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Autore: hikachu    25/09/2015    4 recensioni
Resoconto dei trentuno giorni che sconvolsero la vita di Usagi Tsukino, strappandola alla sua ordinaria vita da ordinaria liceale. Oppure: di come le favole siano solo sogni ad occhi aperti, e i mostri spesso si travestano da principi.
Genere: Angst, Drammatico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demando/Diamond, Seiya, Un po' tutti, Usagi/Bunny | Coppie: Mamoru/Usagi, Seiya/Usagi
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Nessuna serie
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Annex I



3/8/1992, ore 24:15



Il trillo del telefono cellulare squarcia il silenzio. Demando sobbalza. Percorre con lo sguardo la stanzetta che la famiglia Tsukino ha messo a sua disposizione, trovando, infine, il borsone da viaggio lì dove l'aveva gettato quel pomeriggio, ai piedi dello scrittoio di truciolato: un articolo economico e prodotto in massa come il resto del mobilio di casa, del resto. Il grosso della spesa – senza dubbio corredato da un prestito decennale – doveva essere andato nell'acquisto della villetta a due piani. C'era stato un tempo in cui Demando aveva vissuto in un luogo simile: non particolarmente grande, e decisamente non di lusso, e aveva considerato quel luogo casa; eppure, adesso, si sente come un adulto intrufolatosi nella rudimentale casupola sull'albero di qualche ignaro bambino, in un goffo tentativo di—fare cosa, di preciso? Rivivere la propria infanzia? Rubarne un frammento dai sogni e dagli spazi che un bimbo ha ritagliato, con fatica, per se stesso, lontano dalla cerchia opprimente dei suoi genitori? No. Scegliere una qualunque di queste risposte sarebbe errato. Demando sa che il passato non si rivive, non ritorna, poiché ha già perso tante, tante cose che non avrebbe mai desiderato perdere, e sa bene di non poterle più riafferrare. Il passato si consuma come una candela: bruciando, sciogliendosi lento; lasciandosi dietro una pozzanghera informe di cera che è meno di un fantasma di quello che è stato. È un'operazione dolorosa, ricostruire volti familiari e ore che sfumano l'una nell'altra partendo da quella poltiglia irriconoscibile. Dolorosa quanto inutile. Chi ero io, e chi erano le persone che allora mi erano intorno? Non è possibile rispondere a simili domande, se non accettando l'idealizzazione di un vago ricordo come realtà. Il nostro passato è amorfo eppure multiforme: la sua faccia muta con il nostro presente; ne è proiezione, una mera interpretazione che si basa su di esso. È così, che convinciamo noi stessi di essere stati sempre, costantemente noi.

A differenza mia, Demando era consapevole di tutto ciò già all'epoca di quei trentuno giorni d'inferno: era un adulto con alle spalle trascorsi che differivano nettamente dai miei; a modo suo, aveva avuto modo di costruirsi una sorta saggezza, di filosofia di vita propria che gli aveva permesso di affrontare il futuro. Possedeva, insomma, quel tipo di coraggio che a me mancava al punto da fossilizzarmi tra le mie insicurezze. Nonostante questo, ciò che in quel periodo animava Demando e ne dettava le azioni era, in un certo senso, proprio il passato.

“Pronto?”

“Demando?” dall'altra parte della linea, la voce di suo fratello minore risuona attutita e scricchiolante. Demando sospira. Si passa una mano tra i capelli e si prepara a quella che potrebbe essere una lunga, irritante conversazione di cui avrebbe fatto volentieri a meno.

“Saphir.”

“Ma dove sei sparito, tutto il giorno?”

“Sei arrabbiato.”

“Sono preoccupato, perché mio fratello è sparito, senza contattare nessuno, ed ho saputo soltanto adesso dallo staff alla reception, e soltanto perché l'ho chiesto, che ha annullato la prenotazione per la sua stanza. Quindi, io ti chiedo: che diamine stai combinando.”

C'è stato un tempo in cui Saphir era il suo tesoro, in cui bastava uno sguardo per capirsi e ci si arrabbiava, ci si preoccupava e si rideva assieme. C'era stato un tempo in cui Saphir l'avrebbe sostenuto in qualsiasi impresa. Poi, qualcosa si era rotto: il mondo come lo conoscevano era finito, e nel mezzo di quel maremoto, avevano trovato, per la prima volta, appigli diversi. Essere franco ora significherà l'ennesimo litigio, l'ultimo di una lunga costellazione come la scia di briciole che Hansel e Gretel si lasciarono dietro nel bosco—ma se quella era una trovata per tornare a casa insieme, questa è il conteggio dei momenti salienti di un'amara separazione. Stasera, questa è, anche, l'inevitabile conseguenza delle azioni di Demando. Delle sue scelte e dei suoi desideri.

