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Autore: Nanamin    21/09/2015    2 recensioni
Tara è una ragazza normale: studia, esce con gli amici, è preoccupata per gli esami, ha una cotta. La sua vita tranquilla continua, finché strani eventi cominciano ad accaderle, accompagnati da inspiegabili mal di testa.
Tara è una ragazza con un enorme potere sopito dentro di sé. Un potere che porterà grandi menti a scontrarsi, interi Paesi a sollevarsi e costringerà i Titans a fare i conti con i fantasmi di un passato che credevano ormai perduto.
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“Sei sicura di volere questo? Che nessuno si ricordi di te? Pensi di ripartire da zero?”
Red X si alzò e si appoggiò al muro.
“La verità è che non puoi cambiare così. Tutto si ripeterà finché non rimarrai da sola.”
“Perché?”
La voce di Terra uscì roca dalla sua bocca. Red X fece una smorfia.
“Perché anche se le persone e i luoghi intorno a te non sono più gli stessi, sei sempre tu.”
Genere: Angst, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beast Boy, Red X, Robin, Terra, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Buongiorno!
Scrivo qualche indicazione prima del capitolo, per rendere più agevole la lettura. Per prima cosa vi consiglio di rivedervi, o almeno di tenere bene a mente, l'episodio 13 della quinta stagione dei Teen Titans "Things change". 
I flashback in questa parte di storia sono alternati al presente e funzionano come se James stesse raccontando i fatti a Robin e Starfire. Non ho messo delle battute di dialogo, perché esse sarebbero risultate un po' debolucce per un personaggio così importante e volevo farvi "vedere" i pensieri del ragazzo, i fatti e le sue parole per comprenderlo meglio.
Ultima nota, puramente di tipo formale, in questo capitolo i pensieri saranno evidenziati dalle virgolette basse, in quanto il corsivo si andrebbe a confondere con quello caratteristico del flashback.
Detto questo, pero che vi piaccia e di attirare nuovi lettori e recensori.
Buona lettura!


 



JAMES

 

 

La porta d’ingresso della scuola era ormai a pochi metri. James camminava strusciando i piedi a terra per la stanchezza. 

“Palmer!”

Il ragazzo si girò, Jason lo urtò ad una spalla. James indietreggiò di un passo e alzò lo sguardo per guardare in faccia il ragazzo. Lo stava fissando con la mascella contratta.

“Levati dai coglioni.” Disse e si allontanò verso la porta senza girarsi.

James sbuffò e s’incamminò verso l’uscita.

Fuori dalla scuola le strade erano gremite di gente, i negozi aperti, tutto pieno di famiglie con bambini e coppiette. Sbadigliò: non vedeva l’ora di tornare a casa.

Aveva fatto solo un centinaio di metri quando un profumino raggiunse le sue narici. Pizza! Tirò fuori il cellulare dalla tasca e guardò l’ora: 18.42. Sì, poteva decisamente concedersi una deviazione.

La pizzeria era vicino ad un enorme edificio in costruzione. James sospirò. Quell’enorme mostro di metallo aveva sostituito tantissime attività interessanti, per esempio il negozio di musica. Il ragazzo fece una smorfia. Ora per andare a compare le corde di ricambio per la sua chitarra doveva percorrere mezza città.

Si concentrò di nuovo sulla pizzeria. Sulla strada davanti all’entrata vi erano dei tavolini tenuti all’ombra da degli ombrelloni, pieni di ragazzi seduti a conversare.

Pregustò nella sua mente un bel pezzo di pizza coi funghi, lo stomaco brontolò in risposta al suo pensiero.

Entrò e si avvicinò al bancone. Un’ondata di schiamazzi catturò la sua attenzione facendolo voltare: era una tavolata di una ventina di persone, ragazzi e ragazze, tutti in divisa scolastica. La sua divisa scolastica. 

James riconobbe in un attimo tutti i suoi compagni di classe, senza esclusioni. Scherzavano e ridevano, mollemente abbandonati sulle sedie e con gli zaini appoggiati per terra al loro fianco. 

Si rabbuiò e ad uscì dal locale sbattendo la porta. La fame era sparita, l’unica cosa che voleva era andarsene alla svelta da quel luogo, voleva tornare a casa. Fece pochi metri e si fermò in mezzo al marciapiede, non curandosi delle persone che lo urtavano per sbaglio. Sentiva il cuore pesante, la rabbia invadergli tutto il corpo in un'onda, il sangue ribollire nelle sue vene a fior di pelle. Inspirò.

