Film > Star Wars
Segui la storia  |       
Autore: Leysarya    21/09/2015    1 recensioni
«Che succede?» chiede la mia amica, non consapevole di ciò che sta accadendo poiché molto occupata a pilotare il veicolo, ma sembra anche lei turbata da qualcosa.
«Le comunicazioni hanno smesso di funzionare. Siamo tagliate fuori, dovremo aspettare di arrivare a Coruscant per riportare al consiglio ciò che è accaduto.» Rispondo dandole le spalle.
«Vie-Gan vieni qua, c’è un altro problema, forse più grave.»
«Definisci “più grave”» e avvicinandomi capisco cosa intende. La mappa è scomparsa, le coordinate anche. Non sappiamo più in che zona siamo e non possiamo di certo tornare su Pria III. Anche se potessimo in ogni caso non sarebbe la mia prima scelta, l’ambiente è umido e poco ospitale, benché la popolazione non sia così male, ma è pure poco sviluppato dal punto di vista tecnologico, e non troveremmo di certo lì la soluzione ai nostri problemi.
«Dobbiamo tentare un atterraggio di emergenza sul primo pianeta che troviamo»
«Ma siamo lontani dai territori della Repubblica» dice ingenuamente lei.
«Non credo che quei Cloni siano stati mandati da qualche altra organizzazione, potrebbe essere sia la nostra fortuna che la nostra sfortuna trovarci così lontani. Possiamo solo tentare.»
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Qui-gon, Un po' tutti, Yoda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Avrei potuto ridurre a questo la descrizione della giornata successiva: mi ero alzata dal letto, mi ero vestita, avevo fatto un po’ di ginnastica, avevo fatto colazione, ero andata al tempio Jedi nel cortile d’addestramento e mi ero seduta su una panchina a meditare in attesa della morte.
Non erano passate neanche quarantotto ore dalla mia prima missione, che si era rivelata più stressante di quanto mi aspettassi, anzi piuttosto… be’, esplosiva. Quindi avevo a stento avuto un giorno e una notte per riprendermi, mentre il Maestro Myrasu aveva già fissato per me le date degli allenamenti. Gli orari, cioè, dato che come “data” si intendeva tutti i giorni.
 «Sei troppo incostante, la pratica ti temprerà» diceva.
 “La pratica mi ucciderà” avrei voluto ribattere.
Non credevo che tutti i Padawan avessero la fortuna di essere stati scelti da un Maestro così attento alla loro formazione. Il Maestro Myrasu mi stava così tanto con il fiato sul collo perché non si fidava di me e del mio senso di obbedienza. Probabilmente gli altri si limitavano a ordinare ai loro allievi di fare qualche piegamento e di provare le nuove tecniche con la spada per poi voltare i tacchi e andarsene a sbrigare le proprie faccende, confidando nel fatto che i Padawan avrebbero svolto il loro compito, o almeno ci avrebbero provato.
Io invece ero sempre stata l’alunna più svogliata della Galassia. Non facevo mai i compiti che il maestro Yoda assegnava a noi Younglings, e quando arrivava il momento di esercitarci abbassavo la spada e mi sgranchivo le braccia ogni volta che si voltava. Però cercavo di fare la faccia interessata alle spiegazioni, quando non tenevo la testa appoggiata sul banco. Mi ero pentita di essere stata sempre così disattenta, ovviamente. Principalmente perché dovevo recuperare tutto adesso.
Mentre aspettavo, cercai di non riflettere sulle ore di sofferenza che mi attendevano e pensai invece a Vie-Gan. Quel giorno era previsto il ritorno del maestro Jinn da Naboo, e ogni volta che qualcuno accennava qualcosa in proposito lei sussultava o in qualche modo si innervosiva. Insomma, a me sembrava piuttosto inutile essere così tesi per qualcosa e far finta di niente anche se la verità era ovvia per chiunque. Io al contrario accettavo la mia incapacità di essere imperturbabile, anche se spesso mi rimproveravo di non lavorarci abbastanza.
Ero molto assorta, dopo almeno una decina di minuti passati a evocare conversazioni immaginarie con Vie-Gan, quando lei all’improvviso apparve da una porta a lato del cortile. Indossava una semplice tunica di un colore neutro e aveva i capelli legati tutti insieme in una coda alta. Venne verso di me con passo marziale, la spada al fianco, decisa e al contempo tranquilla, un accostamento che forse solo i cavalieri Jedi potevano raggiungere.
