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Autore: mayamaya    21/09/2015    0 recensioni
Non ho mai scritto FF prima d'ora ma ho sognato questa storia e, seppur sia a tratti malinconica, ho pensato di condividerla con voi. Ogni commento, suggerimento o critica costruttiva è ben accetto. Grazie!
***
Sapeva chi c’era davanti a lui, ma non aveva la forza di alzare la testa. Le lacrime gli rigavano il volto e non voleva che lui lo vedesse in quello stato.
***
“Ho in mente una cosa per questa sera”
Disse Harry, sorridendo. Non c’era un’ombra di dubbio nella sua voce.
“Harry” mormorò esitante Louis.
“Andrà tutto bene”
***
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il management aveva colpito ancora, ma non era riuscito a fermare la confessione di Harry. L’avevano sentita tutti. Avevano udito ogni singola parola. Ventimila persone ora sapevano. Presto l’avrebbe saputo tutto il mondo. Forse, anzi, sicuramente, c’era qualcuno che aveva ripreso l’intero discorso.
Questa cosa dei video era un’arma a doppio taglio. A volte, i ragazzi sperimentavano durante i concerti. Se sbagliavano qualcosa, i video su youtube, instagram o vine non sarebbero tardati ad arrivare e a diffondersi a macchia d’olio. Perfetti e imbarazzanti promemoria. Incancellabili nello spazio e nel tempo.
Però, quando la sperimentazione andava bene, era tutto un altro paio di maniche. A Harry piaceva cambiare le note in alcune canzoni. Spesso e volentieri il risultato era ottimo. Di tanto in tanto, era così soddisfatto che spulciava furtivamente i video su instagram. Si riguardava all’infinito, sempre con un’espressione maliziosamente soddisfatta sul volto.
Poi c’erano i video delle cadute, degli scherzi, delle risate tra i ragazzi. Internet era pieno di memorie. Anche per questo ringraziavano i fan. Belle o brutte, quelle memorie erano parte della loro vita. Belle o brutte, erano state condivise per non cadere nel dimenticatoio.
Quella sera, invece, il video che sarebbe stato condiviso non avrebbe solamente testimoniato la tanto attesa confessione di Harry. Quel video avrebbe documentato il palese auto-sgambetto che si era fatto il management. Con un solo gesto avevano ammesso una serie di cose. Non approvavano questa storia. Avevano impedito di farle vedere la luce. E l’avevano fatto con tutti i mezzi a loro disposizione. Per dio, avevano appena interrotto un concerto, pur di salvaguardare i propri interessi. Se ne erano infischiati di ventimila persone che avevano pagato un biglietto per seguire dal vivo il concerto dei propri idoli.
Il business prima di tutto. Avrebbero trovato sicuramente una scusa per questa scenata non prevista. Ma quale sarebbe stata? Uno scherzo dei ragazzi? Magari sotto i fumi dell’alcol? No, si poteva fare di meglio. Sotto effetto di droghe, ecco. E l’ideatore sarebbe stato Louis. Perchè era distrutto dalla notizia che il bambino di Briana potesse non essere suo. Gli altri ragazzi sarebbero stati solo delle povere vittime.
Sì, poteva andare come scusa.
Ora dovevano solo trovare un modo di far riprendere il concerto, come se nulla fosse successo. Dovevano richiamare i ragazzi nel backstage.  Dovevano fargli un bel discorso. Cose del genere non sarebbero state più tollerate. Pena l’esclusione dal gruppo. Anzi, forse sarebbe stato più eclatante escludere Louis dopo questa serata. Certo. Era logico. Aveva minato la sicurezza psico-fisica del gruppo e andava allontanato al più presto.
Tutto d’un tratto, ci fu un suono stridulo che rimbombò in tutto lo stadio, ora blandamente illuminato da un centinaio di cellulari. La vista si era leggermente adattata all’oscurità e si potevano scorgere confusamente tre figure sul palco: Harry, nella stessa posizione in cui si trovava prima del blackout, Liam, in piedi, al centro del corridoio tra palco e pedana, e Louis, a pochi passi da Harry.
Nessuno riusciva a capire dove fosse finito Niall. Qualcuno se ne accorse e iniziò a fare passaparola. La preoccupazione cresceva. Seriamente, dov’era finito Niall? I ragazzi non sembravano preoccuparsene. Anzi, sembravano quasi sollevati, come se la sua scomparsa fosse stata già prevista. Sembravano in attesa.
Non era passato nemmeno un minuto quando si accesero sei luci, posizionate ad arco sul primo anello, e illuminarono lo stadio. Dopo una manciata di secondi, altre sei si accesero, ma sull’anello superiore. Poi quattro, sul palco. Quelle, però, non erano le luci installate per il concerto. Sembravano fari di emergenza. Sedici potenti luci. Bianco caldo.
Ancora una volta, il pubblico si fece sentire. Nessuno ci stava capendo più nulla. Nessuno aveva una spiegazione per quello che stava accadendo e ormai avevano perso ogni presunzione di aver intuito come sarebbe andata a finire. Che concerto! Che serata! Nessuno, di certo, se la sarebbe dimenticata.
C’era chi si era girato a chiedere spiegazioni. Chi rideva, chi urlava, chi piangeva. C’era chi si sentiva smarrito, chi non riusciva a stare fermo dall’agitazione o dall’eccitazione. Finalmente riuscivano a vederli di nuovo. Harry, Louis e Liam.
E ora anche Niall. Era corso vicino al backstage, accanto alla cassa dell’acqua e delle banane, per prendere il megafono che aveva fatto strategicamente mettere da parte a Josh. Sapeva che il management gli avrebbe tappato la bocca in qualche modo. Era soddisfatto di aver previsto la mossa del management ed essersi preparato con astuzia.
I microfoni sono controllabili dalla console audio. Un megafono no.
Con una corsetta agile e decisa, Niall raggiunse in fretta gli altri ragazzi. Passò il megafono a Harry, che lo accese immediatamente. Si sentì uno stridio, uguale a quello udito in precedenza, nel bel mezzo del blackout. Doveva essere stato Niall che si accertava del suo funzionamento.

