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Autore: _armida    23/09/2015    2 recensioni
“Sono stupito, non credevo che un bel faccino riuscisse anche a maneggiare un’arma con tale bravura”, disse il Conte.
Elettra provò a tirarsi su, ma finì per andare ad urtare contro la lama della spada, ferendosi leggermente uno zigomo.
“Dovete stare attenta, non volete di certo rovinare tutta questa bellezza così”, aggiunse allontanando la spada dalla faccia della ragazza. Doveva dargliene atto, era davvero bella. Non lo aveva notato prima, quando Grunwald l’aveva portata all’accampamento priva di sensi, era troppo preso dal chiedere al garzone di Da Vinci dove si trovasse la chiave.
Fece cenno a due guardie svizzere di tenerla ferma, mentre lui la perquisiva in cerca di altre armi nascoste. Non ne trovò, ma la sua attenzione fu catturata da qualcosa che la ragazza teneva nella tasca sinistra dei pantaloni: si trattava del suo blocco da disegno. Quando fece per sfogliarlo, una moneta, contenuta al suo interno cadde a terra; non si trattava di una moneta comune, era in oro e presentava sulla sua superficie la faccia di un dio pagano. La raccolse e la osservò accuratamente.
“Cosa sapete riguardo ai Figli di Mitra?”
VERSIONE RIVEDUTA E CORRETTA SU WATTPAD
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Girolamo Riario, Giuliano Medici, Leonardo da Vinci, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Elettra'
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Capitolo XVI: Il Patto

Elettra si svegliò a causa di un raggio di sole che, passando da una fessura tra gli spessi tendaggi della stanza, era andato a posarsi proprio sul suo viso. Stropicciò gli occhi, ancora parecchio assonnata. 
Le ci volle un po' di tempo, per rammentarsi di tutto quello che era successo e di dove si trovasse. L'epidemia al convento, l'arresto di suo zio, la sfuriata con il Conte, la biblioteca... tra tutta quella confusione di pensieri, fece capolino un bacio. Arrossì, mordendosi il labbro inferiore per nascondere un piccolo sorriso. Doveva aggrapparsi il più possibile ai bei ricordi, per avere la forza affrontare gli avvenimenti futuri.  
Decise infine di aprire gli occhi e di mettere più a fuoco l'ambiente che la circondava: si trovava nel sallotto dell'appartamento del Conte Riario e... faceva quasi fatica a credere a quello che vedeva. Il Conte era seduto sul tappeto, immerso in un sonno profondo, appoggiato con un fianco al divanetto su cui era sdraiata Elettra, e con la testa, reclinata di lato, appoggiata sul seno della ragazza. 'Almeno ha dormito comodo', pensò ironica. Una mano, invece, era intrecciata stretta alla sua. Qualcuno, o Riario o Giuliano, le avevano anche steso addosso una coperta. 
Si guardò intorno, cercando con lo sguardo il giovane de Medici ma non lo trovò, probabilemente, se ne era andato poco dopo che si era addormentata.
Stava meglio, doveva ammetterlo, sia dal punto di vista fisico che del morale. Sapere che Girolamo non era coinvolto in quella brutta faccenda le aveva tolto un peso dal cuore.
Lentamente, cercando di non svegliarlo, si tirò seduta e, dopo essersi liberata dalla sua stretta, si alzò. Avrebbe voluto andarsene in fretta, dagli appartamenti del Conte, ma si perse nel contemplarlo: in quella posizione le faceva parecchio tenerezza, quasi come un bambino. Sorrise dolcemente, mentre gli accarezzava il contorno affilato del viso.
"Conte, non so come abbiate fatto ma mi avete fatto prendere proprio una bella cotta", gli sussurrò, certa che lui non potesse sentirla.   
Prima di uscire, gli appoggiò delicatamente la coperta addosso e recuperò il suo ciondolo da sotto il tavolino.
 