Mi ero più che distratta a pensare di averla davanti, perciò quando fu abbastanza vicina esclamai: «Eccoti, finalmente!»
Lei non si fermò, continuando a camminare finché non mi fu quasi di fronte, ma sembrava leggermente alterata.
 «“Finalmente”? Non mi risultava che fossi stata informata del nostro allenamento.»
Un attimo. “Nostro”?
 «Eh… no, infatti no. Ma l’ho immaginato» mentii. Non sapevo se l’avessi fatto per fare una buona impressione o perché non volevo ammettere di essere così sbadata, in ogni caso lei non se l’era sicuramente bevuta.
 «Dov’è il tuo Maestro?» mi chiese, guardandosi attorno e portando una mano alla cintura a cui teneva appesa la spada – gesto che mi parve di cattivo auspicio.
 «Non lo so, e il tuo?» replicai banalmente.
 “Quella la userai contro di me?” fu ciò che mi trattenni dal dire.
 «Il maestro Carrick mi lascia allenare da sola» disse Vie-Gan con semplicità e freddezza «abbiamo stili di combattimento troppo diversi.»
Annuii, di nuovo incapace di dire ciò che pensavo veramente.
 «Bene, allora, come va?» le domandai.
Vie-Gan non rispose, mi guardò soltanto. Io, a disagio, ripetei la domanda, ma non arrivai neanche alla fine della frase.
  «Cosa fai di solito?»
  «In che senso? Combino guai, se è questo che intendi.»
  «Quando ti alleni» rettificò lei, con appena un’ombra di esasperazione sul viso.
Avevo fiutato il pericolo ancora prima di averne la conferma, ma come al solito non avevo badato ad ascoltare il mio istinto.
Di sicuro tutto era parte di un complotto per uccidermi. Io usavo la spada come una ragazzina, non potevo competere con Vie-Gan. Faticavo persino a seguire con l’attenzione i suoi movimenti!
Cosa avrei dovuto risponderle?
 «Cose normali, insomma. Esercizi, simulazioni di combattimento contro i droidi…»
Stavo per rassegnarmi al fatto che ero destinata a essere ridotta a spezzatino, quando il Maestro Myrasu si fece vivo. Fui stranamente felice di vederlo.
 «Buongiorno, Maestro!» esclamai, alzandomi in piedi e facendo un breve inchino.
 «Buongiorno, Maestro Myrasu» mi fece eco Vie-Gan, educata e composta.
Il maestro ricambiò il saluto e con un cenno mi invitò a restare in piedi.
 «Mi auguro che siate cariche per l’allenamento di oggi» ci disse «Ana-Rei, ti senti pronta?»
Risposi con un eloquente sguardo che chiedeva soccorso. Ma si rivolgeva alla persona sbagliata.
 «Senza dubbio avere davanti agli occhi il buon esempio di Vie-Gan ti farà bene. Per oggi farai da sola: hai la tua spada? Ottimo, lo immaginavo. Solo un paio di indicazioni: non m’interessano i progressi tecnici o l’energia dei colpi, devi solo badare a rimanere concentrata e a percepire ogni movimento del tuo avversario. Voglio che questo pomeriggio tu venga a dirmi che ci sei riuscita. Intesi?»
Per il maestro Myrasu non esistevano punizioni: ogni sudata era una punizione sufficiente. E quello che prendeva il posto delle lodi o delle sgridate erano i suoi commenti, puntuali come il sorgere di un sole, che scavalcavano qualsiasi cosa e arrivavano in qualunque momento di qualunque occasione. Il Maestro mi rimproverava quando ero insolente, distratta o esuberante, ma quasi mai quando non riuscivo a eseguire un esercizio come mi veniva richiesto. Forse vedeva la differenza, e si accorgeva che almeno ogni tanto nel secondo caso mi impegnavo sul serio.
Così eseguii il comando, ed estrassi la spada laser.
Mi resi conto che doveva essere la prima volta che ero meno felice di vedere Vie-Gan di quanto lei fosse felice di vedere me.
