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Autore: EmmaStarr    20/09/2015    4 recensioni
Alexander Lightwood appartiene alla Gilda di assassini più potente di New York, gli Shadowhunters. Ma cosa succede se gli viene assegnato l'unico incarico che non potrà mai svolgere?
* * *
«Quindi sembra proprio che dovrò ucciderti» sospirò Alec fra sé e sé, lanciando il biglietto nel fuoco. «Magnus Bane.»
* * *
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Magnus Bane degli Warlocks è sempre stato un tipo eccentrico: ogni giorno un'idea nuova, un nuovo divertimento. Ma che succede se la sua vita viene messa improvvisamente a rischio?
* * *
«Gli Shadowhunters vogliono uccidermi?» ripeté, cercando di non mostrarsi troppo spaventato. Lo sapevano tutti, in città, che avere gli Shadowhunters contro era un gran brutto affare.
* * *
Due ragazzi, due vite agli antipodi destinate a collidere. Cosa si è disposti a mettere in gioco per amore? Quanto si è disposti a perdere?
* * *
[Malec] [assassini!AU]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-II-





«Quindi? L'hai trovato? C'era?» domandò Ragnor, impaziente.

Magnus rifletté. «Allora, tanto per cominciare ricordati che ti avevo detto che c'era la possibilità che non venisse» attaccò, polemico.

Catarina inarcò un sopracciglio. «In realtà tu hai detto: “basterà pubblicizzare un pelino di più la cosa e vedrete che verrà assolutamente”. Siamo stati noi a dire che sarebbe anche potuto non venire» precisò. Per la festa si era dipinta la pelle tutta di blu, e con quell'espressione arrabbiata aveva un'aria davvero inquietante. «Hai visto qualche Shadowhunter o no?»

Magnus si passò una mano dietro la testa. «Uno, sì» ammise. «Ma non credo sia lui. Non so» tergiversò.

«E..?» lo incalzò Ragnor, al che Magnus raccontò tutta la storia, soffermandosi appena un po' più del dovuto sugli occhi così stupendamente blu dello Shadowhunter, abbinati ai suoi capelli neri come la notte, e all'eroismo dimostrato nel proteggerlo -senza che ce ne fosse davvero bisogno, però, tenne a precisare- dai due Werewolves.

Alla fine del racconto Ragnor e Catarina non sembravano molto convinti. «Magnus, se io fossi uno Shadowhunter incaricato di ucciderti,» iniziò Catarina, gli occhi preoccupati, «cercherei di conquistarmi la tua fiducia. Di conoscerti, di avvicinarti. Non possono fare irruzione come se tu fossi un Demon qualunque, non ti faranno un'imboscata. A meno che quell'Alexander non sia un'esca, temo proprio che...» lasciò sfumare la frase, senza sapere bene come continuare. Conosceva quello sguardo di Magnus, e gli dispiaceva tantissimo per lui, ma era meglio stroncare l'idea sul nascere.

Dal canto suo, Magnus fece un verso di stizza. «Non sono stupido, eh» li accusò. «So che potrebbe essere lui. Indagherò» promise. «E se troverò le prove, lo ucciderò. Meglio buttarmi e conoscerlo meglio piuttosto che vivere nell'incertezza, avrò più occasioni di farlo fuori casomai si rivelasse essere proprio lui.»

«Magnus...» provò a intercedere Ragnor, ma l'altro sollevò una mano.

«So che siete preoccupati, ma davvero, non c'è nessun motivo: so badare a me stesso, cosa credete?» sorrise, e fu probabilmente quel sorriso ad impedire a Ragnor e Catarina di prendere ad elencare tutti i motivi per cui dubitavano della sua ultima affermazione. «Ascoltatemi. Lui non sa che io so, e in questo sono avvantaggiato» cercò di farli ragionare.

«Ma metti caso che lui sia davvero lì per ucciderti» borbottò Ragnor. «Lui è sicuro di dover uccidere te, tu non sei sicuro di dover uccidere lui. E questo lo porta in vantaggio.»