***

Elettra aveva bisogno di smaltire un po' di nervosismo ed inqiuetudine: quale modo migliore per rilassarsi se non quello di scoccare qualche freccia? Le era sempre piaciuto tirare con l'arco ed era anche piuttosto brava.
Cercando di passare il più possibile inosservata si diresse in armeria, prese un arco e qualche freccia e si diresse nei giardini del palazzo dove, in una zona ai margini e quindi poco frequentata, Giuliano, da sempre grande appassionato di quella disciplina, aveva fatto installare un poligono di tiro.
Vi era già una persona, intenta ad allenarsi. Elettra si stupì molto, quando vide chi era. 
Arimis incoccò la freccia, tirò indietro la corda e, dopo aver preso la mira, scoccò. Il dardo colpì il bersaglio fermandosi nel centro. Era la prima volta da quando era tornato a Firenze che non lo vedeva indossare la veste vescovile; al suo posto, il fratello indossava dei vecchi pantaloni dall'aria vissuta e un'anonima camicia bianca.
Elettra gli si avvicinò e, senza proferire parola, prese l'arco e scoccò una freccia, colpendo il bersaglio leggermente più a destra del fratello.
"Stai perdendo colpi, sorellina", le disse ironico Aramis. Lei gli sorrise, dandogli un'amichevole pugno sul braccio. "E tu, da quant'è che non prendi in mano un arco?", ribattè.
"Quand'è che sono stato consacrato prete?"
"Io so almeno di un'altra volta, dopo quella", sospirò malinconica, Elettra. 
Aramis parve ricordarsi, non era stato in un momento piacevole. "Quando la mamma e Lucrezia sono scomparse", sussurrò.
La sorella annuì. "Mi manca molto, Lucrezia", disse con gli occhi lucidi.
"Mancano un sacco anche a me", rispose abbracciandola forte.
"Dobbiamo smetterla ti trovarci a tirare con l'arco insieme solo in certe occasioni". Tentò di sorridere e, seppure molto tirato, un piccolo sorriso le apparve sulle labbra.
Aramis era tremendamente d'accordo con lei.
Elettra prese un'altra freccia dalla faretra che teneva legata dietro alla schiena e, dopo aver preso la mira, la lanciò. Questa volta fu un centro perfetto.
"Vuoi la guerra, allora?", scherzò il fratello inconccando un altro dardo. Elettra gli sorrise, sincera. Le era mancato così tanto il suo fratellone; quando lo aveva rivisto, aveva pensato che il Papa gli avesse fatto un lavaggio del cervello, eppure, eccolo lì. Uguale a come se lo ricordava.
"Aramis, aspetta". Le era venuta un'idea, per sbollire un po' la tensione. Prese il blocco da disegno (nuovo, visto che il Conte non aveva alcuna intenzione di restituirle l'altro) e strappò un foglio bianco; disegnò sopra un volto molto sommario: due occhi, un  naso e una bocca. Sulla fronte scrisse a caratteri cubitali la parola 'Spia'. Servendosi di alcune corde, lo posizionò sulla testa di uno dei vari fantocci di stoffa e paglia presenti nel poligono. "Il bersaglio è quello", disse.
Elettra scoccò la freccia, che lo colpì proprio in mezzo agli occhi. Poi un'altra. Poi un'altra ancora.
Per un po' Aramis la lasciò fare ma, quando vide quegli splendidi occhi celisti riempirsi di lacrime, decise che era ora ti rimettere gli archi a posto. "Elettra, calmati", le sussurrò dolcemente mettendole una mano sulla spalla. "Lo avresti già ucciso al primo colpo". Quando la sorella abbassò l'arco, la strinse forte a sè.
"Lo zio non può andarsene così! E' la sola parte di famiglia che mi resta, qui a Firenze", disse tra i singhiozzi mentre cadeva in ginocchio, imitata da Aramis.
"Non sei sola", ribattè il fratello accarezzandole la testa.
"Tu tornerai di sicuro a Roma e papà è per mare chissà dove, troppo preso da uno dei suoi strampalati viaggi!"
Aramis sospirò: sua sorella aveva ragione, purtroppo. 
Elettra pianse tutte le lacrime che le erano rimaste per quel giorno, sulla spalla del fratello che, senza farsi notare da lei, lasciò cadere qualcuna anche lui. In quel momento era a Firenze, non era a Roma. A Roma, l'unico modo di sopravvivere a tutti quei serpenti pronti a stritolarti era l'apatia. Ma ora era a Firenze. Non gli serviva a niente mostrarsi impassibile.
