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Autore: Wendy96    18/09/2015    1 recensioni
C'è chi paragona l'amore all'amicizia considerandoli quasi dei pari, come fossero un'unica entità.
Perché no? Certo, si possono confondere, ma credetemi se vi dico che questi si trovano su due universi paralleli, due strisce di terra tenute insieme soltanto da un ponte che solo gli amici più intrepidi, quegli amanti sventurati legati ad una persona accanto a loro da sempre, tentano di attraversare fianco a fianco.
E Darcy aspetta su quel ponte da tutta la vita; avanza silenziosa lungo la via in cui amore e amicizia si fondono certa di essersi lasciata tutto alle spalle, di essere finalmente riuscita a dimenticare LUI.
Ma sarà proprio vero che il tempo cura le ferite e lenisce ogni pena di un cuore innamorato? E se quel fulmine a ciel sereno che ha squarciato le sue giornate felici fosse la scintilla capace di riunire due anime rimaste distanti troppo a lungo?
Nulla accade per caso, e Darcy lo capirà prima ancora che possa realizzarlo.
Questa è la storia di un'amicizia e una novità che cambierà per sempre due vite parallele.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un fascio di luce entrava dalla finestra battendomi sugli occhi, e questo mi costrinse a svegliarmi.
Mi ero di nuovo addormenta con i vestiti addosso, quella volta avevo addirittura ancora le scarpe ai piedi, e come se non bastasse nella notte mi si era totalmente indolenzito il braccio sinistro. Era in definitiva morto e senza sensibilità, come se fosse staccato al resto del mio corpo, però ero certa che fosse appoggiato su qualcosa di duro. Tastai con la mano stringendo del soffice tessuto e sentii un lieve lamento.
“Cosa?!”
Spalancai gli occhi mettendomi seduta stringendomi la mano al petto e incontrai la sagoma di Harry sdraiato supino accanto a me, l’espressione serena di uno che si è fatto una gran dormita. “Che cavolo ci fa Styles ancora qui?”
In effetti, pensandoci bene non ricordavo che se ne fosse andato, anzi, non ricordavo affatto che ci fossimo spostati in camera mia e addormentati.
Erano successe così tante cose in quella che era cominciata come una giornata davvero pessima, perché lui era tornato.
Dopo essere usciti dalla panetteria, eravamo arrivati fino a casa mia raccontandoci quello che ci eravamo persi l’uno dell’altra durante quegli anni; avevamo riso, ricordato il passato e, a quanto pare, dovevamo esserci addormentati fianco a fianco senza che nemmeno ce ne fossimo resi conto.
Sfregai i piedi sfilandomi le scarpe e mi sollevai mettendomi seduta sul materasso incrociando le gambe con uno scricchiolio delle ginocchia. Mi soffermai a guardarlo nonostante la vista ancora un po’ annebbiata dalla dormita, fissandomi nella memoria ogni suo dettaglio di quel momento. Mi tornarono alla mente tanti ricordi della nostra infanzia, di tutte quelle volte che avevamo dormito insieme.
 
«Mamma, posso dormire da Harry stanotte?»
«Ed ecco qui la mia piccola Darcy che va a dormire dal suo fidanzatino.»
«Non è il mio fidanzato!»
 
Quanto ci arrabbiavamo quando le mamme ci definivano fidanzati!
Ricordo che ci prendevano anche in giro dicendo che prima o poi Harry si sarebbe effemminato a forza di passare tutto quel tempo con me, ma non ricordo che si sia mai fatto problemi a trovarsi una ragazza, anzi, quella ad essere diventata un maschiaccio ero io, adoravo rotolarmi nei prati e arrampicarmi sugli alberi insieme a lui e a tutti i nostri amici del parco.
Crescendo le nostre mamme erano diventate più diffidenti a lasciarci dormire insieme, avevano paura che facessimo chissà cosa, ma più che addormentarci dopo aver passato la notte a guardare film cariandoci i denti mangiando popcorn pieni di zucchero le nostre serate erano piuttosto tranquille.
Era cambiato, forse troppo dall’ultima volta che mi ero svegliata con lui al mio fianco: allora era un ragazzino dal viso tondo con la testa piena di ricci che gli ricadevano scomposti sulla fronte, ora invece era un uomo alto e slanciato dalle spalle larghe e il viso squadrato, il tipo di ragazzo che non puoi non voltati a guardare quando ti passa accanto lasciando anche qualche commento sulla sua bellezza perché, ammettiamolo, è bello, almeno ai miei occhi lo è sempre stato.
«Day, se mi fissi troppo finirai col consumarmi» disse sorridendo senza aprire gli occhi.
“Cazzo! Ma da quant’è che è sveglio?”
«Scusami, Mr. Celebrità, non pensavo che la disturbasse.»
«Non mi dà fastidio, mi metti in soggezione.»
