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Autore: cartacciabianca    10/02/2009    2 recensioni
[…] I due assassini si issarono sui bastioni della fortezza e furono a portata degli arcieri. -Via, via, via!- Altair l’afferrò per il cappuccio e la trascinò di corsa verso l’angolo della fortezza, che culminava con una torre, la quale facciata dava sull’immenso piazzale del distretto nobiliare. -Salta!- Altair la spinse giù e i due assassini, accompagnati dal ruggito di un’aquila, si gettarono nel vuoto. Nel bel mezzo del volo Altair la strinse a sé, ed Elena si avvinghiò a lui che, capovolgendosi in aria, atterrò di schiena nel cesto. Poi fu il silenzio, scortato dal canto delle campane d’allarme, ma almeno le voci dei soldati e le grida degli arcieri erano cessate. […]
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dea tra gli Angeli' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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The, vino e la Mela della Discordia












Il salone era avvolto dal buio.
Un pavimento di roccia grigia, un lungo tappeto ricamato che attraversava la sala e giungeva ai piedi di uno studiolo, circondato da scaffali e arazzi.
Fuori l’intemperia più nera, con i suoi lampi di luce e tuoni. La pioggia si abbatteva sulla città costiera, i cavalloni del mare si gettavano sul molo e scuotevano le barche senza pietà. I gabbiani fuggivano, rifugiandosi tra i campanili e sotto le guglie delle chiese, mentre la furia del Signore diroccava con violenza su Acri.
Seduto allo scranno vi era un uomo per metà celato nell’ombra; composto, con le braccia poggiate comode sui braccioli. Una modesta corona d’argento gli ornava i capelli curati e bruni, assieme ad una folta barba e occhi scuri. Il viso di suo padre, qualcuno avrebbe aggiunto.
Sulla scrivania di fronte, dentro un cofanetto tappezzato di velluto rosso, brillava di luce propria una sfera. Era dorata, magnifica, accattivante. Era il Frutto dell’Eden. La Mela della Discordia, la Mano dell’Immenso… quell’oggettino così rozzo, tondo aveva davvero quei poteri di cui Gulielmo gli aveva sempre narrato? Poteva, solo stringendolo nel pugno, controllare le menti di coloro che lo accerchiavano? Ma sarebbe stato in grado, di contenerne gli effetti? I pesi? Le responsabilità? Ma quali responsabilità si sarebbero mosse in un uomo che poteva camminare sull’acqua?! Quali pensieri, se non l’avidità di potere, avrebbero fatto comparsa nella mente di un uomo che poteva volare, dominare sulla vita altrui… No, non avrebbe osato scoprire come quell’oggetto agiva, forse l’avrebbe custodito per sempre nel forte che i suoi avi costruirono così saldo, affinché un giorno tra le sue mura dormisse qualcosa di davvero raro e prezioso, più inestimabile della sua vita di Re di Acri.
I battenti infondo si aprirono, lentamente, e fece la sua comparsa una guardia. –Mio signore- il soldato s’inchinò, muovendo alcuni passi avanti.
Corrado rimase dov’era, immobile, continuando a guardare quell’oggetto affascinante.
-Mio signore, una donna chiede di voi- fece l’uomo.
Corrado sbatté le ciglia, ma non mosse altro se non la bocca. –Chi è costei?- domandò accigliato.
-Non ha voluto dirlo, ha solo detto che urge e non ha molto tempo- balbettò il soldato.
Corrado si spostò di lato sul seggio. –Non ho tempo per chi non ha nome, mandatela via- disse guardando fuori dalle finestre.
-Non siate frettoloso, mio caro Corrado- un’ombra si mosse nel buio.
Corrado scattò in piedi, sfoderando la spada che aveva al fianco. –Mostratevi!- gridò.
La guardia si armò avvicinandosi al suo padrone.
-Non avete rispettato i patti!- sbottò la voce; era una donna, celata da un lungo mantello scuro e si muoveva nel nero della camera.
Corrado rilassò i muscoli. –Potete andare- disse il Re rivolgendosi al suo reietto.
La guardia, spaventata, rinfoderò la lama avviandosi quasi di corsa fuori dalla sala.
Corrado tornò a sedersi, posando la spada sul tavolo. Chiuse il cofanetto, e quando la luce del Frutto venne racchiusa nel legno del contenente, l’ombra marciò avanti di un passo.
-Avevate promesso di risparmiare la vita agli uomini di Tharidl, invece ne avete fatto strage!- ruggì la donna. Il volto celato sotto un cappuccio lungo e lo sguardo basso.
-Non me ne avete dato il modo!- si difese Corrado. –I vostri assassini ci sono venuti incontro in massa, armati! Cosa avrei dovuto fare? Lasciare che i MIEI uomini venissero decimanti, o combattere per la causa più giusta?-.
La donna avanzò verso la scrivania, e vi si poggiò. –Mi prendete per una sciocca, forse? Se aveste davvero rispettato l’accordo, con voi avreste portato solo pochi uomini! Invece ne avete approfittato! Sapendo da me che voi e i vostri eravate in maggior numero rispetto ai nostri, avete cominciato la faida! Siete un vile…-.
Corrado scoppiò in una risata fragorosa, che rimbombò per tutta la sala. –Io… io sarei il vile? Voi vi siete venduta alla mia missione senza che vi dicessi nulla. Siete venuta qui ad implorarmi affinché svolgeste dei lavoretti per me. Ebbene, siete voi l’unica a dovervi vergognare…-.
La donna tacque alcuni istanti. –State dunque dicendo che non vi sono stata… utile?- lei avvicinò il suo voltò scuro a quello di lui, allungandosi sul tavolo.
Corrado rimase tranquillo. –Sì- rispose. –vi debbo più di quanto immaginate- gli era costato dire quelle parole.
La bocca di lei si allungò in un sorriso malizioso. –Non sono qui per discutere di questo- fece tornando dritta.
Corrado la guardò passeggiare davanti alla scrivania.
-Tharidl ha incaricato l’assassino di vostro padre di trovarvi e, naturalmente, uccidervi. Assieme a lui c’è la ragazza che avete sconfitto, e me ne prendo parte del merito…-.
- L’avrei di sicuro battuta, quella ragazzina! Non osate dubitare delle mie capacità solo perché vi ho assegnato simile compito- Corrado cominciava a spazientirsi.
-Oh…- fece lei. –Ne sono certa, ma tornando a noi… saranno qui tra qualche giorno, e ho pensato che avvertirvi di persona sarebbe stata una buona idea- poggiò una mano sul fianco magro.
-Sì, accetto la vostra… premura, e intendo darvi ascolto- Corrado si alzò. –C’è altro?-.