Decisi che per dare il meglio assoluto non dovevo pensare a quanto lei fosse superiore a me. Respirai profondamente e chiusi gli occhi per concentrarmi più facilmente. Esplorai mentalmente tutti i muscoli del mio corpo, per essere consapevole del loro funzionamento, e del fatto di essere perfettamente reattiva a ogni avvenimento esterno.
D’un tratto udii una vibrazione e un ronzio, proprio di fronte a me: Vie-Gan aveva acceso la spada. Dapprima mi sentii intimorita e il mio battito cardiaco accelerò, ma poi strinsi la mascella e riportai all’obbedienza il mio sistema nervoso, che era fin troppo nervoso.
Volevo a tutti i costi imparare ad auto controllarmi. Una volta raggiunto quel traguardo, avrei sopportato qualunque altra mancanza da parte mia. Avrei accettato di essere una spadaccina mediocre, se non pessima, una ragazza pasticciona e irritante e disastrosa in qualsiasi altra cosa, ma volevo avere la sensazione di avere il comando su me stessa.
Aprii gli occhi e il mondo riapparve attorno a me. Vie-Gan era nella stessa posizione in cui me l’ero figurata mentalmente: a circa due metri da me, più o meno al centro della piccola arena di cemento, la spada tenuta a sinistra del torace, l’elsa stretta con entrambe le mani. Sentivo che il suo corpo, all’apparenza rilassato, era pronto all’azione e si sarebbe attivato come una macchina da guerra nel momento in cui avessi manifestato l’intenzione di attaccare. Sì, era chiaro che volesse che io attaccassi per prima.
Accesi la mia spada, senza smettere di concentrarmi su Vie-Gan. Il suo viso si era impercettibilmente rilassato, per chissà quale motivo. La rendeva felice la possibilità di farmi a fette senza rimorsi di coscienza? Possibile.
Non volevo perdere altro tempo.
Iniziai con una delle figure più complesse che conoscevo, un movimento che già padroneggiavo che consisteva in un una finta per attaccare di lato. Non mi fermai lì: decisi di continuare con una serie di attacchi a catena, senza raggiungere una velocità estrema ma senza portarli a segno senza che fossero eseguiti perfettamente. Non avevo mai combattuto con tanto impegno e concentrazione, senza preoccuparmi di sbagliare, di non dosare bene la forza, senza che qualunque altra cosa al mondo mi distraesse.
Fui sorpresa di accorgermi che per i primi minuti Vie-Gan teneva il mio ritmo, non soltanto parando i miei attacchi, ma anche anticipando le mie mosse per mettermi in difficoltà e costringermi a trovare un’apertura alternativa. Non solo era forte e rapida, ma aveva anche una mente profondamente analitica.
 «Va bene, ma puoi fare di meglio» mi disse con sorprendente gentilezza.
Ne fui onorata, e lo presi come un grande incentivo a impegnarmi di più. Eppure mi resi presto conto che non era possibile accontentarla. No, forse a Vie-Gan non era chiara la situazione: io non avevo mai fatto di meglio.
E avrei voluto spiegarglielo, ma quello non era il momento giusto per discutere. Furono gli istanti in cui la mia avversaria decise di iniziare a combattere sul serio.
La prima cosa che fece fu rallentare, poi allontanarsi e guardarmi negli occhi, come da avvertimento.
 «Concentrati» mi disse. Quindi iniziò ad attaccare.
Era più lenta di quanto avrebbe voluto, lo sentivo, ma sulla forza non si risparmiava.
Ogni colpo che paravo lo sentivo vibrare nelle ossa, persino dentro le orecchie, fin quasi a stordirmi. Non riconoscevo quasi nessuna delle figure che io avevo imparato, magari perché lo stile era diverso, o perché lei con l’abilità ne aveva sviluppato uno tutto suo.
Il suo ritmo non era impossibile da reggere come mi aspettavo: difficile sì, lo era. Vie-Gan tendeva a stare molto più aperta nel combattimento, l’esatto contrario del suo carattere, e mi costringeva a sequenze di movimenti a cui non ero abituata per proteggere parti del mio corpo a cui non credevo che nessuno avrebbe mai mirato.
Combatteva come se lei e la sua spada fossero non un essere vivente ma una gigantesca molla pronta a scattare in qualunque direzione.
