Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: LaTuM    10/02/2009    8 recensioni
Per ottenere qualcosa in cambio bisogna rinunciare a qualcosa. Questo è un principio valido per l'alchimia, la trasfigurazione e per la vita. Anche se sei un mago. Anche se ti chiami Draco Malfoy o Harry Potter.
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
- Questa storia fa parte della serie 'Tetralogia Alchemica'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Scambio Equivalente

Disclaimer: tutto appartiene a JKRowling, io non ci guadagno nulla.

 

Scambio Equivalente

 

La sua vita non mai stata qualcosa che una persona qualunque avrebbe definito normale. Di solito le certezze che si hanno quando si cresce sono quelle che spetterebbero di diritto a qualunque bambino: avere dei genitori, una casa in cui trovare sempre rifugio e andare a scuola, stare con i propri amici e litigare con quelli meno simpatici.

Certezze semplici ma che ti assicurano una vita comunque serena. E normale, soprattutto.

A ben guardare anche Harry aveva avuto tutto questo: una casa – per quanto ostile fossero i suoi abitanti – l’aveva comunque avuta, a scuola era potuto andarci – anche se suo zio aveva fatto di tutto per impedirgli di venire a conoscenza della sua natura da mago – si era fatto degli amici e, in qualche modo, da quando aveva compiuto undici anni la sua vita era decisamente cambiata rispetto ai dieci precedenti.

L’unica piccola ed insignificante differenza era che Harry, dal momento in cui aveva scoperto di essere un mago (perdendo così tutte le certezze sull’assoluta inesistenza della magia che i suoi zii avevano cercato a forza d’inculcargli) ne aveva acquistate molte altre; quella più inesorabile era  quella che un tizio con manie di grandezza aveva deciso di farlo fuori quando aveva un anno, fallendo però miseramente. E a lui doveva l’essere orfano.


“Dovresti smetterla, non credo che la McGranitt sarà molto indulgente la prossima volta.” Lo raggiunse la saggia e petulante voce di Hermione.

Loro, l’ormai anche fin troppo consolidato trio, era seduto nel loro angolo di biblioteca prediletto in cui erano soliti rifugiarsi per ogni occasione: sia che dovessero cercare di sventare l’ennesima catastrofe che stava per abbattersi su Hogwarts, sia per prepararsi ad un compito. Harry poteva affermare con sicurezza che tendeva quasi a preferire la prima opzione. Passare ore a mandare a memoria complicati passaggi logici finalizzati alla perfetta riuscita di una trasfigurazione non è che lo stimolasse particolarmente. Per non parlare degli ingredienti di pozioni che era certo di non aver mai sentito nominare in vita sua… Si ricordava cosa fosse una Bezoar solo per la pessima figura fatta il primo giorno di lezione con Piton, momento in cui l’uomo aveva deciso di prenderlo di mira per tutti gli anni successivi.

A voler complicare ancora di più le cose – sia mai che a Hogwarts le cose andassero lisce! – c’era la cicatrice che non smetteva di bruciare e causargli mal di testa dettati dall’esistenza e dalla furia di Voldemort ancora troppo debole per assumere il controllo sul mondo magico, ma abbastanza per guastarli il sonno.

“Prova a studiare tu con la sensazione di un ferro rovente che ti si conficca nella fronte!” sbottò Harry irritato affondando il viso nelle mani.

“Vuoi che ti copriamo le spalle con la vecchia?”

“Ron Weasley, non permetterti di parlare così di una delle più autorevoli professoresse di questa scuola!” lo rimproverò immediatamente Hermione. Se avesse potuto fulminarlo realmente con lo sguardo, probabilmente in quel momento di Ron Weasley sarebbe rimasto solo un mucchietto di cenere.

Il rosso mugugnò qualcosa e, portandosi il libro a due centimetri dal naso, riprese a leggere dove si era interrotto. O dove avrebbe dovuto iniziare.

