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Autore: SalvamiDaiMostri    16/09/2015    1 recensioni
Johnlock dai toni estremamente drammatici a causa di una particolare condizione di Sherlock: mai avrebbe pensato che le stronzate del suo passato avrebbero inciso così profondamente sulla sua vita adulta e compromesso fino a tal punto la sua felicità. E a pagarne le conseguenze è John. E questo Sherlock sa che è terribilmente ingiusto, oltre che pericoloso.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sherlock fugge i baci di John.
La dottoressa gli ha già ripetuto diverse volte che ormai le lesioni sono del tutto guarite e che non correrebbero più rischi di quanti ne corressero prima, ma non importa. Sul fondo della gola lui sente ancora il retrogusto metallico del sangue: non sa se é frutto della sua frustrazione o se é solo colpa della sua ipersensibilità, ma non permetterà a John di avvicinarsi alla sua bocca finché non smetterà più di avvertire quel sapore, finché quell'arma letale che gli scorre nelle vene smetterà di far sentire la sua presenza. A costo di far passare anni, a costo di conservare per sempre quell'ultimo bacio che si erano dati di sfuggita prima di addormentarsi quella notte che erano poi corsi in ospedale. 
E John ne soffre, terribilmente.
Lo sente distante e avverte il peso della frustrazione di suo marito anche sulle sue spalle: Sherlock si sente una mina vagante, un pericolo per John e questo lo distrugge. John sa che quando Sherlock lo guarda, a volte pensa di fuggire lontano da lui, in modo tale da non essere più un pericolo per la sua vita.. E John teme davvero che un giorno lo faccia: un giorno tornerà a casa e troverà un biglietto che dice 'addio' e, forse, 'perdonami'. 
"Ogni cosa è infetta in me: il mio cuore pompa sangue inquinato. Mi sento sporco."
Lo ha detto un giorno mentre John passava dal corridoio. Lui non ha potuto fare a meno di arrestare il suo passo, sospirare e proseguire poi per la sua strada.
Sherlock é logorato da questi pensieri. Forse é anche per questo che ci sta mettendo così tanto a guarire. Per questo e per l'AIDS, certo. Ed é probabile che centri il fatto che é davvero impossibile trattenere Sherlock e la sua adrenalina a letto per così tanto tempo: la cura più importante per la polmonite é il riposo, ma lui si annoia terribilmente costantemente. La signora Hudson sale molto spesso a fargli compagnia mentre John é in ambulatorio: a volte giocano a scacchi, a volte a carte, prendono il té e, tutto sommato, Sherlock si comporta bene quando é lei a tenerlo a bada. Anche Molly e Lestrade, da quando hanno saputo che Sherlock é costretto a letto a causa di una brutta polmonite, vanno a trovarlo quando possono e gli trovano qualche caso interessante da studiare, qualche campione trafugato in laboratorio da analizzare. John fa il possibile e, appena torna a casa, si corica accanto a lui per ascoltarlo o leggere insieme o discutere qualche caso, ma é tutto inutile. Sherlock é sempre nervoso e annoiato, come una bestia in gabbia. E si lamenta tanto e rumorosamente, come fanno i bambini malati che sanno che giù in cortile ci sono i loro amici che giocano a pallone senza di loro. Una volta John lo sgrida e gli dice che prima o poi dovrà legarcelo a quel maledetto letto se non la pianta di agitarsi in giro per l'appartamento: inutile dire che Sherlock coglie l'occasione per provocarlo e generare tutt'altro che riposo, e John cede e gli si getta addosso maledendolo, ma fa subito per baciarlo e Sherlock si volta di scatto per evitarlo. Allora la magia finisce, John non dice una parola e si ricompone, Sherlock guarda in basso e sussurra:
"Scusa." mentre John é già lontano.

Ma va bene così: John lo ascolta, lo controlla, lo ama e si prende cura di lui, ma soprattutto lo ama profondamente. E Sherlock questo lo sa bene e lo sente nonostante tutto, nonostante quella situazione di merda nella quale vivono ormai da troppi giorni. 