Magnus alzò gli occhi al cielo. «Allora cosa dovrei fare? Nascondermi in un buco per i prossimi vent'anni, nella speranza che si dimentichino di me? Dopotutto, teoricamente hanno tutti i motivi di darmi la caccia.»

Ragnor e Caterina insorsero, indignati. «Ma se sapessero perché...»

Magnus li liquidò con un gesto della mano. «Aspetterò di vedere se mi chiamerà. Se le cose si faranno pericolose, prometto solennemente di informarvi della situazione e di prendere tutti i provvedimenti adeguati. E con questo dichiaro chiusa la questione» stabilì, alzandosi e uscendo dalla stanza.

Non voleva credere che Alexander fosse lì per ucciderlo. Insomma, non immaginava che gli Shadowhunters potessero essere così... umani. Se l'avesse dovuto uccidere non l'avrebbe certo difeso in quel modo dai due Werewolves, no? E quel suo balbettare, il suo modo di arrossire... non erano cose che si potevano fingere. D'altronde, mai dire mai. Non poteva lasciarsi coinvolgere troppo prima di essere certo delle reali intenzioni del ragazzo.

Era stato innamorato molte volte ed era sicuro che, se le cose si fossero messe male, non avrebbe avuto problemi a ricorrere alle maniere forti. Afferrò sovrappensiero il cellulare e controllò automaticamente le chiamate perse.

Quasi sicuro.

 

* * *

 

«Allora, Alec! Hai fatto conquiste, dico bene?» ridacchiò Isabelle, stando poi buona buona ad osservare la reazione del fratello.

Alec per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. La sera prima erano tornati a casa molto tardi, e non aveva avuto tempo di parlare né con Izzy né con Jace -non che ne avesse poi tanta voglia, in effetti. Quello che non immaginava era che sua sorella avesse... insomma, che avesse visto.

«I-io...» iniziò a balbettare, ma Isabelle sghignazzò e si sistemò meglio sul divano accanto a lui.

«Ti ho visto ballare con quel ragazzo, inutile negare, fratellino» rivelò. «Ti ha dato il suo numero, giusto? Oh, e non fare quella faccia, potrebbe essere un buon partito» aggiunse, osservando divertita il volto del fratello diventare di tutte le sfumature di rosso.

Izzy era l'unica a sapere dell'orientamento sessuale di Alec: l'aveva scoperto da sola quasi un anno prima e l'aveva accettato senza nessun problema. Questo però non le impediva di scherzarci su, giusto per vedere suo fratello perdere la testa, non appena Jace non era nei paraggi. «Allora, vuoi darmi qualche dettaglio o devo proprio strapparteli di bocca?»

Alec sospirò, passandosi una mano sulla fronte. «È complicato, Izzy» proclamò, stanco. «Non potrebbe mai funzionare, discorso chiuso.»

Isabelle alzò gli occhi al cielo. «Se stai davvero per tirare in ballo Jace, giuro che...»

Ma Alec la interruppe sollevando un braccio. «È il mio incarico. Magnus Bane. Il mio ultimo incarico» mormorò a denti stretti. Solo rivelandoglielo aveva infranto la legge, ma non avrebbe potuto sopportare sua sorella fare battutine e scherzi sull'argomento per i successivi trent'anni.

Com'era prevedibile, Isabelle si portò una mano alla bocca. «Oddio, Alec, mi spiace...» balbettò, seriamente preoccupata. «Ma… uno Warlock? E da quando? Gli Accordi...»

Alec sospirò. «Pare che abbia fatto casino con dei documenti privati. È alleato con i Demons, quindi… non so, immagino che dovrei avvicinarmi a lui per scoprire le sue abitudini e ucciderlo quando meno se lo aspetta, senza che si risalga a noi. È così che funziona di solito, quando si uccide uno che non è dei Demons. È solo che io non ho mai… non so, Izzy» ammise.

Lei gli posò una mano sul braccio, comprensiva. «Allora stagli lontano. Spialo da lontano e uccidilo senza interagire in nessun modo con lui. Alec, non puoi lasciare che...»

