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Autore: Kourin    26/09/2015    3 recensioni
Si lanciò senza esitazione all'attacco, ma la mano di Mū gli afferrò saldamente braccio: solo allora si accorse che erano stati circondati. Attraverso il velo rosso del sangue vide l'ammassarsi di lance su lance, tutte puntate contro ai loro cuori. Mū si guardò nervosamente in giro, poi si pose davanti ad Aiolia per fargli da scudo, le braccia allargate come a farsi più grande di quel plotone di folli.
“Per favore, potreste spiegarci quanto sta accadendo? Aiolia ignora i fatti quanto me.”

Storia sulla notte del tradimento, un po' personalizzata e raccontata principalmente dal punto di vista di Aiolia e Mū.
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aries Mu, Aries Shion, Leo Aiolia, Sagittarius Aiolos
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il carro dell'alba



3. Trovate il traditore





Athena era vegliata dai Gemelli, Capricorno e Pesci presidiavano i rispettivi templi. Quella notte Aiolos non sarebbe stato di guardia: sarebbe potuto tranquillamente tornare a casa, fingere di dormire per qualche ora e poi fare colazione con i ragazzi.
Oh, Aiolia! Chissà che faccia farà quando verrò nominato Grande Sacerdote,” pensava.
Era su di Aiolos, infatti, che era ricaduta la scelta del sommo Shion.
Per calmare l'inevitabile nervosismo seguito alla sorpresa, iniziò a spegnere una ad una le lampade ad olio del tempio, cercando di seguire un ritmo più lento di quello che il corpo gli suggeriva. Era una notte piuttosto luminosa e il marmo si tingeva subito della luce sempiterna degli astri. In quel freddo chiarore Sagittarius avrebbe continuato la veglia, la freccia puntata a Sud. Successione o no, per l'armatura tutto sarebbe rimasto immutato.
Se ne spogliò con un unico gesto e la osservò ricomporsi nell'originaria figura di centauro alato. La posizione che assunse, però, non fu quella abituale. “Sta puntando la freccia a Nord, perché?
Trovò il fatto bizzarro: domandandosi se potesse dipendere dal proprio stato d'animo, provò a spostarla, ma Sagittarius ruotò nuovamente nella posizione di partenza, come trascinata da un potente magnete. Allora Aiolos avvertì l'esistenza di un dubbio: una scheggia acuminata che credeva essere stata riassorbita dal suo cuore e che invece, ancora intatta, seguiva la tensione dell'arco dorato.
Senza nemmeno premurarsi di rivestirsi, intraprese la risalita verso le stanze di Athena.
Era accompagnato dalla viva speranza che il sacerdote lo accogliesse con un paterno sorriso, pronto a fornirgli una spiegazione razionale all'insolito comportamento dell'armatura. Il passo, tuttavia, si faceva sempre più affrettato.

 

*** ***



Era steso sul letto, la schiena appoggiata contro quella di Aiolia.
Gli allenamenti pomeridiani all'arena erano stati più stancanti del previsto, eppure nessuno dei due allievi riusciva a prendere sonno. Mū ripensava agli eventi della giornata, Aiolia pareva nervoso per non aver ancora visto rientrare il fratello.
Aveva appena finito di risistemare per l'ennesima volta il cuscino quando lo raggiunse la voce del suo maestro, che lo stava chiamando per via telepatica. Il tono era stranamente flebile, come se qualcosa si stesse interponendo tra le loro onde cerebrali.
Maestro!” Rispose Mū, meravigliato. Come si tirò a sedere gli apparve il cielo stellato dell'Equinozio: a quell'ora, da quel che gli risultava, il Grande Sacerdote sarebbe dovuto essere in meditazione per prepararsi alle funzioni del mattino seguente.
Che prontezza! Sei sveglio?
Come potrei dormire!
Ascolta attentamente ciò che ti dico.
Vi ascolto!
Dirigiti subito alla Casa del Montone Bianco.
Ma...” azzardò, chiedendosi il motivo di una richiesta così insolita.
Vai, Mū,” fu la risposta perentoria. Poi, più nulla.
“Che succede?” Chiese Aiolia, che si era girato dalla sua parte e lo fissava perplesso.
Mū impiegò qualche istante per rispondergli. “Non lo so. Devo andare alla Prima Casa.”
“Così, all'improvviso?”
“Me l'ha ordinato il maestro.”
Aiolia non chiese ulteriori dettagli. “Posso venire con te? Tanto non riesco a dormire,” chiese mentre iniziava a raccogliere i vestiti.
Mū rimase fermo per qualche istante stringendo la sciarpa tra le dita, poi se la avvolse frettolosamente intorno al collo. “Come vuoi,” rispose.


