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Autore: _Charlie_    23/09/2015    3 recensioni
Il pericolo incombe.
Le streghe della Congrega si preparano a fare ritorno.

Arya Mason è una ragazza di sedici anni che vive a Rozendhel, Virginia. Ha lunghi capelli color rosso ciliegia, occhi verdissimi, e un passato da dimenticare. Una Visione, una Chiave ed un Portale segneranno l'inizio di una guerra da cui non potrà tirarsi indietro.

Ma quali sono le schiere del Bene? Innanzitutto, esistono davvero?
Genere: Azione, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 11:

 

La notte più buia

 

 

« Hai un aspetto orribile! »
« Grazie ».

« Quand'è stata l'ultima volta che hai dormito? »
« Non lo ricordo ».
Sebbene fosse trascorso del tempo da quell'infausta domenica, Arya non riusciva ancora ad attenuare la paura che serpeggiava nel suo animo: la faccenda riguardante il Cacciatore l'aveva resa tutt'altra persona – diffidente e, a tratti, bisbetica. Hazelle aveva dato inizio alle indagini, senza però ottenere grandi esiti. La rosa dei sospettati includeva pochissimi individui – tra cui un anziano che Beckah aveva visto uscire da un sexy shop – e non sembrava dar loro molta attendibilità. Oliver, nel frattempo, cercava di tranquillizzare la sua migliore amica ponendole un quesito più che interessante: se l'intento del Cacciatore era davvero quello di ucciderla, per quale motivo non l'aveva fatto subito? Un'occasione simile non gli sarebbe mai più capitata! Quante altre volte, infatti, avrebbe potuto metter piede nella sua cameretta e, con altrettanta facilità, guardarla dormire? Nessuno all'interno della Congrega era in grado di dargli una risposta soddisfacente, o quantomeno sensata. A peggiorare ancor di più la situazione vi era un altro elemento: la fine delle vacanze natalizie. Come la maggior parte degli studenti, Arya avrebbe fatto volentieri a meno del ritorno a scuola: nessun docente, lì dentro, avrebbe potuto darle la stessa sicurezza che percepiva abitando vicino ad una delle streghe più longeve della storia.
« Ti va un caffè? » Le chiese Oliver.
« Ne bevo troppi ultimamente » ammise lei: « ma accetto volentieri una tisana ».
Quel giorno i due ragazzi avevano passeggiato a lungo per le strade della cittadina: adesso, stanchi e infreddoliti, avevano preso la decisione di rifugiarsi nella tavola-calda degli Hart. Dietro al bancone si trovava Walton – il padre di Darren – mentre accanto ad un tavolo circolare vi era la figura di una donna che Arya non aveva mai visto prima. Immaginò dovesse trattarsi della sua futura suocera. Sorrise. Ella aveva i capelli lunghi, di un castano chiarissimo, il naso all'insù ed un paio di occhi color ambra. Osservandola per bene, la ragazza si rese conto che era molto più bassa di suo marito e suo figlio. Rotondetta e dal viso gentile, appariva proprio come una signora umile ed affabile.
« Salve! » Oliver si avvicinò al bancone, liberandosi del suo fedele giacchetto di pelle di coccodrillo. « Vorremmo ordinare un caffè al ginseng e una tisana ».
Walton segnò il tutto su un taccuino, poi volse lo sguardo in direzione di Arya: « ehi, ma io ti conosco! »
La ragazza annuì: « sì, ci siamo visti qualche giorno fa ».
« Tutto bene? Hai trascorso delle buone vacanze? » L'uomo sorrise con aria stanca.
« Sì, e lei? »
« Be', » cominciò lui: « non proprio. Voi siete amici di Darren, giusto? »