“Uno, due, tre. Prova. Mi sentite?”

Harry aveva ritrovato la sua voce. Nello stadio si alzò l’ennesimo boato. Ora nessuno l’avrebbe più interrotto. Finalmente. Non ne poteva più di subire tarpature d’ali in ogni singolo istante della sua vita.

“MI SENTITE??”

Migliaia di voci, migliaia di luci colorate, migliaia di bandiere si levarono in cielo. Harry si fermò a osservare quella meraviglia. Perché non poteva essere sempre così? Perché non poteva essere sempre stato così, fin dall’inizio? Che avevano fatto di male per meritarsi quel trattamento?
Quando avevano iniziato il loro percorso, non erano dei ragazzi. Erano ancora bambini. Anime innocenti che ancora potevano essere plasmate. Si erano affidati a delle mani sapienti per essere scolpiti al meglio. Ma le mani appartenevano ad un corpo in possesso di una mente malefica e contorta. Erano diventati i burattini di Mangiafuoco. Un Mangiafuoco ancora più crudele e spietato. Erano cresciuti nel paese dei balocchi, che presto, anche troppo presto, si era trasformato un circo dell’orrore.
Erano finalmente riusciti a comprendere l’illusione. Erano pronti a tagliare tutti i fili che li muovevano. Erano pronti a lasciare i propri corpi di legno e diventare bambini veri. Erano pronti a crescere e diventare adulti. Erano pronti a vivere e sbagliare, ma a modo loro.

“Allora, dov’ero rimasto?” continuò Harry, riprendendo il discorso precedente “Ah sì, stavo proclamando il mio amore per questo ragazzo qui” disse, indicando Louis.