Gli ci vogliono tre mesi e mezzo prima di guarire completamente dalla polmonite ed avere il permesso del medico di uscire di casa. 
Sherlock ne é così felice che per un po' esce tutti i giorni, bello imbacuccato, per fare lunghe passeggiate per Londra; a volte con John, a volte da solo. Piuttosto che uscire, va addirittura a comprare il latte di sua spontanea volontà. 

La prima volta che Sherlock bacia di nuovo John é una domenica di aprile.
Sono a Saint James che passeggiano e la primavera comincia a far vedere la sua presenza nelle gemme di qualche ramo e in qualche primo fiorellino bianco nato spontaneamente ai piedi di qualche albero. Non é che John abbia detto o fatto nulla di particolare, ma Sherlock si volta verso di lui all'improvviso, con una mano gli accarezza il viso e posa le sue labbra su quelle di lui: John non si era mai abituato alla sua lontananza, non ci aveva mai fatto il callo. E ritrovarlo, oh, ritrovarlo é magico. John versa anche un'unica lacrima di gioia. E poi lo abbraccia forte, ma proprio forte, fino a fargli anche un po' male, e poi gli chiede scusa.

Ora Sherlock sta bene, sta bene da circa cinque mesi.
E sta davvero bene. 
Se non fosse per gli otto flaconi di farmaci messi in fila sulla vetrina del bagno, John ogni tanto si dimenticherebbe anche del fatto che Sherlock e malato. 
Sherlock no, ma non importa. 
Hanno voluto cogliere la palla al balzo e si sono fatti una breve vacanza: sono andati in Sussex per un viaggio solo loro due insieme, al mare, all'aria buona. é stato il loro viaggio di nozze che non avevano mai fatto, un regalo dei genitori di Sherlock che non avevano mai usato. Hanno affittato una casetta in cima a un promontorio che si affaccia sul mare: posto meraviglioso, un paradiso in terra... Passano le giornate come due ragazzini innamorati che vanno in vacanza da soli insieme per la prima volta. In effetti é la prima volta in anni, in decenni, che si prendono una vacanza. Scendono in spiaggia, fanno il bagno, prendono il sole e fanno lunghe passeggiate sulla scogliera, accarezzati dal vento, in silenzio, l'uno sottobraccio all'altro, ascoltando l'infrangersi delle onde sulle pietre secolari. 
Ora sono seduti sulla spiaggia, l'uno accanto all'altro, e guardano il tramonto sull'orizzonte.
"Sai già che io non avevo alcuna intenzione di invecchiare." dice all'improvviso Sherlock. John annuisce e si appoggia alla sua spalla: "Ci pensavo adesso: non era solo frustrazione. E' che io non avevo davvero idea di cosa avrei potuto fare una volta che i miei occhi non fossero più funzionati bene, che gran parte dei miei neuroni fosse morta e che il mio corpo non avesse più avuto la risposta rapida e scattante che avevo a quell'età.. Una volta che non avessi più potuto lavorare. Il lavoro era l'unica cosa che poteva interessarmi di questa vita: una volta smesso, vivere non avrebbe più avuto senso, sempre che ne avesse uno."
"Capisco..." John chiude gli occhi e sospira.
"Anche per questo, una volta scoperto di essere malato, tutto sommato ero in pace con me stesso: non era un problema... Non lo era davvero. Finché tu sei entrato a far parte della mia vita." John si desta e si volta verso di lui, Sherlock prosegue scrutando l'orizzonte: "Adesso... Adesso avverto un nuovo desiderio... E' strano. Io adesso penso che sarebbe bello invecchiare, con te." il marito ha un sussulto e sgrana gli occhi; Sherlock si volta verso di lui: "Si! Io voglio vedere i nostri capelli diventare grigi e la nostra pelle diventare cadente e piena di rughe. Voglio che i nostri occhi vedano sempre meno e la nostra schiena ci procuri sempre più acciacchi, insieme. Non sarebbe solo accettabile: io lo voglio con tutta l'anima!"
Rimangono in silenzio, poi si voltano uno dopo l'altro, di nuovo verso al mare e riflettono per qualche istante.