Con la coda dell'occhio, Arya vide Oliver annuire scettico. « Sì, esatto! Come mai ce lo chiede? È successo qualcosa? »
Walton non rispose immediatamente: lanciò un'occhiata a sua moglie – la quale rispose inarcando le sopracciglia e avvicinandosi, un taccuino le sporgeva dalla tasca del grembiule. « Cosa succede? » Esordì lei, la voce acuta.
« Cara, questi due ragazzi sono amici di Darren! » Walton indicò Arya ed Oliver, aspettando che fossero loro a presentarsi.
« Io sono Arya » la ragazza sorrise: « lui invece è Oliver ».
« Piacere di conoscervi! Io mi chiamo Abbey, sono la madre di Darren ». Anche Abbey, come suo marito, aveva il volto contornato dalla stanchezza. Dietro a tutti quei sorrisi gentili vi erano le figure di due genitori distrutti. Arya, in quel momento, cominciò a preoccuparsi e a chiedersi che fine avesse fatto Darren.
« Per caso avete notato qualcosa di strano in nostro figlio ultimamente? » Iniziò Walton.
« Non lo vediamo da parecchi giorni » rispose Arya.
« Ah, ho capito » Abbey strinse le labbra, amareggiata: « nostro figlio è cambiato... non è più il solito ragazzo cordiale e pieno di vita che era qualche mese fa. Non sappiamo cosa gli sia successo. Forse, ha avuto un battibecco con Kyron? O magari con una ragazza? »
Arya inarcò la fronte, offesa: « non penso ».
« Oh, d'accordo » disse Walton, avvicinandosi alla macchinetta del caffè: « ginseng, giusto? »
Oliver annuì e, quando gli fu consegnata la tazzina bollente, ringraziò cordiale.
« Dov'è adesso? » Riprese Arya, lo sguardo concentrato su Abbey.
« Abbiamo una seconda casa vicino al lago » disse quest'ultima: « è una settimana che si trova lì, da solo ».
« Non parla più, mangia pochissimo... non è che potreste andarlo a trovare uno di questi giorni? »
« Siamo molto preoccupati, ragazzi » incalzò Abbey.
Arya lanciò un'ennesima occhiata ad Oliver, il quale rispose con un'alzata di spalle. « Il lago si trova a qualche chilometro di distanza dalla casa dei Lloyd, dovremmo tornare da me e prendere la macchina ».
« Dai, Oliver » sussurrò Arya, ricevendo tra le mani la tazza fumante.
« D'accordo » il ragazzo inspirò profondamente: « se partissimo adesso, arriveremmo tra... un'oretta, forse ».
« Ma si sta facendo buio, ragazzi! Forse è meglio andare domani! »
« Potrebbe essere pericoloso! » Aggiunse la signora Hart.
« No, tranquilli! » Insistette Arya, decisa: il suo sesto senso le suggeriva di non rimandare.
« Allora, aspettate un momento » Walton si avvicinò alla cassa: « vi paghiamo la benzina! »
« No, assolutamente! Non possiamo accettare! »
Persero qualche prezioso momento nel convincere i genitori di Darren a non pagar loro la benzina, poi Arya ed Oliver uscirono dalla tavola-calda indirizzandosi verso la villetta di quest'ultimo. Tutt'altra storia fu quella di spiegare la situazione ai signori Hopkins: entrambi non volevano che il loro unico figlio uscisse di sera, con l'automobile, diretto al lago. Arya aspettò fuori, seduta sul marciapiede della strada, la mente confusa. Per quale motivo Darren aveva iniziato a comportarsi così? Quale poteva essere l'origine dei suoi problemi? Il sole era già sparito oltre le montagne quando Oliver uscì di casa, sbattendosi la porta alle spalle. Strette nel pugno della mano destra aveva le chiavi della sua vecchia Cadillac.
« Cos'è successo? » Gli domandò Arya, allacciandosi la cintura di sicurezza.
« Niente » sbuffò lui: « mi hanno messo in punizione... poverini, credono ancora che io li ascolti! »
