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Autore: MartynaQuodScripsiScripsi    21/09/2015    2 recensioni
[I Dalton]
Al penitenziario arriva una giovane detenuta che i Dalton prendono sotto la loro protezione, magari anche perché cercano nuove idee per evadere.
Tra un tentativo di evasione e un altro nascerà una solida amicizia che si trasformerà in qualcosa in più...in mezzo a pazzie di ogni genere per evadere da quel benedetto penitenziario!
Genere: Comico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NICOLE VIENE TRASFERITA



 

Il portone venne aperto e una diligenza si fermò in mezzo al piazzale. I detenuti smisero di picconare e alzarono lo sguardo, mentre il direttore Peabody si precipitava lì.
Dalla diligenza scese un uomo alto ed elegante, con un paio di occhiali cerchiati d’oro e una valigetta in mano.
Peabody si affrettò ad afferrargli la mano. “Signor ispettore! Prego, prego, si accomodi!”
“Sono desolato, ma non ho tempo di accomodarmi. Devo ispezionare altri quattro penitenziari oggi e sono già in ritardo” disse l’ispettore squadrandolo dall’alto in basso. “Lei è il signor Melvin Peabody?”
“In persona” rispose Peabody.
“Molto bene.” L’ispettore tirò fuori dalla cartella un fascio di documenti. “Possiamo procedere con l’ispezione.”
Peabody si voltò di scatto e vide i detenuti immobili a osservare la scena. Li fulminò con lo sguardo e quelli ricominciarono a picconare.
“Come vede, signor ispettore, i detenuti lavorano sodo!” disse.
“M-mh…” L’ispettore scrisse qualcosa su un taccuino.
Mentre si allontanavano, il portone venne chiuso.
“Joe” disse Jack “perché non siamo scappati?”
Il fratello si girò con un ghigno. “Perché Peabody mi ha offerto cinquecento dollari e uno sconto di pena a noi quattro perché non gli facessimo fare brutte figure.”
Jack rimase a bocca aperta.

“…E questa è la lavanderia” disse Peabody e spalancò la porta. Ming Li Fu fece un gran sorriso e salutò con la mano.
“Le divise dei detenuti vengono lavate con un sistema di alta avanguardia!” spiegò il direttore. L’ispettore fece “A-ha…” e annotò qualcosa sul taccuino.
In quel momento Nicole fece capolino da dietro un lenzuolo steso, con una cesta di vestiti in mano.
“Salve…” disse piano.
L’ispettore sussultò. Peabody corrugò la fronte e Nicole indietreggiò.
“Qualcosa non va, signor ispettore?” chiese Peabody.
“Quasi mi dimenticavo.” Il visitatore si aggiustò gli occhiali sul naso. “Devo parlarle.”
Uscirono dalla lavanderia e fecero alcuni passi.
“Quella era la signorina Nicole Tackson, giusto?” chiese l’ispettore.
“Beh, sì” disse Peabody.
“Molto bene.” L’ispettore frugò nella cartella e tirò fuori un foglio. “Se non erro, è stata portata qui perché un anno e mezzo fa il penitenziario femminile era al completo.”
“Beh…sì.” Peabody cominciava a sentirsi un po’ stupido. E, a dire il vero, se n’era quasi dimenticato.
“Ecco. Sono incaricato di comunicarle che si è liberato un posto.”
“Ah” disse Peabody. Poi sobbalzò. “Mi sta dicendo che Nicole dovrà essere trasferita?”
“Sì, mio caro signor Peabody” disse l’ispettore, non potendo trattenere un sorriso di sufficienza. “Dovrebbe saperlo lei prima di tutti che questo è un penitenziario maschile. E glielo avranno specificato quando è arrivata che si trattava solo di una reclusione temporanea. Dico bene?”
“Beh…sì” mormorò il direttore abbassando lo sguardo. Sentì un’improvvisa voglia di darsi uno schiaffo sulla fronte: l’aveva fatto di nuovo!
“Ma…”
“Ma cosa?” Gli occhi dell’ispettore lampeggiarono da dietro gli occhiali.
“Beh…” Peabody non si sentiva di guardarlo in faccia. “Nicole si è ambientata molto bene...Ha trovato degli amici…”
“Signor Peabody…”
“Si è fidanzata, addirittura!” continuò il direttore alzando lo sguardo.
L’ispettore rimase un attimo zitto.
“Capirà certamente che la cosa non riguarda né me né lei, signor Peabody. Una donna non può stare in un penitenziario per maschi.” Si aggiustò gli occhiali e fece un sorriso di circostanza. “Sono certo che se è riuscita ad ambientarsi qui, non avrà problemi a farlo con altre donne.”
“Ma lei non mi ha capito” insistette Peabody. “Ha trovato un fidanzato.”
L’ispettore alzò le spalle. “Mi spiace, ma non è un caso di mia competenza. Non può rifiutarsi.” Gli diede il foglio.
Peabody, con la fronte corrugata, lo lesse.
“Capisco” disse con voce malferma.
“Molto bene.” L’ispettore guardò l’orologio. “Cielo, com’è tardi. Proseguiamo.”