“Hermione, lo so che la scuola è importante. Se Hogwarts non fosse mai esistita sarei ancora a fare la vita da reietto o schiavo a casa dei miei zii ma… Merlino, non è facile concentrarsi sullo studio quando non dormi decentemente da settimane!” sibilò Harry passandosi una mano tra i capelli, arruffandoli ancora di più di quanto già non fossero.

La ragazza non si scompose.

“Lo so Harry, e mi dispiace tantissimo. Ma se Tu-Sai-Chi davvero vuole ucciderti” – rabbrividirono entrambi al pensiero – “non credi che questo possa essere un valido stimolo a farti studiare?”

“Dubito che in un mio scontro con Voldemort avrò mai bisogno di… Cos’è che dobbiamo trasfigurare?” domandò rendendosi conto di non avere la benché più pallida idea di cosa trattasse il libro che non aveva ancora aperto.

Vide Hermione alzare gli occhi al cielo in segno di resa (momentanea) e sentì una bassa, e malamente mascherata, risata provenire da dietro il libro di Trasfigurazione di Ron.

“Lo scambio equivalente alchemico applicato alla trasfigurazione di oggetti inanimati.”

“Niente animali?” domandò il moro.

“No, niente animali.” Gli confermò la ragazza.

Harry sospirò soddisfatto. Non gli era mai piaciuto trasfigurare gli animali in cose. Era alquanto irritante e il più delle volte, gran parte delle sue trasfigurazione, mostravano i chiari segni della precedente natura dell’oggetto: da baffi a code.

“Non è davvero più facile come sembra. Certo, il fatto che il procedimento non coinvolga direttamente la via di un essere vivente ti lascia più libero di agire, ma questo studio richiede anche almeno basilari conoscenze chimiche.”

“Ma visto che siamo maghi non dovremmo già saperle queste cose?” brontolò Ron ricevendo in risposta un’occhiata sospettosa da parte della ragazza, che non era del tutto sicura di aver capito cosa volesse dire l’amico.

“Ma si, come nei casi di magia accidentale. Ti ricordi quando ti avevo raccontato di come avevo fatto sparire il vetro della teca del serpente dallo zoo? O di come ho gonfiato mia zia?” gli venne in aiuto Harry.

Hermione arricciò le labbra e sul viso di dipinse un’espressione di pura irritazione e fastidio che avrebbe potuto battere solo quella della McGrannitt quand’era al peggio di sé.

“Se frequentiamo una scuola di magia è perché dobbiamo imparare a controllarla, questa magia. Certo che gli incantesimi spontanei possono farli tutti, ma sono imprecisi, non completamente efficaci e il più delle volte fanno più danno che altro… Non credo fosse esattamente nelle tue intenzioni ‘gonfiare’ tua zia.”

Harry fece una smorfia. Come al solito, ancora una volta, Hermione aveva ragione. Non che ne avesse mai dubitato, naturalmente. Non in ambito scolastico, almeno.

Posò per un po’ le dita infreddolite al di sotto delle lenti degli occhiali, direttamente sulle palpebre. Era piacevole e riposante per gli occhi.

“Hai intenzione di perdere ancora tempo?” lo rimbeccò Hermione.

Harry sbuffò e lanciò uno sguardo d’intesa a Ron che però scosse la testa. Lui scrollò le spalle e, incurante del silenzioso berciare dell’amica, uscì dalla biblioteca, lasciando il rosso in balia delle lamentele e dei rimproveri della ragazza. In fondo però Harry sapeva che Ron era molto più bravo di lui a sopportare Hermione, anche se le litigate tra i due erano anche molto più furiose. Forse perché Ron s’incaponiva e, a differenza di lui, non se la dava a gambe ancor prima che iniziasse il litigio.

“No, ho proprio intenzione di rinunciarci.” Mormorò fra sé e sé, convinto che però Hermione potesse ancora sentirlo.

