutti l'Incantatore di Assassini, un seccatore che conosceva fin troppo bene i nostri costumi e si divertiva a molestarci in ogni modo. Ho provato pure a parlarne con i nostri contatti tra le guardie, ma quei bastardi continuavano a coprirlo e a dirmi che non sapevano cosa farci"

"Eh, che traditori, vero?" commentò ridacchiando Altaïr.

"C'è poco da ridere, stupido" gli disse seccamente Malik: "Ci ha causato non poche perdite e ha fatto saltare diverse missioni, sai?"

"E come mai allora è vissuto così a lungo?"

"Te l'ho detto! Era bravo ad evitare gli scontri diretti e a farsi di fumo quando la situazione diventava pericolosa, il vigliacco! Ed era pure maledettamente fortunato, lo schifoso! Ma era pur sempre un povero diavolo: non credo abbia mai compreso esattamente cosa succedeva, e non era collegato in nessun modo ai Templari o a qualunque altra congrega ... fondamentalmente era una nullità, non sarebbe stato giusto organizzare una missione solo per eliminarlo.... Aveva solo il brutto vizio di divertirsi a infastidire le persone sbagliate e non è mai riuscito a capire quanto stupido fosse il suo giochetto"

Altaïr sorrise di nuovo, vedendo la frustrazione del Rafiq: "Bel rispetto per i defunti, Malik" lo punzecchiò:"Comunque oggi la fortuna lo ha abbandonato. Chi lo ha ucciso?"

"Tu, in effetti"

"Davvero?!"

"Imbecille, non te ne sei nemmeno accorto! Sei più fortunato di lui!"

Altaïr non potè reprimere una risatina mentre Malik si alzava bruscamente e si allontanava brontolando. "Taccola Storpia" lo insultò sottovoce appena il Rafiq fu abbastanza lontano da non poterlo più sentire.

A proposito, chissà poi che fine aveva fatto la guardia di quella notte, sul tetto... sperò che avesse seguito il suo suggerimento di tornarsene a casa. Sarebbe vissuto a lungo e serenamente se lo avesse fatto... ma del resto non erano affari suoi: aveva cose più importanti a cui pensare.
  
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