A mensa, a Mark cadde il tovagliolo per terra. Si inginocchiò per raccoglierlo e si accorse che il direttore Peabody e la signorina Betty, seduti al tavolo accanto al suo, stavano discutendo animatamente.
Tornato al suo posto, tese le orecchie.
“Io non glielo dico” dichiarò Peabody. “Non ne ho il coraggio.”
“E chi glielo dice allora?” replicò la signorina Betty, con gli angoli della bocca piegati all’ingiù.
Gettò un’occhiata al tavolo dove erano seduti i Dalton e Nicole. Stavano ridendo e Averell teneva un braccio sulle spalle della fidanzata.
Sospirò, ma si disse che forse era meglio così.
Si rivolse di nuovo al direttore, che la stava guardando con un sorrisino supplichevole.
“Non potrebbe farlo lei? Sa…da donna a donna…”
“Non se ne parla!” esclamò Betty, facendo voltare qualche detenuto. “E comunque è compito suo” proseguì a voce più bassa.
“Ma non posso!” ribatté Peabody accigliato. “Non avrei mai il coraggio di separarla dai Dalton…” Inghiottì. “Sa…a volte riesce a tenerli buoni…”
“Ha ragione, sarebbe crudele…” Betty appoggiò la fronte a una mano. “Ma l’ispettore aveva ragione, questo è un penitenziario maschile…”
“Sarebbe illegale tenerla” concluse il direttore puntando i gomiti sul tavolo. “E siamo punto e a capo.”

Dopo mangiato, Mark raggiunse Nicole.
“Nicole, ti devo dire una cosa!”
“Che cosa?” chiese lei, mentre Averell alzava un sopracciglio.
Mark le si avvicinò, con la fronte corrugata.
“A mensa ho sentito il direttore e la signorina Betty che parlavano di te. Mi sa che ti vogliono trasferire nel penitenziario femminile!”
Nicole rimase a bocca aperta e impallidì. Averell spalancò gli occhi.
“Mark…” balbettò lei. “È uno scherzo, vero?”
“No. Ti giuro di no” disse Mark. “Ti dico, li ho sentiti!”
Nicole si morse il labbro inferiore, mente Averell diceva:
“Ma Nicole, perché ti vogliono trasferire?”
“Una donna non può stare in un penitenziario maschile” rispose Nicole, cercando di non farsi tremare la voce. “Mi hanno portata qui perché al penitenziario femminile non c’era più posto. Me ne sarei dovuta andare, un giorno o l’altro…”
La voce le si spezzò. Averell la abbracciò e Mark le mise una mano sulla spalla.
“Perché non ce lo hai detto?”

“Perché Martyna quando ha iniziato a scrivere questa storia era rincitrullita e in piena sindrome da fangirl e non aveva capito che questo è un penitenziario maschile!” esclamò Olivier Jean-Marie.
“Ouh, bada a come parli!” lo rimbeccò Martyna. Ma anche lei, segretamente, sapeva che era quella la verità.

Nicole sbatté le palpebre per ricacciare giù le lacrime. “Mi sono trovata talmente bene che me ne sono dimenticata…”
“Ma è sicuro?” domandò Averell con la fronte corrugata.
Nicole aprì la bocca per rispondere, ma non uscì alcun suono.
In quel momento arrivarono Peabody e la signorina Betty.
“Nicole,” iniziò la signorina “dobbiamo dirle una…Ehi, ma perché piange?”
La sfiorò il sospetto che sapesse. Sospetto che venne confermato un attimo dopo.
“Mi trasferirete al penitenziario femminile.” La ragazza si strinse a Averell.
“Per favore, non lo fate!” disse il Dalton. “Non è obbligatorio, vero?”
Nicole non resistette più e scoppiò in lacrime, inzuppandogli la spalla. Mark abbassò lo sguardo, sentendosi fuori posto. Il direttore e Betty si guardarono.
“Oh, non faccia così…” mormorò Betty poco convinta.