"E questo ti turba?" chiede John. Sherlock non risponde subito. Ci pensa un attimo e sospira:
"Fa paura." si volta verso di lui "Lo desidero così ardentemente... E ho paura di non farcela." John gli cinge i fianchi con le braccia e si appoggia al suo petto "Ho paura di andarmene troppo presto. Di non poter invecchiare al tuo fianco." John annuisce sfregando la testa sulla sua camicia.
Poi John alza la testa e lo guarda negli occhi: Sherlock ha gli occhi lucidi e un'espressione afflitta.
"Ascoltami: nessuno é consapevole del tempo che ha a disposizione. Non lo sei tu, come non lo sono io. Quello che é certo é che la vita é effimera, brevissima." John sorride: "E pensa, Sherlock: io e te abbiamo avuto l'immensa fortuna di incontrarci! In questo così breve tempo che abbiamo a disposizione, io e te ci siamo innamorati e, Cristo, ci siamo sposati Sherlock!" ridono insieme. "Quanti possono dire di avere la fortuna che abbiamo noi?" John gli accarezza il viso e Sherlock si abbandona a qual contatto. "Darei l'anima per poter invecchiare al tuo fianco, ma, per quanto mi riguarda, mi é sufficiente sapere che saremo insieme fino alla fine. Fino all'ultimo instante che ci é concesso." Sherlock annuisce:
"Sì, hai ragione.. E' così anche per me..." 
"Vieni qui." John lo invita con le braccia ad abbracciarlo, gli bacia con forza la guancia e poi si stringono forte, affondando le dita l'uno nei vestiti dell'altro e respirano forte il profumo del compagno. "Ti amo, Sherlock. Tu tieni sempre a mente questo, qualunque cosa accada: io sono accanto a te."
"Lo so, John. Lo so."

Col senno di poi, probabilmente quello é il periodo più felice della loro vita insieme.
E va tutto bene, davvero, va tutto bene.
Poi tornano a Londra e arriva l'autunno.
Sherlock accetta diversi casi e ne risolve la maggior parte: la sua fama di consulente investigativo cresce di giorno in giorno nonostante tutto. La vita al 221b é tornata alla normalità e nessuno potrebbe esserne più felice che i suoi inquilini.
Una mattina di ottobre, Sherlock si alza e va in bagno per farsi la doccia. Si spoglia e quando l'acqua é calda entra nella vasca. Poi arriva John per lavarsi i denti: si gira per un attimo verso Sherlock per dirgli qualcosa, chi sa più cosa, e la vede. La macchia. Scura, ruvida e grossa come una moneta da due sterline. Il purpureo bacio dell'angelo della morte. E' comparsa in quella notte, John non ha dubbi: la sera prima non c'era e adesso c'é. John fa cadere o spazzolino a terra e rimane con la schiuma del dentifricio che gli esce dalla bocca. Tanto lo spazzolino era da buttare, ormai.
Non ci vuole che una biopsia per confermare che si tratta di sarcoma di Kaposi: neoplasia maligna cutanea, lesione numero uno. La notizia non coglie di sorpresa nessuno. 
Di certo, la persona che reagisce nel modo peggiore alla notizia é la signora Hudson: di quelle macchie ne aveva viste troppe in vita sua. Ed erano sempre state il primo segno della fine. E' inconsolabile. John potrebbe ripeterle fino all'esaurimento che adesso si può curare che a lei non farebbe differenza. 
Ora la scelta sta a Sherlock: cominciare il trattamento della chemio o lasciare che tutto faccia ormai il suo corso?
In principio non vuole saperne: altre pillole, diventerebbero una ventina sommando quelle che già prende per tenere a bada l'AIDS e nuovi medicinali, antidolorifici e pastiglie contro gli effetti collaterali delle pastiglie che prenderebbe contro gli effetti collaterali della chemio e queste ultime. Antidiarroici, antiemetici... No. Per non parlare del dolore: Sherlock sa quanto é dura, l'ha visto, l'ha studiato. No, non se ne parla. Ma non é solo per la paura della sofferenza: per la prima volta, Sherlock avverte il desiderio di arrendersi. Arrendersi al cancro, arrendersi all'AIDS. Prima o poi sarebbe morto comunque, e di certo soffrendo, perché farsi ulteriore male così presto? Aveva il diritto di lasciare che le cose facessero il loro corso, sistemare quello che aveva in sospeso e lasciarsi andare, un poco alla volta. Infondo era convinto di non poter ricevere altro da quella vita: la sua felicità era stata piena accanto a John, non desiderava altro.
