Anime & Manga > Detective Conan
Segui la storia  |       
Autore: Laix    23/09/2015    4 recensioni
Lo scopo di questa raccolta di one-shot è di sperimentare varie coppie (non solo love couples) sia tra le più conosciute che tra le più impensabili. Alcune delle presenti sono già state suggerite da voi: con diversi personaggi e couple sperimentate, si vede cosa ne esce e si cerca di accontentare tutti! Non siete vincolati alla lettura dell'ultima shot pubblicata... Ogni shot è una storia a sé, quindi liberi di aprire la tendina dei capitoli e scegliere i duetti favoriti! ;) I contesti possono essere dei più svariati, anche passando per l'assurdo :D
***
35. Mary Sera e Shuichi Akai ~ [Sei dura, donna. Dura come la pietra, il ghiaccio, sei cemento. Io con te divento calce ma tu non ti rompi mai, una corrente salata che viaggia al contrario e apre le onde. Eppure guarda cosa hai nascosto lì sotto. Dietro le botte, gli insulti, lo sguardo, l'odio, ti stai solo preoccupando per me e per il destino avverso che inseguo. Hai già visto tutto coi tuoi occhi e su un altro uomo.]
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Heiji Hattori, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Vermouth | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo, Shiho Miyano/Shinichi Kudo
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

17. Shuichi e Jodie ~

***






Turbinio isolante di neve bianca



- Aiuto. Ok, moriremo. Hey, OCCHIO! Ma sul serio, potresti andare un po' più piano?! -
- Mmm... no, direi di no. Non voglio arrivare tardi – proclamò Akai con un mezzo sorriso assolutamente saccente e di un'antipatia rara.
Jodie si picchiò da sola la fronte col palmo della mano, esasperata e senza parole. Cioè, non è che fosse così difficile da analizzare quella situazione: brutale nevicata in corso, fiocchi di neve grossi come soffioni si schiantavano contro l'auto limitando la vista oltre il parabrezza, l'asfalto collezionava centimetri di neve ed era scivoloso, la macchina slittava di continuo come fosse ad una gara di derapate. E allora perché, perché Shuichi andava così forte?! Si sarebbero andati a schiantare, già lo sapeva.
- Sì, tesoro mio bello, ma non mi va di rischiare la vita per non dover arrivare tardi! Rallenta! E' solo una stupida festa natalizia tra colleghi... e poi a te neanche dovrebbero piacere, queste cose! - gli disse frettolosamente Jodie, appigliandosi con ansia estrema alla maniglia interna della portiera per non sbandare a destra e sinistra.
- E perché mai non dovrebbero piacermi? - gli chiese di rimando Shuichi mentre guidava, tenendo il suo sguardo imperturbabile sulla strada come se in quel momento non imperversasse una delle più terribili tempeste di neve degli ultimi anni.
- Beh, perché... perché tu sei tu! Sei oscuro, truce e... ehm... inquietante. Quindi, a rigor di logica, come fanno a piacerti le feste natalizie? - chiese Jodie, perplessa.
- Ah. Quindi lo dici solo per questo motivo? -
- In realtà sì. Perché, non ho ragione? -
Shuichi fece spallucce, pensandoci su qualche secondo.
- Ma sì. Credo tu abbia ragione. Bello schifo, queste feste – disse ridacchiando.
Dopodiché girò bruscamente il volante per fare una curva pericolosa sugli strati di neve senza sbandare. Anzi, senza sbandare troppo. Jodie fu sul punto di capitombolare sotto il cruscotto, motivo per cui si tenne salda con le mani alla cintura di sicurezza urlando un “damn it!”.
Le sembrava di essere ad un rally, sul serio. E non impazziva all'idea che fosse sulla neve, era pericoloso e Shuichi sembrava avere il piede incollato all'acceleratore. Anche se aveva un po' di fifa e spesso chiudeva forte gli occhi per non guardare i muri o le vetrine dei negozi avvicinarsi fulminei e minacciare lo schianto, tutto sommato si fidava della guida di Shuichi. Era completamente pazzo, ma si fidava.
- Oddio... oh my... ma manca ancora tanto, alla fine di questa tortura...? - borbottò Jodie tra sé, piagnucolante.
