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Autore: bradbury    22/09/2015    1 recensioni
Dean ha chiesto a Castiel di fargli una promessa: se il Marchio di Caino avesse ricominciato ad esercitare la sua pericolosa influenza sul cacciatore, l'angelo avrebbe dovuto ucciderlo senza esitare. Castiel non ha nessuna intenzione di rispettare il patto ma vuole a tutti i costi aiutarlo. E' convinto sia possibile trovare una cura che possa salvare l'amico, ma quanto è grande il prezzo da pagare affinché Dean possa raggiungere la salvezza?
[Riprende alcuni eventi accaduti nella S10; possibili spoilers] UPDATE: momentaneamente sospesa
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Claire Novak, Dean Winchester, Sam Winchester, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Contesto generale/vago
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************************************************ NOTES **********************************************
Si, non mi sono dimenticata di questa storia, non l'ho abbandonata, ho solo dovuto pendere una pausa di riflessione dopo l'immensa delusione che è stata per me la decima stagione di supernatural. Ora, non dico che vorrei farmi rimuovere la memoria e dimenticare per sempre ciò che ho visto, ma quasi (10x23 sto parlando di te). In pratica, il 98% delle mie teorie e supposizioni erano assolutamente sbagliate, non perchè i miei ragionamenti fossero assurdi ma perchè fondamentalmente da qualche annetto a questa parte gli autori stanno facendo uso di droghe potentissime, altrimenti non mi spiego la schifezza che hanno prodotto quest'anno. Comunque, ho ripreso in mano questa storia e la scriverò nel modo in cui io, me stessa medesima avrei voluto che andassero le cose, non ho nemmeno paura di aver scritto cazzate visto che tanto, peggio di loro non potrei mai riuscire a fare. Spero che il capitolo vi piaccia. Buona lettura. NB: ogni recensione corrisponderà ad un insulto creativo che invierò a casa di Robert Singer e Jeremy Carver, perciò siate generosi!







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4.
 

Castiel si richiuse la porta della camera da letto di Dean alle spalle e ci si appoggiò con la schiena contro, concedendosi un momento per schiarirsi le idee.

Se non fosse stato un angelo, avrebbe trovato il primo letto o divano disponibile, per poi sprofondare nel sonno più profondo e soffocare almeno per qualche ora le preoccupazioni che gli martellavano il cervello.
Purtroppo, gli angeli non avevano bisogno di dormire e così l’unica cosa che restava da fare era distrarsi e attendere che Dean finisse di sistemarsi. Grazie al cielo era riuscito a convincerlo a ritardare il suo assurdo piano suicida e a coinvolgerlo nell’ennesima sessione di ricerche. Non bisognava essere un genio per notare la totale mancanza d’interesse da parte del cacciatore ma Castiel gli era comunque grato per lo sforzo. 

Ripensò agli eventi di poco prima, al viso di Dean poggiato sulla mano che aveva azzardato tenere contro la sua guancia, alle loro dita intrecciate. Dean non era mai stato così vulnerabile in vita sua, ne era consapevole, eppure sperava che quei piccoli gesti ricambiati fossero dettati dalla volontà, non solo una necessità momentanea di cui non si sarebbe più fatta menzione.

Castiel corrugò la fronte. Era un insensibile per aver pensato alla propria felicità quando non ne aveva il diritto, c’erano questioni più immediate di cui preoccuparsi, i suoi bisogni erano all’ultimo posto nella lista delle cosa da fare. Anche se stava diventando difficile ignorarli. Aveva sempre provato qualcosa per Dean, fin da quando era sceso all’Inferno e si era ritrovato davanti alla sua anima torturata. L’anima più bella e brillante che avesse mai visto. Quella di un combattente inarrestabile ancora capace di provare gioia e speranza, nonostante l’orrore con cui si era costantemente fronteggiato sin da bambino.

All’inizio Castiel non era riuscito a catalogare quella sensazione nei riguardi di Dean, non ne era in grado, e per i primi tempi non aveva fatto altro che porsi domande a cui si era dato risposte spesso e volentieri insoddisfacenti. Poteva solo paragonarla alla devozione nei confronti di suo Padre, dei suoi adorati fratelli o del Paradiso, ma nulla di più. Mai, nella sua lunga esistenza si era sbagliato così tanto.