Aprì gli occhi puntandoli su di me mentre si metteva a sedere sbadigliando.
«Tu, l’uomo del momento, messo in soggezione? Da me poi!» Scoppiai a ridere.
«Appunto, sei tu a mettermi in soggezione.»
«Se vuoi me ne vado…» Finsi di alzarmi dal letto per andarmene, ma lui mi prese per il polso obbligandomi a restare.
«E dai, non serve che metti il muso, però smetti di fissarmi mentre dormo che sei inquietante.»
Tornai a sdraiarmi accanto a lui con la pancia appoggiata sul materasso e le mani accavallate sotto al mento per tenermi più in alto la testa permettendomi di guardarlo in faccia.
«Ieri ti ho raccontato la mia vita fino ad oggi, ora tocca a te.»
Mi passò una mano tra i capelli spostandomi il ciuffo spettinato dietro all’orecchio sinistro.
«Che c’è da dire? Sono rimasta a Liverpool a studiare e poi ho deciso di tornare qui. La storia della vita di Darcy Gray lontana da Holmes Chapel è finita.»
«E da quando sei diventata così riservata? Voglio sapere qualcosa in più su di te, conoscere meglio quella che sei ora.»
“Davvero vuoi conoscere la nuova Darcy, Harry? Ci sono così tante cose che sono cambiate da quando ci siamo separati, è tutto così cambiato…”
«Io… è lungo da raccontare.»
«Lo sai che sono un buon ascoltatore.»
«Sì, mi ricordo, però… senti, forse è meglio che tu lo veda con i tuoi occhi.»
«In che senso?»
«Ti porto nei posti preferiti della Darcy di Liverpool, così capirai.»
«Perché, esiste una versione alternativa di te lì rispetto a quella che ho davanti?» Scoppiò in quella sua risata fragorosa che riempì la stanza.
«Beh, diciamo che una parte di quella vita è rimasta dentro di me, ma il resto… non hai che scoprirlo.»
Gli diedi un buffetto sul naso e andai verso la cucina intenta a mettere qualcosa sotto ai denti.
Ero convinta di mostragli quella che ero diventata? No, non proprio, ma ero certa che lui avrebbe accettato di me anche quell’aspetto, o almeno ci speravo…
«E no, ora mi spieghi.» Mi arrivò alle spalle pizzicandomi i fianchi con le dita facendomi fare un salto dallo spavento che suscitò la sua ilarità.
«Non è importante, semplicemente conoscerai qualcuno dei miei amici di lì e saprai qualcosa in più su di me» tagliai corto. «Vuoi del caffè insieme al toast?»
«Un succo di mele, e so che ce l’hai» disse puntandomi il dito contro mentre si sedeva su uno degli sgabelli foderati in pelle rossa davanti al bancone.
Non si sbagliava, si ricordava ancora quanto mi piacesse il succo di mela, da bambina se non ne bevevo almeno un bicchiere al giorno andavo in astinenza, come con la cioccolata d’altronde.
«Non ti sfugge niente, vedo…»
Mi voltai verso il frigorifero alzando gli occhi al soffitto per prendere la bottiglia di succo che gli lanciai.
«Mai» rispose prendendola al volo. «Cosa facciamo oggi?»
«Mi fa strano sentirtelo dire, è come essere tornati indietro.»
«In effetti è un po’ strano…»
«Minigolf?» buttai lì spezzando il silenzio imbarazzante.
«Mi hai letto nel pensiero, Day!»
«Non è leggere nel pensiero: ti conosco, so che sei un pensionato e il minigolf ti ha sempre fatto impazzire.»
«Senti chi parla! Chi è quella che ci sarebbe andata una volta a settimana fino a qualche anno fa?!»
«Scusami se ero brava e mi piaceva stracciati almeno in quello.»
«Ma se ti lasciavo sempre vincere!»
«Io mi ricordo che tu facessi solo i capricci perché perdevi…»
«Chi vince offre la cena.» Si sporse in avanti sul tavolo tendendomi la mano con fare di sfida.
«Andata.» Afferrai la sua mano stringendola energicamente. «È un problema se lo chiedo anche a Will? È grazie a lui se in queste sere non mi sono sparata un colpo.»
«Certo, facciamo la rimpatriata del magico trio!»
Trascorremmo la colazione ricordando ancora qualche bel momento passato noi tre insieme a vivere avventure incredibili nel verde delle campagne del Cheshire.
 
«Non ricordavo fosse così lontano il minigolf» dissi appoggiandomi con i gomiti su entrambi i sedili davanti dove sul sinistro c’era seduto Will con in testa un cappellino da baseball rosso e nero e al posto di guida Harry tutto stretto contro al volante.
«Non ricordavo fossi così rompicoglioni quando saliamo in macchina» ribatté il riccio guardandomi attraverso lo specchietto retrovisore con un sorrisetto in volto.