«Non m’importa. Fuori dalla scuola possono fare quello che vogliono.»

“James!”

Il ragazzo di girò. Tara gli stava correndo incontro, seguita da Dionne e Amber. Quelle tre non si separavano mai. Quel continuo muoversi in branco gli suscitava un odio profondo, senza motivo. Non poteva soffrire i loro movimenti sincronizzati. Non avevano una personalità propria?
Distese i muscoli e assunse un'espressione rilassata, si sistemò gli occhiali sul naso.

“Ciao Tara.” 

“Ciao.” Dissero le altre due all’unisono.

James represse il desiderio di tirare loro in faccia uno dei suoi libri. Fece un cenno ad entrambe in risposta.

“Senti James, scusa, non sapevamo non ti avessero detto nulla. Pensavamo semplicemente non potessi venire.”

“Non preoccuparti, non è niente.”

James le sorrise, mentre nella sua testa immaginava di prenderle a mazzate. Loro e tutti gli altri compagni.

“Meno male che non te la sei presa. Ero preoccupata che…”

James alzò un sopracciglio. Tara si era bloccata, la sua attenzione era rivolta dietro di lui. Si girò.
Un mostro bianco stava combattendo cinque persone in costume, proprio di fronte al cantiere.

«I Teen Titans?»

L'umanoide aveva afferrato Robin per un piede e l'aveva scaraventato via, colpendo con il lancio anche la ragazza incappucciata, Raven.

Dionne urlò:

“Andiamo via di qui!” 

La ragazza afferrò Amber per un polso e la trascinò via; Tara era imbambolata a fissare la scena.

James scattò, senza curarsi di lei. Se non voleva allontanarsi per evitare di farsi male non era un problema suo. Era per caso un'ameba senza le sue amichette?

Si nascose in un vicolo facendo sbucare solo la testa: i suoi occhi erano calamitati dalla battaglia, James non voleva sbattere le palpebre per non perdersi nemmeno un secondo.
I cinque ragazzi combattevano l’umanoide uniti, volando, tirando calci e pugni, colpendolo a colpi di di cannone laser, trasformandosi in animali. James trattenne il fiato. Erano meravigliosi, erano potenti. Lo inseguirono tutti fin nelle fogne, tranne il ragazzo dalla pelle verde che corse in un’altra direzione. James fece una smorfia: non riusciva mai a ricordarsi il suo nome.

Rimase immobile per minuti guardando scorrere quella scena come un film infinito nella sua mente. La ragazza incappucciata con i poteri sulla materia, la ragazza che lanciava energia dalle mani e dagli occhi, il cyborg che con tre colpi ben assestati aveva fatto crollare il mostro contro una pila di travi di ferro, il ragazzo che si trasformava in animali enormi come dinosauri, il ragazzo con un’agilità e una forza fuori dal comune.

Con solo la metà dei loro poteri la sua vita sarebbe potuta essere diversa, avrebbe potuto farla pagare a tutti.

“Vorresti essere uno di loro?”

James si girò verso la fonte della voce, alle sue spalle. Un uomo alto, muscoloso, vestito di nero, lo guardava nascosto nell’ombra del vicolo. Aveva una maschera arancione e nera ed un solo occhio visibile.

Il ragazzo rimase pietrificato come un cervo di fronte ai fari di una macchina, aveva paura di lui ma ne era anche affascinato. La figura di fronte a lui, con il solo modo di stare in piedi e con il solo sguardo filtrato dalla maschera, emanava una grande potenza e sicurezza.

“Posso insegnarti ad essere come loro.” 

James deglutì.

“Chi sei?”

L’uomo rise. La sua voce era cavernosa.

“Il mio nome è Slade.”

Il ragazzo fece un passo indietro.

“Io non ho alcun potere.”

La figura fece un passo in avanti, uscendo dall’ombra. James dovette alzare il volto per poter guardare l'occhio nella sua maschera.

“Posso insegnarti, ad una condizione.”

Il ragazzo rimase immobile.

“Che condizione?”

“Dovrai fare una cosa per me.”

 

 

“Che cosa?” Starfire si stava torturando le mani in grembo.

James s’ammutolì e guardò fuori dalla finestra.