Lui si alzò di scatto. «Farò così» promise, sentendo bruciare nella tasca il biglietto da visita di Magnus. Non era riuscito a dormire, la sera precedente, continuando ad alzarsi per buttarlo via e successivamente per ripescarlo dalla pattumiera. Aveva praticamente disintegrato la carta, a furia di rigirarsela tra le mani.

Quanti giorni avrebbe resistito?

 

* * *

 

Tre. Ben tre giorni. Quello Shadowhunter -che fosse dannato, lui e i suoi occhi blu dannatamente belli- lo aveva fatto aspettare per ben tre giorni prima di spuntare letteralmente davanti alla sua porta alle due di pomeriggio di un martedì qualunque, mentre Magnus stava facendo l'inventario dei suoi capi d'abbigliamento.

«Che sorpresa!» esclamò, deliziato, facendolo entrare senza tante cerimonie. Ma non era semplicemente adorabile il modo in cui arrossiva? «Cominciavo a preoccuparmi, sai» lo redarguì alzando un sopracciglio. Negli ultimi tre giorni si era quasi mangiato le mani dall'ansia.

«Ehm, sì, ecco, m-mi spiace di averti fatto aspettare» iniziò a balbettare Alec. «È che il biglietto che mi hai dato è finito nella pattumiera, per sbaglio, ovviamente, non che io avrei mai buttato… cioè, comunque mio fratello ha portato via la spazzatura prima che potessi fermarlo e...» La voce sfumò mentre arrossiva come un peperone. Andiamo, lui, un terrificante sicario di un organizzazione criminale incaricato di ucciderlo? Magnus ci avrebbe creduto quando fosse riuscito a guardarlo in faccia cinque secondi di fila senza arrossire.

«Ehi, non fa niente» lo rassicurò, sfoderando un enorme sorriso. «L'importante è che tu sia venuto! Posso offrirti qualcosa?»

Alec declinò gentilmente. «In realtà, volevo chiederti se ti andava... uhm, di uscire. Con me. Solo se ti va e se non sei già impegnato, intendo, non voglio assolutamente...» si precipitò ad aggiungere, ma Magnus era troppo occupato ad osservare come i suoi occhi azzurri, nonostante l'evidente imbarazzo che gli colorava le guance, non si fossero mai abbassati. Uno sguardo capace di ribaltare tutte le sue certezze in un colpo solo.

«Mi va. Certo che mi va di uscire» lo interruppe con un sorrisone enorme. «Hai da fare, stasera?» propose, mentre una voce nella sua testa -una voce curiosamente simile a quella di Catarina- gli urlava di tacere una buona volta, perché potrebbe essere lui. Non si è fatto vivo nessun altro Shadowhunter. È troppo per essere una coincidenza. Magnus ordinò alla voce di stare zitta e di concedergli ancora un paio di minuti in contemplazione dell'espressione sconcertata e tanto ingenuamente felice di Alec.

«I-io... no, sono libero» mormorò lo Shadowhunter, sorridendo grato.

Si accordarono per le nove sotto casa di Magnus, e mentre parlavano Alexander sembrava acquisire sempre più confidenza. Purché tu non la smetta di arrossire, zuccherino. Si ritrovò a pensare Magnus prima di darsi severamente dell'imbecille. Vuole ucciderti, diceva Catarina. I suoi occhi! Protestava Magnus. È uno Shadowhunter, sempre Catarina. Ma è arrossito! Magnus.

Quella guerra civile proseguì per quasi dieci minuti dopo che Alec se ne fu andato, e alla fine Magnus ne uscì vincitore; se l'era vista brutta, certo, ma alla fine la sua voce aveva trionfato contro quell'invadente di Catarina. L'argomento a suo favore che l'aveva portato alla vittoria era stato senza dubbio l'assoluta certezza della propria superiorità in confronto a quel ragazzino: Alexander Lightwood era evidentemente attratto da lui, e non sarebbe riuscito ad ucciderlo. Almeno, non senza mille ripensamenti che avrebbero subito permesso a Magnus di difendersi. E in uno scontro aperto, beh, le sue probabilità di vittoria erano pari al cento percento.