 

*** ***



Dopo che, di fronte alla sua insistenza, le sentinelle ebbero aperto il portone, la Sala del Sacerdote si rivelò completamente deserta. Le fiamme delle fiaccole ardenti danzavano silenziose ai lati del tappeto scarlatto che conduceva in fondo alla navata. Laggiù non c'era traccia del Grande Sacerdote e, cosa ancor più strana, non c'era traccia nemmeno del Santo dei Gemelli.
Aiolos avanzò verso il trono con circospezione, guardandosi attentamente intorno: fu l'udito, però, a segnalargli che stava accadendo l'impensabile. Un rantolo, simile a quello di un animale ferito, attraversava i drappi di velluto. Il suo eco strisciava tra le colonne, come un oscuro presagio in cerca di una propria forma.
Un istante dopo Aiolos stava afferrando un braccio che brandiva una daga: la lama di quella daga era puntata a pochi centimetri dalla gola delicata della dea infante. Il fuoco del vicino braciere rivelava che stata forgiata con l'oro, così come l'elmo alato indossato da colui che stava compiendo il peggiore dei sacrilegi.
“Siete impazzito?” proruppe Aiolos, incredulo.
Il volto del Grande Sacerdote restava completamente celato dall'ombra più profonda. Dalle sue labbra usciva una voce roca, intrisa di oscurità, che era difficile associare ad un essere umano. “Non intrometterti!”
Come se avesse sentito il tocco di quella tenebra, Athena pianse piano, scostando con innocente delicatezza la coltre di silenzio che soffocava le stanze a lei consacrate.
“Vi rendete conto di ciò che state facendo? Questa è la dea Athena che si reincarna una volta ogni centinaia d'anni!”
“Non intrometterti, Aiolos!”
Aiolos indietreggiò, solo per poter urlare con tutta la speranza che ancora portava in corpo: “Grande Sacerdote!” perché in quel momento era ancora capace di pensare che il maleficio potesse infrangersi d'incanto e che il mite Shion potesse risvegliarsi da quell'inopportuno attimo di smarrimento, chiedendogli che cosa fosse accaduto. “Però il braccio che ho afferrato... le mani... non sono le sue!
In risposta il demone l'assalì con la furia d'un lupo affamato. Schivatolo per un soffio, Aiolos gli colpì il polso. La daga che ancora brandiva rimbalzò sul pavimento per poi scivolare lontano. L'elmo che indossava si sfilò e ricadde battendo un rintocco.
Fu quando ebbe raccolto la bambina tra le braccia che lo riconobbe. Il pericoloso dubbio che aveva portato nel cuore deflagrò in una miriade di frammenti che li dilaniarono il petto. L'Athena che stringeva a sé pianse più forte. Fu come se Aiolos potesse sentire il lamento dell'intera volta celeste, però gli astri non volevano consolarlo, ma imperavano: “Fuggi!
Scavalcando la consapevolezza di conoscere già la risposta, Aiolos chiese a colui che era stato suo amico fidato: “Il sommo Shion... dove si trova?”
Non fu Saga a rispondergli, ma il demone dagli occhi iniettati di sangue che lo aveva appena posseduto o che, forse, egli era sempre stato. “Mi hai visto in volto. Non posso permetterti di sopravvivere. Muori anche tu, insieme ad Athena!”
Investito dall'energia dello sconfinato cosmo dei Gemelli, Aiolos poté solo chinarsi per proteggere la bimba, pregando gli dei e le costellazioni di farli uscire vivi dall'onda d'urto che riduceva a pulviscolo le mura millenarie della Tredicesima Casa e li lasciava, soli e indifesi, in balia della più stabile ma non per questo più amichevole forza di gravità terrestre.


