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Autore: leamor79    26/09/2015    0 recensioni
Da un portale che si credeva sigillato da secoli fuoriesce una donna col corpo interamente ricoperto di cicatrici. Reca un messaggio di morte ma anche redenzione in una terra sull’orlo della guerra.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 3
Dall'esterno la locanda era apparsa incredibilmente chiassosa. Il silenzio che aveva seguito l'ingresso di Nicholas era risultato addirittura più assordante. “Non devono essere abituati ad avere viandanti a Borgo Alto” capì guardandosi attorno. Gli occhi degli avventori, un paio di dozzine, erano fissi su di lui con un'espressione che andava dal curioso all'ostile. Scelse un tavolo defilato sulla destra e si accomodò. Senza abbassare il cappuccio del mantello nero di pregiata fattura chiamò l'oste e chiese una birra scura speziata e un arrosto.
Gli altri avventori continuavano a lanciargli occhiate cariche di diffidenza, ma Nicholas sembrava non accorgersene nemmeno. Era solo di passaggio e non si sarebbe nemmeno fermato lì se la tempesta non fosse stata tanto vicina. “Una notte all’addiaccio sotto la pioggia è ben più di ciò che sono disposto a sopportare” pensò mentre attendeva la birra. Ripercorse gli ultimi giorni. Da quando aveva lasciato Lancia del Cielo, appena quattro giorni prima, il viaggio era stato addirittura piacevole. La primavera sembrava aver deciso di far capolino in anticipo, e le temperature miti avevano permesso un’andatura sostenuta. L’istinto gli aveva suggerito di tenersi lontano dalla Via Santa. Forse era a causa degli eventi che l’avevano travolto, ma al pensiero di seguire la strada diretta per Lhor si era sentito maledettamente a disaggio.
«Pensa di trattenersi a lungo?» La domanda lo distrasse dal suo rimuginare. Alzò gli occhi celesti incontrando quelli del locandiere. In mano reggeva un vassoio con alcuni boccali. Lo posò.
«Qui a Borgo Alto, intendo». La domanda apparentemente disinteressata tradiva una velata apprensione. Evidentemente anche l'oste non era abituato ai viaggiatori. «Mi serve una stanza per la notte» Rispose Nicholas.
Il locandiere tentò di nascondere il proprio disappunto per l’elusività della risposta.
«Abbiamo una stanza libera» concesse posando la pinta sul tavolo.
Esitò. Fece per dire qualcosa, poi ci ripensò. Riprese il vassoio e si diresse a un altro tavolo. Nicholas si guardò intorno. Gli altri avventori erano tornati a chiacchierare tra di loro, ma lui sospettava di essere diventato l’argomento principale di conversazione della locanda. In tutto contò cinque tavoli oltre il suo, tutti occupati da gruppi di persone che chiacchieravano a voce alta. Tranne un tavolo in fondo, avvolto nella penombra, dove stava seduto un vecchio. Gli occhi malinconici fissi nel vuoto. Una mano reggeva un boccale di birra, l’altra il mento. Sembrava anch’egli un forestiero. L’oste portò l’arrosto.

Il vociare allegro era cessato quando l’ultimo gruppo di uomini, dopo aver lanciato l’ennesimo sguardo a Nicholas e al vecchio, aveva lasciato la locanda. Nicholas stava sorseggiando un liquore offertogli dal locandiere. La diffidenza iniziale era stata presto sostituita da una genuina curiosità, e Nicholas era disposto a condividere con lui le notizie che fuori da quel posto dimenticato da Dio erano di dominio pubblico. Il vecchio sedeva da solo ad un tavolo. La barba incorniciava un volto spigoloso, ma i lineamenti duri erano mitigati dall’ubriacatura. Solo e in silenzio osservava un punto di fronte a se. In mano l’ennesimo boccale di birra scura. Lì vicino il locandiere posizionò l’ultima sedia, quindi guardò il vecchio con un cipiglio evidente. Si avvicinò.
«Sempre la stessa storia» bofonchiò.
«Se gli affari mi andassero meglio ti avrei buttato fuori il primo giorno» borbottò a bassa voce. Poco più in là Ester, la moglie, lo guardò con disprezzo. Il vecchio era alto e robusto, non esattamente una piuma. Però pagava, e tanto bastava. Il giorno prima aveva consigliato al marito di derubarlo e buttarlo fuori. “Tanto prima o poi finirà per bersi tutto ciò che ha” aveva detto, “e tu ti sarai rotto la schiena a furia di trascinarlo”. Era pragmatica lei. Non come quel rammollito senza spina dorsale di suo marito, che infatti non se l’era sentita di seguire il suggerimento. In fin dei conti la schiena era sua. Se voleva rompersela trascinando su per le scale quell’ubriacone a lei non interessava.