A differenza delle altre volte, il ragazzo non inserì alcun cd all'interno dello stereo. Rimasero in silenzio per lunghi istanti, Arya intenta ad osservare il paesaggio fuori dal finestrino – le parole di quel biglietto d'auguri le bruciavano ancora nella testa. Era impossibile dimenticarle.
Proprio come se avesse udito i suoi pensieri, Oliver le chiese: « cosa ne hai fatto di quella casa delle bambole? »
« L'ho buttata nel cassonetto » rispose lei, secca.
« Sei ancora convinta di non inserire Frank nella lista dei sospettati? »
« Oliver! » Esclamò Arya: « ne abbiamo già parlato! »
« Dico solo che Frank è un uomo abbastanza silenzioso e, cosa più importante, vive con te! »
« No! Te lo ripeto, Frank non mi farebbe mai del male! »
« Va bene, okay » Oliver diede una leggera botta al volante, infastidito: « cambiamo discorso? »
« Cambiamo discorso! »
Ma trascorsero trenta minuti prima che uno dei due ricominciasse a parlare. Arya si sentiva terribilmente in colpa a vedere Frank come il primo possibile sospettato; non riusciva a concepire l'idea che un uomo del genere, sempre pronto ad aiutare il prossimo, potesse essere uno dei serial killer più famosi nella storia di Rozendhel. Scosse la testa. Non poteva essere lui il Cacciatore, non doveva.
« Hai sentito chi si candida alle elezioni? » La destò Oliver.
« Per diventare il nuovo sindaco, intendi? »
Il ragazzo annuì, scostando gli occhi dalla strada per un secondo: « il padre di Quinn! »
« Che cosa? » Arya rimase a bocca aperta: « vincerà lui! È una delle persone più influenti, lo voteranno tutti. Chi sono gli altri candidati? »
« Un uomo con un buffissimo cognome, Miss-Rozendhel 1996, ed il tipo che cucinava il sushi all'angolo della scuola ».
« Stai scherzando? »
Oliver scosse la testa, scoppiando in una risata così contagiosa che non poté non attrarre anche Arya. I due tornarono a conversare con più serenità, e nel momento in cui sfilarono di fronte alla reggia dei Lloyd si resero conto che mancavano davvero pochi chilometri all'arrivo – le montagne divenivano sempre più enormi e minacciose di fronte al parabrezza dell'automobile. Raggiunto poi il limitare del bosco, Oliver tolse la chiave e invitò Arya a slacciarsi la cintura. La neve si era ormai sciolta, ma quel freddo lancinante era rimasto pressoché lo stesso. Camminarono con le braccia strette attorno al busto, guidati da una mappa che di consueto il giovane Hopkins teneva all'interno del vano portaoggetti. In questo modo non fu difficile raggiungere la casa degli Hart: si trovava a pochissimi passi dal lago e da quella aggressiva schiera di pini che segnava l'inizio dei boschi. La luce della luna piena si rifletteva sulle placide acque del lago, silenziosa e innocente. Arya lanciò un sospiro di sollievo alla vista della casetta in legno: le luci erano accese e dal caminetto uscivano sbuffi di fumo grigio. Darren doveva essere per forza lì. Bussarono alla porta, sfiorando un'ingente ghirlanda natalizia appesa ad un chiodo.
« Speriamo stia bene! » Sussurrò la ragazza, notando il ritardo impiegato ad aprire.
« Io entrerei » disse Oliver, la mano protesa verso il pomello: « vieni con me? »
« Ma non è una sorta di violazione di domicilio? »
« Poche storie, vieni! »