Di certo, ad alta voce, parla solo di come e in che drammatica misura gli effetti collaterali comprometterebbero le sue capacità fisiche e intellettuali e, di conseguenza, sulla sua capacità di lavorare. 
John capisce, certo, anche se Sherlock non osa dire certe cose, ma insiste comunque, ovvio, e Sherlock accetta di sottoporsi alla chemio, per lui. Solo per lui. Perché così come John non lo avrebbe mai abbandonato, anche Sherlock sente il dovere di restargli accanto il più possibile.
La chemio é una tortura nella maggior parte dei casi, é veleno che ammazza il cancro, ma la fregatura é che il cancro é fatto di te. 
Inoltre, c'é da mettere in conto che Sherlock é anche malato, debole e immunocompromesso da anni: il suo corpo non é forte ormai da tempo e non é pronto ad affrontare ciò che la terapia comporta. 
Sherlock soffre come una bestia per tutto il tempo.  Vomita tutto quello che mangia, ed é grave perché ha bisogno di stare in forze, ma vomita anche se non mangia. Il suo ventre pallido e concavo  si contrae in dolorosissimi spasmi per ore finché non butta fuori anche l'anima ogni giorno, ogni notte. La signora Hudson può sentirlo dal piano di sotto, ed ogni volta é un brivido freddo lungo la schiena. Da quando é in queste condizioni, non riesce più a salire le scale per andarlo a trovare: ha davvero troppa, troppa paura di vederlo. Si limita a chiedere a John come sta, se ha bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa.. Ma, in cuor suo, sa che non é abbastanza.
Una brutta diarrea lo colpisce per giorni, dandogli tregua, a volte per una settimana, non di più . Con il passare dei giorni si presentano dei rush cutanei anche essi dolorosi e da medicare. John non riesce nemmeno a contare quante volte ha avuto la febbre alta. Grazie al cielo i reni per ora stanno bene.  Il dolore lancinante non lo abbandona mai; durante il giorno, Sherlock si zittisce e contiene i lamenti, ma, mentre dorme, John lo sente gemere, alle volte gridare, per il male. Ha lasciato il suo lavoro all'ambulatorio per stargli accanto a casa durante tutto il tempo della terapia perché, praticamente sin da subito, Sherlock non é più in grado di muoversi senza un appoggio, ma soprattutto, ha bisogno che suo marito sia lì con lui. John lo ascolta, gli tiene la mano, gli parla, lo accarezza, gli tiene i capelli quando vomita... Certo, finché li ha... Quando ormai le ciocche nere gli cadono come se non fossero mai state sue, lasciando voragini nude tra i pochi riccioli che angora ostinatamente si aggrappano alla sua cute, é John stesso a rasarlo. 
I suoi splendidi capelli corvini... John li guarda ciocca per ciocca mentre precipitano a terra al passaggio della macchinetta; Sherlock non riesce nemmeno a guardare, e strizza gli occhi fino a sentire male, con le spalle strette e il viso tra le mani mentre sospira.
"Ricresceranno..." gli dice mentre gli passa la macchinetta regolata al numero zero in tutte le direzioni sul suo cranio: "Ricresceranno, vedrai..." e lo accarezza. 

Ogni giorno che passa, Sherlock diventa più debole. Insieme a lui, anche la speranza si indebolisce, é inevitabile. Ogni movimento diventa doloroso e, alla fine, rimanere a letto non é più così difficile, piuttosto diventa l'unica opzione. Arriverà a non essere più autosuffciente e a dover contare sull'aiuto di John per alzarsi e andare in bagno, che, ormai, é l'unica cosa che fa. John lo lava, lo veste, lo alza. 