Il locandiere si apprestò a prenderlo e a caricarselo sulla schiena, quando il vecchio si alzò. Barcollò. Si appoggiò al tavolo e riprese l’equilibrio.
«So di essere solo un peso per te, buon uomo» l’apostrofò. Evidentemente era meno ubriaco del solito. «Mi dispiace che tu ti sia sobbarcato il peso di questo vecchio corpo. Ma non è stato sempre così. C’è stato un tempo in cui questo vecchio era un ragazzo dalla schiena dritta. Re e saggi chiedevano i miei servigi, restando incantati ad ascoltare la mia voce». Nicholas lo guardò interessato. Il locandiere fu meno colpito e lo guardò in tralice. Infine disse «Bene, se ti reggi sulle gambe stasera puoi salire anche da solo». Girò sui tacchi e raggiunse la moglie. Il vecchio si scolò l’ultimo sorso di birra, si asciugò con la manica e si diresse con passo malfermo verso il tavolo di Nicholas.
«Permetti a questo vecchio di sedere e condividere qualche storia con te?»
Nicholas sorrise. Indicò una sedia vuota al vecchio che si sedette.
«La storia che mi accingo a narrare mette le sue radici nella leggenda, nell'epoca degli eroi, quando ancora il mondo non era pienamente formato». L’alito puzzava terribilmente di alcol, ma la semplice frase pronunciata dal vecchio fu sufficiente a fargli ignorare questo piccolo particolare. Lui la conosceva. L’aveva studiata su alcuni tomi antichi, ma mai avrebbe immaginato di sentirla recitare. Il vecchio continuò. «Era il regno del terrore, governato dai cinque Re Demoni, immortali e invincibili, che avevano soggiogato i precedenti regni degli Antichi e dei Kraad». Un brivido corse lungo la schiena di Nicholas. Era la magia insita nel racconto – lui lo sapeva – a risvegliare i suoi sensi. Chiuse gli occhi e la mente si riempì di immagini. I demoni erano lì di fronte a lui. I corpi mostruosi gli si lanciavano contro. D’istinto portò la mano sull’elsa sella spada che teneva al fianco. «In quel periodo nessun piede di uomo aveva ancora calpestato il suolo del Kejnar e il Confine non esisteva. Venne il giorno in cui fu forgiata un'alleanza tra Kraad e Antichi, in cui gli Dei, mossi a compassione per le sorti dei loro figli, diedero all'alleanza le cinque armi divine, forgiate dal dolore dei popoli. Nacquero i cinque prescelti, figli del Drago Creatore, re ed eroi, che guidarono l'alleanza contro i Re Demoni. Riuscirono a esiliare al di fuori del Kejnar il regno demoniaco e a sigillare cinque volte il portale, ponendo fine all'era del fuoco e dando inizio all'era dell'oro». Le immagini delle battaglie, col loro carico di terrore, fluivano nella mente di Nicholas. La fronte imperlata di sudore. Il pugno stretto con forza sull’elsa. «Oramai di tutto questo non rimane che un vago ricordo avvolto nella leggenda, e solo in pochi credono ancora che sia realmente accaduto. Ma alcuni ricordano ancora: Ilmer, il re dimenticato, che dal suo trono sul monte Daqur vigila in attesa. E Valin, la Spada Spezzata, che dalla foresta di Karith vive dal giorno in cui fu rinchiuso l'ultimo Re Demone, a guardia del sigillo. Questo è ciò che mi raccontò mio padre, che aveva saputo da suo padre, e così fin dall'alba dei tempi, perché siamo i Bardi del Dio Drago, e serbare le memorie è il nostro compito». Con le ultime parole il cerchio si chiuse.
Le immagini sfocarono.
Nicholas riaprì gli occhi. Si alzò tremante. Vacillò e ricadde sulla sedia. Il vecchio era davanti a lui e lo guardava sorridendo, gli occhi rigati di lacrime. «Alfine ti ho trovato» La voce non era più distorta dall’alcol. Nicholas sentì che il dolore alla schiena era cessato. Ma quando era cominciato? Non seppe dirlo con certezza. Non se ne era neanche accorto, perso nell’incantesimo del vecchio. «La cerca è finita. Alfine ti ho trovato» ripeté il vecchio senza riuscire a fermare le lacrime. Allungò una mano a sfiorare il volto di Nicholas.
«Mio giovane drago»
 
«Non avevo intenzione di nascondertelo» la voce di Sal trasudava amarezza. «Non volevo turbarti più di quanto non lo fossi già».