Harry abbassò lentamente il megafono. Guardò Louis intensamente, con tenerezza. Finalmente. Finalmente poteva guardarlo senza essere giudicato, senza fare attenzione a possibili paparazzi o fan appostati nei paraggi. Poteva guardarlo senza subire alcuna conseguenza. Poteva guardarlo come la prima volta che l’aveva visto nel backstage alle audizioni.
Louis cercava di non ridere. Era talmente felice che l’arco descritto dal suo sorriso pareva andare da un orecchio all’altro. Gli occhi erano socchiusi, parzialmente schiacciati dagli zigomi sollevati da quell’espressione estasiata. Si stavano guardando. Non riuscì a trattenersi. Gli scappò una risata. Non riusciva a contenere la felicità. Come poteva? Harry ci era riuscito. Ci erano riusciti. Cavolo, ci erano riusciti davvero.
Liam lo ammirò da vicino. Erano anni che non lo vedeva così genuinamente felice. Era anni che non lo vedeva scoppiare a ridere così sinceramente, per amore. Erano anni che non lo vedeva arrossire e cercare di coprire le sue emozioni con una mano davanti alla bocca. Erano anni che non vedeva il vero Louis.
Niall, dall’altro lato, aveva un’espressione soddisfatta, quasi compiaciuta. No, era decisamente compiaciuta. Il suo progetto scolastico era finalmente riuscito. Ce l’aveva fatta. Lui, il grande capitano, si trovava finalmente all’inaugurazione della sua nave. Stava salpando e, visto che non era diretta a nord, non avrebbe incontrato iceberg. La sua nave avrebbe spiccato il volo.
Stava fermo, con le braccia conserte e li ammirava, quasi a volersene vantare. Sì, l’ho fatta salpare io.

“Potrei parlarvi di tutto quello che abbiamo subito in questi anni, ma non lo farò. Non lo farò perché, a quel punto, darei importanza a chi non se la merita. E non voglio dare a nessuno questa soddisfazione. Ma voi l’avevate capito. Non avete mollato e avete aiutato noi a non mollare”

Harry, ad un passo da Louis, stese il braccio e si andò a prendere ciò che era suo. Louis, timidamente, allungò la mano verso quella del suo ragazzo e la strinse con decisione. Forse la presa era anche troppo potente, ma cavolo, non voleva lasciarlo più andare. Ora che era ufficiale. Ora che Harry era davvero tutto suo. Ora che tutti lo sapevano, non voleva lasciarlo andare nemmeno per un secondo.

“Ci siamo innamorati la prima volta che ci siamo visti. Abbiamo lottato con le unghie e con i denti. Non abbiamo mollato. Mai. Perchè l’amore vince. Sempre.”

Harry passò frettolosamente il megafono a Liam. Trascinò Louis verso di sè e lo avvolse in un immenso, potente abbraccio. Gli passò una mano sui capelli, la posò sul suo collo. Lo strinse forte, mentre appoggiava la sua guancia sulla sua testa. Entrambi avevano chiuso gli occhi. Aspettavano quel momento da chissà quanto.
Percepire il calore dell’altro, sentire il suo respiro accelerato, il suo dolce profumo. Sentire il suo cuore battere veloce, emozionato, quasi volesse uscire prepotentemente dal petto. Era passato davvero troppo tempo dall’ultima volta.
Louis, stretto nell’abbraccio, appariva ancora più timido e minuto. Si era fatto piccolo, piccolo. Voleva quasi scomparire in quell’abbraccio. Non voleva staccarsi, non voleva fare nient’altro. Fosse stato per lui, avrebbe fermato il tempo e non l’avrebbe fatto mai più ripartire.
Liam, tenendo precariamente il megafono tra le gambe, aveva cominciato ad applaudire, seguito a ruota da Niall e da tutte e trentamila le persone che li stavano guardando. Era maledettamente felice. Guardava Niall e insieme scoppiarono in una fragorosa risata. Mentre il pubblico continuava a gridare e festeggiare la lieta novella, Liam riprese in mano il megafono e scherzò.

“Gesù, ragazzi… prendetevi una stanza!”