-Siate prudenti, Corrado- la donna si fece seria. –L’uomo che Tharidl ha scelto per voi… ci sono voci, sul suo conto, che parlano di nessun fallimento, le sue piume di sangue tornavano sempre macchiate. E la ragazza… non sottovalutate nessuno dei suoi aspetti gentili e fanciulleschi. Ella viene da una stirpe che porta onore alla confraternita di Masyaf da più di una generazione…- parlava come un veggente, una vecchia che leggeva le carte, e Corrado ne rimase interdetto.
-E voi come lo sapete?- domandò l’uomo avvicinandosi.
La donna soffocò una risata. –Credetemi e basta, poiché non ho modo di dimostrarvi il vero. Per quanto vi riguarda, vi consiglio solo di affidarvi nelle mani di chi solo è riuscito sempre a proteggervi, e che il vostro nome vaghi nella storia…- la donna si avviò verso l’uscita, quando Corrado la chiamò.
-Fermatevi- disse.
Il mantello le svolazzò ai fianchi, mostrando per un breve istante l’abito rosso porpora che portava. –C’è altro?- fece la donna aspettando con il peso su una sola gamba.
Corrado le andò incontro. –Mi stavo chiedendo… perché lo state facendo? Pensate di ricevere un compenso, per quello che fate? O forse…- cercò le parole. – state facendo forse il doppio gioco?- sbottò sospettoso.
La donna scoppiò in una risata, mostrando i denti bianchi e perfetti, labbra rosse e carnose. –Mi era parso strano che in voi non fosse nato ancora alcun dubbio, Signore di Acri e figlio di vostro padre!…- tornò improvvisamente sera. –Laddove le vostre spie tolsero la vita al mio amato, avevo già capito di essermi schierata dalla parte sbagliata della scacchiera. La mia famiglia si trasferì in questo Regno così odiato dagli Déi quando non eravate ancora nato, Corrado, e ho avuto modo di apprendere che il Nuovo Mondo che i Templari promettevano fosse l’unica salvezza per queste terre maledette… ebbene, mio signore, facevo sogni e incubi su quello che sarebbe stato il mio futuro se fosse rimasta affianco alla Setta degli Assassini. Quegli esseri sono accecati dalla salvezza che il Maestro porge loro, e io non sopporto la manipolazione che li viene inflitta fin dalla giovane età. Unirmi a voi, nel bene e nel male che avete causato alla mia anima, è la via che ho scelto di seguire…- lasciò la sala e i suoi passi si persero nel corridoio.
Corrado tornò al suo scranno; si sedette lentamente, confuso.
E nel silenzio, si diffuse il boato di un tuono.

-È tutto pronto!?- gridò Adel tenendo buono il cavallo.
Su Masyaf splendeva il sole di una nuova, splendente giornata: gli uccelli cinguettavano e il trambusto cittadino arrivava anche fuori le mura. Alcuni assassini erano intenti negli ultimi preparativi, delle loro bisacce. Erano in totale quattro, compreso Adel, e tra di loro c’era Halef, che stava finendo di sistemare le staffe della sella.
-Allora, ci si vede tra qualche mese- disse il giovane voltandosi.
Marhim ed Elena lo guardarono entrambi sorridendo. –Sì, ma sii prudente. Quella città ultimamente non è più un posto sicuro come una volta- parlottò Marhim.
-Ah!- rise Halef montando in sella. –E da quando hai smesso di pregare perché un arciere mi facesse fuori?- disse scherzoso stringendo le redini, poi si rivolse ad Elena.
-Non è ancora certo, ma al ritorno faremo tappa ad Acri- le fece l’occhiolino, ed Elena allungò ulteriormente il suo sorriso.
-E quando farete ritorno, esattamente?- domandò Marhim sentendosi già il peso dei giorni di solitudine addosso.
Halef si calò il cappuccio sul volto. – Esattamente?- ripeté. –Non si sa. Se tutto va per il verso giusto, per i primi di novembre dovremmo essere qui in tempo per la colazione- rise.
-Parecchio tempo- commentò Elena.
Halef annuì. –Se ne avrò l’occasione, ti scriverò, fratello pigro. E magari, se ti dessi una svegliata, prima del compimento delle indagini, potresti unirti a noi- gli consigliò.
Marhim scosse la testa. –Ho già scelto: l’omicidio non è il mio ramo dell’ulivo-.
-Allora- sorrise malizioso Halef –dovresti restituire quello!- il ragazzo indicò il guanto che ospitava la lama nascosta del fratello. Marhim gli lanciò un’occhiataccia.
Gli assassini, montati sui loro destrieri, raggiunsero al galoppo il loro mentore infondo alla strada.
-Avanti, sbrigati!- Marhim diede una pacca al fianco del cavallo.
Halef li salutò un’ultima volta portandosi il pugno chiuso al cuore, poi si piegò sulla sella e fece partire il cavallo al galoppo.
I quattro assassini sparirono dietro il pendio della roccia in una nube di polvere.
-È andato…- sospirò Marhim.
Elena gli andò affianco e l’abbracciò. –Sei davvero così in pena per lui?- gli chiese.
Marhim ricambiò l’abbraccio, ma esitò sulla risposta. –Nah!- dichiarò in fine.
Elena cominciò a ridere, e i due tornarono dentro nella città. –L’omicidio non è il mio ramo dell’ulivo? Ma come ti è venuta?-.
Marhim non riuscì a trattenersi, e anche lui prese a ridere. –Non so-.
-Davvero? Nel senso…- si fermarono vicino alla fontana sulla piazza del mercato. –davvero hai intenzione di mollare?- gli chiese stupita.
Marhim si abbozzò il cappuccio sulle spalle, e i raggi del sole gli illuminarono il viso. –Non sto “mollando”- disse andandosi a sedere sulla panca più vicina, ed Elena gli andò dietro.
-Mi sto solo fermando, cerco solamente di non salire di rango. Faccio quello che il Maestro mi chiede di fare, tutto qui…- appoggiò la schiena al muro.
Elena gli venne più vicina. – e cos’è che ti ha chiesto di fare?-.
Marhim la guardò perplesso, ma dopo poco rispose: - per ora? Facile, badare a te- sorrise.
Elena nascose il rossore delle guance voltandosi. – un incarico arduo, ne sarai capace?- fece scherzosa.
Marhim non sembrava in vena di scherzi, perché con tono afflitto disse: - sai, Rhami ha denunciato Jarhéd al Maestro, questa mattina-.
Elena s’irrigidì. –Perché?-.