Era in circolazione da eoni, aveva osservato l’umanità dall’alto senza veramente comprenderla, era rimasto distaccato da essa finché non si era imbattuto in un singolo essere umano e il suo baricentro aveva vacillato ed era crollato, dividendosi in centinaia di particelle. Per Dean si era ribellato al volere di Dio, aveva messo in discussione ciò per cui era stato creato, era caduto ed era temporaneamente diventato uno di loro, restando folgorato dalla potenza di quei sentimenti: era innamorato di Dean Winchester in un modo talmente esclusivo che persino Dio ne sarebbe stato invidioso.
A volte Castiel pensava di essere stato uno sciocco ad aver stravolto l’ordine naturale delle cose per i suoi capricci. Perché si desidera sempre ciò che non si potrà mai avere e Dean non l’avrebbe mai ricambiato.

Come dargli torto, per l’angelo l’amore non aveva sesso, amare un uomo o una donna non faceva alcuna differenza, per l’altro invece, costituiva un ostacolo difficile da ignorare. Ed era quello il motivo per cui Castiel si era sempre limitato a stargli intorno senza palesemente manifestare il suo affetto se non donandogli tutto ciò che poteva offrigli e soffocando i propri istinti, pur di non fare a Dean alcun tipo di pressione.

Non voleva rischiare di essere rifiutato e di conseguenza, perdere quel legame intimo che li univa. Fingere di essergli soltanto amico gli andava ugualmente bene. Certo.

Dei passi in fondo al corridoio lo distrassero da quel monologo interiore, riportando a fuoco i contorni delle pareti spoglie del bunker. Era Claire e sembrava essere alle ricerca di qualcosa. Non si era accorta di lui e perciò, proseguì per un altro corridoio svanendo alla sua vista. Castiel la seguì in silenzio per quasi dieci minuti.

La ragazza apriva ogni porta, sbirciava dentro e la richiudeva seccata, chiaramente alla ricerca di qualcosa.

“Hai intenzione di seguirmi ancora per molto o saresti così gentile da dirmi dove posso trovare del cibo in questo stupido labirinto?” sbottò Claire, proseguendo in avanti senza degnarlo di uno sguardo. Castiel arrossì sentendosi vagamente colpevole per aver giudicato male le sue azioni e anche per essere stato beccato a seguirla di nascosto.

“Gira a destra e poi prosegui dritto. Ti ritroverai davanti alla porta della cucina” le spiegò, alzando il passo per affiancarla.
Claire rimase zitta finché non ebbe varcato la soglia della stanza incredibilmente tirata a lucido.

“Finalmente. Morivo di fame!” esclamò, lanciandosi verso il frigo e tirando fuori un barattolo di marmellata. Poi spalancò tutti gli stipi, sorridendo soddisfatta davanti ad un sacchetto di fette di pane. Prese anche quelle e iniziò a farcirle con ingordigia.

“Ne vuoi uno?” chiese distrattamente, rivolgendosi a Castiel, il quale scosse la testa.

“Noi angeli non avvertiamo la necessità di nutrirci.”

“Peggio per voi, qusto toast è booniffimo.” affermò, con la bocca piena. La venerazione con cui lo degustava era quasi comica, tanto che Castiel si lasciò sfuggire un sorriso affettuoso. Non c’era da sorprendersi se aveva provato fin da subito una certa affinità con quella diciassettenne arrabbiata.

“Che hai da ridere?” domandò Claire, corrugando la fronte con fare circospetto.

“Nulla, mi hai solo ricordato una persona.”

“Chi?” sollevò tutte e due le sopracciglia. Rispondere sarebbe stato potenzialmente imprudente perciò Castiel rimase zitto. Claire sbattè lentamente le palpebre, fissandolo interdetta.