Era una tranquilla giornata di aprile e la primavera, seppur con un mese di ritardo rispetto al dovuto, sembrava essere arrivata anche ad Hogwarts. I raggi solari, seppur ancora troppo deboli per essere degni di questo nome, riuscivano ugualmente a riscaldare l’aria. Hogwarts gli era sempre piaciuta: adorava vedere l’oro del sole riflettersi sul verde brillante dell’erba rigogliosa grazie alle incessanti piogge scozzesi. La macchia verde di estendeva fino al lago nero che ribolliva di tanto in tanto raggiungendo, dalla parte opposta, il campo di Quidditch.

Non aveva intenzione di mettersi a cavallo della sua Firebolt, ma aveva voglia di raggiungere il luogo dove si sentiva veramente grande e potente. Non si era mai considerato un granché come mago, nonostante la maggior parte del mondo magico non facesse altro che tessere le sue lodi in qualità di Ragazzo Sopravvissuto, però quando si trattava di Quidditch sapeva di meritarsi i complimenti. Orgoglio od egocentrismo, si sentiva comunque forte a cavallo della scopa mentre si gettava all’inseguimento del Boccino d’oro che dopo qualche minuto cercava di fuggire nuovamente ed inutilmente, intrappolato cm’era nella sua salda presa da Cercatore oramai provetto.

Si sedette sugli spalti di Grifondoro, rendendosi improvvisamente conto che a lui quell’ambiente era abbastanza estraneo. Non che non avesse mai assistito alle partite delle altre squadre, ma tra il torneo e gli allenamenti era abituato a vedere gli spalti dall’alto. Posò la borsa accanto a lui e alzò lo sguardo verso gli anelli, godendosi la leggera frescura che sembrava essersi alzata nelle ultime ore.

Il silenzio non gli incuteva mai timore, ma quei minuti che sembravano trascorrere con una lentezza estenuante lo agitavano. Forse perché sapeva perfettamente che in quel momento avrebbe dovuto essere da tutt’altra parte a fare tutt’altro, forse perché sentiva che stava effettivamente sprecando preziosi attimi di una vita che probabilmente non avrebbe mai dovuto vivere però… Per quanto sbagliato fosse non poteva e non voleva farne a meno. Era una cosa sua, un suo bisogno e un suo spazio. Di norma era una litania sufficiente perché si mettesse a posto la coscienza ed evitasse di tormentarsi. C’era tempo anche per il resto… C’era sempre tempo, e questa convinzione, per quanto sbagliata fosse – l’ineluttabilità del tempo è da sempre innegabile – era l’unica cosa che lo facesse star bene.

Rimase incantato a fissare il nulla per qualche minuto finché la razionalità non ebbe la meglio su di lui, obbligandolo a tirar fuori dalla borsa quel maledetto libro di Trasfigurazione e iniziare a studiare per il test che avrebbe avuto da lì a due giorni.

Iniziò a leggere nuovamente il capitolo dall’inizio, soffermandosi di tanto in tanto alla fine di ogni paragrafo per ripetere quanto aveva appena teoricamente appreso. Si alzò in piedi e cominciò a camminare sul gradone dove si era seduto… studiare e muoversi allo stesso tempo gli rendeva più facile il tutto. Stare seduto fisso davanti a un libro lo faceva impazzire, muoversi invece sembrava facilitargli l’apprendimento. O forse era solo una scusa valida che avrebbe potuto snocciolare ad Hermione in caso avesse voluto separarsi dai suoi amici.

“Per ottenere una trasfigurazione di un oggetto inanimato ad un altro oggetto, ugualmente inanimato ma di materiale differente è necessario che lo scambio abbia il medesimo valore. In alchimia è genericamente chiamato ‘principio dello scambio equivalente’.” Mormorò Harry andando avanti e indietro sugli spalti dello stadio. Non era del tutto sicuro di aver capito cosa significasse realmente quella frase o come avrebbe fatto a valutare se un oggetto che voleva trasfigurare in qualcos’altro avesse il medesimo valore.
Il ragazzo stava per riprendere il suo monologo quando una voce strascicata lo raggiunse da qualche gradino più in alto rispetto a dove si trovava lui: “Hai dimenticato di enunciare l’inizio del Principio.”