-Come perché? Crede che sia stato lui a spararti addosso l’ago avvelenato, e non lo biasimo. Jarhéd ha dei precedenti inspiegabili anche in alcuni incarichi passati. Questa volta mi schiero dalla sua stessa parte, perché anche Rhami non riesce a mandare giù tutta questa storia orribile…- abbassò lo sguardo a terra.
Elena appoggiò la guancia sulla sua spalla. – che diamine, però- borbottò.
Marhim sospirò. – a chi lo dici-.
Rimasero in quella posa diversi minuti, finché dalla folla non emerse una figura familiare.
-Elika- fece Elena come svegliandosi da un sogno.
-Chi?- Marhim seguì il suo sguardo, ma lui non l’aveva mai vista, così non poté riconoscerla. –L’ex assassina?- le chiese.
Elena lo prese per il braccio e lo tirò con sé verso la donna.
Elika faceva compere ad una bancarella di frutta. Teneva in grembo un piccolo cesto chiaro e canticchiava allegra quando i due le furono dietro.
-Elika- Elena la chiamò, e la donna si voltò di colpo.
-Elena! Quanto tempo! Perché non sei più venuta a trovarmi?- le due ragazze si abbracciarono, e Marhim, imbarazzato, guardò altrove.
Elena sorrise. –Mi spiace, ma in questi ultimi giorni sono successe tante cose. Poi ho avuto gli allenamenti con Altair, e ora io e Marhim stavamo salutando suo fratello che è partito assieme ad Adel e altri per Alhepo- la informò tutto d’un fiato.
Elika notò il giovane accanto a lei. –Marhim… come mai ho già sentito parlare di te?-.
Il ragazzo rimase di stucco. –Non saprei- farfugliò insicuro.
-Oh, be’!- fece Elika. –Sono così contenta di vederti, ragazza mia, che voglio ospitare te e l’assassino qui presente per un buon the, che ne dici?- la donna era entusiasta.
Elena cercò l’approvazione dell’amico, ma Marhim era rimasto senza parole. –sì, sarebbe…- non riuscì a terminare che Elika la prese sottobraccio e la portò con sé verso casa sua. –Ci sono così tante cose che voglio sapere! A cominciare dai tuoi addestramenti, ma soprattutto devi raccontarmi del tuo scontro con Corrado! Oh, quanta roba, sapessi come…- e proseguì senza fermarsi.
Marhim le perse entrambe di vista tra la folla, così fu costretto ad arrampicarsi sul tetto dell’abitazione vicina.
-Ehi, ma che fa quel pazzo?- disse un vecchio vedendolo saltare sul tetto accanto.
Un po’ fuori esercizio, Marhim scivolò e si trovò sospeso a mezz’aria attaccato al cornicione di una finestra.
Elika ed Elena camminavano proprio sotto di lui, e il ragazzo si lasciò andare.
Atterrò alle loro spalle, ma l’unica ad accorgersene fu Elena, che si voltò aggrottando la fronte.
Marhim alzò le spalle tirando un sospiro di sollievo, ed Elika si fece da parte per farli entrare in casa.

Elika poggiò il vassoio sul tavolo basso.
C’erano tre tazze belle fumanti di the scuro, e la padrona di casa aveva messo anche tre biscotti di grano duro.
Marhim ed Elena erano seduti l’uno affianco all’altra su dei grossi cuscini di tessuto arancione, il sole filtrava dalle finestre, facendo brillare il pulviscolo atmosferico. Gli uccellini canticchiavano per le strade affollate della cittadella, assieme alle voci dei passanti e alle grida giocose dei bambini.
Elika si sedette di fronte ai due e prese la sua tazza tra le dita, cominciando a sorseggiare. –Avanti, comincia- le disse.
Elena lanciò un’occhiata all’amico come in segno di aiuto, e Marhim si schiarì la voce. –Elena fa miglioramenti. Questa settimana mastro Altair le sta insegnando l’arte della spada corta, ed Elena sembra portata per qualsiasi cosa. Accanto a queste, Altair le fornisce nozioni sul lancio dei pugnali, in prossimità del viaggio che li attende entrambi per Acri- disse tutto d’un fiato.
Ecco. Marhim aveva illustrato ad Elika la parte meno complessa delle sue giornate, ma sicuramente Elika avrebbe chiesto…
-E come ti senti? Dopo quella sconfitta, poi… ho saputo del veleno! È tutto apposto, vero?-.
Elena prese una tazza e vi soffiò sensibilmente. Il calore passava attraverso la porcellana e le scaldava le dita. –Sì, ora mi sento meglio… ma non solo! Ho un peso in meno sullo stomaco, dato che l’incontro è stato truccato- confessò afflitta.
Elika passò lo sguardo al ragazzo. –Scusa tanto, ma tu chi sei? La sua guardia del corpo?- gli chiese sorridendo.
Marhim prese il suo the allungando la bocca in un sorriso timido. –Più o meno…- fece insicuro.
Elika tornò a guardare lei, ed Elena riprese a raccontare.
-Come hai saputo sono stata avvelenata, e forse sono ancora in rischio di morte. Insomma…- abbassò lo sguardo la ragazza. –non vedo Adha da parecchio tempo, e non ho avuto modo di parlare con lei delle mie condizioni…-.
Marhim si rattristì con lei, ma Elika cercò di cambiare atmosfera.
-E così- cominciò la donna. –Parti per Acri, assieme al tuo nuovo mentore!- sorrise affettuosa.
Elena annuì, e la gioia tornò sul suo volto. Non vedeva l’ora di lasciare il dolore di quelle mura, e raggiungere il prima possibile Corrado! Per ammazzarlo, ovviamente…
-Spero che vada tutto bene…- mormorò trattenendo il furore.
-Perché non dovrebbe?- disse Elika, e sia Marhim che la donna la guardarono sorpresi. –Sei un’ottima combattente, ti sei fronteggiata con le guardie di quella città quando ancora imbracciavi appena una spada. Non hai nulla da temere!- bevve un altro sorso.
Elena strinse con più forza la tazza, cercando di coglierne le ultime sfumature di calore. –Hai ragione, forse sono davvero pronta- bofonchiò.
-Gliela farete pagare a quel maledetto, e riporterete qui il Frutto dell’Eden prima che una qualsivoglia sentinella possa gridare: assassini!- rise la donna.
Elena annuì, di nuovo, cominciando a convincersi che nulla sarebbe andato storto. In fondo, Altair non aveva mai fallito nessuna missione, come diceva il suo rango, e sicuramente avrebbe badato a lei durante tutte le indagini, insegnandole il necessario. E, alla fine, Elena assisterà in silenzio, ma gridando di gioia, quando il suo maestro consegnerà la piuma sporca di sangue al rafik…
-Marhim, giusto?- fece Elika poggiando la tazza quasi vuota nel vassoio.