“Cavolo se sei strano” disse infine, infilandosi una lunga ciocca di capelli dietro l’orecchio. Scese il silenzio, intervallato solo dal rumore dei denti di Claire che masticavano. Una cosa che Castiel aveva imparato era che fra le persone esistevano due tipi di silenzi: quelli piacevoli in cui parlare non era necessario ai fini di mantenere l’atmosfera rilassata, e quelli imbarazzanti durante i quali l’unica possibilità plausibile era girare i tacchi e andarsene oppure tirare fuori un argomento a caso e sperare nel meglio. Al diavolo la prudenza, avrebbe sfidato il destino a testa alta. Castiel prese un profondo respiro.

“D-Dean” confessò.

“Uhm?”

“Sto rispondendo alla tua domanda. Mi ricordi Dean.” Silenzio tombale. I tratti smussati del viso di Claire, s’indurirono così repentinamente da spingere Castiel a deglutire per il disagio.

“Non ho nulla in comune con quell’assassino” sputò la ragazza fra i denti.

“Claire devi capir-” cominciò l’angelo senza avere l’occasione di concludere la frase.

“No, Castiel, non provare a giustificarlo! Lo odio. Ha ucciso Randy, era l’unico straccio di famiglia che mi era rimasto e adesso non ho di nuovo nessuno con cui stare.” strinse i pugni con rabbia sopra il tavolo.

“Non sei sola, ci sono io. Posso aiutarti.”

“Tu non sei mio padre!” urlò Claire a pieni polmoni, “non osare sentirti in diritto di fingerti lui solo perché ti agiti nel suo corpo!”

“Nemmeno Randy era tuo padre.” constatò Castiel. Non voleva essere brusco e infatti si stupì quando si accorse di non esserci riuscito.

“Lui mi ha accolta in casa sua, mi voleva bene!” gli occhi le erano diventati lucidi e arrossati con le lacrime pronte a sfondare l’argine.

“Ti ha venduta al suo strozzino, Claire. Non penso che quello potesse considerarsi affetto.”

“L’ha fatto perché non aveva altra scelta. L’avrebbero ucciso se non l’avesse fatto e sono sicura che avesse già in mente il modo di riprendermi…”

“Ora sei tu quella che prova a dare una giustificazione” disse Castiel, “come fai a sapere che sarebbe tornato a riprenderti anziché cambiare città e sparire dalla circolazione?” le fece notare, rimediando all’errore precedente e usando il massimo della gentilezza in suo possesso per non turbarla.

Tutta l’energia esplosiva di Claire si prosciugò al sentire quelle parole, come se le fosse stata risucchiata da un’entità invisibile.

“Immagino che non lo scopriremo mai, visto che il tuo amico l’ha ammazzato.” mormorò la ragazza, guardandolo dritto negli occhi dell’esatta sfumature dei suoi. Di Jimmy, si corresse Castiel a malincuore.

“Ascolta Claire, non è così semplice. Dean è sotto l’effetto del Marchio di Caino, non è in grado di valutare cosa sia giusto e cosa sbagliato, uccide perché è il suo istinto ad ordinarglielo. Non prendertela con lui per qualcosa che non può controllare, si sente già abbastanza in colpa. Sam e io stiamo cercando una cura da mesi ma siamo ad un punto morto.”

“E’ quello che si merita…” mormorò Claire.

C’era una profonda freddezza in quell’affermazione, che non si addiceva affatto ad una ragazza di quell’età. Castiel si sentì infinitamente colpevole per ciò in cui si era trasformata. Se ci fosse stato il modo di resuscitare Jimmy Novak non avrebbe esitato a restituirgli suo padre, anche a costo di rinunciare a lui come tramite. Claire non meritava la vita in cui era stata trascinata. Stava per esprimere quei pensieri a voce alta ma venne preceduto.

“Comunque, che cos’è questo posto?” era il debole tentativo di Claire di dirigere la conversazione su qualcosa di più leggero.

“La base centrale degli Uomini di Lettere.”

Per la prima volta da quando si erano incontrati, Castiel vide accendersi in lei una scintilla di curiosità, così ne approfittò per aggiornarla sulla storia del bunker, sul compito che avevano svolto queste persone e di come Sam e Dean fossero gli eredi di quel posto.

Claire l’aveva ascoltato con attenzione, facendogli poche domande ma tutte estremamente intelligenti. Lui le aveva risposto nel modo più dettagliato ed esauriente possibile.