“Che cosa?” ripeté Robin.

James si riscosse e lo fissò, gli occhi erano rossi.

“Avrei dovuto portargli Tara.”

 

 

“Perché Tara?”

“È una vecchia amica, un ex membro dei Teen Titans. Vorrei rincontrarla.”

Slade era immobile.

James aggrottò la fronte. Le scene del combattimento appena avvenuto gli tornarono in mente. Tara una Titan? Scherziamo?

“Una Titan? Ma se passa tutto il tempo a studiare e non si scolla mai dalle sue amiche! Da sola non riuscirebbe a cavarsela un giorno.”

L’uomo rise di nuovo.

“Non conosci bene i tuoi compagni di classe.”

James strinse i pugni.

“Mi stai prendendo in giro. Tara non può avere dei poteri. È impossibile!”

Tara un’eroina. Il suo cervello si rifiutava di accettare un accostamento simile. Quella ragazza non era né carne né pesce. In qualsiasi cosa:  brava a scuola, ma non abbastanza, brava nelle attività sportive, ma non abbastanza, né troppo timida né troppo esuberante. In più viveva praticamente in simbiosi con quelle altre due piattole. Un’eroina. Lei. La rabbia gli montò in corpo facendolo avvampare.

“Lo vedrai tu stesso. Aspetterò quando sarai pronto.”

L’uomo sparì nell’ombra.

 

“Vi siete rivisti?”

Robin era sconcertato per quella storia. Il ragazzo distrutto di fronte a sé covava rabbia. La sentiva vibrare mentre raccontava, eppure non poteva limitarsi tutto a quest'emozione. Doveva esserci dell'altro.

James, si morse il labbro.

“Il giorno dopo uno di voi venne a scuola.”

“Beast Boy…” sussurrò Robin.

 

 

James entrò nel cortile della scuola. Si passò un fazzoletto sul collo, era sudato.

“Palmer!”

Il ragazzo sospirò.

“Dimmi.”

Jason gli si accostò, gli mise una mano sulla spalla.

Il ragazzo alzò un sopracciglio e lo guardò.

“Ieri ci siamo scordati ti dirti che saremmo andati in pizzeria tutti insieme.”

«Possa tu marcire all’inferno, Jason Hunt.»

Sorrise.

“Non è un problema, sarà per la prossima.”

Jason rise.

“Hai ragione, Palmer. La prossima volta ti avvertiremo quando non ti vorremo tra i piedi ad un’uscita di classe.”

James non rispose, il compagno di classe si allontanò ridacchiando.

“Ehi, Terra! Sono io! Beast Boy!”

“Uh?”

James si girò: attaccato al cancello uno dei Titans gridava come un ossesso.

«Il mutaforma?»

Il ragazzo urlava il nome di una certa Terra, mentre il suo sguardo si rivolgeva proprio a… Tara.

James spalancò gli occhi. Vide Slade davanti a sé raccontargli di Tara, del suo passato.

Tara era veramente una… Titan? 

 

“Da quel momento diventasti l’apprendista di Slade?” Robin aveva incrociato le braccia.

“Non mi cercò per mesi, fino ad una sera.”

 

“James, hai visto? La tua compagna mediocre in realtà è tutt’altro.” 

James s’irrigidì. Il buio dell’ombra notturna gli impediva di vedere bene l’uomo di fronte a sé. Ad ogni respiro una nuvoletta di condensa appariva dalla sua bocca; nascose il viso nella sciarpa.

“Hai riconsiderato la mia offerta?”

“Cosa devo fare.”

“Portami la ragazza. Rendila tua amica, falla innamorare di te, non importa cosa farai, ma deve avere fiducia in te. A quel punto la consegnerai all’apprendista.”

“Apprendista?”

“Ti controllerà, nel caso volessi passare dalla... parte sbagliata.” 

Slade serrò un pugno avanti a sé, facendo scrocchiate le dita.

“Non dovrei essere io il tuo nuovo apprendista?”

“Ogni cosa a suo tempo, ragazzo. Una volta terminato il tuo compito diventerò il tuo maestro.”