Gli scossoni cessarono. Nicole alzò la testa che aveva nascosto nelle ginocchia in un angolo della diligenza e il secondo dopo la porta venne aperta. Una guardia fece capolino.
“Sei la nuova detenuta, giusto? Dai, esci di lì.”
Nicole si asciugò gli occhi con la manica e si alzò. Scese dalla diligenza e si ritrovò davanti a un portone massiccio.
La guardia aprì la porticina ed entrarono in un corridoio.
“Seguimi” disse la guardia. “Ti mostro la tua cella.”
Nicole lo seguì su per delle scale. Al primo pianerottolo, c’era un corridoio dalle pareti con la tappezzeria verde, nel quale si aprivano alcune porte. La ragazza pensò che lì ci fosse l’ufficio del direttore e il resto.
La guardia salì un altro piano e arrivarono a un altro corridoio. Lì, c’erano le porte di ferro delle celle. Nicole sospirò.
Proseguirono fino in fondo, poi la guardia prese un mazzo di chiavi e lo inserì nell’ultima porta a sinistra. La porta si aprì con un cigolio e Nicole si affrettò a sbirciare dentro.
C’erano tre brande attaccate con catene alle pareti. Una era occupata da una ragazza mora che guardava in aria, e alla finestra era appoggiata con i gomiti un’altra ragazza dai capelli rossi.
La mora scattò a sedere e sorrise.
“Oh, Elmer! Qual buon vento?”
La guardia storse il naso. “Questa è la vostra nuova compagna di  cella.”
La ragazza sbatté le ciglia. “Interessante. Hai da fare stasera?”
“Sì” grugnì la guardia. Fece entrare Nicole e chiuse la porta.
La mora sospirò di piacere e fece l’occhiolino a Nicole. “Continua a fare il burbero, ma sono sicura che cederà presto!” Ridacchiò. “Ce l’hai un nome?”
“Nicole” rispose Nicole, guardando di sottecchi la cella.
“Io sono Kelly” disse la ragazza. Indicò quella alla finestra. “E lei è Elizabeth.”
Elizabeth sussultò e si girò. “Oh, scusa. Pensavo.”
“Mh…Niente” disse Nicole.
Kelly indicò il letto sopra di lei. “Puoi dormire quassù, se vuoi. I letti in basso sono nostri. Spero che ti vada bene.”
“Oh…certo” mormorò Nicole.
“Così tu vieni dal maschile, eh?” domandò Elizabeth. “Poveretta. Un anno e mezzo insieme agli uomini.”
Nicole sentì una stretta al cuore. “Per la verità…non è stato tanto male…”
“No?” fece Kelly spalancando gli occhi.
“Beh, no. Ho trovato…” Nicole abbassò lo sguardo. “…degli amici…”
“Ho capito, non vuoi parlarne” disse Kelly prendendole una mano. “Va bene, non preoccuparti.” Indicò il letto sopra di lei. “Hai affrontato un viaggio lungo. Sarà il caso che ti riposi.”
Nicole si arrampicò sul letto e si sdraiò. Sulla parete era incisa una scritta: NATA LIBERA!!!!!
Elizabeth andò a sedersi sulla sua branda e la studiò. “Che cos’hai fatto per finire al fresco?”
Nicole sentì un brivido scenderle lungo la schiena. Le tornò in mente l’aula del tribunale e subito dopo scacciò quel pensiero che la faceva profondamente vergognare.
“Io ho…” si umettò le labbra “ho rotto una finestra, cercato di rubare una cassaforte e ho rotto un braccio al proprietario…”
“Che?” esclamò Kelly. Fece per ridere ma si interruppe subito. “E come hai fatto?”
Nicole esitò.
“Avevo preso la cassaforte per portarla via. Volevo studiare dopo un modo per aprirla. Ma la stavo per far passare dalla finestra quando il tipo è arrivato ed è corso da me, ma è scivolato e mi è caduta la cassaforte. Proprio sopra il suo braccio.” Corrugò la fronte. “Ha tirato un urlo così forte che i vicini si sono svegliati, hanno chiamato la polizia e hanno accerchiato la casa.”
Il naso di Kelly fece un piccolo suono, mentre si teneva la mano premuta sulla bocca. Elizabeth le tirò un’occhiataccia.
“Ah!” Nicole fece un mezzo sorriso. “E sono pure riuscita a chiamare signora il giudice…”

“Martyna, ora mi diventi ridicola…” disse Olivier con un sorriso di sufficienza.
Martyna grugnì, prese una matita dalla scrivania e la spezzò sotto il naso del regista.
“Ascoltami bene tu, testa di niente, devo alleggerire la tensione! Non vedi che sotto Genere c’è scritto Comico? E questo capitolo è stato già abbastanza lacrimoso.”