Eppure più il duello proseguiva, più mi rendevo conto di non essere poi così svantaggiata. Usare la spada laser al suo livello non era qualcosa di impossibile. Mano a mano che l’automatismo si innescava riuscivo a concentrarmi abbastanza da vedere l’ombra dei calcoli dietro le sue mosse. I gesti di Vie-Gan divennero più chiari nella mia mente: iniziai a imparare il suo modo di menare fendenti, fare affondi, roteare la spada, schivare i colpi e ruotare il busto per colpire. Erano movimenti che avrei potuto anticipare, ma anche imitare, per rafforzare i miei attacchi. Fu quello che feci: il risultato non fu certo immediatamente positivo, per una serie di motivi. Prima di tutto, ero stanca morta, e i miei arti ormai non rispondevano più ai miei comandi. Seconda cosa, mi sembrava che in confronto alla mia avversaria le mie articolazioni fossero pezzi di legno, i miei muscoli gelatina e il mio cervello un cumulo di segatura. Terza cosa, ci voleva concentrazione per migliorare ancora, ed era inevitabile che qualche aspetto venisse trascurato, rendendomi vulnerabile agli attacchi di Vie-Gan, divenuti fin troppo disinvolti.
Lei poco dopo fermò il combattimento, appena prima che iniziassero a tremarmi le gambe.
 «Fermiamoci. Facciamo qualche minuto di pausa per meditare e riposare i muscoli» disse dopo essere arretrata e avere spento la spada laser.
Annuii, ansimando, e premetti il pulsante sull’impugnatura che fece ritrarre la lama. La presenza di Vie-Gan frenava il mio irrefrenabile istinto di gettarmi a terra per la stanchezza. Il combattimento era stato lungo e molto più intenso rispetto a quelli a cui ero abituata.
Volevo ringraziarla, o se non altro dire qualcosa, ma ogni volta che mi preparavo a parlare, inspirando, subito mi sentivo mancare il fiato.
Mi trattenni tra l’altro dal chiederle quanto sarebbe durato il resto dell’allenamento, ma forse neanche lei ne aveva idea. Ero allo sbando, e quest’idea mi inquietava non poco. Avrei resistito per un altro combattimento come quello? Sarei crollata a terra implorando pietà? Mi sarei fatta decapitare, infilzare o affettare per sbaglio?
Iniziai a sentirmi anche un po’ dispiaciuta, per il fatto che in qualche modo con la mia incapacità costringevo Vie-Gan a farmi da balia e magari a dosare la sua abilità in un esercizio noioso che non le sarebbe stato affatto utile.
Insomma, era palese che i nostri maestri sarebbero stati felici se noi fossimo diventate più affiatate, e nessuno più di me avrebbe potuto entusiasmarsene. Eppure fin dall’inizio non sapevo se Vie-Gan era d’accordo. Mi dicevo che, anche se non esprimeva direttamente il suo punto di vista, il suo stato d’animo filtrava ugualmente attraverso la sua compostezza. Però insomma, che motivi c’erano perché lei potesse non detestarmi?
Il sole era già alto quando finimmo di combattere e i nostri maestri ci raggiunsero. Ebbi la conferma dei miei dubbi quando, immediatamente dopo aver abbassato la spada, Vie-Gan si rabbuiò di nuovo. In seguito, si mise in disparte a confabulare di malavoglia con il suo maestro, per neanche un minuto, poi si chiuse in un granitico silenzio.
Vie-Gan era riuscita nell’impossibile missione di avvilirmi. Un vero record! Non mi ero mai sentita così abbattuta in tutta la mia vita, dai tempi in cui ero una Youngling.
Al maestro Myrasu questo non sfuggì. Mi si avvicinò e mi diede una pacca su una spalla.
 «Ti vedo esausta. La giovane Vie-Gan ti ha dato del filo da torcere?»
 «Eccome» mugugnai. Capii dal suo sguardo insistente che il maestro voleva che fossi più precisa.
 «Ma ritengo di aver fatto dei progressi» aggiunsi stancamente «e sono certa che lei non abbia fatto del suo meglio.»
 «Oh, sì che lo ha fatto. Per aiutare te. Né io né Carrick nutrivamo grandi speranze sul fatto che sareste rimaste insieme per tutta la mattina.»
Non dissi nulla. Ero troppo confusa. Vie-Gan si comportava in modo decisamente incongruente! Al dolore muscolare si stava sommando anche il mal di testa.
Myrasu si avvicinò all’altra coppia, ed io gli venni dietro, camminando lentamente.