“Succede qualcosa se prendo in prestito qualche libro che c’è qui dentro?” gli chiese.

Era pura formalità. Sapevano benissimo entrambi che li avrebbe letti anche senza permesso.

“No, a meno che tu non decida di sperimentare qualche incantesimo. Non hai intenzione di farlo, giusto?” aggiunse, allarmato dalla prospettiva.

“Non tentarmi.” rispose lei, fingendosi seria ma il breve sorriso che intaccò il suo volto truce, la tradì. Fu proprio quello che convinse Castiel a continuare a provare a farsi perdonare, ad avvicinarla, dimostrandole di essere degno di fiducia.
 
 
***
 
Era impossibile non sentirle.

Le urla di Claire Novak erano così potenti da rimbalzare contro le pareti e riecheggiare lungo i vuoti corridoi del bunker.
Dean non riusciva ad ignorarle a dovere, non se quell’isterica ragazzina raggiungeva picchi vocali così estesi.
Il contenuto di quell’accesa discussione avrebbe dovuto tormentarlo a vita – dopotutto aveva reso la mocciosa, orfana per la seconda volta – ma in realtà non gliene fregava un cazzo. Voleva solo che la piantasse, perché se avesse continuato sarebbe stato costretto ad occuparsene personalmente.

Uccidendola, Dean avrebbe fatto un favore ad entrambi: lui avrebbe goduto del silenzio e Claire finalmente si sarebbe ricongiunta col suo paparino surrogato che tanto elogiava. Gli sembrava un giusto compromesso, no? Dean, non era certo di quando esattamente avesse cominciato a camminare. Aveva quasi raggiunto la fonte del rumore quando questo cessò di colpo.

Tirò un sospiro di sollievo e avanzò di qualche passo con l’impugnatura della lama angelica ancora ben salda nella mano destra. Castiel l’aveva lasciata nella sua stanza, se per distrazione o per stupidità, non poteva dirlo, restava il fatto che aver riposto fiducia nella capacità di controllo di Dean fosse la stronzata del secolo.

Il Marchio bruciava più che mai, famelico, insaziabile.

Gli ordinava di proseguire, di completare l’opera per la quale era arrivato fino lì; nessuno avrebbe pianto la morte di Claire Novak, nessun parente o conoscente avrebbe reclamato la scomparsa di quella mocciosa, era la vittima ideale. Dean si umettò le labbra e allungò il braccio per agguantare la maniglia gelida della porta. Esercitò una leggera pressione lasciando aprire lo spiraglio necessario ad osservare ciò che accadeva all’interno della cucina e poter organizzare un rapido piano d’attacco. Ovviamente Castiel era insieme a lei, anche se da lì non riusciva a né a vederlo né a sentirlo, perché in quel momento la ragazza gli stava rivolgendo una domanda a cui Dean non prestò attenzione.

Doveva conoscere la posizione esatta dell’angelo per poter colpire direttamente Claire ed evitare di essere intralciato. Castiel gli sarebbe saltato subito addosso ma il cacciatore contava sull’effetto sorpresa. Oppure, l’avrebbe condannato alla stessa sorte della ragazza, doveva ancora deciderlo.

Allargò di un altro centimetro lo spiraglio dietro il quale era acquattato, dominato dalla cieca assuefazione del Marchio di Caino e trovandosi davanti alla panoramica dell’intera scena. Claire era seduta sul bancone con le gambe fasciate dai jeans strappati a penzoloni, mentre Castiel le stava lateralmente, in piedi nella tipica posizione rigida e impacciata che lo caratterizzava. Da dove si trovava, Dean riusciva a guardarlo chiaramente. Osservò la tranquillità che gli distendeva il volto mentre soddisfaceva l’interesse di Claire e l’impercettibile curva della bocca, quando si rendeva conto di godere della sua piena attenzione.

L’angelo adorava quella piccola teppista, glielo si leggeva stampato in fronte a caratteri cubitali. Una fitta d’impazienza attraversò il braccio di Dean.