-Sì- rispose il ragazzo.
Elika lo guardò un istante in silenzio, poi parlò: -Potresti lasciarci?- gli chiese cordiale.
Marhim spostò gli occhi su Elena, altrettanto confusa. –certamente- balbettò alzandosi.
Lasciò la tazza ancora piena e si avviò all’uscita, chiudendosi poi la porta alle spalle.
Elena si volse verso di lei, e si accorse che Elika la fissava.
-So che stai cercando tuo fratello- disse la donna continuando ad osservarla.
Elena sobbalzò. –Sì, e tu sai chi è- si sporse in avanti. –Non è così?!- le uscì di bocca aggressivo, ma subito tornò composta. –Scusa… io… vorrei tanto, insomma… è vero che non l’ho mai conosciuto, e lui non ha mai incontrato, ma vorrei… vorrei solo…. Ecco…- Elena passava il dito sul bordo della tazza, sentendo gli occhi inumidirsi. –è l’unica persona… che mi rimane- singhiozzò. –mio padre mi ha mandata qui apposta per trovarlo, ma quel vecchio non vuole dirmi chi sia…- si sfogò piangendo.
Elika le venne accanto. –so che cosa stai provando… sapere che la tua famiglia è lontana da te, ma perennemente nei tuoi sogni, intendo- le sussurrò all’orecchio abbracciandola.
Elena si strinse a lei e le pianse sulla spalla, ed Elika le accarezzò i capelli tentando di calmarla. –Su, su, avanti… so che è doloroso, lo so! Ma santi lumi, Elena! Sei una Dea ora!- le sorrise staccandosi. Elika le asciugò le lacrime che le solcavano le guance, ed Elena riuscì a prestarle ascolto riacquistando il controllo.
Elika le sistemò i capelli. – Forza e coraggio, determinazione. Sono questi gli elementi giusti che ti condurranno da tuo fratello, dovunque egli sia…- le mormorò dolcemente.
-Tharidl- gemé Elena. –lui mi ha detto che si trova qui, o meglio… che il suo corpo vaga per la fortezza. Non lo sopporto, quel vecchietto, quando parla per enigmi! È odioso… lui che dice di volermi aiutare, lui che era tanto amico di mio padre!- Elena tornò a piangere sulla sua spalla, non riuscendo a trattenersi.
Perché d’un tratto Elika si era rivelata il suo confessionale di dolore? Elena la conosceva appena, ma sentiva di potersi fidare di lei come se fosse sua madre. Non andava a piangere sulla veste di Marhim, come poteva Elika consolarla meglio del suo migliore amico, si chiese.
Nonostante le incertezze, Elena gettò sul collo di Elika tutte le sue paure, raccontandole, tra gemiti e singhiozzi, quello che aveva passato fino a quel punto: i soldati che aveva ammazzato scappando da Acri, la sua prima notte nella fortezza, gli atti vili che alcuni novizi le avevano riservato, il suo primo scontro con Altair, e di come era diventato suo maestro. Le parlò anche del funerale, di Minha e, per ultima cosa, del suo sogno…
Descrisse ogni particolare delle sue cadute nel vuoto, della mano di Rhami tesa verso di lei, di Marhim e anche del suo mentore cui erano comparse le ali.
-Interessante, anche se credo di non intendermi di simili veggenze - rise Elika.
Elena si sentiva meglio: ora che non aveva più nulla dentro, che era riuscita a raccontare tutto a qualcuno, anche di così estraneo, si disse, sul suo voltò tornò il sorriso, e i suoi occhi brillarono di azzurro limpido come il cielo d’estate.
La ragazza tornò composta, silenziosa mentre Elika si apprestava a riportare il vassoio nella stanza accanto. –è meglio che torni da quel poveretto, è rimasto ad aspettare lì fuori per più di un’ora!- le disse Elika dalla cucina.
Elena aveva completamente perso il senso del tempo. Un’ora! Si ripeté.
La giovane scattò in piedi, si affacciò nella cucina e salutò Elika che stava lavando alcuni vecchi piatti sporchi e corse fuori dalla casa.
Il sole, di fatti, andava calare sulla valle. Il cielo assumeva sfumature rosate, le nuvole si coloravano di rosso primario, e la città si preparava per la notte: le bancarelle chiudevano, i mercanti tornavano nelle loro abitazioni, riavvolgendo i tappeti e raggruppando il bestiame.
Trovò Marhim ad aspettarla allo sbocco della via, appoggiato alla parete di una casa.
-Elena!- si voltò gioioso vedendola.
-Scusa, mi spiace averti fatto aspettare, ma ho voluto allungare io la conversazione, non avere rimpianti con Elika- gli disse avviandosi.
Marhim le camminò al fianco. –Non l’ho mai sospettato… ti serviva qualcuno che ti capisse meglio, per quanto riguarda… sei una ragazza, no? È questo che intendo- si passò una mano trai capelli.
Elena soffocò una risata, e i due si allungarono sulla via per la fortezza.

A metà strada, Elena si fermò.
Fredrik veniva verso di loro, e Marhim seguì il suo sguardo senza dire nulla.
L’assassino dal volto scoperto proferì un lieve inchino alla ragazza, poi parlò: -Elena, Adha mi manda a chiamarvi; ella vi attende nei vostri alloggi.
Elena e Marhim si scambiarono una fugace occhiata.
-Grazie- disse la ragazza riprendendo il passo.
Lei e Marhim sparirono tra la folla.
L’Angelo continuò per la sua strada raggiungendo la piazza della città, svoltò in una stradina buia e bussò alla porta di un’abitazione.
-Arrivo- disse un voce di donna da dentro.
Elika aprì la porta e rimase con la bocca aperta, sull’uscio. –Fredrik?- fece stupita.
L’assassino rimase immobile, dritto. –Il Maestro vuole vederti, Elika- la informò abbassando il capo.
La donna, ancora sbigottita, si chiuse la porta alle spalle appoggiandovisi. –Come mai?- domandò, ma Fredrik le diede le spalle e riprese la sua passeggiata. Attraversò tutta Masyaf, bussando alle sole porte cui Tharidl gli aveva detto di recarsi.

Raggiunsero il cortile interno che si stava facendo notte. Comparivano le prime stelle all’orizzonte, e il cielo andava incupirsi, accompagnato dalla brezza fresca notturna.
Marhim l’accompagnò oltre la sala del Maestro, fino alle gradinate della torre, attraverso gli alloggi degli Angeli.
-Va’, ti aspetto qui, se vuoi- le disse.
