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Autore: _eerie    20/09/2015    5 recensioni
[ storia interattiva ]
«C'est la vie.» Cara alzò l'indice in aria con un'espressione impassibile «Dobbiamo morire comunque. Non cambia molto, no?»
[...]
«Non dire così.» le batté una mano sulla spalla «Vedrai che riusciremo a Qualificarci in un modo o nell'altro. Insieme.»
Cara sorrise, battendo le palpebre e scuotendo la testa. I suoi occhi sembravano lucidi, ma Aria lo collegò alla propria carenza di sonno.
Non aveva mai visto Cara piangere in tutta la sua vita.
«Lo spero» si strinse nelle spalle «Lo spero tanto.»

[ au! ] [ distopia ] [ storia a quattro mani ] [ iscrizioni aperte fino al 20 agosto ]
numero di posti: ?
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Afuro Terumi/Byron Love, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quando dall’interno del grosso edificio venne dato l’annuncio dell’imminente cerimonia ufficiale, che come ogni anno precedeva i temuti test di Qualificazione, tutti gli studenti si riversarono nell’androne della scuola. Lì trovarono ad aspettarli alcuni addetti, anch’essi Arcadiani, che avevano il compito di scortarli fino alla sala conferenze del liceo. Come se non conoscessimo già la strada, valutò Aria, leggermente irritata. Doveva essere un brutto scherzo giocatole dall’ansia:di solito lei era quella pacata e riflessiva, mentre Cara era decisamente più energica. I ruoli quel giorno sembravano essersi invertiti:la sua migliore amica era terribilmente calma, come se non stessero per affrontare delle prove che avrebbero decretato, a seconda del loro esito, la salvezza o la rovina.
Era questo Arcadia:un gigantesco terno al lotto per chi superava i test, vergogna e disonore –in alcuni casi perfino morte- per chi, invece, falliva, miseramente o meno che fosse. Prima che tutto iniziasse ci si sentiva in modo decisamente strano ed Aria lo stava provando proprio in quel momento sulla sua stessa pelle:la testa tra le candide nuvole del paradiso terrestre che altro non era ciò che passare gli avrebbe permesso di raggiungere, Arcadia, il giardino dell’Eden tanto sospirato; eppure sapeva altrettanto bene che sul terreno sotto i suoi piedi, lo stesso che stava calpestando in quel preciso istante, si era aperta una crepa. Quella spaccatura nel terreno non faceva che diventare sempre più grande ogni momento che passava, passaggio di sola andata per l’Inferno in qualsiasi altro caso, perdere o morire che fosse.
Le ampie porte della sala conferenze furono spalancate davanti ai loro occhi, mostrando un ambiente già ampiamente gremito. Dalla parte opposta della stanza rispetto al punto dove si trovavano ora c’era un piccolo palco, quel giorno adibito ad area organizzativa:Arcadiani e professori, infatti, vi avevano allestito un piccolo tavolo, sul quale avevano depositato una pila immensa di scartoffie. I test, realizzò Aria, un groppo in gola difficile da ignorare. Sentì Cara irrigidirsi al suo fianco:per quanto cercasse di non darlo a vedere, Aria sapeva che anche lei, in fondo, era almeno un po’ in ansia. Patriottismo o meno, anni di discorsi avevano sortito il loro effetto.
Fu fatto loro cenno di accomodarsi e lentamente ogni studente presente nella stanza si sedette, tutti in modo abbastanza casuale. Cara scelse una sedia che doveva sembrarle quanto più ordinaria possibile, considerò Aria, situata né troppo in fondo alla sala né, tantomeno, a ridosso del palco. Aria occupò immediatamente il posto accanto a lei:non voleva per nessuna ragione separarsi dalla sua migliore amica, ormai rimasta la sua ultima ancora di salvezza alla sua sanità mentale.
Anche se, ne era certa, quel giorno avrebbe perso pure l’ultimo briciolo di lucidità che le rimaneva:era tutto fin troppo assurdo per pretendere da se stessi la saldezza di nervi necessaria per non crollare.
Sul palco vennero chiamati alcuni individui, cui venne affidato il compito di distribuire i fascicoli ai vari ragazzi. Ridiscesero in circa una decina e subito si dispersero per la sala, consegnando i vari moduli da riempire agli studenti. Nel frattempo, una donna dall’aspetto austero era rimasta immobile sul piccolo soppalco, l’espressione neutrale. Aria comprese che doveva essere stata lei ad ordinare agli addetti di assegnare i vari fascicoli ai candidati. Doveva venire da Arcadia, magari era una dirigente o qualcosa del genere.
Alle sue spalle, sul palco, calò un ampio pannello niveo:le luci nella stanza divennero soffuse e delle immagini cominciarono ad apparire sullo schermo. Raffiguravano una città perfetta, dal clima mite ed una vegetazione rigogliosa, tutte cose inimmaginabili lì, specie dopo il giorno della Luce.
«Dopo il disastro nucleare che ha colpito la Terra, niente è stato più come un tempo. Ogni continente è stato ridotto a niente più di una landa desolata, dalle precarie condizioni climatiche a causa degli inverni troppo rigidi da sopportare. Più nessun posto è stato tanto fittamente popolato da piante ed animali. Un solo luogo si è salvato da tali devastazioni:Arcadia.
In quanto tale, è nostro specifico dovere preservarlo da altri scempi, che di sicuro la negligenza umana potrebbe causare, sia alla città che ai suoi stessi abitanti. Pertanto, ogni dieci anni viene dato luogo alle Qualificazioni:queste sono una serie di prove per mettere alla prova le varie abilità, sia fisiche che psichiche, dei vari pretendenti al posto di cittadini di Arcadia. Non possiamo infatti permettere che l’unico posto ancora integro al mondo sia di nuovo distrutto.
Quelli che vi sono stati consegnati sono i vostri primi test:cominceremo infatti già da ora a testare le vostre conoscenze intellettuali in più campi:la conoscenza approfondita dei più svariati argomenti è il primo punto a vostro favore per dimostrarvi all’altezza del posto al quale aspirate, specie se si pensa che il primo requisito necessario di un abitante consapevole –ciò che noi cerchiamo in voi- è la capacità di ragionamento, che impedisce il ripetersi delle catastrofi già avvenute».
Il proiettore si spense, ripercorrendo la sua placida salita verso l’alto mentre le luci in sala si riaccendevano e la donna comunicava:«A partire da adesso avete due ore di tempo per compilare i vostri test. Buon lavoro».
Il silenzio avvolse la stanza mentre tutti i presenti focalizzavano la loro attenzione sui fogli tra le loro mani. Alcuni si erano gettati a capofitto su di questi, colti da un moto d’ansia, altri invece avevano deciso di agire per vie più caute, optando per un’osservazione complessiva del test per non commettere poi errori madornali irreversibili poi. Quando si dice la via della pazienza.
Aria si osservò intorno, notando quante teste chine sui banchi della sala conferenze erano già presenti.
Accanto a lei, anche Cara studiava attentamente i suoi fogli. Di tanto in tanto, scriveva qualcosa, la penna che rapida tracciava le lettere con l’inchiostro azzurro o barrava caselle con crocette millimetriche.
Aria avrebbe voluto sospirare ma decise che quello non era né il luogo né il momento adatto, così si limitò a concentrarsi anche lei sui suoi fogli.