Se Claire fosse morta, molto probabilmente Castiel sarebbe stato l’unico al quale sarebbe mancata, e quegli occhi così maledettamente blu – che ora rilucevano di ammirazione e affetto, così come avevano guardato Dean un numero indefinito di volte – quegli occhi, sarebbero stati irrimediabilmente rovinati dalla tristezza e dal disprezzo. Per lui. Qualcosa si agitò nel petto di Dean strappandolo brutalmente dal baratro in cui era quasi precipitato. 

Un altro crampo lancinante gli attraversò il braccio in segno di ribellione, ma ormai aveva riacquistato abbastanza autocontrollo da sopprimerla. Indietreggiò, dapprima lentamente come un filmato in slow motion, e man mano aumentando la velocità, fino a correre il più lontano possibile da lì.

Raggiunse il bagno e ci si lanciò dentro senza curarsi di chiudere l’entrata. Abbandonò per terra la lama che ancora teneva serrata fra le dita e si aggrappò al bordo del lavandino per riprendere fiato. Stava tremando dal panico.

Per poco non aveva ammazzato Claire e inflitto a Castiel la stessa sorte. Rifiutava di pensare a quello che stava per fare, al corpo esanime della ragazza immerso in una pozza di sangue scarlatto, al volto pallido e immobile del suo angelo e a lui, con le mani e l’anima macchiata dell’ennesimo crimine imperdonabile. Ammesso e non concesso di possedere ancora un’anima.

Dean rafforzò la presa sul lavabo mentre cercava di rallentare il battito accelerato del proprio cuore. Non riusciva a pensare lucidamente e in quel momento era l’unica cosa che gli servisse. Doveva esserci una fottuta spiegazione logica sul perché quella volta il Marchio fosse tornato alla carica utilizzando metà del tempo rispetto alla precedente. Se avesse continuato di quel passo, la linea sottile che lo separava dal ritrasformarsi in un demone si sarebbe presto dissolta.

Il cacciatore sollevò la testa per incrociare lo sguardo con il suo io dall’altra parte dello specchio. Un cadavere avrebbe avuto un aspetto più salubre. La pelle del viso era tirata e madida di sudore, gli occhi erano circondati da aloni scuri e…no.

Dean smise di respirare e un sapore disgustoso di bile gli inondò la lingua.

Quegli occhi che gli ricambiavano il suo sguardo erano neri. No.

La mente gli si annebbiò e con un pugno infranse il vetro, ferendosi la mano. Poi passò a quello affianco, lo colpì facendo ricorso a ogni grammo di forza.

Non di nuovo.

Un grido rabbioso gli graffiò la gola. Distrusse ancora un altro specchio per non vedere il suo peggiore incubo tornato in superficie. Dean non si fermava, continuava ad accanirsi contro quell’oggetto mentre le schegge di vetro gli laceravano la pelle, insinuandosi sempre più in profondità.

No. No, no, no. Non voglio essere così.

Un altro pugno, un’altra puntura, il dolore non era abbastanza forte da sopprimere quello che gli stava dilaniando il centro petto.

Dean!” una voce lontana e indistinta lo stava chiamando. Chiunque fosse, non capiva quanto fosse pericoloso stargli vicino.

“Stai indietro. Allontanati!” ringhiò il cacciatore, in segno di avvertimento.

“Dean, hai bisogno di calmarti!” esclamò la voce.

Poi due mani salde lo afferrarono da entrambi i lati, distanziandolo dallo specchio spruzzato di rosso, e trascinandolo in un punto indefinito della stanza.

“Concentrati! Sono io, sono Castiel. Va tutto bene.”

Cas. Perché era lì? Dean gli avrebbe fatto del male.

“Devi andartene” implorò, cercando di spingerlo via.

“Non vado da nessuna parte” disse Castiel fra i denti, per lo sforzo di tenerlo fermo.

Era come rivivere il giorno in cui con un’accetta, aveva quasi aperto in due il cranio di Sam e se non fosse stato per il placcaggio di Castiel…

Dean sbattè la nuca contro quelle che avevano tutta l’aria di essere mattonelle e poi un getto di acqua gelata lo colpì in pieno. Si dimenò come un animale selvaggio ma l’uomo che lo bloccava non si mosse di un millimetro.

“Dean, basta” ordinò Castiel, “basta!”