Elena proseguì sulle scale che portavano agli appartamenti delle Dee. –Se ti va- gli sorrise, e sparì al piano di sopra.
Adha si spostava da parte a parte del vesto stanzone sbattendo i cuscini e i tappeti fuori dalle finestre aperte.
-Che succede?- chiese Elena avvicinandosi alla donna.
Adha le volse una sola occhiata, continuando a svolgere le sue mansioni. –Devi prepararti. Il tuo addestramento è completo, e domani mattina all’alba tu Altair partirete per la vostra destinazione- fece seria spazzando gli ingressi delle stanze da letto.
Elena sobbalzò. –Domani- tartagliò. –Così presto?- le andò affianco afflitta, ma Adha si ridusse solo ad annuire, grave.
-Non è stata una mia decisione. Altair ha sentenziato così questo pomeriggio. Ti ritiene già all’altezza- Adha spazzava con nervosismo, colpendo le tegole di legno con la paglia della scopa rabbiosa.
Elena curvò le spalle. –Va bene- sospirò.
Adha arrestò le pulizie, d’un tratto.
Elena si avviò nella sua stanza, e la donna le venne dietro poggiando la scopa al muro. –Mi sono permessa di apportare delle altre modifiche alla tua veste, mentre eri in coma. Ho incaricato un assassino di lucidarti l’equipaggiamento, che ora è su quel tavolo lì- Adha indicò la scrivania sotto la finestra, ed Elena fece un passo in quella direzione.
-Che genere di modifiche?- domandò sfiorando la cintura di cuoio con le dita.
Adha esitò. –Perché non lo provi tu stessa? Così, se ci sono altri tagli da fare, almeno per domani sarà pronta-.
Elena si voltò di colpo. –Tagli?! Era già tagliata abbastanza quando l’ho messa l’ultima volta!- afferrò la veste bianca tra le mani e la stirò sul letto, osservandola con occhio critico.
Era nettamente cambiata.
Le scollature sul petto, le maniche leggere… dettagli che si erano sostituiti ancora ad una comune divisa da assassino di basso rango. La tunica bianca le arrivava alle ginocchi, come al solito, ma finalmente qualcuno aveva avuto il buon senso di rattoppare quei buchi!
-Ecco, così va meglio- borbottò ripiegandola con cura.
-è stato lui ad insistere affinché ti restituissi un po’… come l’ha chiamata? Ah, sì, un po’ di “decenza”- sbottò la donna.
-Altair?- chiese senza voltarsi, ma lo stesso sorpresa.
Adha riafferrò la scopa e si avviò verso le scale. –Fa’ piccoli i bagagli, mi raccomando! Hai tutto il tempo! Marhim ti accompagnerà a cena…- la donna si dileguò al piano di sotto.
Elena spostò lo sguardo al fodero della bellissima spada, la stessa che aveva usato per i suoi allenamenti. C’erano cinque coltellini da lancio e una lama corta. Gli stivali, nascosti sotto il tavolo, erano piccoli e, quando li provò, calzarono perfettamente aderendo ai suoi piccoli e sodi polpacci.
Elena si guardò allo specchio, vestita con l’intero equipaggiamento .
Con quell’armamentario addosso chi, si chiese, CHI l’avrebbe scambiata per un monaco? E poi, c’erano anche i capelli: se li teneva legati si formava un rigonfiamento orribile all’altezza della nuca, invece, se li teneva sciolti, molti ciuffi le uscivano dal cappuccio.
Si disse che non sarebbe stato un problema spuntarli di qualche centimetro, di fatti…
-Dea- Lily s’inchinò entrando nella stanza.
–Lily!- fece Elena sorpresa.
-Oh- la ragazza arrossì di vergogna. –perdonatemi, non volevo interrompere nulla, ma Adha mi manda per, ecco…- Lily le mostrò un paio di forbici enormi, ed Elena comprese al volo.
Dopo un bel lavaggio, Lily cominciò a tagliarle i capelli.
Elena teneva un asciugamano sulle spalle, mentre ciocche intere andavano a cadere ai lati della vasca.
La ragazza, immersa fino al petto nell’acqua calda, si permise di chiudere gli occhi, perdendo così la cognizione del tempo…

-Ho finito- fece ad un tratto Lily, che le porse un lungo accappatoio.
Elena uscì dalla vasca e vi si avvolse scappando ai brividi di freddo. Coi piedi scalzi sul marmo, si sarebbe presa un accidente.
In ogni modo, su Masyaf si avvicinava l’inverno, e chissà sa un giorno Elena avrebbe visto la neve!
Quando Lily la lasciò cambiarsi, Elena fece il più in fretta possibile.
Si vestì normalmente, allacciandosi ai fianchi solo una pezza color porpora e portando con sé solo i cinque pugnali da lancio, nascosti nei foderi dello stivale sinistro.
Marhim scattò in piedi quando la vide scendere le scale. –Ce ne hai messo di… tempo…- il suo sorriso si spense in fretta.
Sarà per i capelli, si chiese Elena, che Lily aveva accorciato di una, anche due mani. Ma infondo non le importava tanto, soprattutto nel sentire Marhim farle i complimenti. –Stai benissimo!- sorrise, commosso.
Elena arrossì. –Grazie- mormorò.
Ora la chioma le arrivava alle spalle, toccando a mala pena la schiena, ma finalmente entrava nel cappuccio!
-Allora è deciso, questa sarà la nostra ultima sera insieme, per quanto tempo?… un mese, due?- fece Marhim serio mentre camminavano.
Elena colse un tono nuovo nella sua voce, quasi imbarazzato. –Sì, e la cosa mi rattrista un po’. Dopotutto, ad Acri non ho amici come te- rise lei.
Marhim tacque da lì fino alla mensa, dove Elena si sorprese di trovare riuniti quasi tutti gli assassini della confraternita!
-Festa di compleanno?- bisbigliò all’orecchio del compagno.
Marhim soffocò una risata. –No, no- le rispose. –sono tutti qui per te- le fece l’occhiolino.
Elena rimase interdetta. –per me?- balbettò.
Marhim l’afferrò per il polso e la tirò con sé ad un tavolo dove individuarono due posti liberi.
-Stavi scherzando, vero?- le sbottò Elena quando furono seduti; le cameriere entrarono nella sala e cominciarono a servire uno per uno tutti gli Angeli.
-Affatto… oggi Tharidl ha voluto festeggiare la tua entrata nella confraternita- Marhim si guardava attorno, e ad Elena quella situazione cominciava a non piacere.