Harry si girò si scatto in direzione del tanto odiato proprietario di quella voce.

“Che diavolo sei venuto qui a fare, Malfoy?

Il biondo alzò le spalle e non sembrava minimamente intenzionato a rispondere.

Harry si sforzò d’ignorarlo. Il test di domani che non riusciva a preparare per colpa di un mal di testa che lo perseguiva da giorni avevano di certo non avrebbe avuto anche Malfoy come ostacolo in aggiunta. Così il Grifondoro riprese a marciare sul percorso immaginario che si era creato in quel breve frangente di studio.

Senza sacrificio l'uomo non può ottenere nulla, così recita il principio dello scambio equivalente.” Si limitò ad aggiungere dopo poco il biondo.

“Dove hai lasciato i tuoi lacché, Malfoy? Non sai che è pericoloso trovarsi faccia a faccia col Prescelto?” mormorò, enfatizzando con un tono eccessivamente ironico le sue parole. Non gli era mai piaciuta come definizione.

“Credi di spaventare qualcuno con questa faccenda di essere ‘il Prescelto’, Potter?” gli domandò il Serpeverde con arroganza, evitando però di rispondere alla sua domanda.

Il moro sbuffò e torno a concentrarsi sul libro… Cosa impossibile, dato Malfoy era a pochi passi da lui (e ancora non aveva capito come avesse fatto a raggiungerlo, dato che non si era minimamente accorto del suo arrivo). L’arrogante Serpeverde non gli aveva mai fatto paura e non l’aveva mai considerato un vero nemico. Erano nemici di facciata, nemici a scuola, ma non considerava Malfoy veramente un suo avversario. Non nel senso più letterale del termine. Per Morgana! Lui era quello che Voldemort voleva uccidere da quando era nato! - un’antipatia scolastica di certo non rappresentava il peggiore dei pericoli a cui potesse andare incontro.

Il fatto che poi la famiglia Malfoy fosse una sostenitrice dell’Oscuro Signore erano dettagli abbastanza insignificanti. Draco viveva all’ombra del padre, e rappresentava ancor meno un pericolo se si considerava che non era protetto da Tiger e Goyle. La maggior parte delle volte quando gli capitava di scontrarsi con i Serpeverde non riusciva neanche ad avvicinarsi a Malfoy, dato che i due compagni sembravano avere un talento naturale per intercettare le fatture indirizzate al loro ‘Capo’.

E ovviamente, quando questo succedeva, il più delle volte i Grifondoro si ritrovavano puniti da Piton o dalla McGranitt senza che nessuno avesse davvero capito perché la loro Capo Casa si ostinasse a cercare d’insegnarli la disciplina quando l’unica cosa che facevano loro era cercare d’inculcare – inutilmente – i principi del rispetto nei Serpeverde.

L’unica volta che si era giustificato in tal modo per una Pastoia Totalbody che aveva preso in pieno Goyle, sia Hermione che la professoressa l’avevano guardato talmente male che Harry non si era più azzardato a pensarla una scusa del genere.

“Non sei molto simpatico Potter, te lo ha mai detto nessuno?” lo raggiunse la voce del Serpeverde, facendolo sobbalzare. Non si era accorto che si fosse avvicinato.

“Se è per questo conosco un buon numero di persone che potrebbe dire lo stesso di te, Malfoy…” gli rispose Harry stanco, sedendosi vicino ala borsa con i libri. Doveva studiare Trasfigurazione e dare retta a Malfoy non era esattamente nei suoi progetti. Odiava quando qualcuno – chiunque fosse, figurarsi poi l’odiato Serpeverde – mandava a monte i suoi piani e lo distraeva proprio nei momenti in cui forse stava riuscendo a combinare qualcosa.

“Che diavolo sei venuto a fare qui?” domandò Harry posando il libro accanto a sé e avvicinando pian piano la mano alla tasca del mantello in cui teneva la bacchetta. Non gli piaceva la presenza di Malofy, e ancor meno questa ostentata vicinanza. Non ci poteva fidare dei Serpeverde, e nulla gli assicurava che le intenzioni di Draco non fossero quelle di attaccarlo di sorpresa. Certo, non l’avrebbe scampata liscia, ma non gli andava di essere succube dei malevoli piani del biondo.

