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«Ciao
Los Angeles.» Miranda, appena atterrata a Los Angeles chiuse gli occhi perdendosi
nel dolce e metropolitano profumo della California. Con la consapevolezza che
non sarebbe stato semplice e la speranza che sarebbe stato straordinario, si
fece largo tra la folla per uscire dall’aeroporto, il luogo dove tutto
iniziava.
Si
guardò intorno nella speranza di trovare un taxi e dopo qualche minuto di
intensissimo traffico e gente che correva freneticamente da una parte e
dall’altra, si rese davvero conto di dove si trovava: era a Los Angeles,
capitale del cinema e dei sogni. La città dove tutto era possibile, dove non
pioveva quasi mai, ma quando lo faceva sembrava che le case venissero giù, la
città che da sempre aveva sognato. Ora che ci si ritrovava buttata dentro, Los
Angeles in tutta la sua immensità la faceva sentire inerme e piccola.
Fece
un respiro profondo e si avvicinò ad un tassista che tranquillo e sereno se ne
stava fuori dall’auto, poggiato allo sportello ad osservare la folla umana che
li circondava. Sembrava totalmente a suo agio e per nulla confuso dal ronzio e
dal via vai di gente che c’era e Miranda pensò per un attimo che avrebbe voluto
sentirsi come lui: pronta e preparata, senza paure o senza dubbi. Avrebbe
voluto semplicemente prendere il suo sogno e portarselo dietro fino al posto in
cui probabilmente l’avrebbe realizzato. Sorrise tra sé e sé e si rese conto che
se non avesse avuto paura, se fosse stata del tutto serena in quella nuova
città, non avrebbe sentito lo stesso brivido che adesso le pervadeva la schiena
da cima a fondo e l’emozione, il divertimento e l’entusiasmo di realizzare il
proprio sogno sarebbero scemati rendendo le cose decisamente più semplici ma
per nulla divertenti.
A
passo svelto si incamminò verso “mister tranquillità”, era questo il nomignolo
che nella sua mente gli aveva dato e poggiò la sua valigia a terra: «Mi
scusi..» Disse.
Il
tassista rimase immobile a guardare davanti a sé come se non l’avesse sentita e
per un attimo Miranda si convinse che forse non aveva parlato davvero.. “E se avessi solo immaginato di parlare?” pensò.
Scosse
decisa il capo e si schiarì la voce nell’intento di attirare l’attenzione
dell’uomo. «Salve..»
L’uomo
girò appena la testa e la osservò un attimo con sguardo interrogativo e poi
tornò nella sua posizione per nulla intenzionato a risponderle.
Miranda
lasciò cedere le braccia lungo i fianchi e sospirò perplessa e sconsolata: come
inizio non sembrava davvero il massimo.
Dopo
qualche minuto di silenzio, il tassista la guardò. «Posso aiutare te?»
La
ragazza corrugò la fronte: non era decisamente americano. «Si.. grazie.. Devo
andare qui!» Rispose mostrandogli la lettera con l’indirizzo.
L’uomo
lesse e sorrise: « Ah ah.. Tu pasticcera!»
Miranda
sorrise appena, il suo modo di parlare e l’intonazione che dava alle parole
erano davvero buffi: «Beh ci provo.. Ad ogni modo, puoi accompagnarmi?»
L’uomo
annuì deciso e le prese la valigia per sistemarla sul sedile posteriore: «Io
tassista, quindi si, io accompagno te a scuola di dolci.. Ma tu siedi avanti
con me..»
Miranda
lo fissò perplessa alzando un sopracciglio: voleva che si sedesse avanti, che
fosse un maniaco?
«Tu
non preoccupa.. Io no maniaco o assassino.. Ma tu bella ragazza e seduta dietro
tu spreco.. Meglio avanti cosi che possano vedere te.» L’uomo si spiegò come se
le avesse letto nel pensiero, e sorrise mentre le apriva lo sportello e la
faceva accomodare.
Miranda
sorrise un po’ preoccupata e salì in auto.
«Io
Malic.. E vengo da Giamaica.»