«Ho capito, sto zitta.»
Stizzita dalla risposta, tornai ad appoggiare la schiena al sedile incrociando le braccia al petto e portando lo sguardo verso il finestrino.
«Ma dai, Day! Non ti sarai mica offesa?» Si mise a ridere lanciandomi una seconda occhiata dallo specchietto.
«No, non sono offesa.» Ma chi volevo prendere in giro? Sono sempre stata permalosa.
«La solita vecchia Darcy» disse Will rivolto a Harry scuotendo il capo.
«Sempre che ti metti in mezzo, eh Sweeney?»
Mi sporsi in avanti e gli sfilai il cappellino con l’intento di mettendomelo in testa.
«Ridammelo! Mi dà fastidio il sole!»
Gli feci il verso e lui si voltò verso di me iniziando una lotta per la conquista del cappellino.
«Ragazzi, basta, non riesco a guidare!» si lamentò Harry in seguito all’ennesima spallata di Will.
«Scusaci, mamma» disse il ragazzo riferendosi all’amico tornando seduto composto.
«Ora promettiamo che faremo i buoni» aggiunsi mettendogli il cappello tanto conteso sui bei ricci e schioccandogli un bacio sulla guancia.
«Tanto oramai siamo arrivati…»
Mise la freccia e si parcheggiò davanti all’ingresso del minigolf, il nostro minigolf.
Era quasi assurdo trovarsi lì davanti dopo anni che non ci mettevo piede, e non vedevo l’ora di entrare, di calpestare il terreno colorato e liscio delle buche cercando di fare centro usando solo una mazza che sarà stata sì e no lunga quanto la mia gamba.
«Day, ma dove corri?» mi urlò alle spalle Will ridendo.
«Non sto correndo!» obiettai fermandomi e voltandomi a guardarli.
I loro sguardi e la distanza tra di noi mi fece capire che sì, stavo correndo, o almeno camminando più in fretta del solito.
«Ragazzi, non vedo l’ora di entrare!»
«Quand’è che cresci?» disse Harry affiancandomi e cingendomi le spalle con un braccio.
«La vita è troppo breve per diventare grandi» risposi appoggiandogli la testa sulla spalla continuando a camminare.
Una volta dentro, lasciai che loro andassero a prendere tutto il necessario per cominciare la partita mentre io procedetti decisa verso la buca numero diciotto, quella con il fossato pieno d’acqua intorno, la più difficile nonché l’ultima.
Lì davanti c’era uno dei tanti alberi della pineta e, vedendolo, mi ricordai che fosse successo proprio in quel punto. Mi ci avvicinai sfiorando con le dita della mano destra la ruvida corteccia sulla quale splendevano delle sottili strisce di resina appiccicosa, poi mi voltai di schiena appoggiandomi al tronco. Scivolai verso il basso fino a sedermi sugli aghi imbruniti sparsi al suolo stringendomi le ginocchia al petto e chiusi gli occhi.
È incredibile pensare che tutti i ricordi di quel giorno affiorarono alla mia mente così velocemente, era come se fossi realmente tornata indietro a tanti anni prima: sentivo le risate di noi ragazzini, vedevo distintamente Molly Dalton provarci spudoratamente con Harry che invece non perdeva occasione di fare l’idiota come al solito, Will con la sua prima ragazza, … ricordai di quel primo bacio che mi aveva finalmente aperto gli occhi.
«Lo sapevo che ti avrei trovata qui.»
«Sono così prevedibile?» Riaprii gli occhi puntandoli su Harry che si sedette accanto a me, e anche lui portò lo sguardo in avanti perso tra i mille ricordi.
«Solo un po’.»
«Dovevo vedere una cosa…»
«Cos’è? Tornare qui ti ha fatto venire voglia di David Row? Se vuoi ti do il suo numero.» Mi diede una scherzosa spallata.
«Ma smettila!» Scoppiai a ridere appoggiando una mano contro la scapola di Harry per farmi leva e tirami in piedi. «Però è stato importante, ho capito molte cose quel giorno» aggiunsi tendendogli la mano per aiutarlo ad alzarsi.
«Hai capito che fosse un pessimo baciatore, o almeno così mi dicesti.» Si voltò a guardami con un sorriso rimettendosi in moto sulla stessa strada percorsa per venirmi a cercare.
«Non dimentichi nulla, eh?»
«Non le cose di cui parlavo con la mia migliore amica» disse ammiccando.
In realtà quel pomeriggio avevo capito qualcosa in più oltre al fatto che David baciasse malissimo: avevo finalmente accettato il fatto che dopo dodici anni di amicizia con Harry qualcosa fosse cambiato per me.
Mi ero innamorata del mio migliore amico in quel minigolf.
 
  
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