Il salotto si mostrava abbastanza ampio ed elegantemente arredato: di fronte al televisore erano posizionate due poltrone in soffice pelle bianca, il basso tavolino da tè stile Barocco si trovava invece su di un delicato tappeto color beige. Appeso al soffitto brillava un prezioso lampadario intarsiato di cristalli, mentre dal caminetto proveniva di tanto in tanto il crepitio del fuoco. Arya inarcò la fronte, chiedendosi quanto potesse essere ricca la famiglia Hart.
« Forse è al piano superiore? » Le domandò Oliver.
« Non lo so! » Arya si avvicinò alle finestre, scostando le tende gialle: « o, magari, è uscito ».
« Perché dici così? » Il ragazzo si tolse nuovamente il giacchetto; se fuori facevano tre gradi, lì era piena estate.
« No, niente » Arya scosse la testa: « mi era parso di vedere qualcosa ».
« Cioè? » La esortò Oliver: « forse avremmo dovuto ascoltare davvero i genitori di Darren, e venire qui domattina. È tutto troppo inquietante! » Chiamarono Darren a gran voce, senza però ottenere risposta. Iniziarono allora ad ispezionare l'intera villetta. La cucina era in disordine, il tavolo da pranzo per esempio si trovava a terra. Arya si avvicinò ai fornelli prestando la massima attenzione: vicino alla macchinetta del caffè era possibile notare un pentolino di ceramica, con particolari erbe all'interno. La ragazza alzò il coperchio trasparente e, non appena ne ebbe visto il contenuto, lo lasciò cadere a terra – accompagnando il tutto con un grido agghiacciante. « Cos'è successo? » Oliver arrivò in fretta, spaventato. Arya non disse una parola e, con l'indice della mano sinistra, fece segno di osservare.
« Aconito? »
« Oliver, pensi si sia ucciso? » Domandò la ragazza, gli occhi fissi su quei due rametti all'apparenza inoffensivi. « Chiamiamo qualcuno! La polizia, magari!»
« Sul serio? »
« Assolutamente sì! Potrebbe essergli successo qualcos... » ma la ragazza non riuscì a terminare la frase. Un rumore fin troppo vicino la fece rabbrividire. Oliver sgranò gli occhi, pallido quanto un cadavere. Nessuno dei due emise più un suono. Si erano trasformati in statue di cera.
« Diamine, non c'è campo » bisbigliò Oliver, ricacciando il telefono in tasca. « A te prende? »
Arya scosse la testa, facendo segno di uscire dalla villetta. Azzardarono qualche passo, giusto per tornare in soggiorno. Sembrava essere tornata la calma.
« Io credo che Darren sia morto ».
« Oliver! » Lo rimproverò Arya: « cosa cavolo ti viene in mente? »
« Ti faccio presente una cosa » egli continuò: « una bestia sta uccidendo parecchie persone che abitano vicino al bosco ».
« Lo so, ne sono al corrente! Ma questo non è il caso di Darren! »
Si sbrigarono ad uscire fuori, evitando di produrre qualsiasi tipo di rumore superfluo. L'idea di raggiungere l'automobile era terrificante: il buio divorava ogni cosa.
« E se non dovessimo mai più tornare a casa? » esordì Oliver, all'improvviso.
« Finiremmo al telegiornale e tutti direbbero che eravamo brave persone » concluse Arya.
Si trovavano ancora nella veranda, immobili di fronte a quell'oceano di oscurità.
« Sappi che ti ho voluto bene ».
« Anch'io! »
Il vento si alzò. Il bosco ruggì ancora una volta. Arya afferrò la mano di Oliver.
« Così però mi fai male! » Disse lui, sorridendo.
« Oh, scusami » la ragazza si scansò di colpo, imbarazzata: « adesso abbiamo la conferma che quella famosa creatura è qui. Forse sa anche dove siamo ».
« Vogliamo tornare dentro? O proviamo a raggiungere la macchina? »
Arya si morse il labbro inferiore, pensierosa: « tu che dici? »
« Io me ne andrei subito ».
« E cosa potremmo dire ai signori Hart? »
« La verità, Arya! »