«Io
sono Miranda e vengo da New York.»
«Tu
piace musica giamaicana?»
Miranda
lo fissò e fece spallucce «Dipende! Bob Marley era forte.» L’uomo annuì con
aria triste come se stessero parlando del suo defunto padre «Già.. Bob era
grande della musica giamaicana.»
«Si
hai ragione.»
Malic
annuì e poi iniziò a battere il dito a ritmo di “No woman no cry” sul volante.
«No woman no cry, no woman no cry.. Said, said, said I remember when we
used to sit in the government yard in Trench- town..» Miranda
lo accompagnò con le poche parole della canzone che conosceva.
Malic
rise appena e iniziò a cantare a sua volta.. Continuarono così fin quando non arrivarono
a destinazione.
«Noi
arrivati! Quella scuola di pasticceria.»
Miranda
si guardò intorno e i suoi occhi da allegri e spensierati diventarono
spaventati e confusi.
«Tu
spaventata?» Le chiese Malic mentre scendevano
dall’auto.
Miranda
piegò appena la testa e rimase immobile
a fissare il grande edificio davanti a lei: un posto grandissimo, con
una bellissima facciata color crema e l’aspetto professionale di una scuola di
grande prestigio, quale in effetti era.«Hey Malic.. Mi riaccompagni all’aeroporto? Non credo di voler
restare qui.»
Malic
la guardò e sorrise. «Tu rimane. E tu bravissima.»
Miranda
sorrise appena e prese la sua valigia. «Grazie Malic..
A presto!»
«A
presto Miranda di New York!»
Una
volta sola Miranda ebbe l’impulso per due o tre volte di fuggire e tornarsene a
casa. Davanti a quell’immensa porta che le stava di fronte non si ricordava più
neppure la ricetta dei bignè alla crema. Come se il suo movimento fosse
automatico afferrò il telefono e chiamò la sua fonte personale di tranquillità:
Dave.
«Pronto?»
«La
porta è gigantesca e sormontata da una maestosa scritta che mi mette un’ansia
terribile.» Furono queste le parole con cui Miranda salutò il suo amico.
«Anche io sono felice di sentirti..»
Miranda
scosse il capo sorridendo appena, il tono sarcastico dell’amico in quel momento
era davvero quello che le serviva. «E se prendessi un aereo e tornassi a casa
oggi stesso?»
«E se invece facessi un bel respiro profondo
e oltrepassassi la “porta del terrore”?»
«Sono
davanti alla porta di una delle più prestigiose scuole di cucina di Los
Angeles.. Sai quante persone più brave di me ci saranno lì dentro? Promettenti
pasticceri che mi guarderanno e penseranno che sono un’imbranata.»
Dave
rimase in silenzio per alcuni minuti scuotendo leggermente il capo per la
paranoia della sua amica: «Non dovresti
stare fuori a fissare la porta troppo a lungo.. Potrebbero chiamare la polizia
e denunciarti come un soggetto sospetto che si aggira furtivamente davanti alla
prestigiosa scuola di dolci..»
Miranda
sembrò riflettere un attimo e si chiese come quelle assurde parole potessero
aiutarla. Tuttavia si sentiva già meglio e le sue insicurezze sembrarono
svanire sotto il tono sarcastico e divertente di Dave.
Quel
sentimento di calma che solo la voce del suo amico era capace di darle, non era
cosa nuova. D’altronde Miranda l’aveva capito subito, non appena l’aveva
incontrato il primo anno del liceo, che lui sarebbe diventato una persona
importante. Ricordava esattamente che l’aveva visto aprire il suo armadietto e
lanciare dentro i libri, come se fossero un sacco di patate, l’aveva osservato
un po’ e aveva deciso dal modo in cui sorrideva che voleva saperne di più.
Allora, aitante e simpatico com’era, era riuscito con un solo sguardo a farla
sentire bene..