Louis si piegò involontariamente all’indietro, ridendo. Harry lo richiamò a sé. Gli prese il volto tra le mani e appoggiò la sua fronte a quella del suo amato. Il naso al suo naso. Con un veloce movimento, alzò lievemente il mento di Louis e gli diede un bacio a stampo. Rapido e incredibilmente tenero. Bastò tanto a far perdere la testa alla folla.
Louis si raggomitolò sul petto di Harry, per qualche secondo, finchè non fu avvolto nuovamente dalle sue potenti braccia. Harry si era messo dietro di lui, con il mento appoggiato alla sua spalla, sorridente. Louis alzò le proprie braccia finchè non permise alle sue mani di agguantare i polsi di Harry. Rimasero così ad ascoltare il discorso di Liam e a fissare la magnificenza che si distendeva davanti ai loro occhi.

“Vorrei solo ringraziare alcune persone. Senza di loro non saremmo qui a parlare così tranquillamente e apertamente. Mamma, papà, grazie. Vi sarò eternamente grato per aver passato un intero pomeriggio della vostra vita a studiare come funzionano i generatori elettrici. Siete i migliori genitori sulla faccia della terra.”

Sì, perché erano stati loro, di soppiatto, a tirare i fili, collegare i fari e preparare i generatori. Ma, quello che ancora non sapeva e che avrebbe saputo solo a concerto terminato, era che i suoi genitori non ci erano riusciti da soli. Per quanto lo amassero e avrebbero fatto di tutto per vederlo felice, erano solo dei poveri “Flintstones di paese”, come li appellava scherzosamente lui, di tanto in tanto. Perché di tecnologia non ne conoscevano nemmeno le basi. Figurarsi di generatori elettrici.
Quel tardo pomeriggio, inaspettatamente, avevano incrociato il loro cammino con quello di addetti che non solo gli permisero di portare avanti quell’assurdo progetto. Ma li aiutarono. Quel pomeriggio servì anche a loro a capire di non fare di tutta l’erba un fascio. Gli servì a realizzare che il male stava in punta e che la piramide era costituita anche da persone disponibili e generose. Persone che erano cadute nello stesso macchinoso gioco in cui erano caduti i ragazzi e ne erano stati risucchiati.

“Vorrei ringraziare chi ci ha supportato sempre e comunque. Noi continueremo a fare musica, lo prometto. Non so come proseguiranno le nostre vite, ora che… beh, è successo questo. Ma noi ci saremo. Niall, vuoi dire qualcosa?”

Niall prese il megafono tra le mani e si schiarì la voce.

“Ragazzi, ci sarebbero tante cose che vorrei dire, ma son talmente tante che mi limiterei a dire grazie. Grazie a tutti coloro che ci seguono, che ci hanno seguito e che ci seguiranno. Grazie a chi ci sta vicino, anche da lontano. Grazie a chiunque ci ami. Vi amiamo anche noi.”

I ragazzi si guardarono soddisfatti. E ora? No, seriamente, e ora? Il concerto non era terminato. Mancavano ancora due canzoni. Una l’avevano lasciata indietro di proposito, l’altra era la loro canzone di chiusura. Durante tutto il discorso, le luci ufficiali non si erano ancora riaccese. Gli schermi erano ancora neri e i microfoni erano sicuramente spenti, anche se nessuno li aveva più provati.
Niall si riportò il megafono davanti alla bocca.

“Avremmo un concerto da finire, se non vi dispiace”

Riprese, sarcasticamente, rivolgendosi con gli occhi al cielo e con la mente al management.

“Ho detto… AVREMMO UN CONCERTO DA FINIRE, SE NON VI DISPIACE.”

Il management, pardon, i vertici del management non volevano arrendersi. Non ce la facevano proprio. Erano stati battuti e ancora non la volevano dare vinta. La testardaggine che risiedeva in ognuno di loro non aveva confini né pudore. Non lo accettavano. Non accettavano di non aver avuto un piano A, B, C o D come contrattacco. Erano fieri delle loro regole e delle loro direttive. Pensavano che il regime di terrore fosse bastato. Non ci avevano nemmeno provato ad immaginare una rivolta.
E ora che li avevano esposti alla luce del sole, erano i cattivi. E i cattivi, nelle fiabe, non fanno mai una buona fine. Se si ricredono prima dell’ultima pagina, magari non fanno una fine molto brutta. Ma vincere, quello non succede mai.
Avevano perso e, più tempo avrebbero impiegato ad ammetterlo, più si sarebbero scavati una fossa larga e bella profonda. Avevano perso e dovevano accettarlo. Possibilmente subito, per limitare i danni.
Come per magia, venne riacceso e ripristinato ogni impianto, sotto lo sguardo compiaciuto di tutti.