“Lascia perdere la bacchetta, Potter. Non sono qui per duellare, a meno che tu non lo ritenga necessario.” Cerco di calmarlo il biondo senza perdere il tono arrogante che era solito usare quando si rivolgeva a lui.

“E allora cosa sei venuto qua a fare?” gli chiese stizzito Harry.

“Niente.”

“Malfoy, chiariamoci: tu non mi piaci. Non ho idea per quale motivo tu sia venuto fin qua a perdere il tuo preziosissimo tempo, e non sono neanche del tutto sicuro che m’interessi davvero ma…” Harry non poté concludere la frase.

Non accadde nulla, ma lo sguardo di Malfoy sembrava essere mutato totalmente. Gli occhi grigi del ragazzo non sembravano più ostentare l’arroganza e la superiorità che Harry esa solito leggerci. Sembravano quasi… malinconici.

Era la prima volta che gli capitava di leggere un sentimento diverso dall’odio negli occhi del Serpeverde. Soprattutto era la prima volta che loro due – se si escludeva il loro primo incontro sul treno – si trovavano così vicini senza le bacchette alla mano, pronti a scagliarsi le peggiori fatture di loro conoscenza.

“Malfoy…” mormorò Harry “sei sicuro di star bene?” chiese, lasciando così sorpreso il ragazzo davanti a sé. Non capitava tutti i giorni che Harry Potter si rivolgesse con un tono gentile a Draco Malfoy, preoccupandosi per giunta delle sue condizioni di salute.

“No.” Ammise il Serpeverde.

“Sei sotto Imperius?”

“Temo di no, anche se forse preferirei esserlo.”

“Ti è andato di volta il cervello per caso? Tiger e Goyle hanno avuta una pessima influenza su di te, sappilo.”

Malfoy sbuffò, palesemente irritato dalle insinuazioni del Grifondoro.

“Se chiudessi quella fogna che ti ritrovi al posto della bocca per almeno cinque minuti forse capiresti. Anche se dubito tu possa arrivare a tanto, dato che non l’ho capito nemmeno io perché sono qui.”

“Ah beh, questo semplifica le cose.” Commentò ironicamente Harry. L’irritazione però era scemata in ansia o… un qualcosa che non avrebbe saputo identificare realmente. Forse disagio era la parola giusta. Eppure, per assurdo, non gli sembrava così fastidiosa la presenza di Malfoy. Forse perché sembrava aver perso nel giro di pochi minuti tutti quei connotati che lo rendevano insopportabile a chiunque. Probabilmente, se si fossero conosciuti in un contesto talmente diverso, sarebbero anche potuti diventare amici. Beh… forse questo era un po’ troppo.

“Hai capito il significato dell’enunciato?”

“Quello del sacrificio e dell’uomo?”

Draco storse la bocca vista l’imprecisione con Harry aveva riportato il testo, ma annuì ugualmente.

“Non ho idea di cosa o come possa essere la tua vita, Potter, ma immagino che anche la tua sia e sia stata costellata di sacrifici.”

“Cosa intendi con ‘anche’? Tu non mi sembri proprio il tipo da fare sacrifici.” Mormorò Harry cauto.

“No, hai ragione. Non sono di certo la persona più adatta per parlare di sacrifici, eppure anch’io ne ho fatti.”

“Tutto ciò dovrebbe importarmi in qualche modo?” gli chiese Harry sarcastico.

“Vedi Potter, ognuno nella propria vita fa delle scelte. Più o meno obbligate. Quando ti insegnano che devi comportarti in un certo modo, perché altrimenti un passo falso rovinerebbe il nome della famiglia, certe cose vengono spontanee.”

“Non capisco che diavolo vuoi da me, Malfoy!”

Il biondo sbuffò, non aveva mai davvero avuto a che fare con Harry Potter e non aveva idea di quanto potesse essere difficile farsi capire.