Abbandonarono la veranda ed iniziarono a nuotare nelle tenebre. Gli occhi di entrambi andavano da destra verso sinistra, da sopra a sotto, da davanti a dietro. Arya aveva il cuore che le martellava nel petto; più volte pensò di correre, urlare, o semplicemente accasciarsi vicino ad un cespuglio e fingersi morta. In questo modo, forse, avrebbe potuto superare la notte. Secondo il suo punto di vista, difatti, stavano procedendo troppo lentamente. Cercò di farlo notare ad Oliver, ma ogniqualvolta che tentava di parlargli lui la zittiva e le faceva segno con la mano di cucirsi la bocca. La ragazza iniziò a credere che il suo amico fosse un tantino più spaventato di lei. Continuarono a camminare, lottando contro l'istinto di battere i denti per via del freddo eccessivo. Era di vitale importanza non provocare alcun tipo di rumore. O suono. Ma adesso erano gli unici a cui questo importasse. Alle loro spalle, all'interno del bosco, infatti, sembrava che qualcuno non ci stesse badando. I rami sparsi al suolo scoppiettavano, i denti stridevano, le zampe tuonavano...
« Hai sentito? » Sussurrò Oliver.

Arya annuì – osava a malapena respirare.
Rimasero in silenzio, saldi e duri come il granito.
Il bosco tremò.
Qualcuno o qualcosa stava per uscire allo scoperto.
La ragazza si voltò in direzione del lago, cercando una possibile via di fuga: le uniche possibilità erano i pini neri come la pece, l'acqua ghiacciata, e la villetta degli Hart ormai troppo distante.
« Arya » si sentì chiamare: « voltati... lentamente... »
Ma il consiglio del giovane Hopkins fu del tutto ignorato; Arya ruotò su se stessa con uno scatto improvviso. Un movimento che avrebbe fatto bene a non compiere. Eclissata dall'oscurità della notte e dalle ombre minacciose del bosco, la creatura prese a fissarli con quel suo paio di grandi occhi rossi. Era immensa, dal pelo scuro e dagli artigli affilati quanto la lama di una spada. Digrignava i denti, provocando uno dei rumori più agghiaccianti che Arya avesse mai udito.
« Lo vedi anche tu? » Le chiese Oliver.
« Sì, ma non capisco cosa possa essere ».
Somigliava difatti ad un orso, ma era decisamente più imponente. Il suo muso aveva le caratteristiche di quello di un lupo, ma era tremendamente più feroce.
« È un lupo mannaro, Arya ».
La ragazza alzò un sopracciglio, scettica: « non penso possano esistere dei lupi mannari, Oliver! »
Ma il discorso non poté andare avanti: la creatura lanciò un ennesimo ruggito che fece vibrare persino il terreno. Si stava preparando ad attaccare.
« Fa' qualcosa! » Urlò Oliver.
« D'accordo! » Arya indirizzò le mani verso il bosco e gridò a sua volta: « Fragor! »
L'incantesimo scoppiò, arrestando la bestia per pochi secondi. Con il cuore in gola, Arya ed Oliver iniziarono a correre. « Da quella parte, forza! »
Ma la creatura inarcò la schiena, dandosi uno slancio che le permise di precipitare dinanzi ai loro occhi.
« Fragor! »
L'esplosione non diede l'effetto sperato, ed immediatamente Arya venne schiantata contro il tronco di un albero.
« ARYA! » Urlò qualcuno in lontananza; una persona che riusciva a malapena a riconoscere. Si tenne la testa con la mano sinistra e tentò di rimettersi in piedi. Il paesaggio girava, senza darle mai sosta.
« ARYA, VIENI QUI! »
La ragazza si tastò gli arti inferiori – quando ritirò le mani, esse le si mostrarono scarlatte.
Un nuovo ruggito e l'urlo di Oliver la destarono da quel suo improvviso stato di confusione. Reggendosi ad un tronco, tentò di scatenare una folata di vento. Tutto inutile. L'animale si era alzato sulle zampe posteriori: adesso, era quattro volte la statura di Oliver. Nel vedere il suo amico in procinto di raggiungere il confine del bosco, Arya urlò: « no, Oliver! Non entrare lì dentro! »