- Quanto la fai lunga, fifona. Siamo quasi arrivati. Speriamo ne sia valsa la pena, eh? -
- Beh, sì, speriamo. Altrimenti qualcuno dovrà risarcirmi i danni morali! - ridacchiò lei, e con immensa gioia vide che anche lui rimase contagiato dal suo buonumore.
In fondo si divertivano insieme. Erano completamente diversi, lei fin troppo esuberante e chiacchierona, lui taciturno e analitico. Ma per qualche strana alchimia sembravano essersi trovati ed interconnessi, i loro caratteri si erano agganciati ed uniti su quella linea sentimentale in grado di tenere fuori dai suoi confini i fattori contrastanti che li caratterizzavano.
- Si faranno strane idee gli altri, vedendoci arrivare insieme...? - gli chiese Jodie, titubante.
- E anche se fosse? E' giusto che si facciano tutte le idee che vogliono, perché sono vere – rispose lui senza batter ciglio. Lei sorrise emettendo un lieve sospiro, sollevata.
A volte pensava di essere l'unica a ritenere ci fosse un legame di un certo tipo tra loro. Di essere l'unica a credere che, da diversi mesi, si stessero frequentando a tutti gli effetti, o a credere che per lui non fosse nulla di serio ma solo una sorta di svago. Sentendogli dire quelle parole, perciò, percepì una piacevole fitta di calore nel petto e cercò di convincersi del contrario. Doveva eliminare quel suo fastidioso dubbio di essere solo parte di un divertimento post-lavoro, e iniziare a considerarsi come lui effettivamente la vedeva: una donna con cui stare, con cui presentarsi alle feste tra colleghi, con cui fare viaggi traumatici in un'auto che sbandava senza tregua sulla neve.
Quel viaggetto “tranquillo” infatti sarebbe sempre rimasto impresso nella sua mente come uno dei momenti migliori, nonostante il trambusto e il timore: avevano riso per quasi tutto il tempo, lei aveva sbraitato in due lingue diverse per farlo desistere da quel tipo di guida, la neve li aveva accompagnati e al contempo piacevolmente isolati dal resto del mondo.
E lui le aveva detto quella frase.
- Anche nel caso in cui io non mi diverta alla festa, spero proprio che ce ne saranno comunque altre a cui partecipare. Fosse anche solo per momenti come questi, per fare un viaggio in macchina fino a là con questa atmosfera, io e te da soli. - poi aveva tolto la mano dal cambio marce per posarla sulla sua, anche se solo per pochissimi secondi. E l'aveva guardata per finire il suo discorso.
- Buon Natale, Jodie. -


La giovane agente ripensava spesso a quell'episodio, così come ripensava a quanto le piacesse il fatto che Akai riuscisse a tirare fuori alcuni lati speciali e gentili solamente con lei. Tuttavia, ormai, ci ripensava con una morsa al cuore che era in parte costituita da gioia e in parte da amarezza, specialmente in quella serata in cui aveva avuto conferma su quali fossero i piani dell'FBI riguardo all'organizzazione nera che stavano cercando da anni: il piano non era nient'altro che inserire un agente sotto copertura in mezzo a quell'ammasso di corvi neri e assassini, qualcuno da confinare tra loro per un tempo indefinito e mettendogli a rischio la pelle senza riserve. E la scelta su chi poteva ricadere, se non su uno dei migliori agenti che ci fosse in circolazione...?
- E' lavoro, Jodie. Non posso rifiutarlo, e ci tengo alla riuscita di questa operazione – le diceva lui ogni volta che affrontavano l'argomento e che la vedeva sottotono, col morale abbassato.