 «Adesso ci congederemmo, se a voi non dispiace» disse Carrick, con la sua solita, serafica calma.
Vie-Gan disse qualcosa a bassa voce che non riuscii a capire.
 «Molto bene. Io verrò a informarmi dai Maestri del Consiglio dell’esito della missione del Maestro Qui-Gon, ci rivedremo stasera stessa in tale occasione, suppongo.»
 «Adesso possiamo andare?» ribadì Vie-Gan con enfasi.
Bene, c’era qualcosa che non andava con il maestro Jinn, era evidente, ma mi sarei fatta impiantare la testa di un droide al posto della mia piuttosto che andare a domandarlo direttamente alla mia nuova… collega.
I due Maestri si trattennero ancora un paio di minuti a parlottare, e in quel tempo io mi avvicinai lentamente a Vie-Gan.
 «Grazie per stamattina. Davvero. Non so che altro dire…» esordii con sincerità.
Lei alzò le spalle, e con quel movimento si sciolse un po’, cosa che mi rincuorò.
 «Tu stai bene?» le feci quella domanda subito dopo, diretta, di slancio.
Vie-Gan parse un po’ sorpresa, e rispose con quella che sembrava molta cautela.
 «Presto andrà meglio, si spera.»
Era una relativa buona notizia. Le sorrisi.
 
Durante il pomeriggio avrei dovuto portarmi avanti con lo studio della teoria – quel giorno mi toccava Geografia Galattica – ed esercizi di meditazione, ma ero così stanca dal combattimento del mattino che una volta trovata una superficie orizzontale non semovente mi ci addormentai sopra.
Il Maestro Myrasu mi svegliò che era quasi sera, piuttosto arrabbiato, e continuò a inveire contro di me perché non poteva mai lasciarmi sola e se avessi continuato in quel modo non avrei mai superato il test per diventare Cavaliere Jedi.
 «Lo so, Maestro» mormorai.
 «Allora è il caso di fare qualcosa per impegnarti. Non ho intenzione di rimandarti ad Alderaan, Ana-Rei, sappilo.»
Lo sapevo, eccome. Il Maestro Myrasu era ancora l’unico che, misteriosamente, aveva una qualche forma di fiducia in me.
 «Il Consiglio ha già ricevuto un messaggio da Qui-Gon e Obi-Wan, che sono sulla via del ritorno. A quest’ora saranno già entrati nell’atmosfera di Coruscant: se vogliamo raggiungerli prima che facciano rapporto dobbiamo sbrigarci.»
Mi chiesi perché diamine dovessimo farlo, ma non obiettai e mi rassettai i capelli e i vestiti. Ero troppo curiosa di sapere di più su quella storia, ed ero pressoché certa che Vie-Gan fosse coinvolta e perciò sarebbe stata presente.
Dalle finestre del Tempio vidi i grattacieli avvolti da una luce rosso-dorata e mi sentii un po’ a disagio pensando a tutto il tempo che avevo perso dormendo. In compenso mi sentivo molto più ristorata.
Le mie supposizioni erano giuste: Vie-Gan attendeva già, da sola, sulla piattaforma di atterraggio. Il suo sguardo si perdeva tra le vie aeree di Coruscant, gremite di droidi e astronavi luccicanti di piccole e medie dimensioni.
La raggiunsi senza fretta. Fui lì e non dovetti aspettare molto prima che una delle più grandi tra le astronavi che solcavano il cielo sopra di noi virasse nella nostra direzione e iniziasse la manovra per l’atterraggio.
 «Ecco» mormorai. Vie-Gan continuava a giocherellare con quel guanto dalla forma assurda: i movimenti delle sue dita erano quasi frenetici, e mi sembrava quasi di percepire la tensione nervosa di tutto il suo corpo.
Ne fui condizionata e gli istanti che trascorsero prima che il portello dell’astronave finalmente si aprisse mi parvero infiniti. Uno dopo l’altro, i passeggeri scesero dal mezzo. Conoscevo di vista i due Jedi, ma tutti gli altri erano degli sconosciuti per me. E insieme alle sue ancelle c’era persino la regina Amidala, sovrana di Naboo! Il suo abbigliamento decisamente appariscente era inconfondibile.
