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Autore: _DianaS_    22/09/2015    1 recensioni
[...]Dal primo capitolo:
La cosa peggiore era che nei giorni successivi non riuscivo a sentirmi in colpa per l'accaduto, era cattivo da parte mia ma non provavo rancore o almeno fino al fatidico giorno.
“Violetta è incinta. Vuole tenere il bambino”.
Bastarono quelle due parole per farmi cadere nel buio totale.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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If I lose myself tonight It’ll be by your side
If I lose myself tonigh
If I lose myself tonight 
It’ll be you and I...
Lose myself tonight

OneRepublic- If I lose myself                                  

 

                                                                                                                       CAPITOLO I
 

“Ehi mammina, chi è il paparino?” mi parai di fronte alla Castillo scrutandola da capo a piedi. Stringeva con forza i libri al petto, sembrava distrutta. Aveva i capelli scompigliati, due leggere occhiaie sotto gli occhi e lo sguardo perso nel vuoto.
“Marcos” si limitò a rispondermi con voce flebile. Sorrisi beffardo incrociando le braccia appena sotto il petto “Ma non prendermi in giro, vi eravate lasciati!” risposi avvicinando il mio viso al suo “Come fai ad essere convinto che sia tuo?” domandò alzando il tono della voce. D'un tratto cambiò del tutto espressione, era incazzata.
“E' mio fratello me lo avrebbe detto”. “Nulla è certo” sorrisi spalancando quasi la bocca per lo stupore. Stava negando l'evidenza.
“Allora chiamate il Vaticano, un'altra immacolata concezione!” esclamai attirando l'attenzione dei pochi studenti presenti in corridoio. Stronzo. Per la seconda volta nel giro di un mese. Mi osservò con aria disgustata, pochi secondi dopo si allontanò a passo svelto verso la classe. 
Avevo combinato un bel casino, ma dopotutto avevo il diritto di sapere se da lì a pochi mesi sarei diventato padre. Come sarebbe potuta andare avanti quella situazione? Io certo, non avrei saputo reggerla, sopratutto dal punto di vista psicologico. Poggiai il capo contro il metallo freddo dell'armadietto blu sospirando, stringevo i pugni cercando di mantenere la calma ma in quel momento niente avrebbe potuto placare la mia rabbia.
Avrei potuto piangere? No. Ero troppo orgoglioso per farlo, troppo forte per sembrare debole.
Io ero diverso, diverso perché avevo deciso di esserlo, non trasparivo emozioni preferivo tenermele per me, ma quella volta sarei dovuto scoppiare perché dopo tutto scoppiare rende liberi cosa che io non ero, intrappolato dalle catene della mia stessa anima. 
“Leòn” sentii una voce flebile alle mie spalle e subito dopo un tocco sulla schiena. “Che succede?” allontanai la fronte -mi stavo liberando- dal metallo girandomi poi dal lato opposto. “Camilla” sussurrai prima di scoppiare in lacrime e gettarmi fra le sue braccia.
Libero.

“Adesso vuoi dirmi cosa succede?!”. Camilla era la figlia della moglie del fratello di mio padre, eravamo cugini anche se non avevamo nessun legame sanguigno. Era una ragazza simpatica, sempre sorridente nonostante la sua difficile situazione familiare. Suo padre era in carcere da qualche anno per spaccio, lei viveva con sua madre e mio zio anche se più volte mi aveva confessato di non vivere bene quella convivenza soprattutto per l'atteggiamento distaccato di sua madre nei suoi confronti. In realtà io la consideravo come una vera e propria sorella, con lei ero capace di sbocciare come un fiore e svelarle ogni mio segreto.
“Sto male” incrociai il suo sguardo, niente mi rassicurava di più dei suoi occhi innocenti e del suo caloroso sorriso, fu proprio quando la guardai fisso negli occhi che capii che mi avrebbe sostenuto. Certo sicuramente mi avrebbe dato del cretino, incosciente e irresponsabile ma mi avrebbe fatto capire che lei era dalla mia parte nonostante fosse quella del torto. “Sto male perché ho sbagliato tutto” continuai abbassando lo sguardo. Mi passai una mano per le guance strofinando quei pochi peli castani contro le mani. Sto crescendo.
“C'è sempre un modo per rimediare ai propri errori”. “Non questa volta...”. Ed ecco, un'altra fitta appena sotto il cuore. Dolore. Come se qualcuno mi avesse pugnalato più di una volta.
“Mi dispiace Camilla ma io non posso tirati dentro questa situazione complicata. Io sono nella merda ma non lascerò che ci vada anche tu” avrei dovuto fregarmene di tutto e di tutti e andare avanti come se non fosse successo nulla, lasciare che Violetta prenda le sue decisioni da sola e tirarmi fuori dalla sua vita e da quella del bambino. Vigliacco.
“Se salti tu, salto anch'io, ricordatelo Leòn. Ed è per questo che sono qui in questo momento con te, aiutami ad aiutarti, perché sola non posso farcela...e neanche tu”. Deglutii rumorosamente, strofinai il naso umido contro il tessuto grigio della felpa per poi portarmi le mani sul viso come per nascondermi da tutti i miei peccati.
“Violetta Castillo è incinta” affermai lasciando la rossa a bocca aperta. “La fidanzata di Marcos” lasciai che qualche lacrima solcasse il mio volto, iniziò a piovigginare.
“Vuoi sapere dov'è il problema?” continuai con tono aggressivo, quasi come se ce l'avessi con il 
mondo intero.
Era così.
“Che purtroppo in quel letto, quella sera c'ero io con lei” ed ecco il colpo di grazia. Colpito e affondato.
Quella volta fu lei ad abbracciarmi, ma quell'abbraccio non servì per farmi sentire meglio, anzi...forse mi sentii anche peggio.

Avevo tradito mio fratello, la persona più importante della mia vita – anche se lo ammettevo con difficoltà –. Ma soprattutto avevo perso me stesso. Le poche certezze che avevo erano volate via come il vento. Fu l'abbraccio di Camilla che mi fece capire che non ero solo, ma che ero sporco.
Sporco come le mie scarpe da ginnastica schizzate dal fango della pioggia durante la mia breve fuga. Stavo scappando, sarei ritornato ma stavo comunque correndo per fuggire dai miei problemi.
E mentre quelle sottili goccioline di pioggia si schiantavano contro il mio volto, mi passarono per la mente mille immagini, per poi focalizzarmi su una ben precisa. Mamma.
Tanti sacrifici per uno come me: senza futuro e vuoto. Eppure tanto vuoto non ero, in realtà qualcosa stava per riempire la mia vita ed io ne ero consapevole, e fu quella consapevolezza che mi convinse a non lottare per ciò che mi apparteneva.Marcos sarebbe riuscito a portare avanti ciò che avevo iniziato, lui lo avrebbe fatto meglio, perché dopotutto lui aveva deciso di restare vicino a Violetta non per costrinzione, ma per amore. Cosa che io non sarei riuscito a dare al quel bambino innocente.
Avrei rovinato lui come stavo rovinando me stesso.

 

   
 
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