Mentre compilava i moduli, Ilya si sentiva abbastanza sicuro di sé.
Lo era sempre, d’altronde:la sicurezza era una delle sue caratteristiche peculiari, non si sarebbe mai lasciato prendere da un attacco di panico, tanto era riflessivo.
Tutti lo descrivevano sempre come un ragazzo molto intelligente. In effetti non avevano poi tutti i torti. Gli piaceva studiare, gli riusciva naturale come per le persone normali lo era respirare o per le rondini volare a primavera. Sarà stato proprio per questo suo atteggiamento pacato, o forse per il suo paese natale:la Russia infatti non era affatto uno di quei posti dal clima caldo e le assolate spiagge caraibiche.
Era forse uno dei luoghi dal clima più rigido sul pianeta, lo era sempre stato perfino prima del disastro nucleare. L’unico breve attimo di respiro lo si prendeva nelle zone più meridionali, dove le grandi foreste si alternavano a praterie od alla steppa.
Strinse nella mano la croce ortodossa che portava al collo:in parte gli mancava casa ma ora non poteva proprio distrarsi, dopotutto in ballo c’era il posto in una città perfetta, che gli avrebbe dato sostentamento senza che si sforzasse per vivere nel gelo e negli stenti, come spesso gli era capitato per andare avanti in Russia.
Si sistemò un ciuffo ribelle di capelli biondo cenere, riportandoseli indietro. Non poteva proprio permettersi distrazioni, in quel momento.