James fece una smorfia. Non sarebbe più potuto tornare indietro. Avrebbe consegnato una ragazza, una sua compagna di classe, ad una persona che le avrebbe fatto del male. Poteva ancora rifiutare. Diventare potente valeva questo prezzo? La vita di Tara? I rimorsi gli attorcigliarono le budella in una stretta. Non poteva farlo. Doveva dire di no, scuotere la testa, qualsiasi cosa. Non avrebbe messo in pericolo un'altra persona per il suo egoismo.

Non riuscì a proferir parola. Pensò agli spintoni, agli insulti, alla sua esistenza solitaria. Doveva cambiare. Fin da quando aveva iniziato le scuole elementari era stato lo zimbello di tutti, umiliato tutti i giorni, picchiato, deriso, escluso. La sua unica vendetta era quella di non passare i compiti ai suoi aguzzini. Fece una smorfia: che gran vendetta.

Tara…l’unica che gli aveva chiesto scusa per le cattiverie della classe. Si morse il labbro: tra tutte, quella della ragazzina mediocre era forse l’unica vita che avrebbe salvato. In fin dei conti era semplicemente inutile, non una grossa scocciatura.

Doveva sacrificarla? Respirò a fondo. Jason gli comparve in mente, i pestaggi, le battute, le cattiverie, seguito a ruota dagli altri compagni. L’avrebbe fatta pagare a tutti loro.

«Mi dispiace, Tara. Eri quella che odiavo di meno.»

“Accetto.”

 

 

“Hai venduto la nostra amica.”

Robin fremette dalla rabbia, afferrò i braccioli della sedia per impedire alle mani di tremare. Digrignò i denti.

Star si alzò in piedi, aveva aloni verdi attorno alle mani.

James si girò verso la ragazza.

“Fai pure.” 

“Dammi un motivo per non farlo.”

Il ragazzo si bloccò, tornò a guardare il lenzuolo con gli occhi che s’inumidivano.

“Dimmi il nome dell’apprendista.” lo incalzò Robin.

“Non posso.” Si portò indice e pollice alla base del naso “Non posso, capisci? Mi ucciderà!”

La voce si spezzò di nuovo, il ragazzo nascose la testa fra le spalle.

“James…” Star si era avvicinata, levitava a qualche centimetro da terra “Dicci il nome. Ti prego, Terra è nostra amica. Aiutaci…”

“Non posso. Tanto se ora fosse caduta nelle mani di Slade ci sarebbe poco da fare. Andate via.”

“James. Terra è nostra amica. Non ce ne andremo di qui finché non avremo saputo tutto quanto. Dobbiamo fare qualcosa.”  Il tono di Robin era fermo.

“Tu non vuoi un po’ di bene a Terra?” continuò Star.

Robin spalancò gli occhi e si girò verso Star. Sul serio? Dopo tutto quel racconto c’era ancora possibilità per lei che James provasse affetto per Terra?

Il ragazzo sgranò gli occhi, l'espressione era vuota, le mani tremavano di nuovo.

“Io…”

Lo sguardo di James correva tra Robin e Star senza sosta. Aveva la bocca semi-aperta. Deglutì.

“Andate via.”

“Dicci il nome, James.” 

Il leader si alzò in piedi e si affiancò all’amica.

“Via!”

“Dicci il nome razza di un glurbpoff!” 

Star alzò un braccio verso di lui, l’alone attorno alla sua mano era enorme.

James prese in mano un piccolo telecomando bianco vicino a lui sul materasso. Premette il pulsante.

In pochi secondi bussarono alla porta. Star richiamò a sé la sua energia, facendo scomparire la sfera verde dal suo palmo.

“Signor Palmer? Tutto bene?”

L’infermiera si avvicinò al ragazzo nel letto.

“Sono un po’ stanco, credo che la flebo stia finendo.”

La donna esaminò il sacchetto appeso al fianco di James. Si girò verso Robin e Starfire.

“Scusatemi, l’orario delle visite è finito.”

Star fece una smorfia.

“Ma…”

Robin la bloccò con una mano.

“Capiamo benissimo, torneremo presto a trovarti James. Riguardati.”

Il ragazzo non sorrise e non salutò, rimase inerte a guardarli. Mentre usciva Robin si sentì scrutato dai suoi occhi vitrei.





Angolo dell'autrice
Ebbene sì, c'è anche una puntualizzazione finale. Probabilmente non potrò pubblicare lunedì come da tabella di marcia, quindi credo che anticiperò il capitolo ai giorni di venerdì-sabato di questa settimana.
A presto!

 

   
 
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