“Ringrazio sentitamente” ironizzò Niall, esagerando con un inchino settecentesco.

I ragazzi ripresero in mano i microfoni. Funzionavano tutti. Andarono a sedersi sulla pedana. Le posizioni erano cambiate. Niall era sempre seduto sul ponte centrale con la sua chitarra e il microfono ad arco, ma ora Louis sedeva al centro della pedana sottostante, con lo sguardo rivolto verso il centro dello stadio. Accanto a lui c’erano Liam, alla sua destra, e Harry, dalla parte opposta.
Harry teneva il microfono con la mano sinistra. La mano destra era andata a riprendersi la mano di Louis e ora poggiavano delicatamente, intrecciate, sopra la sua coscia.
Liam prese la parola, guardando Harry e Louis.

“Signore e signori, per la prima volta come era stata pensata… questa è Little Things.”

 
Your hand fits in mine
Like it's made just for me
But bear this in mind
It was meant to be
And I'm joining up the dots
With the freckles on your cheeks
And it all makes sense to me...

Quante cose avrebbero potuto fare? Quante cose avrebbero potuto concedersi d’ora in avanti? Quale sarebbe stata la prima cosa che avrebbero fatto insieme? Louis non smetteva di pensarci, non smetteva di immaginare il loro futuro insieme. Non riusciva proprio a smettere di sorridere. Non voleva più smettere di sorridere.
Lo guardava e sorrideva. Harry era tutto quello che aveva sempre voluto. Il desiderio di fama era completamente svanito la mattina che l’aveva baciato per la prima volta. Quel giorno aveva capito una cosa molto più importante: nella vita voleva essere amato, non ricoperto di denaro.
Quel giorno aveva capito cos’era davvero importante.

 
I know you've never loved
The crinkles by your eyes
When you smile you've never loved
Your stomach or your thighs
The dimples in your back
At the bottom of your spine
But I'll love them endlessly

Harry carezzava con il pollice la mano di Louis mentre cantava. Ce l’aveva davvero fatta. L’adrenalina scorreva prepotente nelle sue vene. Non riusciva a trattenersi nemmeno mentre cantava. Se qualcuno avesse voluto chiudere gli occhi e ascoltare la canzone, sarebbe riuscito a cogliere, al primo colpo, i momenti in cui Harry guardava Louis. Sì, perché mentre lo osservava, la sua voce cambiava, modificata dalla sua espressione.
Non c’era nulla da fare. In questo, nessuno di loro era bravo. Nessuno era bravo a provare un’emozione e nasconderla cantando. Era uno dei motivi per cui erano diventati così popolari. Quando cantavano si vedeva la loro emotività. Si potevano leggere tutte le loro emozioni, le loro paure, le loro gioie.
Quando cantavano, soprattutto ai concerti, lo facevano con il cuore. Sempre e comunque.

 
I won't let these little things
Slip out of my mouth
But if I do
It's you, oh it's you
They add up to
I'm in love with you
And all these little things

Quella canzone parlava di Loro. Parlava della loro vita, quando ancora non era troppo condizionata dal management o nascosta al pubblico. Parlava dei loro riti mattutini, delle loro serate, dei loro difetti e dei loro pregi. Parlava della vita che avrebbero voluto avere, della vita che gli era stata negata.
Ed era riuscito a donare a Harry e Louis quello che gli era stato tolto. Era riuscito a creare una manciata di minuti in cui, se chiudevano gli occhi, quella vita l’avrebbero potuta vivere. Almeno per un po’.
Tutte quelle azioni quotidiane, così semplici, quasi banali per chiunque altro, narrate in un modo così dolce, erano state la loro ancora. Bastava chiudere gli occhi e le azioni sarebbero diventate ricordi. Si sarebbero magicamente trasformate in vita vissuta. Ogni sera, sul palco, gli bastava chiudere gli occhi per un secondo, per rendere tutto reale.