Tutto quello che doveva fare era decidere come si sarebbe vestito quella sera, e ignorare la voce di Catarina nella sua testa. E tu, sei sicuro che riusciresti ad ucciderlo?

 

* * *

 

Isabelle aveva aspettato Alec al varco, quella sera. Oh, suo fratello era ufficialmente uno stupido: credeva davvero che Isabelle Lightwood, campionessa indiscussa dello Scivolare Fuori e Dentro Casa a Orari Improbabili, non si sarebbe accorta della sua maldestra fuga di quella sera? Ovviamente l'aveva notato subito, e aveva anche capito dove si era diretto. Non ci voleva certo un genio.

«Tutto bene, fratellino?» esclamò, osservando come l'altro, le mani ancora sul davanzale della finestra, si immobilizzava.

«Non posso farlo» disse subito Alec, prima ancora di voltarsi. «Izzy, io non posso ucciderlo. Non voglio ucciderlo.»

«Te l'avevo detto» tuonò lei. «Te l'avevo detto che avresti dovuto stargli lontano. E tu che hai fatto? Sei andato a un appuntamento con lui.»

Alec assunse un'espressione colpevole. «Mi aveva detto di chiamarlo...»

«E tu avevi buttato il biglietto da visita» ribatté Isabelle. Sospirò e si sedette sul letto di fianco a lui. «Alec, sai come vanno le cose. Se non lo uccidi...» iniziò, preoccupata.

«Sarò considerato un traditore» deglutì lui. Non c'era tutta questa compassione, tra gli Shadowhunters.

«Potrebbe farlo qualcun altro» suggerì Isabelle senza crederci nemmeno. «Non tu...»

Alec la fissò negli occhi. «Izzy, io... non mi ero mai sentito così! All'inizio l'appuntamento non era neanche questo granché, soprattutto perché continuavo a pensare “dovrò ucciderlo”, “cosa ci faccio qui” e cose del genere» ammise. «Poi però... voglio dire, dovresti sentire come parla. È riuscito a mettere a mio agio persino me, e... Gli ho raccontato anche di Jace» disse pianissimo. «Ha detto che non gli importava, anzi, che era diventata una sfida personale» abbozzò un sorriso. «L'ho visto ridere e scherzare con un sacco di gente, e tutti quanti lo adorano. E non so cosa ci trovi in me, ma...»

«Gli piaci» terminò per lui Isabelle.

«Gli piaccio» sussurrò Alec, a metà tra l'incredulo e il grato.

«Vi siete baciati?» chiese lei, scrutandolo in volto per cercare di carpirgli la verità. Alec arrossì. «Oddio! Vi siete baciati!» inorridì Isabelle. «Alec, capisci che non puoi...»

Il ragazzo si passò una mano sulla fronte. «Lo capisco benissimo» rispose, secco. «Magari non se ne farà niente. Magari mi lascerà dopo due giorni, e sarà l'occasione buona per...» La voce gli sfumò prima ancora di terminare la frase. Isabelle non aveva idea di cosa dire: come faceva a dirgli che la sua prima e unica storia d'amore era da considerarsi chiusa prima ancora di cominciare? Lei sapeva quanto Alec avesse sofferto, nella vita. Si credeva continuamente fuori posto, inadatto alle situazioni. E a suo parere quest'ultima debolezza doveva essere la prova definitiva. «Alec, qualunque cosa tu faccia...» sussurrò, alzandosi piano. «Io e Jace saremo dalla tua parte. Lo sai» concluse, lasciandolo solo.

Alec si sdraiò completamente vestito a fissare il soffitto. Il nome di Jace non aveva scatenato in lui nessun odioso sfarfallamento di stomaco, nessuna ondata di rammarico e vergogna. Solo affetto, come quello che provava per Isabelle.

La pistola sul comodino sembrava catalizzare il suo sguardo, e Alec davvero non sapeva come avrebbe trovato la forza di usarla.

