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Autore: arya_stranger    24/09/2015    5 recensioni
«Mi avvicinai al letto lentamente, con la reverenza di un suddito che si avvicina al trono del suo signore. Intravidi il profilo del corpo di Frank sotto il lenzuolo leggero. [...]
Mi era sempre piaciuto contemplarlo mentre dormiva. [...] Mi immaginavo di poter penetrare nei suoi pensieri e sbirciare i suoi sogni. Osservare il frutto del suo sonno sarebbe stato il dono più prezioso della mia intera esistenza e oltre. Non avevo la minima idea di cosa avrei potuto scorgervi. Forse ricordi della sua infanzia filtrati da esperienze recenti? Mondi fantastici in cui era un cavaliere pronto alla battaglia?»
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Gerard è riuscito a salvare Frank e, dopo essere tornato indietro nel tempo per sfuggire alla morte una seconda volta, vede la persona che ama di più al mondo felice, e capisce che gli ultimi sprazzi di tristezza che Frank aveva erano colpa sua. Tenta il suicidio, ma a salvarlo è lo stesso Frank, che però non lo riconosce subito.
Quando tutti i tasselli del puzzle combaciano, Frank capisce chi è il ragazzo che ha appena salvato da morte certa.
Ma la vita prosegue e non risparmia nessuno.
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[seguito di "The Afterglow" >>> http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2496183&i=1]
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Frank Iero, Gerard Way, Nuovo personaggio | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The Second Chance'
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Epilogo

You’re a ghost at most
A set of empty bones
Searching for anything and everything
to make you feel whole





 
 