Ed eccola lì, la sua ancora, materializzarsi proprio dritta davanti a lui. Due occhi terrorizzati, blu come la notte lo stavano fissando intensamente. Erano così vicini e limpidi, che Dean ci si vide riflesso dentro e rilasciò il respiro che si accorse di aver trattenuto. Non era un demone, non per il momento. Gli occhi dell’angelo non mentivano, bruciando di un’energia così pura che distrusse ogni barriera finemente creata in anni e anni di pratica. Era uscito così fuori di testa, da aver avuto un allucinazione talmente potente da impedirgli di distinguere la realtà dall’incubo.

Dean cadde in ginocchio, trascinando con sé Castiel che si ostinava a non mollare la presa. Avevano l’affanno.

“Cosa è successo?”

“Per un attimo ho creduto di aver visto i miei occhi diventare neri e sono andato nel panico”

“Era un’illusione. Devi riposarti, Dean, non ti fa bene stare così tanto sveglio” 

Dean scosse la testa. “Te ne devi andare, Cas. Prendi Claire e mettete tutta la distanza che potete fra voi e me”

“Che significa?”

“Non vi voglio qui, potrei farvi del male.”

“Non lo farai.”

“Cas, smettila di fare il coglione. Non capisci? Il Marchio mi ha in pugno, non so mai quando perderò il controllo, potrei scattare in qualsiasi momento. Se ti succedesse qualcosa a causa mia io-” il nodo alla gola gli rese impossibile continuare. Si coprì la faccia con le mani, tentando di nascondere la propria debolezza. Castiel era stato l’unico oltre a Sam a vederlo piangere: all’ospedale, quando gli aveva confessato di non voler essere il tramite di Michael o dopo la morte di Kevin.

Quella volta però non si meritava nemmeno di piangere. Gli assassini a sangue freddo non si meritavano un privilegio del genere. Sarebbe stato facile pentirsi e continuare con la propria vita facendo finta di niente. Piangere, nel suo caso, non faceva guadagnare il perdono, era solo patetico.

“Ehi” chiamò Castiel dolcemente, avvolgendogli i polsi con le sue dita ruvide per liberargli il viso. “E’ finita.”

“Mi dispiace” disse Dean. Accumulò il coraggio e sollevò la testa trovandosi difronte un angelo inzuppato e infreddolito che gli sorrideva timidamente.

“Non volevo, Cas. Te lo giuro…” gli si spezzò la voce, “mi dispiace.”

“Per cosa?” domandò Castiel, mentre catturava con la punta dell’indice una lacrima intrappolata fra le ciglia lunghissime di quegli innaturali occhi verdi, da cui spesso e volentieri era complicato riemergere. Non aveva la minima idea a cosa Dean si riferisse, non era a conoscenza del destino scampato, pensava solo che lui avesse avuto un crollo nervoso.

“Per tutto.”

Si fissarono per un’eternità, estraniandosi dall’intero universo, come ipnotizzati. In Castiel, Dean vedeva un miliardo di sfaccettature diverse e contrastanti, invece cosa vedeva l’angelo riflesso in lui? Niente di buono.

“Smettila” lo rimproverò Castiel, “non ho niente da perdonarti, perciò smettila d’incolpare te stesso per questa situazione. Riesco a vederlo nei tuoi occhi e non lo sopporto. Smettila.” E prima che l’altro potesse reagire in qualsiasi modo, Castiel lo attirò semplicemente a sé e lo strinse.

Dean spalancò gli occhi, colto di sorpresa da quel gesto improvviso e di riflesso s’irrigidì, anche se solo per un attimo. Davvero quel comportamento lo turbava? Perché fra tutto ciò che era successo nell’ultimo anno della sua vita, essere avvolto dalle braccia del suo migliore amico era la cosa migliore che gli fosse capitata dopo tanto tempo. Se lo faceva sentire così bene allora non era poi tanto sbagliato. Il cacciatore si abbandonò completamente alla volontà del suo angelo, poggiando la fronte nell’incavo del collo, respirando quell’odore ormai così familiare, mentre nuove lacrime ricominciarono lentamente a cadere.

“Troverò un modo. Si risolverà tutto.” gli stava cantilenando Castiel all’orecchio.

Troverò un modo.




 
   
 
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