Ma il ragazzo sembrò non aver recepito le sue parole e sparì dietro a dei cespugli. La bestia rimase ferma per pochi istanti, fiutando l'aria con sguardo umano. Un rapido scatto e partì alla ricerca di Oliver. Arya bestemmiò. « Lo ucciderà ». Inspirò profondamente e si tuffò in quell'oceano di tenebre. Il bosco era un labirinto di pini. Era gelido, buio, minaccioso e, cosa ancor più tremenda, odorava di morte. Il suolo si presentava coperto da un ispido tappeto di aghi, e se non fosse stato per la luce intensa della luna piena la giovane sarebbe di certo andata a sbattere contro qualsiasi pianta o rovo. Non le dava tregua nemmeno il freddo pungente o gli orribili suoni che si alzavano all'unisono dalla vegetazione vicina. Si sentiva in trappola, accompagnata dalla stessa sensazione di panico che un claustrofobico potrebbe provare in un ascensore bloccato. L'urlo di Oliver le provocò un lungo brivido alla schiena. « OLIVER! » Ricominciò a correre – la paura stava prendendo il sopravvento. « DOVE SEI? OLIVER? » Si gettò contro un rovo di spine, lanciò delle grida di dolore, ed infine si lasciò cadere a terra. Quando riaprì gli occhi si accorse di essere giunta in una radura. La terra le si presentava ruvida al tatto, freddissima. Attorno a lei non vi era assolutamente nulla. O quasi. A qualche metro di distanza, riuscì a scorgere la figura di Oliver. Steso a terra ed immobile. « Oliver? » Arya strisciò sugli aghi, poi si mise carponi. Alzarsi era ormai divenuta un'impresa. « Oliver, svegliati ». Gli tastò una spalla, rendendosi conto che fosse incosciente. Aveva i jeans strappati, il volto sporco di terra con il labbro spaccato e la gota sinistra insanguinata. « Svegliati, ti prego » sussurrò Arya, poggiandogli la testa sulle sue gambe doloranti. « Svegliati, dai ». Ripeté queste frasi per una decina di minuti. Le lacrime avevano iniziato a rigarle il viso. Si sentiva affranta e terribilmente in colpa. Doveva uccidere quella creatura. Doveva ucciderla subito.
« Sei tornato » Arya abbassò gli occhi, udendo il crepitio leggero delle foglie secche. « Hai fatto bene. Ti stavo cercando ».
La bestia ruggì – nella radura, appariva ancora più massiccia. I suoi occhi brillavano di un rosso incandescente, la sua coda invece era lunga e folta – come d'altronde tutto il resto del suo pelo castano. Con tanta fatica, Arya si mise in piedi e prese a fissarla. Il cuore le martellava nel petto, ma questa volta riuscì ad imporsi la calma. Alzò le mani e scatenò una forte tempesta di vento – non sembrava fosse tanto efficace. Un gesto con le dita ed il rumore di un'esplosione. Niente. I pugni stretti, l'intenzione di uccidere. Fatica sprecata. Era troppo stanca per affrontare un mostro simile. « Non ce la faccio più » disse a se stessa, mentre il nemico si avvicinava digrignando i denti.
« Defendo! »
La barriera invisibile evitò che la strega venisse squarciata in due. L'incantesimo fortunatamente aveva deciso di funzionare, estraendole però tutte le forze residue.
Il mostro ringhiò ancora, le zanne pronte ad attaccare.
Arya mise le braccia di fronte al suo volto e chiuse gli occhi.
L'ultimo pensiero dedicato ad Oliver.
Alla sua famiglia.
Silenzio.
Rimase in quella posizione per l'eternità.
O, almeno, fu quello che credette.
Si azzardò a riaprire un occhio. La figura di un ragazzo alto e snello, con i capelli dorati e lo sguardo ammaliante, si era interposta tra lei e la bestia. Doveva trattarsi di un sogno.