 

* * *

 

Magnus stava per addormentarsi, quando sentì bussare violentemente alla porta. E ancora. E ancora. Non era stata precisamente quel che si dice una giornata rilassante, per lui, senza contare che non aveva potuto vedere Alec per tutto il giorno a causa di una stupida missione contro una banda di Demons nelle vicinanze. Quindi non fu col più roseo degli umori che andò ad aprire la porta per gridare addosso agli scocciatori che avevano osato disturbarlo a quell'ora improbabile, ma gli insulti gli morirono in gola. Alla sua soglia, due figure ricoperte di sangue reggevano il corpo esangue di un ragazzo che sembrava mortalmente ferito.

Quel ragazzo era Alec.

«Ti prego, devi aiutarci» singhiozzò la prima figura, Isabelle. «Non faremmo in tempo a riportarlo all'Istituto.»

L'altro, Jace, sembrava piuttosto restio a fidarsi dello Warlock. «Izzy, sei sicura che...» bisbigliò, ma Magnus si era ripreso abbastanza per trascinarli tutti dentro.

«Mettetelo sul letto» ordinò, catapultandosi nel suo studio per fare incetta di medicinali e attrezzi specifici. Uno dei -pochi- talenti degli Warlock era appunto quello di curare i membri delle altre Gilde, solo che di solito erano abbastanza restii a concedere i propri servigi al primo che passava. Gratis, per di più. Ma mentre si precipitava a togliere i vestiti impiastricciati di sangue del ragazzo mortalmente pallido che stava steso sul suo letto, quel pensiero non gli passò nemmeno per la testa.

«Tutti fuori» ordinò senza nemmeno guardarli, armeggiando con una mistura biancastra dall'odore nauseabondo.

«Ma...» tentò di ribattere Isabelle, ma Magnus la fulminò con lo sguardo.

«Fuori da questa stanza. Adesso.» Non sarebbe riuscito a concentrarsi col fiato di quei due rompiscatole sul collo, e aveva assoluto bisogno di concentrazione, ora come ora. Notò con sollievo che gli Shadowhunters ubbidirono senza recriminare. «Ascoltami bene, tu» mormorò Magnus preparandosi a compiere quella che nel mestiere chiamavano “la loro magia”. «Non osare crepare proprio adesso, sono stato chiaro? Non ho ancora capito se vuoi uccidermi oppure no.»

 






Angolo autrice:
Rieccomi! Dopo una settimana esatta, addirittura. Questo capitolo è stato un po' meno movimentato del primo, ma volevo cercare di far emergere al meglio i dubbi e le preoccupazioni dei due ragazzi: insomma, l'ultima cosa che voglio è farla sembrare una storiella da quattro soldi, una specie di vuoto colpo di fulmine senza niente sotto. Questi due si devono uccidere, non hanno tempo di giocare, di scherzarci su. Se esitano, incespicano, sbagliano, è perché la loro attrazione è fin troppo profonda per essere ignorata. Sono anime gemelle nel vero senso della parola.
Parlando del capitolo, ho scelto di rendere Isabelle così vicina ad Alec per dargli una confidente che fosse al suo fianco dall'inizio, ma ben presto arriveranno anche momenti con Jace: detesto quando il loro rapporto da Parabatai viene ignorato dal fandom, perché in ogni caso sono migliori amici e hanno giurato di esserci l'uno per l'altro, sempre. Invece Magnus in questa storia avrà l'incredibile supporto di Catarina e Ragnor, sempre pronti a gridargli addosso per la sua testardaggine. Ho cercato di renderli il più simile possibile a come li ha mostrati Cassie nelle Cronache, ma visto che appaiono per poco tempo certi dettagli gli ho dovuti inventare; spero che non li troviate troppo OOC!
Per finire... niente, spero davvero che questo secondo capitolo vi sia piaciuto e che vi venga voglia di lasciare un commento: grazie a tutti quelli che hanno messo tra le preferite, seguite, ricordate e a chi ha recensito!
Ah, un'altra cosa: il titolo della storia e le citazioni dello scorso capitolo provengono dalla canzone "Nothing left to say", appunto, degli Imagine Dragon.
Un bacione, ci sentiamo domenica prossima!
Emma <3
  
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