“Ti ricordi il primo giorno di scuola, quando ci incontrammo sul treno?”

“E chi se lo scorda…” mormorò Harry. Quel giorno era stato uno dei più importanti della sua vita. Era un sogno che diventava realtà. A tutti gli effetti.

“Ti offrii la mia mano e tu la rifiutasti.”

“Certo! Mi sembravi la fotocopia più carina e più magra di mio cugino!”

Il biondo perse per un momento il suo caratteristico pallore per poi domandargli: “Non hai un buon rapporto con i tuoi parenti Babbani?”

“Affatto…” brontolò Harry che fu quasi sul punto di ridere quando scorse il ghigno sul volto di Malfoy.

“Tu non sai cosa vuol dire nascere in una famiglia antica come la mia, legata a valori che oramai si sono persi. Non credere Potter, condivido a pieno. Sono fermamente convinto che i Purosangue siano superiori a Mezzosangue e ai Babbani e ancora non capisco perché una famiglia come i Weasley abbia deciso di rovinarsi la reputazione in quel modo, ma non voglio dargli niente più che il mio disprezzo.”

“Le tue intenzioni erano intavolare una conversazione pacifica, giusto?” gli domandò Harry cercando di calmarsi.

“Si.”

“Beh, non ci stai affatto riuscendo.” Gli fece notare Harry con tono decisamente irritato.

“Non m’interessano i Weasley, comunque.”

“Non hai parlato d’altro fin’ora.”

“Vuoi chiudere la bocca, Potter?!” lo rimbeccò stizzito il Serpeverde “Ti dicevo che nella mia famiglia vige un codice, severo e selettivo che va rispettato ad ogni costo.”

Il biondo s’interruppe un attimo per essere certo che Harry non avesse nulla da dire ma, saggiamente, il moro si mise una mano sulla bocca, come a fargli capire che non l’avrebbe interrotto. Non nell’immediato, se non altro.

“Il giorno che ti offrii la mia amicizia, Potter, volevo davvero che tu accettassi quell’offerta. Sentivo che avrei potuto darti molto più di quello che avrebbe potuto fare un pezzente come Weasley. Credevo che la mia arroganza e prepotenza potessero convincerti ma…”

“…avevo vissuto sino ad allora con persone arroganti e prepotenti. Di certo non era con quel genere di persone che avrei voluto socializzare.”

“E’ il codice della famiglia che va seguito. Nel bene e nel male.”

“E questo cosa c’entra con Trasfigurazione?”

Malfoy sbuffò spazientito. Era già abbastanza irritante farsi capire a gesti da Tiger e Goyle, aveva riposto in Harry qualche speranza in più ma, da quello che poteva vedere, era fiducia molto mal riposta.

“Lo ‘scambio equivalente’, Potter. Per continuare ad essere ciò che sono sempre stato devo attenermi a determinate regole, e se queste prevedono anche l’esclusione dalla mia vita di qualcosa che avrei voluto ma che mi avrebbe costretto a venire a meno del principio… Ho preferito rinunciarci.”

“Non potevi rinunciare ad resto ed ottenere ciò che volevi… Cos’era, tra l’altro?” gli fece Harry perplesso, non capendo dove Malfoy volesse andare a parare e aggrottando le sopracciglia quando lo vide ridere rassegnato.

“Pensavo fossi più sveglio di Tiger e Goyle, ma a quanto pare mi sbagliavo di grosso. E non so quanto il resto del Mondo Magico sarebbe felice di sapere che ha un tonto del genere come suo Salvatore.”

Harry aggrottò perplesso le sopracciglia; quello scambio di battute con Malfoy aveva del surreale. Un po’ perché di norma dopo un saluto non propriamente amichevole avevano già estratto entrambi le bacchette, un po’ perché Harry capiva che il Serpeverde stava facendo uno sforzo immenso a parlare e che probabilmente ne avrebbe fatto anche a meno. Per qualche ragione però il Grifondoro aveva la sensazione che il suo interlocutore si fosse sentito in dovere di metterlo al corrente di un qualcosa che gli pesava ma che non credeva che Harry avrebbe capito.