 

*** ***



Come ebbero iniziato a percorrere la strada che conduceva all'arena, si accorsero che intorno al Santuario c'era un grande trambusto. Una miriade di fiaccole risaliva le scalinate e fluiva nei sentieri secondari in un moto perpetuo e caotico, conferendo alla sacra montagna le sembianze d'un formicaio impazzito. I soldati urlavano da una parte all'altra frasi di ogni genere, ma la più ricorrente era: 'Trovate il traditore!'
Per fortuna non badavano ai due giovani allievi che tentavano di farsi strada nel caos.
“Dev'essere successo qualcosa di grosso!” esclamò Aiolia, lieto di aver trovato una spiegazione all'assenza prolungata del fratello, ma nel contempo preoccupato per il crimine che macchiava le mura più sacre alla dea.
Mū, pensieroso, si limitò ad annuire. “Vieni, proviamo a passare da questa parte,” disse indicando il sentiero per il piccolo tempio di Hephaestus, collegato alla Casa di Aries da una ripidissima e quasi invisibile scalinata. Non fecero in tempo a svoltare che Aiolia venne acciuffato per la tunica da un soldato da lui conosciuto. Lo guardò con esasperazione, preparato a ricevere la ramanzina d'ordinanza che terminava con il perentorio ordine di tornare a nanna, ma il disprezzo che trasparì da quegli occhi lo sorprese.
“Dov'è finito tuo fratello?” urlò l'uomo per sovrastare il crescente vociare che rimbombava nel labirinto di roccia.
“Che ne so? Sarà a vegliare Athena, come al solito!” ruggì di rimando Aiolia, irritato. Ma quello, anziché lasciarlo andare, lo spinse con violenza a terra e lo colpì repentinamente con un calcio alle costole. “Chi credi di prendere in giro, moccioso bugiardo?”
Aiolia, che non era minimamente preparato ad una simile reazione, dovette affrontare la vergogna per essersi lasciato malmenare. Aveva battuto la fronte e sentiva il sangue caldo scorrere intorno alle orbite. Quando riaprì le labbra per controbattere, ne sentì chiaramente il sapore dolciastro. “Come ti permetti? Sono un futuro Santo di Athena, razza di...”
Si lanciò senza esitazione all'attacco, ma la mano di Mū gli afferrò saldamente braccio: solo allora si accorse che erano stati circondati. Attraverso il velo rosso del sangue vide l'ammassarsi di lance su lance, tutte puntate contro ai loro cuori. Mū si guardò nervosamente in giro, poi si pose davanti ad Aiolia per fargli da scudo, le braccia allargate come a farsi più grande di quel plotone di folli.
“Per favore, potreste spiegarci quanto sta accadendo? Aiolia ignora i fatti quanto me,” scandì con lo stesso tono che avrebbe usato se si fossero trovati seduti a tavola per bere il tè.
Sembrò funzionare, perché il soldato che per primo li aveva fermati lo fissò, dubbioso. “Non sai che Aiolos di Sagittarius ha tradito? Ha cercato di uccidere la divina Athena.”
“Non è vero!” urlò Aiolia, cercando di scavalcare l'amico, che però lo trattenne con ferma determinazione. Non si rassegnò. “Chi diavolo vi ha detto un'idiozia del genere?”
“Il Grande Sacerdote, è stato lui a fermarlo.”
Tutta la forza di Mū venne all'improvviso meno, e quando Aiolia ebbe raggiunto l'intento di scavalcarlo si rese conto che le gambe non gli rispondevano più. “È perché sto sognando. Succede sempre così, nei brutti sogni,” si disse per spiegare la difficoltà che provava nell'atto del reggersi in piedi. Tuttavia l'agognato momento del risveglio pareva ancora lontano.
Un anziano santo d'argento si fece largo tra i soldati e prese la parola. Dal diadema blu di foggia fiammeggiante che proteggeva la fronte, Aiolia riconobbe l'armatura del Cane Maggiore.
“Aiolia. Chiunque sia presente stanotte al Santuario ha l'ordine di collaborare per fermare Aiolos di Sagittarius. Vale anche per te, che tu sia estraneo o meno ai fatti non importa. Perciò non opporre resistenza e seguici, dobbiamo interrogarti.”
Poi si rivolse a Mū. “Tu dovresti essere l'allievo del sommo Shion, vero? Vattene in un posto sicuro. Non è opportuno che ti lasci coinvolgere in questa situazione.”
Mū però pareva non ascoltarlo e continuava a muovere nervosamente lo sguardo, forse per cercare una via d'uscita. Quando Aiolia gli chiese: “Tu credi alle loro parole?” Mū lo fissò sbattendo le palpebre e poi, lentamente, lo prese per mano.
Aiolia si sentì come se il suo corpo venisse improvvisamente compresso e liberato in uno spazio dove non esistevano direzioni. Dovette chiudere gli occhi per far smettere alla sua testa di girare e, quando si rese conto di essere tornato disteso su qualcosa di morbido, credette di essersi finalmente risvegliato dall'incubo che lo tormentava.
Stava sudando, aveva sete, ma purtroppo non era sul rassicurante soffitto di casa che erano sbarrati i suoi occhi: si trovava in un anfratto non lontano dalla Casa del Montone Bianco, tra le braccia di un Mū ugualmente sconvolto (doveva essere suo, il cuore che sentiva battere all'impazzata).
Fece per aprire bocca per ringraziare, ma l'amico gli fece segno di tacere, mentre con il mento indicava le gambe dei soldati in marcia.
Devo parlare con Aiolos!” Aiolia era solo un allievo, ma già da piccolo aveva imparato ad individuare il cosmo del fratello, caldo come un sole a cui tendeva per farsi accarezzare.
Anche se aveva abbandonato quell'abitudine infantile, non gli ci volle molto per ritrovare la sua continua e incrollabile presenza, al di là del respiro che non voleva saperne di calmarsi e perfino al di là della notte che incombeva con i più infausti presagi.
Aiolos,” chiamò.
Il suo sole risplendeva, immoto.
Aiolos,” chiamò ancora.
Il suo sole non lo ascoltava.
Aiolia soffocò un grido e, per non esplodere, finì per rannicchiarsi più che poteva. Quando Mū protestò con un mugolio, Aiolia si rese conto che lo stava stritolando. Provò a chiedere scusa, ma non fu in grado di ricordare che cosa avesse detto esattamente all'amico che continuò a fissarlo, turbato.