-Non so se riuscirò a sopportarlo- borbottò tra sé la ragazza. –Una festa, con vino e lusso vario…-
Per la maggior parte del tempo, Elena si ridusse a consumare la cena in silenzio, come al solito, ma il fatto che tanti assassini fossero riuniti lì, e che potessero vederla… accanto a Marhim… in quello stato… insomma, avete capito il tipo di imbarazzo, no? Ecco, bravi.
Ad un tratto, le porte della cucina si spalancarono e nella stanza entrò un intero cinghiale servito su un piatto d’argento, retto da due assassini.
Dal marasma di gente che animava la sala si levò un mormorio di entusiasmo, mentre la portata faceva il giro dei tavoli.
Elena non poté contare pochi secondi, che sempre dalla cucina venne fatto portare nella stanza un enorme botte scusa, dopo di ché gli assassini si accalcarono a riempire boccali dopo boccali di vino.
Elena provò a tirarlo per la manica, ma Marhim le sfuggì di mano e andò a riempire due bicchieri.
-Maledetto!- ora che ci pensava, Kalel non aveva mai organizzato alcuni tipo di festa né per il suo compleanno, né per chissà quale altro futile motivo. Eppure, una quarantina di assassini e donne di corte erano riuniti in quella sala per festeggiare lei… e la veste che ora portava.
Quale onore, pensò.
Marhim fece scivolare il bicchiere sul tavolo, ed Elena lo fermò al volo. –No grazie- disse allontanando la tazza. –Il the mi è rimasto sullo stomaco- nonostante le grida di gioia della gente che la circondava, la musica e i continui balletti tra gli assassini e le donne delle pulizie, Elena teneva il broncio.
Marhim le si avvicinò, lasciando da parte anche il suo boccale. –Non fare quella faccia, ti prego. Volevo che fosse una sorpresa, avanti…- lui le fece gli occhi dolci, ma Elena non cedette.
Erano gli unici due fessi che se ne stavano in disparte, soli, nel buio della sala, mentre le pareti erano addobbate di fiaccole e arazzi, e sul soffitto galleggiavano bracieri d’argento.
-Ti andrebbe…- le parole gli morirono in gola.
Elena si voltò, e lo guardò perplessa in attesa.
Marhim ingerì un nuovo sorso. –Ti andrebbe di… ballare?- indicò con un cenno del capo il centro della sala, che era diventato una vera e propria pista di ballo.
Elena, tra le donzelle strette nelle braccia degli assassini che danzavano, riconobbe Lily e Luisa, entrambe tutt’altro che sobrie.
-Adesso stai scherzando, non è così?- Elena aggrottò le sopracciglia, cercando di nascondere al meglio la paura di gettarsi tra la folla.
Marhim scosse la testa, deciso. –Dai, ho capito che sei astemia! Ma così ti perdi tutto lo spasso! È la tua festa, diamine! Tharidl l’ha organizzata per tirati su il morale, e Adha ha deciso così con lui. Avanti…- la supplicò con gli occhi, di nuovo.
Elena sbuffò, e scrutandosi un’ultima volta attorno, si arrese curvando le spalle: -va bene, ma solo perché sei simpatico!- si alzò e Marhim l’accompagnò tenendola per mano al centro della stanza.
Non seppe contare con precisione quanti spintoni ricevette, forse una dozzina, ma il caos era ovunque.
Marhim la guidava in una danza allegra, accompagnata da pochi e rozzi strumenti suonati da un gruppo ristretto di assassini, in piedi su un tavolo. C’erano due flauti, un buffo strumento a corde, e un tamburello.
Marhim la stringeva con una mano sul fianco, mentre con l’altra le teneva il braccio alzato. Erano passi di danza che Elena aveva visto più volte, nei suoi diciassette anni di vita. Ad Acri si festeggiava spesso anche quando la pesca andava bene, o solamente perché un ricco mercante aveva venduto ad alto prezzo uno dei suoi migliori prodotti. Durante quelle occasioni, Elena si riduceva a guardare da lontano come le donne del distretto danzavano allegramente con i loro cavalieri.
Alle festicciole del quartiere si univano anche le guardie di Corrado, e molti dei cavalieri Ospitalieri. Per non parlare dei parecchi templari, ammirati da tutte le donzelle che incontravano con lo sguardo.
Elena si chiese in quanti la stessero fissando increduli, nel vederla ballare con Marhim. Chissà quali voci sarebbero emerse la mattina successiva, ma ringraziò Tharidl per aver organizzato la festicciola la sera prima della sua partenza!
Nonostante gli acciacchi sui piedi che ricevette dal suo compagno di palco, Elena non poté negare che si era davvero divertita. Sarà stata l’atmosfera, o la musica, o solamente Marhim così gioioso nell’averla così vicina. Chissà, si chiese, che cosa l’aveva fatta sorridere tanto.
Nel momento in cui Elena si lanciò sulla sedia del tavolo, Marhim le passò il boccale. –Avrai sete, spero!- rise, che tanto sobrio neppure lui le parve.
Elena esitò, ma nell’allungare la mano a stringere la birra, si sentì carica di follia.
Tutta quanta! Giù tutta d’un fiato!
Marhim rimase a bocca aperta.
Elena si pulì il rivolo di succo che le cadeva da un angolo della bocca, poi si accasciò sul tavolo.
-Elena!- Marhim la scosse diverse volte, ma Elena rimaneva con la faccia sul legno della superficie. –Elena!- insistette, ma nulla, la ragazza non aveva retto il mezzo litro di vino.
-Scherzetto!- Elena sollevò la testa mostrando i denti.
Marhim abbassò le spalle, prendendo fiato. –Guarda…!!! Sono senza parole!!!…- le disse solo.
La ragazza si sistemò comoda, cercando residui nel piatto che aveva di fronte. Le era tornata fame, ma le donne della cucina avevano già riportato gran parte delle portate nei lavandini.
D’un tratto, i suoi occhi azzurri incontrarono quelli cristallini di Rhami, che la guardava da un tavolo distante e che sicuramente l’aveva fissata fin dal primo momento.
Allo stesso tavolo dell’Angelo c’erano Fredrik e un terzo assassino che Elena riconobbe immediatamente come il suo maestro.
I tre moderati se ne stavano appartati, in silenzio, e dimostravano il massimo dell’autocontrollo. Mentre tutt’attorno infuriava il vivo della festa.
Quando Elena si soffermò su quell’ultimo assassino, si accorse che, da sotto il cappuccio, Altair l’aveva ammirata nella sua danza fino ad allora, con uno sguardo indescrivibile, troppo complesso per coglierne i particolari da quella distanza.
Rhami e Fredrik si scambiarono parole mute che, per il frastuono e la lontananza, Elena non riuscì a cogliere. Poi Rhami si alzò e venne verso di lei.