Un rumore di passi interruppe quel delicato momento famigliare. I due fratelli si tirarono in piedi, asciugandosi con una mano le guance ancora umide.
"Mi devi un favore, un grosso favore", esordì vittorioso Giuliano, rivolto a Elettra. Dietro di lui vi era anche il Conte Riario.
"Dimmi tutto", disse lei curiosa. Visto la faccia dell'amico, erano di sicuro buone notizie.
"Becchi ha guadagnato ancora un po' di tempo..."
"E anche noi, di conseguenza", lo interruppe Riario.
"Allora intendete davvero aiutarci, Conte?", chiese speranzosa Elettra.
"Ve l'ho già detto, madonna, sono un uomo di parola", rispose sfoderando uno dei suoi soliti sorrisi affilati, "Tuttavia, non faccio mai niente per il semplice gusto di farlo. Ma per il prezzo avremo modo di parlarne più tardi, per ora non preoccupatevi"
"Tornando al discorso di prima...", Giuliano era doppiamente seccato: sia per l'interruzione di Riario sia perchè sapeva che quel viscido serpente era la loro unica opzione per salvare Becchi. E questa considerazione lo irritava oltre ogni dire. "...dopo aver fatto un occhio nero a mio fratello...", quella rivelazione fece quasi ridere Elettra, "...sono riuscito a convincerlo che un'esecuzione sommaria non sarebbe servita a niente. Ci sarà un processo, al Palazzo di Giustizia"
"E tu ne sei felice?". La ragazza non lo era per niente, invece. Pensava a tutt'altro.
"L'alternativa era il cappio, domani all'alba"
"Giuliano, ti rendi conto che se mio zio fosse giudicato colpevole di tradimento con un processo pubblico sarebbe messo alla ruota?!"
"Il processo inizierà tra una settimana, quindi abbiamo sette giorni per far cadere tutte le accuse". Anche Giuliano sapeva che in questo modo Becchi rischiava molto di più, ma sette giorni erano molto più tempo di una manciata di ore. Sarebbero riusciti a mettere in atto un piano a prova di bomba.
"Sai già chi sarà il giudice?", chiese Elettra, sospirando.
"No, ma ti ho già procurato un avvocato: Piero da Vinci ha deciso di schierarsi dalla nostra parte"
"Ne sei certo? Tuo fratello potrebbe fargli cambiare idea"
"Certissimo. Anche Clarisse appoggia la nostra causa. Mio fratello si sentirà isolato e cambierà idea". Il giovane de Medici stava già mettendo in atto il suo piano.
"Giuliano non va bene..."
"Certo che funzionerà"
"No, non è per quello. Sapere della Signoria spaccata in due potrebbe essere interpretato come un segno di debolezza di Firenze, dagli altri stati. Firenze non può permettersi niente del genere ora". Per far capire meglio a Giuliano a cosa si riferisse, Elettra diede una veloce occhiata al Conte. Roma ne avrebbe di certo aprofittato.
Riario aveva pensato la stessa identica cosa, ovviamente in termini vantaggiosi.
"Non ci avevo pensato...", disse sconfortato Giuliano, "...ma non importa: Lorenzo deve capire di aver sbagliato! E se questo è il prezzo, troveremo un modo di rimediare più tardi"
"Sai che qualcuno al Bargello potrebbe pensarla molto diversamente. A sentirti parlare così ti tirerebbe un coppino sul collo!". Non sapeva neanche lei da dove le era uscita. Quello non era di sicuro il momento di fare dell'ironia, eppure fece ridere sia Giuliano che Aramis. Il Conte invece la guardava con quello che poteva quasi essere considerato un sorrisetto divertito; stava pensando a quanto quella ragazza non potesse fare a meno di certe battute. E a quanto questo gli piacesse e lo irritasse allo stesso tempo. "Direi di trovarci tra qualche ora, per discutere meglio della faccenda lontano da occhi indiscreti", proferì tornando alla sua solita apatia, e facendo tornare seri anche gli altri.
"Dove, Conte?", chiese Elettra.
"Nei miei alloggi, pensavo. Alle sei. E raccomando a tutti voi di essere puntuali". Quell'ultima parte, anche se rivolta all'intero gruppetto, era chiaramente riferita ad una sola persona. Era solo Elettra, ad avere problemi con l'orologio.
 