Notai anche la presenza di un bambino, di circa dieci anni, aggregato al gruppo di persone (quasi esclusivamente umani, insieme a un droide astromeccanico e a una strana creatura bipede dall’aria poco intelligente).
 «Che ci fa quel marmocchio lì?» domandai, in modo che solo Vie-Gan avrebbe potuto sentirmi, ma credo che per uno strano motivo il mondo intero avesse all’improvviso smesso di interessarle.
Tutta l’ansia degli ultimi giorni le si era concentrata in un solo sguardo. La vidi mettersi dritta con la schiena, più di quanto non lo fosse prima, e credetti che stesse per mettersi a correre. Però si voltò, sfiorandomi con gli occhi per un momento, e si ricompose.
Fece solo un cenno con la testa, e sul suo viso apparve un sereno sorriso.
Lei e il bambino si contendevano la mia attenzione, ma alla fine ero più curiosa di osservare Vie-Gan. Salutai Obi-Wan e feci un inchino alla regina, fingendomi interessata in qualcos’altro, ma con la coda dell’occhio sbirciavo la sua figura, ancora ritta in piedi, fremente.
Quando il gruppo venuto fuori dall’astronave si disperse, il maestro Qui-Gon si fermò venendo verso di lei. Li vidi abbracciarsi con affetto, e improvvisamente tutto ciò che era accaduto negli ultimi tre giorni acquistò una logica.
Be’, però, Vie-Gan avrebbe anche potuto dirmelo! C’era tanto bisogno di mantenere segreto che loro erano… appunto, che cos’erano? Amici? Parenti?
Trasalii e mi sentii mancare il fiato. E se fossero stati padre e figlia, e Vie-Gan non mi avesse detto nulla per questo motivo?
Ma no, il maestro Jinn non avrebbe mai violato il Codice, che andavo a pensare?
Qui-Gon si congedò da Vie-Gan poco dopo, per entrare nel Tempio, ed io in tre passi le fui accanto, mentre lei lo seguiva con lo sguardo.
 «Ehm, senti… una domandina, così, per curiosità» le dissi timidamente «com’è che ti chiami tu di cognome?»
Vie-Gan mi rispose, inespressiva. Il cognome non era Jinn: impressione sbagliata. Stavo per confidarle la mia ipotesi, quando mi si accese in testa un’altra lampadina.
 «E, scusa se insisto, quello di tua madre?»
 «Jinn.»
 «Ah. Si spiega tutto ora!» esclamai, soddisfatta «Bene.»
Ci fu un silenzio relativamente lungo, durante il quale Vie-Gan tacque, e non avevo idea di cosa pensasse.
 «Eri preoccupata, no? Sì, certo che eri preoccupata, che stupida che sono. Ma è andato tutto bene, no?»
Vie-Gan non fece che annuire impercettibilmente, con una dozzina di secondi di ritardo.
 «Andranno a fare rapporto adesso» proseguii «che dici, andiamo anche noi?»
 «Così avremo delle notizie di prima mano» acconsentì lei «entriamo.»
Si avviò per prima, ma aspettò che la seguissi prima di entrare, dietro il corteo di ancelle della regina Amidala.
 

Benvenuti benvenuti! *Voce alla Effie Trinket*
Ehi, sì, dico a voi, lettori silenziosi! Non sarebbe ora di venire fuori e fare un salutino, lasciare un feedback o il volantino di una squadra di basket? 
La sottoscritta, lady Arya, e la sua collega, lady Leysa, ne sarebbero immensamente liete. Anche se non amiamo molto il basket. 
Dunque, mi risulta davvero strano non dovermi scusare per nulla questa volta, perché guarda caso non non sono in ritardo! È una bella sensazione, dovrei farlo più spesso. Ergo, questo capitolo contiene oltre che rivelazioni più o meno inaspettate, una allegra (?) panoramica sul quotidiano delle nostre padawan, e in particolare di Ana-Rei... ma che ne pensate, perciò? Siete ansiosi di saperne di più?
Un grazie speciale a chi continua nonostante tutto a leggere, e alla cara Sylvia Naberrie, che fedelmente recensisce! :* 
Torneremo presto, con un nuovo capitolo dal punto di vista di Vie-Gan, stay tuned!
Buonasera e che la Forza sia con voi!

Con affetto, 
Lady Arya

 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Star Wars / Vai alla pagina dell'autore: Leysarya