Ogni tanto, quando fa davvero male o quando John lo sta tirando su dalla vasca o lo aiuta ad infilarsi i boxer, e la situazione per un attimo sembra perdere di dignità per almeno uno dei due, loro si guardano negli occhi per qualche istante e ritrovano l'uno nell'altro la forza per finire la giornata: si sorridono, magari John gli stampa un bacio sulla fronte, e continuano la loro sempre più difficile quotidianità,
I signori Holmes fanno loro visita qualche volta: la signora porta dei fiori o qualcosa da mangiare. Quando arriva, cerca di dare una mano a fare le faccende di casa oppure sta al capezzale del suo bambino e gli racconta tutto quello che gli viene in mente o semplicemente lo guarda dormire sofferente. Per lei ogni giorno é più difficile del precedente: la sola cosa peggiore di avere un cancro é avere un figlio con il cancro. Più lui peggiora, più lei perde ogni barlume di speranza. Arriva presto il giorno in cui non riesce più a varcare la soglia del 221b. Resta a casa a piangere, a pregare che il suo dolce William possa smettere di soffrire.
In quei giorni, Sherlock si fa aiutare da Mycroft per assicurarsi che legalmente ed economicamente John non debba avere alcun problema dopo una sua eventuale dipartita. Con lui, sceglie anche un vestito per la bara, ma tutto questo John non lo sa.
Una notte Sherlock avverte all'improvviso grande difficoltà a respirare e viene portato d'urgenza in ospedale. John, sull'ambulanza, avverte Mycroft che, a sua volta, chiama i suoi genitori per comunicare loro ciò che é successo. Aggiunge che si sta precipitando lui in ospedale e che non é necessario che si muovano di casa a quell'ora, l'indomani mattina presto li avrebbe chiamati per aggiornarli. Terribilmente preoccupati e angosciati, i genitori si coricano di nuovo a letto e concordano che l'indomani sarebbero andati a dare il cambio a John e Mycroft, così che potessero entrambi tornare a casa e dormire un pò. Poco prima di addormentarsi la signora, in lacrime, dice a bassa voce:
"Non voglio vedere nessuno dei miei bambini morire..." Il marito la stringe a se e le dice che andrà tutto bene, e di cercare di dormire.
La signora Holmes non si risvegliò mai più .

La notizia arriva piuttosto tardi nella stanza d'spedale dove Sherlock e John riposano dopo una dura nottata: il signor Holmes appena avutene le forze, ha chiamato Mycroft che, senza dire una parola, si é precipitato fuori dall'ospedale. Prima che fratello e cognato vengano informati deve fare sera.
Per John é come perdere per la seconda volta una madre, e quello é un dolore che ad una persona dovrebbe essere inflitto non più di una volta. 
Per quanto riguarda Sherlock, non pronuncia più  una parola da quando ha saputo.
La prima volta che parla é quando John e la dottoressa parlano nella stanza sull'eventualità di poterlo far uscire di casa in occasione della sepoltura della madre: l'episodio di afasia era un caso isolato, ma la Tietjens sostiene che Sherlock non dovrebbe comunque muoversi di casa. John non sa cosa fare, ma la dottoressa non é donna priva di cuore: se consiglia di non uscire é perché sa che potrebbe essere dannoso. Quando John si siede accanto a lui per spiegare le ragioni della dottoressa, Sherlock  dice:
"Mettono la mia mamma sottoterra, e io sarò  lì, a dirle addio, a costo di non tornare mai più da quel cimitero."
E John proprio non ce la fa a dissuaderlo.
Ce lo portano in sedia a rotelle. Al funerale é presente anche la signora Hudson: é la prima volta che Sherlock la vede da mesi ormai. Quando gli si avvicina, la donna non prova più paura, ma solo tanta pena e tanto dolore: si abbassa per abbracciarlo e gli da un bacio sulla fronte, senza dirgli niente. Di certo, non lo abbandonerà mai più, la Hudson lo giura a se stessa.
Al cimitero é Mycroft a spingerlo, perché John non ce la fa. Lui e il signor Holmes sono inconsolabili: davanti alla bara non riescono a trattenere lacrime e singhiozzi. I fratelli invece rimangono freddi e silenziosi nell'assistere ai vari riti.