L’assassino si fece largo tra la calca allo stesso modo di come si preparava a colpire la sua preda, con lo stesso passo felpato da leopardo.
Rhami le fu di fronte senza che Elena se n’accorgesse, a differenza di marhim, che sull’immediato lanciò un’occhiataccia al ragazzo.
Rhami parve non curarsene e porse la mano alla ragazza. –Permetti?- sorrise scoprendosi il volto.
Elena si alzò, scansandosi da Marhim. –Certamente- balbettò con gli occhi che le luccicavano.
Marhim, nel guardarli allontanarsi dal tavolo e raggiungere la pista, strinse i denti.
Rhami le poggiò delicatamente la mano sul fianco, più in basso di dove sarebbe dovuta essere, mentre con l’altra scivolò sul suo braccio fino a stringerle le dita.
Non seppe perché lo fece, ma Elena si morse un labbro.
E, ovviamente, Rhami la tirò a sé.
L’assassino condusse la danza più lentamente di come aveva fatto il suo precedente cavaliere, che ora stava zitto e muto seduto al tavolo ad addentarsi la coda. I suoi movimenti e Rhami stesso erano meno impacciati, e la cosa la fece sorridere: niente più spinte e acciacchi sui piedi!
Tirò un flebile sospiro di sollievo.
Si godette quel momento più del bagno di poche ore prima, e, senza rendersene conto, il suo corpo era completamente aderito a quelli di Rhami, che sorrideva divertito.
Elena chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dalla musica, fin quando questa non divenne più lenta e soave, come un ninna nanna.
Il frastuono tutt’attorno andava ad affievolirsi, le voci divennero teneri sussurri.
Elena riaprì gli occhi di colpo.
Nel bel mezzo della sala, soli e unici, c’erano lei e Rhami impiegati in una danza lenta; non poté crederci.
Marhim si alzò dal suo posto stringendo i pugni, e Altair, dal capo opposto della sala, fece altrettanto. Ma entrambi avevano in volto emozioni differenti: chi gelosia ed odio, e chi invece paura e timore.
Dalle gradinate comparve Adha, dietro la quale camminava Tharidl scortato da alcuni guardie.
La donna dai capelli corvini venne verso i due, ed Elena si staccò di colpo da Rhami.
-Posso sapere cosa sta succedendo qui?- mormorò la donna guardandoli.
Rhami si calò sul volto il cappuccio, facendo un passo avanti. – è stata una mia iniziativa- sbottò cupo.
Tharidl, fermo all’ingresso delle cucine, osservava cauto con le braccia conserte.
Elena sprofondò il mento nel petto. Come era potuto succedere?!
Non solo le guance cominciarono ad esploderle, ma il suo stomaco si contorceva senza fine! Assieme alle sue gambe, che per i cento e più occhi puntati su di lei potevano cederle da un momento all’altro. Era stata una sciocca, un’incompetente. Tra tutte le belle ragazze che abitavano la fortezza, lei era l’unica che non poteva permettersi certe cose, certe azioni…
Si allontanò da Rhami, sfuggendo allo sguardo di Adha.
-Forza, la festa è finita!- fece Tharidl alzando le braccia e battendo le mani.
Le donne presero a sparecchiare, mentre il corteo di assassini si smistava per la fortezza.
Adha rimase immobile dov’era al centro della stanza, e Rhami ed Elena con lei.
–Voi due- disse Adha quando la sala fu vuota. –Voi due venite con me, avanti!- la donna s’incamminò verso il piano terra, e i due ragazzi le andarono dietro.
Altair, nascosto nell’ombra, la fermò per un braccio quando lei gli passò affianco -Vacci piano, sono ragazzi- le bisbigliò all’orecchio.
Adha arrestò il passo e lo guardò negli occhi. –ragazzi? Sono assassini, vincolati entrambi da un giuramento. Sia lui, che tu per primo dovresti assecondare con una punizione esemplare, e sia lei, che sempre tu dovresti dirle qualcosa!- ruggì Adha.
Rhami ed Elena restarono in disparte, accostati alla parete. –L’abbiamo fatta grossa- sorrise malizioso lui.
Elena non riuscì a voltarsi, l’imbarazzo, il rossore delle guance, era troppo… non poteva sopportarlo, e Rhami dovette accorgersene.
-Scusami- mormorò l’assassino. –se ti ho cacciato in questo guaio solo perché non so restare con la testa apposto!- si appiattì ulteriormente contro il muro. –sono stato uno stupido, e non sapevo quello che stavo facendo e perché lo stavo facendo! Avresti dovuto vedere, però, come ci guardava Marhim!- rise.
Marhim!
Elena sobbalzò. Chissà che fine aveva fatto, e di quale faccia stava parlando Rhami? Forse della gelosia che stava bollendo sul suo volto quando la musica era cessata, e le voci si erano affievolite… sì, forse di quella faccia.
Elena si sentì schiacciata da un peso di tonnellate e tonnellate di pietre! Non si reggeva sulle gambe, le ginocchia le tremavano, e dovette appoggiarsi con le spalle al muro, accanto a Rhami.
-Allora lascia che me ne occupi io- sbottò in fine Altair.
Adha ebbe un momento di smarrimento. Aggrottò la fronte facendo un passo indietro. –Tu?- ripeté. –ne sei sicuro? Ti assumi la responsabilità che la cosa si ripeta?- la donna gli puntò un dito al petto. –Credi di poter sopportare le ripicche di Tharidl anche per questa sciocchezza? Se ti rende fiero di te, va bene! Una fatica in meno sulle mie braccia!- Adha si allontanò nel buio della notte, e scomparve in uno dei corridoi. I suoi passi si persero nell’eco della roccia.
Altair a guardò allontanarsi, poi si voltò. –Potete andare- disse soltanto.
Elena sgranò gli occhi, e Rhami si avvicinò.
–Come?- fece il ragazzo.
-Non intendete…- balbettò Elena –punirci?-.
Altair non trattenne la risata. –Punirvi, e per quale motivo? Per aver bevuto vino ad una festa, ed esservi divertiti un po’? Avanti, Adha certe volte esagera, e personalmente…- Altair abbassò il tono della voce. –non mi sono mai piaciute le regole della setta-.
Detto quello l’assassino li lasciò con la bocca spalancata, l'una e l'altra più che stupefatti, e si avviò nei corridoi.
-Io non ci credo- disse ad un tratto Rhami.
Elena lo guardò interrogativa.
-Sicuramente- continuò il ragazzo. –un giorno dei prossimi me la farà pagare a duello-.
Rhami si avviò verso le sue stanza, ed Elena non poté far altro se non andargli dietro dato che la strada era la stessa.