- Lo so, che cosa credi? - rispondeva lei brusca, per fargli capire che non cadeva di certo dal pero. Ed era così anche in quella serata precisa in cui stavano cenando a casa di Akai, senza tuttavia quasi toccare cibo. - Certo che lo so, sono un'agente anche io e conosco le logiche di certe pianificazioni. Quindi evitami queste patetiche paternali -
- Non intendo fare questo. Ti ho vista un po' giù, e volevo solo... -
- Basta così! Qui non è importante cosa “volevi tu” o cosa “voglio io”. Qui ha importanza soltanto il lavoro, le coperture, le missioni, i criminali! – disse alzando la voce e anche il calice di vino rosso, portandoselo alle labbra e ingurgitando un grande sorso. - Lo so bene, e tra l'altro io stessa sono anni che mi trovo sulle tracce di quell'organizzazione. Anzi, meglio così: ora che ti ci infilerai in mezzo, mi passerai quante più informazioni possibili! -
- Jodie... -
- Dalla prossima settimana, siamo d'accordo? Quando sarai lì dentro infiltrato e confuso tra loro... giorno e notte, costantemente in pericolo... tieni bene gli occhi aperti. Sempre. Okay? Fatti amico qualcuno, magari, in modo da rubargli più facilmente le informazioni. Okay? -
- Ascoltami, vorrei che... -
- Mi raccomando, voglio tutti i file. Soprattutto quelli su Sharon Vineyard, che ha assassinato la mia famiglia. Ti ricorderai, vero? Aspetto tutto sulla mia scrivania -
Lei si rese conto che, ad ogni frase, vedeva sempre più offuscato. Con gli occhi riempiti di lacrime e la voce incrinata, sorseggiò di nuovo avidamente del vino. E mentre Shuichi si alzava dal suo posto per raggiungerla e stringerla tra le braccia, lei iniziò a lasciarsi andare a quel dolore e a singhiozzare nel modo più sommesso possibile.
- Ti va di restare stanotte? - le propose Akai sotto voce e con tutta la dolcezza di cui il suo animo d'acciaio disponeva.
- Sì... - rispose lei senza esitazione. Presto non l'avrebbe più rivisto per molto tempo o, nel peggiore dei casi, non l'avrebbe proprio rivisto più. Non voleva lasciarsi scappare quelle poche occasioni che avevano ancora da passare insieme, prima della sua missione di infiltrazione tra gli uomini in nero.


Erano già passati due mesi. Due mesi di sporadiche telefonate, di frettolosi incontri quasi clandestini, di impercettibili parole sussurrate nell'aria. In qualche modo riuscivano a restare in contatto, specialmente quando Akai, in completa copertura e con la nuova identità di Dai Moroboshi, si presentava dal capo James Black per lasciar giù dei rapidi e spediti resoconti. O per lasciare dei documenti riguardanti Vineyard, alias Vermouth, sulla scrivania di Jodie, come lei aveva chiesto.
Un giorno, incontrandosi all'ombra di un parco desolato, Shuichi le aveva spiegato che stava seguendo il suo consiglio: si stava facendo amico un membro di quell'organizzazione, per avvicinarsi di più a loro e rimanerne in stretto contatto. Questo membro era una ragazza piuttosto giovane, Akemi Miyano, figlia maggiore di due scienziati dell'Org. Le raccontò che, per poter attaccar bottone con lei, si era addirittura buttato sotto la sua macchina finendo in ospedale, e che lei non sospettava ancora nulla.
- Ah, una giovane donna? - gli chiese di puntualizzare Jodie, lievemente stizzita. Tra tutti gli uomini che dovevano esserci in quel nero covo, proprio lì doveva ricadere la scelta? Ma Jodie scosse la testa e se la fece subito passare: era lavoro, non gioco e nemmeno intrallazzo. Doveva affrontare quella situazione pericolosa, e in cui lui era in pericolo, con estrema serietà.
- Sì. Sfruttando lei riuscirò a penetrare di più nella loro rete, tirando fuori qualche informazione e strategia utile -
- Sicuro che lei non ti stia già usando a suo vantaggio? -
- Sicuro. E' una brava ragazza, tutto sommato, si trova lì dentro soltanto perché ci è costretta -
- Devi averci parlato molto, per aver già capito che è una brava ragazza – riprese lei, sempre senza riuscire a mascherare nella voce quella punta di fastidio e gelosia. Doveva smetterla, e se lo ripeté mentalmente. E' lavoro, lavoro.
Poi ne passarono altri quattro, di mesi. Mesi in cui, per Jodie, divenne sempre più complicato avere un qualsiasi tipo di contatto, digitale o fisico, con Shuichi. Lui era ormai coinvolto appieno in quel gigante “nido di corvi” e di certo indagava senza sosta. Si chiedeva spesso cosa stesse facendo, come stesse agendo, se si sentisse in pericolo, dove si nascondesse, con chi stesse parlando. Se stesse ancora “sfruttando” la giovane donna adescata nell'organizzazione, o se avesse smesso. Se anche lui soffrisse la sua mancanza come lei stava soffrendo la sua.