Gerard salì in macchina, pensando che forse aveva davvero smesso di crescere, e avrebbe per sempre avuto l’aspetto di un trentenne. Lui e Bianca avevano appurato che quest’ultima aveva smesso di invecchiare non appena aveva compiuto ventisette anni, mentre Gerard aveva continuato ad accumulare piccoli segni dell’età fino a trentadue anni.
Adesso era quasi certo che quello strano processo che vedeva le Guide crescere fino ad un certa età (quella che corrispondeva a una sorta di età mentale) fosse finito definitivamente per entrambi.
Si allacciò la cintura di sicurezza, mente aspettava che Bianca si sedesse sul sedile accanto al suo, e Jenny nella parte posteriore dell’auto.
Jenny era ormai la settima persona che Gerard e Bianca aiutavano a tornare in vita. Da quando avevano deciso di intraprendere quel cammino, avevano sempre affrontato ogni compito insieme, come un squadra. In realtà non era permesso che due Guide lavorassero insieme, ma per loro era stata fatta un’eccezione, dopo che tutti si erano resi conto che insieme ottenevano dei risultati decisamente migliori.
La loro personale esperienza li aiutava a comportarsi al meglio con le persone che venivano loro assegnate, ed erano sempre pronti a dare pezzi della loro anima agli altri.
Presto si erano resi conto che le seconde possibilità venivano quasi sempre offerte a ragazzi e ragazze molto giovani, mai a bambini o anziani. Molto raramente a qualche adulto, ma i casi erano così sporadici da poter essere quasi ignorati.
Si spostavano da una parte all’altra degli Stati Uniti per poter eseguire i loro incarichi, e quando non veniva assegnato loro nessun compito, abitavano in una minuscola cittadina del Michigan, vicino al lago Huron. Era un posto tranquillissimo e quasi disabitato, ma avevano bisogno di quella serenità per potersi rigenerare dopo un incarico. Avevano capito che il mestiere di Guida non era affatto semplice, e lasciava delle profonde cicatrici. Ma, nonostante ciò, quello che facevano li rendeva fieri di loro stessi e delle persone che stavano aiutando, e non avrebbero rinunciato a quella sensazione di orgoglio così facilmente.
Veder tornare qualcuno ad essere felice dopo essere sopravvissuto alla morte era qualcosa di incredibile. Portavano dentro di sé un ricordo di tutti coloro a cui avevano fatto da Guida, e anche di tutte le persone che i loro protetti avevano aiutato. Era una catena di aiuti.
Non appena furono tutti in macchina, Gerard mise in moto e partirono.
Bianca, quella mattina, aveva fatto notare che il frigo e la dispensa erano praticamente vuoti, così, dopo una magra colazione, avevano deciso di andare a fare la spesa.
“Biscotti!” esclamò Gerard. Bianca aveva appena preso un foglio di carta e una penna, e stava buttando giù una lista della spesa.
“Gerard” lo rimproverò lei, “hai trentadue anni.”
“Cosa impedisce a un trentenne di essere entusiasta per i biscotti?” replicò lui.
Gerard sentì Jenny ridacchiare dietro di lui. La vide nello specchietto retrovisore e le fece l’occhiolino.
“Il fatto che tu sia un adulto! Un uomo!”
“La tua argomentazione non regge.”
Bianca sbuffò e lasciò perdere quella che sapeva essere una causa persa. Non riusciva a capacitarsi del fatto che l’età mentale di Gerard fosse trentadue anni e non dieci. Lei appariva decisamente più matura, eppure si era fermata a ventisette anni. Non ne aveva capito esattamente il motivo, ma con il tempo si era resa conto che nel profondo non era come si mostrava agli altri. Certe volte formulava gli stessi pensieri che la tormentavano quando era adolescente, perché non era mai riuscita a liberarsi di certe paure. La morte l’attraeva sempre, e allo stesso tempo la spaventava a morte. Eppure sapeva di essere immortale, ma ancora non era riuscita ad elaborare il tutto.
Non appena giunsero davanti al supermercato, scesero tutti dalla macchina ed entrarono nel negozio.
Jenny seguì Gerard nel reparto dei dolci, mentre Bianca cercava di mettere nel carrello veri cibi, e non snack pieni di zucchero.
“Jenny” la chiamò Gerard. “Vanno bene i frollini con le gocce di cioccolato?”
Lei mostrò il pollice in su a lui, annuendo, mentre si allontanava diretta verso il reparto dei libri.
Gerard rimase solo, a vagare fra gli scaffali. Cominciò a camminare senza una precisa meta, perché sapeva che Bianca si sarebbe occupata di riempire il carrello.
Mise le mani nelle tasche dei jeans, e si mise spulciare il supermercato.
Per quell’incarico erano dovuti andare ad abitare a New York. Quella destinazione aveva scatenato in Gerard mille ricordi ed emozioni. Non era mai più tornato in quella città da quando vi si era risvegliato, dopo essere stato trasportato dal luogo bianco fino alla Terra.
Aveva cercato di ignorare tutte le memorie che erano venute a galla non appena aveva messo piede in quel posto, ma non era affatto semplice.
Il negozio era pieno di donne, intente a fare la spesa. Forse casalinghe, madri, mogli. Ogni volta che andava a fare la compere con Bianca gli veniva da ridere per il fatto che quasi sempre fosse l’unico uomo in giro. Pensò che il genere maschile si introducesse in quei luoghi in altri orari, come il pomeriggio e la tarda sera.