Si
erano trovati subito a proprio agio e con il passare del tempo si raccontavano
tutto l’uno dell’altra finendo con l’essere gli inseparabili amici che erano
adesso. Qualcuno avrebbe potuto pensare che tra loro ci fosse di più di
semplice amicizia, ed in effetti non era tanto sbagliato pensarla così; tra
loro c’era complicità, rispetto, profondo affetto e una leggera forma di
dedizione che rendeva piacevoli anche quei
silenzi che per molti, di solito, diventano imbarazzanti.
Fece
un respiro profondo e colse il messaggio tra le righe che il suo amico le stava
lanciando. «Mi hanno chiamato loro.. Dovrò pur contare qualcosa in fondo.»
Dave
dall’altro capo del telefono sorrise e annuì fiero del rinnovato coraggio della
ragazza.
«Rimani
in linea fin quando non varco la soglia?»
«Certo.. ma sappi che sono al lavoro e
rischio di essere licenziato se passo troppo tempo al telefono.»
«Ma
smettila.. il tuo datore di lavoro è tuo
fratello.» Replicò Miranda facendo qualche passo verso la porta.
«E allora? Le macchine non si riparano
comunque da sole.»
Miranda
annuì mentre varcava la “spaventosa” porta e in sottofondo le parole dell’amico
scorrevano veloci. «Sono dentro!!» Esclamò guardandosi intorno confusa ma
felice.
Dopo
aver parlato ancora qualche secondo col suo amico, Miranda riattaccò e si
diresse allo sportello che presumeva fosse la “segreteria”. Continuando ancora
a guardarsi intorno si ritrovò a sorridere da sola nel grande atrio.
Ogni
cosa dentro l’edificio le sembrava meravigliosa.. Persino l’uomo delle pulizie
che posava gli attrezzi nel suo stanzino personale le sembrava l’uomo più bello
del mondo. Toccava le pareti ed ogni cosa intorno a lei come per accertarsi che
fosse tutto vero. E nell’attesa che
arrivasse il suo turno ebbe modo di riflettere su tante cose. Aveva migliaia di
domande e tutte sembravano in quel momento prive di risposta.
Cosa
avrebbe fatto dopo lo stage? Di sicuro
avrebbe ampliato le sue conoscenze e questo era già abbastanza. Avrebbe aperto
una pasticceria tutta sua? E se si, l’avrebbe aperta lì a Los Angeles o sarebbe
tornata all’ovile, a New York?
Le
domande erano tantissime e le risposte ancora troppo poche.
«Signorina
è il suo turno!»
Miranda
scosse il capo per tornare alla realtà e si avvicinò alla segretaria. Prese la
lettera e gliela mostrò mentre continuava ad osservare ogni cosa.
«Questo
è il programma.. La sua stanza è la prima a sinistra al piano di sopra.» Le
disse la signora dandole il programma settimanale e indicandole la via per
raggiungere la sua stanza «Benvenuta!»
Miranda
annuì e ringraziò mentre si apprestava a salire di sopra. Si fermò ancora un momento nel grande atrio e
diede una rapida occhiata al programma della prima settimana che sembrava
parecchio intenso:
Prima settimana: Le
basi della pasticceria (1° parte)
Impasti:
Pasta frolla
Pasta sfoglia
Pasta brisée
Pasta a bignè
Pan di spagna
Creme:
Crema pasticcera
e sue varianti
Crema inglese
Crème diplomate
Crema al
cioccolato
Crema alla
frutta
Richiuse
il foglietto e iniziò a percorrere la grande scala per raggiungere la sua
camera. Contò i gradini che la separavano dal piano di sopra; erano venti e
dopo la scala, altri venti passi di media lunghezza la separavano dalla sua
camera: la numero due.
Arrivata
aprì la porta e si ritrovò davanti ad una semplicissima ma accogliente camera:
una grande finestra, una libreria, una scrivania, due lettini e due comodini;
probabilmente avrebbe avuto una compagna o un compagno di stanza. Entrò e
poggiò le sue cose su uno dei due letti, si mise a sedere e respirò a fondo
mentre le tensioni svanivano e quell’edificio che da fuori le sembrava spaventoso, non le
faceva più così paura.