 

*** ***


Era rimasto aggrappato ad uno spuntone di roccia, pericolosamente dondolato dal vento.
Sotto alle sue gambe centinaia di metri di strapiombo, sopra alla sua testa migliaia di metri d'atmosfera prima dello spazio cosmico.
Le urla degli esseri umani giungevano in lontananza, prive di consistenza. Probabilmente dicevano: “Trovate il traditore!” Ma Aiolos non riusciva ad afferrarne il significato, come se improvvisamente avesse dimenticato la lingua di Grecia. I compagni d'addestramento, gli abitanti di Rodrio, il sommo Shion, Saga: tutto ciò per cui credeva d'aver vissuto diveniva sbiadito ed inutile.
“Ora siamo proprio soli, io e te,” sussurrò alla bambina.
Dietro alle ciglia umide di pianto, gli occhi neri non mostravano timore. Una scia di ricordi li ridipinse per un istante d'azzurro: quando l'aveva preso per la prima volta in braccio, Aiolia l'aveva guardato con la stessa incondizionata fede.
Il suo passato era quella speranza, il suo futuro era quella speranza. Aiolos mollò la presa e si lasciò cadere, stringendola al petto.
Gli parve che il fratello lo stesse chiamando, ma era il grido di un bambino: Aiolia, ormai, non lo era più.


 