Proprio per quel motivo si stupì di vedere due uomini riempire il carrello, insieme. Si avvicinò a loro, curioso. Non aveva niente da fare, e pensò che spiarli per un paio di minuti sarebbe stato un buon passatempo.
Da quello che riuscì a captare dalla loro conversazione stavano parlando di una qualche terapia innovativa nel campo della psichiatria, ma i termini erano così tecnici che Gerard non riuscì a capire molto.
I due erano vestiti in modo distinto: entrambi indossavano un completo blu scuro, camicia bianca, scarpe lucide. Uno dei due aveva tolto la giacca e aveva arrotolato le maniche della camicia, nel tentativo di trovare sollievo dal caldo afoso di quei giorni. Quell’ultimo era più basso e magro rispetto all’altro, che invece aveva una corporatura più massiccia.
Gerard si avvicinò ancora un po’ e si rese conto che i due avevano cambiato argomento.
“Cosa cuciniamo quando tua madre verrà a trovarci?” chiese quello dalla bassa statura all’altro.
“Pollo al cianuro” rispose serio. Dopo qualche secondo i due scoppiarono a ridere.
Gerard si rese conto della strana complicità che avevano. Dai loro discorsi sembrava quasi che vivessero insieme, come una coppia.
Non riusciva a vederli in viso perché erano girati di spalle, ma non appena si mossero, per continuare la spesa, Gerard li seguì. Dopo poco si separarono, forse per velocizzare la cosa.
Pensò a chi seguire dei due, e poi optò per quello più basso. Stava scegliendo la verdura da comprare e, aggirando le cassette di ortaggi, Gerard riuscì a vederlo in faccia.
I capelli gli ricadevano sulla fronte, coprendogli parzialmente gli occhi. La linea della mascella era delicata, e quasi familiare.
Sapeva benissimo chi gli ricordasse quell’uomo. Lo sapeva e per un momento ebbe quasi il dubbio che fosse lui. Ma non poteva essere lui, semplicemente era una cosa che non poteva accadere.
In quel momento Gerard lo vide alzare lo sguardo su di lui. I suoi occhi nocciola lo trafissero. Aprì la bocca come se volesse dire qualcosa, ma l’altro uomo che era con lui lo raggiunse.
“Va tutto bene, Frank?” gli chiese.
Gerard era ancora davanti a loro, immobile. Si riscosse e se ne andò quasi correndo.
Frank si girò verso quello che da pochi mesi era diventato suo marito e gli sorrise annuendo. Si voltò per vedere se quell’uomo che lo aveva guardato in modo strano fosse ancora lì. Ma non lo trovò.
Per un attimo era stato sul punto di chiedergli se si fossero già incontrati. Aveva avuto la sensazione che lui lo conoscesse, e lui stesso aveva pensato di averlo già visto da qualche parte. Ma non riusciva a capire dove. Forse era semplicemente uno fra i tanti volti che durante le sue conferenze era solito scrutare.
Da ormai un anno era solito tenere dei convegni con centinai di spettatori. Le sue ricerche in campo psichiatrico stavano facendo il giro del mondo, e presto la gente l’avrebbe riconosciuto per strada.
Suo marito scherzava spesso sul fatto che le donne comprassero le riviste in cui compariva solo per il suo bell’aspetto, certamente innegabile. Ma la sua omosessualità non era un segreto ed era inutile che quelle poverine comprassero riviste in cui venivano pubblicati i suoi articoli se in campo di medicina non ci capivano niente.
Finirono la spesa e si diressero a lavoro.
Frank aveva conosciuto Mark tre anni prima, quando aveva cominciato le sue ricerche all’università. Era subito diventato uno dei membri più fidati della sua cerchia di collaboratori, e un paio di mesi dopo stavano insieme.
Mentre erano in macchina, Mark posò la sua mano su quella di Frank, sorridendogli.
“Sei sicuro che vada tutto bene?” gli chiese preoccupato. “Sei strano.”
Frank ricambiò il sorriso. “Va tutto bene.” Eppure non riusciva a togliersi dalla mente il viso di quello sconosciuto che aveva visto al supermercato. Quel pensiero lo stava tormentando.
Qualcosa giaceva nel suo subconscio, ma non riusciva a decifrarlo. Nonostante tutti i sui studi sulla psicologia umana non era ancora riuscito a spiegare il complesso funzionamento del subconscio.
Lo aveva interpretato come qualcosa di vicinissimo alla persona. Così vicino da non poterlo disgiungere chiaramente. La metafora era semplice ma efficace: quando si ha un qualsiasi oggetto ad un millimetro dagli occhi, è impossibile metterlo a fuoco chiaramente. Lo vediamo sfocato. Così era il subconscio, vicinissimo, ma irraggiungibile.
Una volta, guardando l’alba, aveva pensato a quale fosse il criterio con cui la mente umana prendesse delle decisioni. Si domandò come sarebbe stata la sua vita se avesse preso strade diverse. Come sarebbe stata se avesse scelto di stare con persone diverse. Si era soffermato a pensare all’amore. Ancora non era riuscito a decifrare questo sentimento, il più complesso e articolato fra l’ampia gamma di emozioni umane.
Solo una cosa era riuscito a capire sull’amore: era qualcosa che apparteneva ai mortali, e come ogni cosa di noi umani, era destinata a finire. 

 



Fine


 
   
 
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