« Nathaniel? »
La creatura precipitò a terra con un tonfo che scatenò un breve terremoto. Lo spettro l'aveva resa inoffensiva.
« Oh, finalmente ti rivedo! » Esclamò Nathaniel, la dentatura perfetta.
« Non ci sto capendo più nulla » Arya si sentì mancare, e subito venne raggiunta dal demone.
« Ma sei ferita? » Esclamò, accorgendosi del sangue sparso ovunque sul suo corpo. « Bisogna che ti riporti a casa » aggiunse alla fine.
« Ma che cavolo dici? » Urlò Arya, l'attenzione rivolta alla Chiave agganciata attorno al collo: « tu non mi porti da nessuna parte! »
« Se vuoi che io ti lasci qui, okay! Per me fa lo stesso ».
« Ma questo non è un sogno, vero? Cioè, tu sei davvero qui? » Gli chiese: « o lo sto soltanto immaginando? Sono morta, vero? »
« Ma quanto puoi essere stupida! » Nathaniel alzò le sopracciglia folte: « i boschi sono la mia seconda casa, signorina, sono state le vostre urla a guidarmi fin qui ».
« Sì, certo » proseguì Arya: « vorresti farmi credere che sei un paladino della giustizia? Vattene a quel paese, e restaci ».
In quell'istante si sentì mugugnare: Oliver si era svegliato.
« Oliver! » La ragazza si precipitò a soccorrerlo: « è tutto a posto? »
« Non proprio » sussurrò il giovane, la voce roca.
« Dai, adesso torniamo a casa! »
« E come pensate di andarvene? Io posso trasportare una sola persona » disse Nathaniel, a braccia conserte e appoggiato al tronco di un albero. « Ma penso di avere un rimedio ».
« Non ci servono i tuoi rimedi! » Gridò Arya.
« A me sì » sillabò Oliver, un sorriso dolorante impresso sul volto.
Nathaniel si avvicinò con cautela, lo sguardo puntato su Arya: « me le hanno vendute delle streghe, puoi stare tranquilla! » Tirò fuori da una tasca del pantalone nero un paio di innocue ciliegie. « Non rimarginano del tutto le ferite, ma sono ottime ».
Oliver ne afferrò subito una e, con grande sorpresa di Arya, si alzò in piedi, guarito ed esultante.
« Non ci sto capendo più nulla » ripeté passandosi una mano tra i capelli.
« Si chiamano Doni della Dea. Provali, dai! » Insistette Nathaniel.
« Ma perché stai facendo tutto questo? Noi siamo rivali! »
« Ho mai detto che siamo rivali? » Lo spettro sorrise, malizioso: « e poi, tu mi piaci. Faccio questo solo per te ».
Arya scosse la testa, infastidita, poi mangiò la ciliegia e si sentì a malincuore rinascere. Come già detto, Nathaniel aveva comprato quei frutti magici in un mercato gestito interamente da streghe europee. Sebbene questo fatto le desse fastidio, la giovane Mason non poté evitare di pensare che se non fosse stato per il suo intervento, lei ed Oliver sarebbero divenuti la cena di un licantropo.
« Che ne facciamo di quella cosa? » Domandò Oliver.
« Dobbiamo ucciderla » tagliò corto Arya: « adesso! »
« Ne sei sicura? » Nathaniel tese le labbra in un sorriso privo di gioia. « Non vorresti aspettare l'alba e scoprire chi è realmente? »
« Oh, è vero! » Esclamò Oliver: « i lupi mannari sono uomini che si trasformano con la luna piena! »
« È comunque un pericolo! Ha ucciso fin troppe persone » Arya gli si avvicinò: « farò in modo che risulti indolore ».
Ma l'alba stava già sorgendo. La trasformazione era imminente.
Le zanne si ritirarono. Il pelo si accorciò. La stazza diminuì.
Il mostro tornò ad essere un umano.
« Oh, mio Dio » sussurrò Oliver, lanciando un'occhiata ad Arya – la quale impallidì improvvisamente.
Steso a terra, nudo ed addormentato, si trovava il figlio di Walton ed Abbey.
Darren Hart.

 

 

 

 

 

 

  
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