“Che cosa?” Kelly non resistette più e scoppiò a ridere. “Ma dai! Non si può…”
“E invece sì” disse Nicole. “Insomma…aveva una voce un po’ acuta e la parrucca. E io non avevo osato guardarlo. Infatti mi sembrava strano…”
Kelly si asciugò una lacrima. “Non è possibile! Sei una sagoma, Nicole!”
Nicole fece un sorrisino. “Grazie!”
In quel momento la porta si aprì. Una guardia con un paio di baffi fece un passo nella cella.
“Nicole, giusto?” chiese indicandola. “Hai visite in parlatorio.”
La ragazza alzò un sopracciglio. Non si aspettava che i suoi la venissero a trovare tanto presto. Scese dal letto e seguì la guardia fino in parlatorio.
Ma al di là del vetro la aspettava una sorpresa.
“Nicole!” la salutò Falce di Luna.
Nicole si fermò, a bocca aperta. “Falce? Ma che ci fate qui?”
Sciacallo Famelico alitò sul vetro e disegnò una faccia sorridente, mentre Mente di Fuoco rispondeva:
“Ci siamo travestiti e siamo passati al penitenziario per vedere come stavate e se avevate un piano, ma i Dalton ci hanno detto che sei stata trasferita.”
“Avevano delle facce da far paura!” disse Aquila Scaltra.
“Averell non ha mangiato a pranzo” disse Sciacallo Famelico. Posò una mano sulla spalla di Falce di Luna. “Spero che non ti trasferiscano mai!”
“Joe ha detto che quando riescono a evadere vengono qui e ti liberano” informò Incubo Orribile.
Nicole puntò i gomiti sul tavolino. I Dalton…Le dispiaceva, ma Kelly e Elizabeth non avrebbero potuto rimpiazzarli, per quanto gentili fossero. Le sarebbero mancate le sfuriate di Joe.
Averell, poi. Sentì una forte stretta al cuore.
E se non lo avesse più rivisto, scontata la sua pena? A lei restavano sei anni e mezzo, a loro diverse centinaia. E se non fossero mai riusciti ad evadere? Andare a trovarlo in parlatorio non sarebbe stata la stessa cosa. E dubitava fortemente che, se avesse commesso un altro crimine, l’avrebbero riportata al penitenziario maschile.
Le lacrime le pizzicarono gli occhi e lei li spalancò. Non devo piangere, non devo piangere…
“Piangere fa bene, Nicole” disse Falce di Luna. Mise una mano sul vetro, come per accarezzarle una guancia. “Scarica la tensione. Tieni.”
Fece passare sotto il vetro una collanina con attaccato un dente. Nicole si asciugò gli occhi con la manica e la prese.
“Che cos’è?”
“Un dente di lupo” rispose l’indiana. “È un simbolo di coraggio per noi Braccia Rotte.”
Nicole osservò la collanina e se la mise al collo. “Grazie. È molto bella.”
Sobbalzò. Le era venuta un’idea.
Devo evadere di qui!

 

 


Ave, lettori! (La seconda liceo fa male…)
Niente, volevo scrivere due righe per salutarvi e fare due chiacchiere.
Il capitolo volevo postarlo in orario, ma non ho potuto perché sono partita per Brighton con la scuola e poi mi sono serviti un po’ di giorni per riassestarmi.
Oddio…è un po’ triste questo capitolo. E non sono nemmeno sicura di averlo scritto bene. Ma ho fatto del mio meglio! E vi assicuro che i prossimi saranno come al solito.
Solo questo. Beh, ora vi saluto e vi ringrazio per tutto il vostro sostegno!
MartynaQuodScripsiScripsi.
P.S. Se vi capitasse l’occasione di andare a Brighton, ANDATECI!

 

  
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