Camminando dietro al ragazzo, ad Elena balzò in mente una domanda.
-Rhami- lo chiamò, e lui si voltò come se non aspettasse altro.
Elena si mise sul suo stesso gradino. –Oggi, alla festa, non ho visto Jarhéd…- disse fievole.
Rhami annuì. –Sì, ho capito dove vuoi arrivare. Non devi preoccuparti, entrambi non dobbiamo preoccuparci. Il Maestro se ne stava occupando di persona questa mattina. Quel maledetto bastardo è nelle segrete sotto continui interrogatori…-.
-Torture?- domandò incredula. Erano davvero così spietati?!
Rhami le venne più vicino. –Dovresti esserne contenta. Tutte le accuse sono contro di lui, e anche se durante la mia missione a Damasco si è schierato dalla parte di Saldino, non vuol dire che stia giovando ad entrambe le fazioni!- gridò, ma Elena le fece segno di abbassare il tono.
-Scusa, ma certi argomenti mi fanno questo effetto…- si scusò lui.
Elena si abbassò a stringersi i lacci dello stivale. –Quali argomenti?- chiese.
Rhami si piegò alla sua altezza. –La tua salute- disse semplicemente.
Il suo sguardo, il suo viso così poco distante dal suo, il vino che circolava nelle vene al posto del sangue… che cosa sarebbe potuto succedere se non quello che accadde?
Entrambi avevano scherzato col fuoco quella notte, avevano ballato, e ripeto, ballato! Elena sentiva ancora il calore delle sue mani sui suoi fianchi, e il rossore tornò a colorarle le guance.
Eh, be’, quando si sollevarono, Elena non poté trattenersi: lo stato di ebbrezza le fece quell’effetto.
Fingendo di inciampare (ma non le parve tanto per finta) gli cadde addosso, e Rhami l’afferrò per i fianchi. Quel piccolo contatto, così insignificante, fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Fu lui a baciarla, d’un tratto, dal nulla, e lei non si scompose, anzi… si sciolse tra le sue braccia solide e muscolose, e lasciò andare a quel bacio che non poteva definirsi bacio, dato che avevano bevuto almeno mezzo litro di vino a testa.
Rhami finì con le spalle al muro, stringendola sempre più forte.
Elena gli accarezzava il petto caldo, poggiando il palmo all’altezza del cuore, mentre Rhami scendeva giù lungo la sua schiena.
Non potevano negare di avere il battito cardiaco accelerato, e dopo poco scivolarono a terra, finendo a baciarsi sulle gradinate della torre.
Che… che… ma che razza di… ma guarda! Oh!
Elena si staccò con violenza, spingendosi in piedi traballante.
Rhami portò la testa all’indietro, prendendo fiato. –Wow!- disse con accento sbronzo, ma naturalmente finto.
Elena si appoggiò al corrimano. –Demente, che cosa hai fatto!- si sedette sui gradini portandosi le mani al viso.
Rhami le si trascinò al fianco, ma Elena si scansò non appena provò a sfiorarla.
-Siamo ubriachi, tutti e due!- le sbottò in faccia.
Rhami scoppiò a ridere. –Se fossi davvero ubriaca, non saresti qui a chiederti se lo sei o no…- sorrise malizioso.
-Giusto…- mormorò lei, e i capelli le finirono davanti al viso.
Rhami allungò una mano e le portò una ciocca dietro l’orecchio, affettuoso ma non troppo.  –Li hai tagliati- commentò –sei sempre bellissima- il suo respiro bollente le arrivò sul collo.
Elena lo fulminò con un’occhiataccia, ma lui non le diede retta e le andò di nuovo incontro, ritentando.
Le loro labbra si sfiorarono, di nuovo, ma quella volta Elena non riuscì a staccarsene come avrebbe voluto. Tornò ad appoggiarsi a lui, che senza alcun pudore s’infilò tra le sue gambe, afferrandole un ginocchio.
A quel punto fu troppo.
Elena si divincolò con quanta forza le restava, lo spinse via e Rhami si trovò con la schiena a terra –ahio!- digrignò avendo sbattuto la testa sulla pietra.
Elena scappò via di corsa, col fiato corto e senza voltarsi.
Raggiunse gli alloggi degli Angeli e proseguì fulminea dritta negli appartamenti delle Dee, al sicuro da tutto ciò che riguardava l’essere maschile.
Si fermò di fronte all’ingresso della sua camera, riprendendosi dalla corsa. Quando si voltò, tirò un sospiro di sollievo nel vedere che Rhami non l’aveva seguita.
Ancora con le gambe che le tremavano, Elena si gettò tra i cuscini affondandoci il viso. Si nascose tra le loro stoffe colorate, e assaporò l’aria fresca che passava dalle finestre aperte.
Nonostante il suo cuore avesse riacquistato un battito regolare, Elena non riuscì a prendere sonno: come aveva detto Rhami, non aveva bevuto abbastanza perché dimenticasse l’accaduto.

Rhami si alzò dolorante appoggiandosi al corrimano.
Alzando gli occhi, ebbe solo il tempo di vedere Elena scomparire dietro l’angolo del corridoio di alcuni piani sopra; e da allora lo abbandonò l’idea di seguirla.
Si sgranchì la schiena, sciolse i muscoli del collo e ripensò al sapore delizioso che avevano le ragazze sulle labbra. Al solo pensarci, le sue spalle persero la compostezza e la fierezza di assassino, tramutandosi in quello che non era mai stato: un ragazzo come gli altri. Un giovane che aveva provato, ma fallito, con una delle belle fanciulle del palazzo. Qualcosa lo aveva sconfitto, dentro di lui si sentiva affranto e rifiutato come mai prima di allora. Eppure, sapeva di piacerle, ma Elena l’aveva respinto. Che tristezza, pensò…
Andando verso le sue stanze, sentì dei passi seguirlo. Si voltò impercettibilmente e, sorridendo malignamente, riconobbe il suo pedinatore. Continuò sulla sua strada e tornò nei suoi alloggi.

Marhim si lasciò scivolare sui gradini, si prese la testa tra le mani spingendo sulle tempie con forza. –stupido, stupido, stupido… non era in lei, non era in lei!- continuò a ripetersi seduto sulle scale, ma quello cui aveva assistito l’aveva lasciato senza parole, con un vuoto dentro inimmaginabile. Che cosa avrebbe dovuto fare? Se avesse denunciato solamente Rhami, sicuramente Elena sarebbe emersa con una frase tipo: -no, è stata anche colpa mia!- di fronte al gran Maestro. Così si disse che la cosa migliore sarebbe stato tacere e, prima che a partisse, parlare con Elena.

   
 
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