***

Elettra si mise a picchiettare nervosa con il tacchetto delle ballerine sul costoso tappeto orientale del salotto del Conte; la gonna del suo abito fluttuava leggermente nell'aria. Odiava quella gonna e lo stretto corsetto dell'abito le dava parecchio fastidio. Aveva gli occhi fissi sul basso tavolino di cristallo e non aveva alcuna intenzione di alzarli sulla persona seduta sulla poltrona dall'altra parte. Lei si trovava sul divanetto, in mezzo tra Aramis e Giuliano. 
Il Conte, seduto sulla poltrona, la osservava con uno sguardo che avrebbe fatto gelare il sangue nelle vene a chiunque. Elettra ne era intimorita; perchè quell'uomo doveva fare così? C'erano momenti in qui era di una dolcezza disarmente e altri in cui, se avesse potuto, sarebbe scappata lontano. Era da quando era arrivata, che si comportava così. Che ce l'avesse con lei per quel quarto d'ora di ritardo?
'Elettra vai via, fallo finchè puoi', pensava nel frattempo Girolamo, 'Non devi fare patti con me. Indebitarti con me è rischioso, tu non puoi sapere a quali orribili conseguenze ti porterà'. Per questo la guardava con quello sguardo freddo. La sua coscienza, che aveva cominciato a risvegliarsi quel giorno nella bottega dell'Artista, gli diceva che quello che aveva in mente era sbagliato ma, la possibilità di rendere felice il Santo Padre, suo padre, lo portò a zittire, per l'ennesima volta, quel poco di buono che vi era in lui.
"Possiamo sapere, di grazia, perchè avete voluto incontrarci nei vostri alloggi? Se era per giocare al gioco del silenzio, mi sarei risparmiato di venire qui", sbottò seccato Giuliano. La pazienza non era mai stato una virtù della famiglia de Medici.
"Siete certa di voler scendere a patti con me?", chise il Conte a Elettra.
Lei si fermò e alzò timorosa i suoi occhi su quelli color nocciola di lui. "Voi siete la mia unica possibilità", sussurrò torturandosi le mani.
Riario annuì. "Il Magnifico è accecato dall'odio e non lascerà semplicemente cadere nel dimenticatoio tutte le accuse, gli serve qualcuno su cui addossare tutta la colpa. L'unico modo per salvare vostro zio è sviare i sospetti su qualcun'altro"
"Volete condannare un altro innocente, quindi?", disse Aramis. Per quanto frequentasse il Conte da diversi anni ormai, il suo essere spietato lo lasciava sempre di stucco.
"Di certo non sacrificherò il mio informatore", rispose impassibile.
"Ovviamente", ribattè sarcastico Giuliano. L'idea non gli piaceva per niente.
"Elettra, siete consapevole che accettando la mia più che generosa offerta, avrete con me un debito", tornò a rivolgersi Riario.
"Ne sono consapevole, Conte", rispose lei.
"Un debito che che io potrò riscuotere in qualsiasi momento e nel modo che riterrò più opportuno"
"Certamente, Conte", sospirò lei. Ormai era quasi fatta, non poteva tirarsi indietro proprio ora. Neanche se il tono con cui le si era rivolto la spaventava.
"Quindi accettate la mia proposta?", chiese tendendole la mano.
"Elettra non farl...!", si lasciò scappare Giuliano. 
"Accetto", rispose lei con un sorriso forzato, stingendogli la mano che le veniva offerta.
Il giovane de Medici sospirò sconfortato: Elettra aveva appena firmato un patto con il Diavolo. Le conseguenze le si sarebbero rivoltate contro, ne era certo.
"Ottimo", disse il Conte con un affilato sorriso di compiacimento. In realtà dentro si sè soffriva già per lei. Si alzò dalla poltrona e le fece un lento baciamano. "Ci rivedremo domani, allora"


Nda 
Improbabile quartetto nelle prossime puntate. Ce la faranno i nostri eroi a salvare Becchi? E cosa avrà in mente il Conte Riario per Elettra?
Capitolo appena finito di scrivere, scusatemi per gli eventuali errori.

PS. Vorrei ringraziare ancora moltissimo Verdeirlanda per la sua recenzione, Grazie mille :D
   
 
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