 
You can't go to bed
Without a cup of tea
And maybe that's the reason
That you talk in your sleep
And all those conversations
Are the secrets that I keep
Though it makes no sense to me

Ma quella sera non serviva. Quella sera, non c’era necessità di chiudere gli occhi e sognare. Da quel momento in avanti avrebbero potuto vivere tutti i sogni e le speranze che avevano coltivato negli ultimi anni. Da quella sera si sarebbero abbracciati, si sarebbero amati alla luce del sole.
Da quella sera, Louis avrebbe potuto portare il tè caldo a Harry, senza paura di nulla o di nessuno. Quella stessa sera, Harry l’avrebbe obbligato a cantare qualcosa, nel privato della loro stanza e l’avrebbe segretamente registrato, con un  piccolo microfono sotto il cuscino, perché adorava quella sua dolce, quasi malinconica, inflessione che percepiva mentre Louis cantava.

 
I know you've never loved
The sound of your voice on tape
You never want
To know how much you weigh
You still have to squeeze
Into your jeans
But you're perfect to me

Il futuro era un libro bianco, pronto per essere scritto. Quella sera avevano ricevuto pennarelli, pastelli, penne, foto, disegni. Ora avevano tutti i mezzi per prenderlo tra le mani e riempirlo di storie. Avevano tutte le pagine che volevano per raccontare le loro avventure. Le prese in giro scherzose, le coccole e, perché no, anche le litigate e il loro modo di far pace.
Avrebbero potuto scrivere e progettare il loro futuro. Cavolo, come sarebbe stato il loro futuro? Avevano sempre sperato di avere dei bambini. Entrambi adoravano i bambini. Tanto quanto Simon amava i cani. Erano affascinati dai bambini. C’era chi scommetteva che sarebbero stati capaci di rubare tutti quelli che incontravano, per crescerli a casa loro. La prima sarebbe stata Lux. Oh, povera Lux. Una volta ci avevano provato a portarsela via, ma Lou gli aveva fatto un cazziatone non indifferente.

“Siete gli zii. Punto. Harry, non puoi impossessarti dei figli degli altri. No, nemmeno in prestito. Mia figlia non è un libro della biblioteca. No, Harry. Non te la lascio. Harry! La puoi vedere quando vuoi. Harry, è MIA figlia, non se ne parla.”

 
I won't let these little things
Slip out of my mouth
But if it's true
It's you, it's you
They add up to
I'm in love with you
And all these little things

Erano così colmi d’amore che non vedevano l’ora di diffonderlo ovunque. Il virus più bello del mondo. Che bello sarebbe contagiare le persone d’amore. Perchè il mondo non poteva andare così? Perchè le cose brutte si potevano trasmettere così facilmente ma l’amore no?
Se l’amore fosse stato un virus, avrebbero potuto cambiare l’idea del management anni fa. Ma forse è quello il punto, l’amore va cercato, studiato, voluto. Se l’amore fosse una cosa banale, non sarebbe più visto come un sentimento così pregiato e fragile.
L’amore, forse, non è per tutti. L’amore non si ha. L’amore nasce e cresce dentro. Può nascere anche nel cuore più malconcio e maltrattato. Ma va curato. Può nascere in tutti i cuori, ma sbocciare in molti meno.

 
You'll never love yourself
Half as much as I love you
And you'll never treat yourself
Right darlin' but I want you to
If I let you know
I'm here for you
Maybe you'll love yourself
Like I love you, oh