“E’ solo una questione di ‘scambio equivalente’, Potter. Io ho scelto Serpeverde, e ho ottenuto quello che volevo.”

“Diventare il Perfetto-Prefetto-Stronzo?”

“Anche. Ho ottenuto il rispetto, l’obbedienza e tutte cose che tu in fondo non hai ma allo stesso tempo. Puoi dire la tua rispetto al Ministero ottenendo favori e consensi senza che tu lo avessi mai chiesto-”

“Io non l’ho mai voluto.”

“Hai comunque pagato un prezzo per avere quello che vuoi o non vuoi.” Mormorò il biondo osservandolo attentamente.

“Oh sì, sono famoso perché un vecchio pazzo ha cercato di uccidermi quando non avevo neanche un anno.”

“Esatto!”

“Malfoy, ho già mal di testa senza che tu ti metta a farmi discorsi che sfiorano l’incomprensibilità di quelli di Silente. O della Sfinge.”

Malfoy scosse il capo, apparentemente rassegnato.

“Ti manca qualcosa, Potter?”

Harry lo guardò curioso: il ragazzo era seduto accanto a lui con i gomito poggiati quasi sulle ginocchia, a schiena curva, le mani giunte e il mento posato su queste ultime. Non aveva affatto l’aria del solito Serpeverde che aveva iniziato anni prima ad odiare.

Di cose gliene mancavano molte, a cominciare dalla famiglia, ma Harry sapeva che non era quello a cui si stava riferendo il biondo.

“A te?” fu l’unica cosa che riuscì a rispondergli.

Malfoy si alzò all’improvviso e si girò verso di lui con un’espressione a metà tra il deluso e il rassegnato dipinta sul volto.

“Se lo capirai, sai dove trovarmi.” Asserì il ragazzo lasciando quasi di corsa gli spalti e risalire verso il castello. Harry poteva vedere solo un puntino nero camminare celere e sparire dopo poco dentro la scuola.

Avevano parlato quasi civilmente. Non si erano attaccati, non si erano azzuffati e neanche lanciati Schiantesimi. Harry si sfregò nervosamente la cicatrice, che comunque non aveva cessato di prudere e bruciare, più per nervosismo che per reale bisogno.

Passò un buon quarto d’ora a cercare di capire dove volesse andare a parare Malfoy, ma era certo che l’avrebbe comunque capito, prima o poi. Forse.

Rassegnato scosse la testa e si rituffò nuovamente sul libro di Trasfigurazione. Anche se il tramonto era mai prossimo probabilmente sarebbe riuscito a mandare a memoria almeno un altro paragrafo.

 

[1 febbraio – 9 febbraio ’09]

Note dell’autrice: questa è la prima Harry/Draco che scrivo. So che non è molto slash ma è la prima storia che scrivo su Harry Potter dopo due anni e mezzo che avevo totalmente abbandonato il fandom, e solo in qualità di lettrice. Mi è successo nelle ultime settimane aver recuperato un sacco di arretrati e mi è venuta voglia di scrivere qualcosa. Di slash ne ho scritte parecchie negli ultimi tempi, ma questi è come se fossero personaggi totalmente nuovi, dato che di Harry/Draco non ne avevo mai scritte. Questi due sono quelli che 7 anni fa mi hanno iniziata al genere e dovevo tributargli qualcosa… Anche se devo comunque fare pratica e recuperare un po’ di lacune sul Mondo Magico XD

Le nozioni sono trasfigurazione spiccia proveniente da Fullmetal Alchemist (la cosa più vicina alla magia/trasfigurazione in cui mi sia imbattuta ultimamente) il resto è fuffa. Però a me piace ^^

Ho buttato giù anche l’inizio del sequel di questa shot che – se tanto per cambiare i personaggi non fanno quello che gli pare – dovrebbe essere comunque più H/D ^^

   
 
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: LaTuM