La morte di un genitore fa parte degli eventi che normalmente caratterizzano il ciclo vitale di una persona: la logica impone che non ci sia disperazione in questo. Eppure entrambi sono sopraffatti dalla nostalgia, dai ricordi e dai rimpianti, come mai in vita loro. La amavano davvero, ma sentivano di non averglielo dimostrato a sufficienza, sentivano in cuor loro di non essere stati dei bravi figli. Con la loro mamma, era morto un pezzo del loro cuore, ma, nonostante questo, non dicono una parola durante tutta la celebrazione. 
Quando tutti se ne sono andati, rimangono solo loro accanto alla fossa, in silenzio. Fissano la bara sul fondo: la parte irrazionale di loro, piccola e di solito celata, spera in un ultimo miracolo, un equivoco magari. La parte razionale sa invece che non rivedranno più il volto della loro mamma, il suo sorriso.. Non udiranno più la sua voce. 
Sherlock vorrebbe dirle qualcosa, qualunque cosa. 
E' tornmentato dal fatto che non riesce a ricordare qual é l'ultima cosa che le ha detto. E ora vorrebbe tanto rimediare, ma non ci riesce: non trova nulla da dire.
"Tu la facevi sempre sconvolgere..." dice Mycroft a bassa voce.
"Io la facevo sconvolgere?" sorride un istante, in memoria dei vecchi litigi. Parla piano, tranquillo: "Non ero io a sconvolgerla, Mycroft." risponde Sherlock in un sospiro, per l'ultima volta. Passa qualche istante. Poi Mycroft gli chiede:
"Andiamo?" e Sherlock si limita ad annuire.
Avrebbe davvero voluto dirle qualcosa, qualunque cosa.

Gli inquilini del 221b rincasano insieme in taxi. 
La signora Hudson li abbraccia e li bacia entrambi prima di entrare. Ora i due si ritrovano da soli ad affrontare la scalinata: non é la prima volta che la salgono insieme da quando Sherlock é sotto chemio, ma oggi sembra più ripida del solito, quasi minacciosa. John si infila sotto a un braccio di Shelrock e con un braccio gli cinge i fianchi mentre con l'altro sostiene il braccio che ha sulle spalle. Salgono il primo gradino: prima John, poi Sherlock, un piede alla volta. Dopo cinque scalini, Sherlock chiede un attimo di pausa, ma non si siedono perché poi alzarsi sarebbe ancora più faticoso. Sherlock respira affannosamente. Gli fa cenno di ripartire: uno scalino dopo l'altro, arrivano alla curva. Hanno superato la prima metà, ma ciò che resta sembra ancora più difficile. Sostano ancora un paio di minuti sul pianerottolo. E poi ripartono. Scalino dopo scalino, Sherlock avverte le sue difese cedere, i suoi scudi infrangersi: le emozioni lo assalgono e la fatica cede il posto alla disperazione. I respiri affannosi diventano singhiozzi, al sudore si aggiungono le lacrime, e prima di varcare la soglia di casa, Sherlock é disperato. 
Appena entrati si lasciano cadere a terra e Sherlock da sfogo alla sua rabbia, al suo senso di colpa e alla sua tristezza tra le braccia di John con lacrime, grida e pugni. John incassa tutto; vederlo in quelle condizioni e' devastante.
"Era mia madre, mia madre era lì, era lì, la mia mamma!" continua a ripetere ossessivamente in lacrime "La mia mamma era li e io non ho detto niente!" John gli accarezza la schiena e lo culla tra le sue braccia, piangendo a sua volta: il fiato gli si spezza in gola. A mala pena riesce a dirgli:
"Lo so- Lo so-"
"Non c'e più John.. Mia madre non c'é più..."

La cosa peggiore é che  Sherlock, poche settimane dopo la scomparsa della madre, comincia a migliorare.
In un anno il cancro é sconfitto.
Prima di arrendersi, però, é riuscito a lasciare altre dodici macchie nere e indelebili sulla splendida bianca pelle di Sherlock.