In una notte fonda di autunno, in un orario in cui le luci della città erano attenuate al massimo e i rumori affievoliti, riuscirono a vedersi. La giovane agente era al settimo cielo e faticava quasi a contenersi, anche perché aveva immaginato quel momento nella sua testa una tale quantità di volte che ne aveva perso il conto; e sebbene ogni legamento del suo essere vibrasse di gioia, sebbene tutto ciò che ormai le era parso irreale si era invece concretizzato, non intendeva ostentarlo: un po' per rispettare quella vecchia e maliziosa regola femminile, quella del “ignorare e farsi desiderare”, e un po' perché sospettava che Akai non andasse proprio matto per gli atteggiamenti esuberanti e mostrati al 100%. In ogni caso, lei non poté fare a meno di tirare un gran sospiro di sollievo: a parte qualche ferita qua e là, le pareva che lui stesse benone. Aveva il viso tirato per la stanchezza e forse anche per l'angoscia, ma non era di cattivo umore, anzi.
Per questo aveva pensato che, passando quella notte insieme dopo tanto tempo in un anonimo hotel, si sarebbe riuscita a ritrovare una traccia di quell'antica armonia che li legava. Ma non fu così.
Lei lo vide per tutto il tempo distratto, a tratti senza forze. Era di certo esausto dal tenore di quella “seconda” e fasulla vita che stava conducendo, ma non era solo questo, ed erano i suoi occhi a comunicarglielo: era come se il nocciolo del problema, in quel momento, fosse tra loro due e basta. L'organizzazione, il pericolo, la distanza, erano tutti fattori che non c'entravano nulla.
Evitò comunque di chiedergli qualsiasi cosa, nonostante le continue e insidiose fitte al cuore, miste alla delusione: aveva una paura matta di rovinare completamente l'atmosfera di quella serata, come se già di per sé non arrecasse abbastanza pesantezza. Era l'unico momento in cui lui trovava il modo di svagarsi e di slacciarsi da quell'incubo in cui era confinato, e non si sentiva in diritto di rovinarglielo.
- Solo una cosa, poi non ti chiedo più nulla. Stai bene, Shu? - le chiese lei mentre gli teneva ancora il braccio attorno al petto, titubante, nel buio di quella stanza illuminata soltanto dalle luci esterne della città che penetravano attraverso le finestre. Ormai si trovavano lì dentro da qualche ora, prima o poi l'alba rosa si sarebbe delineata all'orizzonte.
Vedendo che non rispondeva, Jodie si staccò da lui e si alzò a sedere sul letto, guardandolo. Lui fece lo stesso e si accostò sul bordo, in procinto di alzarsi, poi si voltò verso di lei con un mezzo sorriso stanco e vagamente amareggiato.
- Sì. Magari adesso però mi faccio una doccia. Perdonami, sono solo un po' distratto da tante questioni. Questo particolare lavoro... è più duro di quel che credessi. -
E senza aggiungere altro, si diresse verso il bagno. Lei annuì tra sé e sé, convincendosi che quel discorso aveva più che mai senso. E ignorando la sensazione pungente che, però, qualcos'altro le stesse sfuggendo.
Dopo svariati minuti scosse la testa e si alzò, andando a sedersi al tavolo per mangiare una grossa pesca come colazione appena prima dell'alba.
E, davvero, non lo fece apposta. Non fu realmente sua intenzione spiare la mail che arrivò in quell'esatto momento al cellulare di Shuichi, posizionato di fronte a lei sul tavolo e con lo schermo ben illuminato dal testo del messaggio, perfettamente leggibile. Non voleva farlo, ma era lì, di fronte a lei, arrivato appositamente come un segnale mistico.
Ciò che lesse le bloccò momentaneamente la masticazione e pure il battito cardiaco. Finì di leggere il messaggio, lo rilesse almeno un paio di volte in tutto, forse tre, e poi posò delicatamente la pesca sul piatto, deglutendo a fatica quell'ultimo boccone con lo stomaco richiuso. Spostò la testa verso la finestra e fissò il panorama calmo e silenzioso a lungo, inespressiva, ascoltando gli scrosci d'acqua provenienti dalla doccia ancora attiva.