Alyn piangeva sommessamente, cercando il conforto delle braccia del vecchio.
«Te la senti di ascoltare adesso» sussurrò.
Alyn alzò gli occhi ad incontrare quelli di Sal. Erano velati di tristezza, ma trasmettevano una grande forza. Come una solida roccia a cui aggrapparsi aspettando che la tempesta passi. E Alyn si aggrappò alla roccia.
«No»
Fu un sussurro. Sal annuì, continuando a tenerla in un tenero abbraccio.
«Quando sarai pronta me lo dirai, bimba mia».

Nicholas prese un sorso di birra, quindi alzò lo sguardo a incontrare quello del vecchio - il Bardo del Dio Drago. Non riusciva a smettere di tremare. «Tu chi sei?» Il tono voleva essere perentorio, ma apparve incerto e titubante.
Il vecchio si asciugò le lacrime con la manica.
«Fino a poco fa ero solo un vecchio ubriacone» la voce rotta dal pianto commosso. «Ora sono di nuovo io. Ho uno scopo» Si guardò intorno, di colpo guardingo. L'oste era in cucina con la moglie, per il resto la locanda era vuota. «Non è prudente parlare qui. Vieni, saliamo in stanza».
Fece strada verso le scale. Nicholas esitò qualche secondo, poi decise di seguirlo. La stanza in cui lo fece accomodare era piccola, arredata in modo spartano. Fece segno a Nicholas verso l'unica sedia che c'era mentre lui si sedeva sul letto.
«Sono ancora scosso, erano anni che non mi succedeva» la voce era stanca, ma contemporaneamente eccitata. «Non credevo che avrei vissuto tanto da vederti. Le visioni, oh si, le visioni erano vere! Sono quasi impazzito ma ora eccoci qua!»
Il continuo farneticare del vecchio stava irritando l'ex Shangdìmà.
«Chi sei?» ripeté.
Il bardo si scosse. «Oh, hai ragione, non ti ho ancora risposto. Il mio nome è Dioskoros».
«Cosa è successo poco fa?»
«Un incanto del tempo che fu, la mia magia ha riconosciuto la tua e il canto ti ha mostrato ciò che dovevi sapere» Le mani di Dioskoros si muovevano in maniera febbrile, accompagnando ogni frase con una danza di dita che si intrecciavano o salivano ad accarezzare la barba.
«Ma tu questo lo sai già. Vero, giovane Drago?»
«Perché continui a chiamarmi “giovane Drago”?»
«Perché è quel che sei. L'incanto del tempo me l'ha mostrato. E l'incanto non sbaglia mai. Il tempo è maturo, il pericolo incombe e tu sei il predestinato, o meglio, uno dei predestinati. Dobbiamo muoverci velocemente!» gli occhi si muovevano febbrilmente, come in cerca di qualcosa.
«Ma di cosa stai parlando?! Muoverci? E per andare dove? E perché dovrei seguirti?» Nicholas non si capacitava di ciò che gli stava accadendo.
Dioskoros fermò la danza delle mani e gli puntò lo sguardo addosso.
«Mi dispiace, ti sto confondendo. Forse è meglio che cominci dal principio. Sono uno Shirènlong, un Bardo del Dio Drago. Credo di essere l'ultimo sopravvissuto alla persecuzione che gli Shangdìmà hanno perpetrato nei nostri confronti».
Nicholas tentò di dissimulare lo sgomento. Dioskoros continuò.
«dieci anni fa ebbi la prima visione, quella che mi salvò dalla cattura. Vidi un demone nero con in mano la spada santa che trucidava i miei fratelli. Seppi che stava venendo per sterminarci. Allora fuggii. Da allora le visioni mi hanno guidano, salvandomi la vita non so neanche io quante volte. Poi, tre mesi fa, sognai questo posto, e l'incontro con te. Cercai di trovare la locanda. Sono qui da dieci giorni. Avevo ormai perso le speranze, quando ti ho visto entrare. La certezza che eri la persona giusta me l'ha data la tua magia»
«Io non ho alcuna magia, sono solo un soldato del culto»
«So chi sei. Uno Shangdìmà privato della sua carica, umiliato senza motivo. Questo mi faceva temere per la mia vita. Ma ho seguito comunque le visioni. Tu non sei come gli altri. Non sei assetato di sangue»
Sempre più sconvolto Nicholas provò a dire qualcosa, ma si accorse di non sapere cosa dire. Lentamente tutto cominciava ad avere un senso, per quanto surreale. Dioskoros, in silenzio, aspettava una reazione.
«Ho bisogno di riflettere per conto mio».
Si alzò e uscì dalla stanza senza aspettare una risposta.
   
 
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