I cuori di Louis e Harry erano terreni fertili. Avevano accolto quella scintilla lanciata dagli occhi di uno nel cuore dell’altro e l’avevano conservata e protetta. Non l’avevano lasciata morire per un attimo. Quel sentimento, che cresceva dentro di loro, giorno dopo giorno, aveva dovuto sopportare tempeste, grandinate, veleni, siccità. Ma non era mai morto, non era mai stato annientato. Non era mai regredito.
Quel sentimento era germogliato e, a differenza di parole, sguardi e gesti, non poteva essere domato. Nemmeno dai loro stessi detentori. Quell’amore era più grande di loro e aveva capito, con largo anticipo, che avrebbe dovuto prenderli tra le sue braccia e cullarli. Non si era mai arreso. L’amore non si arrende mai. L’amore vince.
Lo sa bene cupido, che ci campa con ‘sta storia. Aveva colpito quei due con sguardo beffardo. Aveva visto il futuro e aveva sogghignato. Sarà complicato. No, sarà un totale casino. Ma ci aveva visto lungo. Harry e Louis si completavano. Erano due metà della stessa mela. Cupido aveva scoccato una delle sue frecce pregiate, perchè sapeva. Quella volta non si era divertito. Quella volta aveva lanciato una delle sue frecce d’oro. E lui, le frecce d’oro, non le sprecava per amori banali.

 
I've just let these little things
Slip out of my mouth
'Cause it's you, oh  it's you
It's you they add up to
And I'm in love with you
And all these little things

Harry si era alzato in piedi e aveva fatto segno a Louis che voleva stare in braccio a lui. Era solito farlo anche quando vivevano assieme, anni prima. Pretendeva di stare sulle gambe di Louis, nonostante fosse quello più alto e più pesante. Ci teneva alla sua posizione di cucchiaio piccolo. Non ci avrebbe rinunciato per nulla al mondo.
Harry era un cucciolo di alano abituato a stare sulle gambe del padrone, che pretendeva di farlo anche una volta raggiunta l’età e la stazza adulta. Non ce la faceva proprio. Adorava abbracciare Louis, ma amava ancora di più farsi abbracciare. Ogni volta, sul divano, continuava a scomodarlo e accucciarsi tra le sue gambe o sopra le sue cosce.
E così fece. Mentre cantava, con un amorevole sorriso e occhi da cerbiatto, aveva convinto Louis a fargli spazio e si era seduto tra le sue gambe. Subito Louis lo aveva accolto tra le sue braccia, senza nemmeno pensarci. Gli veniva così naturale. Era persino estasiato dal fatto che gli venisse così naturale.

 
I won't let these little things
Slip out of my mouth
But if it's true
It's you, It's you
They add up to

La canzone era quasi conclusa. Di solito l’ultima parte la lasciavano cantare al pubblico. Questo era il concerto delle sorprese, però. E Harry non vedeva l’ora di poterlo urlare al mondo. Non vedeva l’ora di dirlo chiaramente. Alcune volte, ai concerti, aveva cambiato le parole. Qualcuno se n’era accorto. Anche il management, che ogni volta lo riprendeva e gli intimava di smetterla. Ma quella sera, il palco e il microfono erano tutti suoi.

“Questa è mia!”

 
I'm in love with LOU
And all HIS little things

Louis gli strinse le braccia al collo. Rimaserò per qualche secondo abbracciati, con gli occhi chiusi, mentre lo stadio attorno a loro esplodeva dall’entusiasmo. Si dissero quello che da troppo tempo non erano riusciti a dirsi, nemmeno da lontano.

“Ti amo”

“Ti amo”

“No, caro, io ti amo”

“No, sciocco, io ti amo”

“Dio, quanto siamo sdolcinati”

“Oh, stai zitto, Louis!”

Saltarono nuovamente in piedi. Era ora di chiudere in bellezza il concerto. Era ora di andare avanti e iniziare la loro nuova vita. Mancava una sola canzone: Best Song Ever.
La chiusura fu spettacolare, secondo programma. Fuochi d’artificio, luci colorate e impazzite, fan in delirio. Era tutto davvero perfetto. Sembrava un sogno, ma era realtà. Era la loro nuova realtà. Chiusero in bellezza, con la leggerezza nel cuore, la felicità negli occhi e la sicurezza di un futuro migliore.
Corsero tutti, come al solito, verso il backstage, verso la libertà. Harry uscì da un lato, Louis dall’altro. Si ritrovarono dietro al tendone nero. Il famoso tendone dove tutto era cominciato, quella stessa mattina. Si avvicinarono l’uno all’altro e si fissarono, per un attimo, negli occhi.

"Now kiss me, you fool!"
   
 
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