Quando Akai uscì dal bagno, lei si era già rivestita e l'alba aveva iniziato a permeare i palazzi con la sua morbida luce rosata.
- Che fai, Jodie? Non puoi aspettare un attimo? - le chiese lui, perplesso.
- Anche quello è lavoro, Shu...? - le disse lei sottovoce e mesta, indicando con un cenno della testa il suo cellulare sul tavolo.
Lui spostò lo sguardo verso l'oggetto, afferrandolo e leggendone lo schermo. Dopo alcuni secondi di silenzio, capì e sospirò.
Un messaggio arrivato in piena notte da Akemi Miyano, il quale citava “Sì, te l'ho detto io stessa l'altro giorno, no? Che anche io mi sto innamorando di te. Ma sono contenta tu abbia voluto ricordarmelo, con quell'amabile atteggiamento che tiri fuori solo con me. Ed io ti voglio ricordare che, se mai usciremo da questo casino, potremo ricominciare insieme. Chissà, magari potremo andarcene e partire via lontano! Ci staresti, Shu? Spero di sì”. Lui si morse le labbra, sospirando di nuovo gravemente e voltandosi verso Jodie che lo fissava seria, ma non arrabbiata. Soltanto malinconica.
“Solo con me”. Erano quelle le tre parole del messaggio che forse l'avevano più scalfita.
Perché la verità era che, anche se non se l'erano comunicati formalmente, la loro relazione si era conclusa da un pezzo. Come possono due agenti federali, spesso sotto copertura in missioni rischiose e in postazioni diverse del pianeta, sperare di andare avanti in quel modo? Lei lo sapeva già da un bel po', e forse quel che le serviva era semplicemente una bella conferma dei fatti. Ora che questa era arrivata, ed anche tosta, poteva rilassarsi. In teoria.
- Te ne avrei parlato, Jodie... -
- No, non voglio saperne nulla. Non sei tenuto a spiegarmelo, non c'è mica un contratto. Immagino sia soltanto lavoro, devi impegnarti a guadagnarti la fiducia dei membri dell'organizzazione e per questo scopo sei disposto a... -
- No. Non è solo lavoro. Non in questo caso, non con lei. Lo pensavo all'inizio, ma poi... -
La conversazione parve morire lì, in modo eloquente. Jodie annuì frettolosamente senza guardarlo e prese la sua borsa, mettendosela in spalla.
- Tranquillo, Shu. Ci avevo sperato, forse, ma non ci avevo mai creduto sul serio. E' troppo difficile per due come noi. Anzi, sono felice che in mezzo a quell'incubo che stai vivendo, tu abbia trovato qualcosa che ti dà la forza di andare avanti e stare su con l'umore. E dico davvero – concluse Jodie con un sorriso triste ma molto sincero.
- Jodie... se solo volessi rimanere qui un attimo, così che io possa... -
- Te l'ho già detto, non devi preoccuparti. - ribatté lei, facendo due passi verso l'uscita. - E' già l'alba, tra poco inizio il mio turno e ho parecchio lavoro da fare. Così come penso anche tu. E' stato bello passare la nottata qui, come... come tutte le volte – si affrettò ad aggiungere, dirigendosi verso la porta della stanza. Shuichi la fissò per tutto il tempo, senza emettere un suono.
Una volta uscita da lì, Jodie si richiuse la porta alle spalle e si diresse all'ascensore. Vi entrò da sola, digitò il piano terra, si appoggiò con la schiena alla parete dell'abitacolo ed affondò il viso in entrambe la mani, premendo forte, le dita bagnate via via dalle lacrime.
Avrebbe dato probabilmente tutto ciò che aveva con sé in quel momento, compreso il suo tesserino da membro FBI, per poter tornare indietro a quella lontana serata invernale, in quell'auto guidata in modo pazzoide in mezzo alla neve e che minacciava di collidere contro un muro ogni due minuti. Avrebbe dato tutto per poter avere ancora quel genere di fifa, quella leggerezza, per poterlo avere al suo fianco che rideva con lei, per udire di nuovo frasi come quelle che, quella sera, si era lasciato sfuggire. Per poter rivedere attorno a loro quei turbinii di neve che li avevano circondati con assoluto candore.