Coralie fissò per l’ennesima volta i moduli. Le piaceva osservare, l’aiutava ad acquisire una percezione più attenta, sviluppata e dettagliata di ciò che le si presentava davanti, specie poi se si trattava di … cette chose là(1).
Ah, a volte si chiedeva ancora perché la sua lingua venisse fuori nei momenti meno opportuni. Non bastava che avesse sempre, perennemente l’accento francese in qualsiasi lingua parlasse –ora che era nel Regno Unito per sostenere quelle prove che, se tutto fosse andato bene, le avrebbero permesso di avere accesso ad Arcadia, il suo inglese suonava “strascicato” a causa delle influenze del francese.
La giovane di Marsiglia era stata costretta a giungere oltre manica tramite un viaggio in battello, poiché il canale sottomarino che congiungeva le due nazioni era in disuso da anni, in seguito ai danni causati dalle radiazioni nucleari. Considerando il suo inveterato odio per le traversate via mare aveva finito per trascorrere la sua intera permanenza a bordo rinchiusa nella sua cabina.
Davvero una brutta esperienza, già. se fosse dipeso da lei avrebbe volentieri evitato quella situazione, purtroppo però le Qualificazioni erano un’esperienza troppo ghiotta per rinunciarvi, considerati i privilegi che avrebbe potuto ottenere se fosse riuscita a passare tutte le varie fasi, così non le era rimasto nient’altro da fare che partire alla volta di Londra.
Si mordicchiò per un momento le unghie smaltate di blu, tuttavia ricordandosi subito dopo quanto fosse inefficace per lei quel metodo –che non le faceva affatto mantenere la calma cominciò a rigirarsi una ciocca di capelli biondi tra le mani, percorrendone tutta la lunghezza fino ad arrivare alle punte, tinte di un blu elettrico acceso, molto deciso.
Doveva restare calma, si disse. Perciò prese la penna in mano e cominciò a compilare quei moduli.

Hai non riusciva a tenere lo sguardo fisso sui fogli per più di un minuto.
Tutti quei ragazzi … davvero erano così preoccupati per quello stupido test? Le sembrava un paradosso:la loro vita era affidata a dei pezzi di carta. Oltre ad altre sfilze di prove corporali suicide, certo.
Eppure in quel momento la cosa che l’affascinava maggiormente erano proprio le centinaia, se non addirittura migliaia, di persone che si trovavano con lei in quella stessa stanza.
Non poteva non chiedersi a cosa stessero pensando:così ecco che improvvisamente quel ragazzo là in fondo, con la testa china e le spalle ricurve sulla scrivania diventava un giovane uomo in cerca di salvezza e migliori condizioni di vita, mentre quella ragazza … sì, quella tra le prime file, con l’aria assorta e lo sguardo altrove, perso a vagare in chissà quale altra galassia diveniva subito qualcuno che s’era ritrovato lì quasi per sbaglio.
Amava studiare la psiche della gente, l’aiutava anche a rilassarsi.
E lei, invece? Lei perché era lì?
Non era moda, non era necessità. Dopotutto, non provava sentimenti ostili nei confronti della sua nazione d’origine:si trovava bene in Cina. Certo, peccato che le fosse capitato più e più volte di sentire la nostalgia dei campi di riso che si estendevano fino alla linea dell’orizzonte e del giardino sul retro della sua vecchia casa, dove era solita dedicarsi allo yoga, di prima mattina.
Tutti quegli angoli di verde erano stati semplicemente impensabili, in seguito al disastro nucleare che aveva squassato la Terra. Probabile allora che l’idea lontana e remota che, da qualche parte nel mondo, esistesse un luogo dove trovare pace fosse ancora possibile fosse stato il motivo principale che l’aveva convinta ad abbandonare le proprie radici ed a recarsi presso quel luogo sconosciuto per testare la sorte.
Forse allora era solo curiosità, la sua:aveva sentito tanto a lungo parlare di Arcadia, la città perfetta e, naturalmente, delle durissime selezioni che venivano effettuate per selezionare quelli che venivano considerati i “cittadini perfetti”.
Più volte se lo era domandato, se ne sarebbe stata in grado, se sarebbe riuscita a dimostrarsi all’altezza delle aspettative degli Arcadiani.
Così si limitò ad abbassare lo sguardo bistro dei suoi occhi dal taglio a mandorla sul test, mentre il corto caschetto di capelli neri e liscissimi ondulava appena in avanti con il suo corpo e la mano non impegnata a tenere la penna stringeva il qipao(2) in vita.
Come si suol dire, la curiosità ebbe la meglio.