Tre di queste sono davvero troppo evidenti perché passino inosservate: una, la più grossa, sul dorso della mano destra, un'altra sull'orecchio destro e una sul mento. Ormai Sherlock non può più nascondere la verità e rivela la sua condizione a Lestrade, Mike e Molly. Uno alla volta. 
Lestrade e Mike non sanno come reagire: il loro amico non si faceva sentire da un po', ma mai avrebbero pensato che fosse a causa di un tumore e tantomeno causato dall'AIDS. 
Lestrade si offende e si arrabbia molto con Sherlock per non averglielo detto prima: gli da del bastardo e lo abbraccia. Gli dice:
"Non dovevate affrontare tutto questo da soli." e Sherlock lo apprezza molto. 
Mike e' piu' comprensivo: chiede se adesso sta bene e si preoccupa anche di chiedere se John sta bene. Offe poi la sua disponibilita' per ogni cosa:
"Davvero ragazzi: se avete bisogno, chiamatemi." 
Molly invece non e' affatto sorpresa: lo sospettava da molto tempo; di certo ne e' molto dispiaciuta. Sherlock si scusa per non avergliene parlato prima:
"Non c'e' bisogno di scusarti. Avrai avuto le tue ragioni e ne hai il diritto. Evidentemente non l'hai ritenuto opportuno... In effetti non so in che modo sarei potuta esserti utile."
"Non dire cosi'..."
"Neghi forse che me lo stai dicendo solo perche' adesso e' impossibile da nascondere?" Sherlock non risponde. Molly gli sorride: "Va tutto bene, Sherlock. Non e' un problema. Sappi che per qualunque cosa io ci sono." Sherlock annuisce e lei, prima di andarsene, lo bacia sulla guancia.

Anche la stampa si interessa alle misteriose macchie apparse sulla pelle del famoso detective sin dalle sue prime uscite e, da allora, non li mollano un attimo, né lui né John, finché, in un'intervista, Sherlock decide di rivelare di essere in effetti affetto da AIDS. Per un breve periodo, la storia provoca qualche scalpore e passa su qualche rivista e in qualche programma tv, ma presto (decisamente in meno tempo di quanto i giornalisti abbiano impiegato a rendere la vita impossibile agli inquilini del 221b per ottenere informazioni) le acque si calmano e a nessuno importa più nulla. Anche se, da allora, ogni tanto arriva qualche lettera di solidarietà' da qualche fan o qualche cliente che Sherlock ha aiutato in passato: gli augurano di stare bene e gli mandano molto affetto. é una bella cosa.
La riabilitazione é lunga e faticosa, ma più o meno quando i capelli sono ricresciuti fino a due dita in meno rispetto a quando erano stati tagliati, Sherlock sta di nuovo bene e riprende a lavorare, così come John aveva fatto sin da quando Sherlock si era rimesso in piedi.

[Ciao a tutti bella gente e ben ritrovati nel nostro angolino! ^^ Come sempre, vi ringrazio infinitamente per aver letto fino a qui, spero di cuore che vi sia piaciuto anche questo capitolo e vi invito calorosamente a lasciarmi la vostra opinione in recensione. Voglio specificare inoltre ancora una volta che, nonostante io mi stia documentando e molto, non garantizzo che la parte biologico-sanitaria di questa storia sia plausibile o verosimile o quel che volete in quanto non sono un medico, menchemeno un virologo, e non voglio fingere di esserlo. 
Se vi piace il tema AIDS e omosessualita' annessa, vi consiglio di cuore la miniserie "Angels in America" tratta dall'omonima opera teatrale (della quale potete trovare una clip mozzafiato protaggonizzata da Andrew Scott al National Theatre) alla quale mi ispiro e che ho adorato con tutta me stessa (nel cast anche Al Pacino e Maryl Streep). Grazie ancora per il vostro sostegno e la vostra fedelta'.. La nostra storia sta giungendo al termine: vi chiedo di restarmi accanto fino alla fine! <3 Un saluto, carico di affetto! _SalvamiDAiMostri

Ps: Non odiatemi T.T ]
   
 
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