Mentre singhiozzava da sola, confidando nella lentezza di quell'ascensore nell'arrivare al pian terreno, sperò di riuscire a dimenticare quei momenti che non sarebbero tornati mai più.


Appena il mese successivo, Akemi Miyano rimase vittima di omicidio da parte dell'organizzazione stessa. L'informazione arrivò all'FBI tramite Akai, perciò anche alle orecchie di Jodie. La donna si stupì di se stessa nel constatare che tutto ciò che provava era solo un'immensa, sconfinata tristezza: non poteva certo gioire della morte altrui, usando lo stupido pretesto che c'era di mezzo un uomo; senza contare che aveva ormai imparato, nella propria concezione mentale, ad attribuire ad Akemi il ruolo di salvatrice per Shuichi, il ruolo di colei che aveva il potere di farlo sorridere e di fargli sentire il cuore leggero pur restando incastrato nel contesto nemico. In realtà avrebbe soltanto voluto ringraziarla di questo, e non di certo saperla morta.
Il suo pensiero volò subito a Shuichi. Chissà come diavolo di sentiva, in quel momento? Senza più quell'àncora, senza più quella donna di cui, in fondo, pareva essersi innamorato?
Il mese dopo ancora, Akai completò il suo periodo di infiltrazione tra gli uomini in nero, in quanto smascherato e con la copertura saltata. Tornò alla sede dell'FBI in veste di agente federale, ritrovandovi Jodie in perfetta forma.
- Posso entrare? - le chiese lui all'ingresso del suo ufficio, bussando appena. Jodie annuì con vigore e con un sorriso.
- Certo, vieni pure. Hai qualcosa per me? -
- Esatto. Un po' di fascicoli ricreati da me su quel che ho capito di Sharon Vineyard -
- Grazie, mettili pure qui. Questi mi serviranno davvero per indagare. E' stato complicato stilarli? Com'è lei? -
- Diciamo che lo sa, ha capito quel che stavo facendo. Perciò se arriverà il giorno in cui te la troverai di fronte, sappi che non ha gradito affatto questa mia azione -
- Ne prendo atto. Può essere pericolosa quanto vuole, perché quando mi incavolo io non sono da meno! - disse lei con un esagerato e giocoso broncio di vittoria, suscitando la risata di lui.
- Comunque ti trovo bene, Jodie. Ne sono felice -
- Anche io ti trovo bene, Shu. Nonostante... nonostante tutto quello che devi aver passato. - provò ad azzardare lei, scorgendogli per un attimo un'ombra nera e cupa negli occhi. Non sapeva come e quanto stesse soffrendo la perdita di Miyano, ma decise che non vi avrebbe indagato: erano solo affari di Shuichi e, semmai lui avesse avuto voglia di parlarne, sapeva di certo dove trovarla. - Ma insomma, che dire... sono contenta di ritrovarti nell'FBI. E' questo il posto in cui devi stare. -
- Lo è davvero. Me ne sono reso conto più che mai. - disse a bassa voce.
Lei gli rivolse un limpido sorriso, prima di concludere.
- Bentornato, agente Akai – dichiarò con un mezzo inchino, a cui lui rispose ben volentieri.



 





********************************************
Ciao belli!!! :D Eccoci qui con una shot dedicata a Shu e Jodie, una coppia che mi è stata suggerita/richiesta più volte (grazie a tutti voi suggeritori!) e che inoltre avevo abbozzato già da un bel po' di tempo, l'ho solo risistemata un poco per buttarvela addosso senza pietà :) ^.^
Che ne pensate? Io volevo fare una cosa più leggera, eh, ma alla fine mi sono fatta venire la malinconia da sola. ç__ç XD Jodie comunque non è una tipa da buttarsi giù, quindi l'ho lasciata bella sostenuta anche dopo la batosta!! Yeah! E Shuichi, BEH... trovo che sia il più, ehm, aitante giovanotto (:Q_____) che ci sia lì dentro, però di sicuro è un tipo piuttosto impegnativo D:
Bando alle ciance! Aspetto di avere vostre impressioni e vi ringrazio tanto, come sempre, per le vostre splendide recensioni, mi fate sempre tanto piacere :') ne voglio ancora eh, hancoraaaah! *sbava* Deheheh, alla prossima! ^^ 

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Detective Conan / Vai alla pagina dell'autore: Laix