“L'ho trovata.” Il silenzio che fa da seguito a quelle parole è assordante. Persino il respiro di Saphir, prima accentuato dal rumore statico della linea, è impercettibile. Demando lo immagina, impallidito, che trattiene il fiato. Ma non esita. “Sono finalmente riuscito a trovarla, dopo tutti questi anni. Non posso lasciarla andare.”

“Demando,” c'è una nota inusuale, nella voce di Saphir, che sa di panico. “Sono passati dieci anni. Dieci. Cosa pensi che possa significare per lei? Cosa credi che possa ricordare?”

“Ricorderà. È per questo che sono qui. Ricorderà a tempo debito, e quando lo farà, sarà tutto chiaro anche per lei.”

“Stiamo parlando di qualcuno che all'epoca era una bambina, per dio.”

“Una bambina, dici bene. Eppure, quella bambina, così piccola e così ignorante degli affari di questo mondo, mi ha salvato.”

“Sei tu che hai salvato te stesso, fratello, non—”

“Eravamo soli e nessuno avrebbe potuto aiutarmi: non gli adulti che mi volevano fallito, ma neppure tu, che eri tutto quel che mi restava della mia famiglia, e lo sai bene, Saphir. Meglio di chiunque altro. È per questo che non vuoi ammettere che qualcun altro sia potuto riuscire laddove tu avevi troppa paura, anche solo per tentare.”

“Smettila! Lo sai che io farei qualsiasi cosa, per te. Anche allora, io—”

“Allora, tu cercasti di approfittare della mia debolezza. Cercasti di usarmi.”

“Non è vero.”

“Davvero? Ebbene, dimmi, Saphir: dove si trova Petz, in questo momento? Stamane, Rubeus mi ha riferito che avreste cenato insieme. Perché mai due innamorati dovrebbero salutarsi così presto, soprattutto quando alloggiano nello stesso albergo?”

“...”

“Neppure una menzogna da rifilarmi? C'è da dire che, almeno sotto questo aspetto, non sei affatto cambiato da quando eravamo bambini: sei onesto al punto da farmi provare imbarazzo per te. Ascoltami bene. È precisamente perché siamo fratelli, che ti faccio un ultimo avvertimento: non intrometterti in questa faccenda. Il tuo compito è di interessarti esclusivamente agli affari dell'Atelier. Il resto non ti riguarda. Oppure, giuro che non mi vedrai mai più, Saphir.” Demando preme il tasto di gomma su cui è impresso un telefono rosso. Non attende una risposta. Non la desidera, non ve n'è bisogno. Getta il telefono sul borsone aperto: i contenuti ne attutiranno la caduta e ad ogni modo non importa. Che si rompa. Che vada all'inferno con Saphir e tutti gli altri.

Demando si lascia cadere sul letto; le molle e le assi scricchiolano in un coro assordante che gli fa digrignare i denti. Si aspetta, quasi, di vedere Kenji Tsukino o sua moglie comparire sull'uscio come uno spettro, per chiedere con quella cortesia asfissiante che è tipica di queste parti, se va tutto bene. Un secondo dopo, ogni cosa è nuovamente avvolta dal silenzio ovattato della notte. Niente padroni di casa invadenti, niente spettri. Solo Demando, e quel frammento del suo passato che dorme sonni sereni di adolescente a pochi passi da lui, appena dietro una parete sottile. Usagi, Usagi: ne assapora il nome sulla lingua, ora che lo conosce; ne ridisegna il viso di ragazzina-quasi-donna ad occhi chiusi, ora che l'ha visto davvero, e non è più quello sfocato e cangiante delle fantasie oniriche degli ultimi dieci anni.

Demando si abbandona sul materasso, mormorando di nuovo, Usagi, Usagi, senza fiato, senza voce, affamato, ed intesse un nuovo sogno: immagina quelle dita color pesca con le unghie ovali, un po' mangiucchiate, dipinte di un rosa vivace che una donna adulta non userebbe, e che è già crepato agli angoli; le immagina e prova a pensare come sarà, sentirle che scivolano esitanti sulla sua pelle nuda, che sapore avranno nella sua bocca. In quale piega misteriosa si piegherà, la piccola bocca di Usagi, quando la stringerà forte a sé per entrare in lei.

Usagi, Usagi, Demando ripete, unico amore mio.







 


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