Jamila sorrise ancora una volta, mentre voltava l’ennesima pagina.
Vero, i test erano molto lunghi ed impegnativi, tuttavia un’inguaribile ottimista come lei non riusciva ad esserne preoccupata:la prospettiva dei giorni pieni di vita che l’attendevano, se avesse passato tutte le prove, era irrinunciabile.
Dopo il giorno della Luce l’intero globo terrestre era stato ridotto ad una landa arida e desolata; il suo paese d’origine, l’India, era sempre stato arido a causa del clima caldo. In seguito all’esplosione, tuttavia, era diventato –come il resto del mondo, d’altronde- d’un gelo insopportabile.
Per questo l’idea di un luogo dal clima mite e decisamente più vivibile era tanto invitante da non poter rischiare di perdere una simile opportunità.
Gli occhi grandi e dall’intenso color ambra vagarono per la stanza, meravigliandosi delle sue ampie dimensioni, del soffitto alto ed a cassettoni e delle tende di tessuto broccato che decoravano il vecchio palchetto in fondo alla stanza. Quella stanza era antica ed austera, tuttavia non era una cosa poi tanto brutta:a Jamila dava l’idea di un posto dove molte altre persone erano già passate, calpestando il parquet dal colore caldo e vivendo lì la loro vita.
Era una cosa che le piaceva da impazzire, l’idea dell’energia che doveva essere scorsa in quel luogo.
Così, rinvigorita da una felicità tutta nuova, tornò a gettarsi a capofitto sul test, curiosità e felicità a guidarle corpo e mente.

Eleanor non riusciva a capire perché tutta quella gente si affannasse tanto.
A dir la verità non ci era riuscita nemmeno quella mattina, quando aveva visto davanti alla scuola tutti quei ragazzi e tutte quelle ragazze –specie le ragazze- agitarsi, muovere convulsamente le mani in aria, parlare strepitando oppure addirittura, l’apoteosi del ridicolo, piangere.
Non capiva davvero perché quelle persone, per la maggior parte sue coetanee peraltro, lasciassero che le emozioni influissero tanto su di loro:era solo un test scritto, mica una nuotata nella vasca degli squali.
In realtà, per quanto potesse sforzarsi di mostrarsi sempre fredda e razionale con il resto del mondo, sapeva bene che dentro di lei quelle emozioni c’erano, erano lì, ben presenti come in chiunque altro, anzi forse anche di più, solo che col tempo era diventata molto brava a celarle dietro una spessa maschera di cinismo.
Per quanto dunque potesse essere in ansia per le Qualificazioni, nessuno lo avrebbe mai potuto notare grazie a quella sua tipica espressione algida.
Dopotutto, forse è anche meglio così, si ricordò.
Non aveva intenzione di lasciarsi prendere da inutili sentimentalismi, tuttavia per un brevissimo istante la sua mente volò tra le verdi colline dell’entroterra scozzese, la sua terra natia:quei luoghi ormai erano inimmaginabili, distrutti anni or sono dalla follia umana.
Per questo era qui, come tutti del resto:ognuno di loro mirava ad Arcadia, perla della civiltà, sperduta nell’ultimo angolo di mondo ancora perfetto e non devastato da quella catastrofe che altro non era stato il giorno della Luce.
Una nuova energia la pervase, mentre concentrata e determinata più che mai tornava al suo test, la coda di cavallo castana che le scivolava giù dalla spalla sinistra.
Non avrebbe permesso alle sue emozioni di influire così tanto su di lei proprio in quel momento.

Aria aveva perso la cognizione temporale. Si era infatti così concentrata sul test da non accorgersi di quello che accadeva intorno a lei.
Perlomeno finché una voce non risuonò nel silenzio più assoluto.
«Cinque minuti, ragazzi»comunicò loro infatti la somministratrice dei test.
Doveva sbrigarsi, il tempo era agli sgoccioli ed inesorabile stava scivolando via dalle dita di tutti loro.




(1) Francese per “quella cosa là”
(2) Tipico abito cinese





Angolo delle _eerie

{indovinate un po’ chi è in ritardo?}
Buon salve a tutti quelli che stanno leggendo!
Mi presento, sono Aria e … sì, fondamentalmente volevo scusarmi per il mio schifoso ritardo oltre che per le mie pressoché nulle capacità di scrivere qualcosa di sensato nell’angolo autrici.
So già che il capitolo sia orribile ma che ci vogliamo fare? Ammetto di aver attraversato un periodo in cui la mia fantasia per letteralmente qualsiasi cosa è andata a farsi benedire. Alla fine però mi sono convinta, così eccomi qui.
Passiamo dunque agli oc presentati in questo capitolo –Aria e Cara le conoscevamo già.

Ilyusha “Ilya” Govorov (c) _Winter_
Coralie Bertrand (c) _En_
Hai Liu (c) chion
Jamila Idowu (c) Inazumiana01
Eleanor Cromwell (c) czerwony

Nel prossimo capitolo (che probabilmente sarà decisamente migliore ed arriverà in tempi un po’ più celeri poiché sarà curato da rie) presenteremo gli altri cinque oc selezionati ma visto che siamo entrambe molto sadiche non vi facciamo spoiler al riguardo, cosicché possiate crogiolarvi nell’attesa.
Questo generalmente è il momento in cui chiedo le impressioni sul capitolo … ma visto che mi sono scocciata di suonare sempre così ripetitiva credo che sarà meglio chiuderla qui.

Let us know ~

_eerie
   
 
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