*** ***


“Devo cercare Aiolos! Devo parlargli! Non potresti chiedere al tuo maestro che cosa è veramente successo? Ormai conosci bene mio fratello, sai che non può, non può aver fatto una cosa del genere!” gli disse Aiolia tutto d'un fiato. Il volto dell'amico era ancora sporco del sangue fuoriuscito del taglio che si era procurato poco prima. Mū aveva provato a rimuoverlo, ma lui non aveva collaborato, continuando a divincolarsi.
Rassegnato, rispose: “Il maestro mi ha ordinato di andare alla Prima Casa.” Fece una pausa. “Perché avrebbe dovuto dirmi una cosa del genere in un momento simile? Per favore Aiolia, vieni con me. Non so in che altro modo esserti d'aiuto. Una volta arrivati là vedremo come muoverci.”
Con suo grande sollievo, Aiolia sembrò convenire e lo seguì senza fare obiezioni. In quel momento, il fatto che Shion avesse ordinato la cattura di Aiolos pareva più un problema di Mū. “Lui non crede davvero a niente di ciò che ci è stato detto, mentre io non so che fare.
Per niente turbata dal fatto che la minaccia fosse arrivata dall'alto, la Casa del Montone Bianco si era mantenuta estranea ai drammi che si stavano consumando in quelle ore. Dopo l'ultima ispezione non era rimasta presidiata, così la quieta Aries era tornata a rilucervi in solitudine, come in una notte di pace. Non sapendo che cosa dovesse realmente fare, o se dovesse semplicemente attendere qualcuno, Mū si avvicinò all'armatura e l'accarezzò con i polpastrelli, controllando lo stato della fibra di orihalcon con cui era stata forgiata.
Aries,” salutò, e Aries rispose vibrando. La sua voce era diversa da solito. “Stai forse piangendo?” Mū non aveva mai sentito il lamento di un'armatura, ma la tristezza di quel suono gli pareva quanto di più vicino potesse esservi.
Il pensiero venne bruscamente interrotto dall'avvicinarsi di alcuni passi: i piedi di quella persona calzavano un'armatura e non sembravano avere alcuna fretta. Nonostante l'ambiente fosse illuminato da un numero esiguo di lampade, Mū riconobbe subito lo scintillio sinistro di Cancer. Il diadema separava la pelle scura del proprietario dai suoi capelli color cenere, divisi in ispide ciocche che si sollevavano verso l'alto seguendo le linee spigolose di otto, appuntiti, raggi d'oro.
“Nobile Death Mask,” lo salutò, in attesa di conoscerne le intenzioni. Tuttavia fu il santo stesso a porre la domanda: “Che diamine ci fai qui?” Il tono ricordò a Mū che, a dispetto delle apparenze, il ragazzo che si faceva chiamare 'maschera di morte' aveva appena qualche anno più di lui.
“E non sei solo, per giunta. Giocate a nascondino? Non è la notte giusta, a meno che non siate in cerca di emozioni forti...”
“Che voi ci crediate o no, non mi stavo nascondendo.” Aiolia, che era andato a lavarsi il viso, spuntò dal passaggio laterale. “Non trattatemi da vigliacco.”
Death Mask gli rispose con una risata. Assottigliò gli occhi bluastri e curvò le labbra in un ghigno, per poi aggiungere: “A me non importa quel che fai. Forse m'importerà di tuo fratello, quando avrò parlato col Grande Sacerdote. Se davvero ha fatto quel che dicono, mi ha sorpreso! Non era il tipo noioso che sembrava!”
Mū si affrettò ad intervenire prima che Aiolia potesse ribattere. “Sfortunatamente ignoriamo ciò che è accaduto. Io mi sono recato qui per ordine del sommo Shion. Aiolia mi ha semplicemente accompagnato. Ci scusiamo per avervi distratto nel compimento del vostro dovere. Sono certo che il sommo Shion non desidera che tardiate a causa di due apprendisti.” Detto questo si fece da parte e accennò all'amico di fare altrettanto.
Death Mask esclamò: “Oh!” Poi lasciò ricadere in mezzo a loro un ambiguo, interminabile silenzio.
Non abbiamo nessuna possibilità di sfuggire ad un santo d'oro”. Consapevole che l'unica opzione possibile era rimettersi al suo giudizio, Mū si mantenne immobile, la schiena dritta e le braccia lungo i fianchi, determinato a sostenerne lo sguardo indagatore. Non riusciva però a comprendere perché Death Mask si concentrasse solo su di lui e, soprattutto, perché ci stesse mettendo tanto impegno. “Vuole solo spaventarmi,” cercò di convincersi quando si sentì lambire dall'aura gelida che sapeva poter condurre alle porte degli Inferi. Era ormai sopraffatto dai brividi scatenati dal primordiale istinto di sopravvivenza, quando il Santo del Cancro fece un passo indietro. Un gemito soffocato gli uscì dalla gola, gli occhi si spalancarono increduli e infine rise istericamente, senza riuscire a cancellare del tutto il turbamento che gli aveva attraversato il volto.
Sussurrò all'orecchio di Mū: “Vuoi la verità? Neanch'io so un accidente. Ma so per certo che il tuo caro Shion non ti potrà proteggere per molto. Fossi in te, fuggirei a gambe levate anziché fare il fighetto con chi è più forte!”
Tornò a voltarsi verso la Casa del Toro Dorato, accompagnato nel movimento dall'ampio mantello azzurrino. “Giocherò un'altra volta con voi,” minacciò prima di sparire dalla vista.
Mū dovette appoggiarsi alla colonna più vicina. Lasciò che la schiena bagnata di sudore vi si adagiasse, toccò le scanalature del marmo per accertarsi che fosse reale: in confronto alla sua pelle, pareva piacevolmente tiepido.
Aiolia gli stava parlando, ma Mū non lo ascoltava, perché dentro di lui continuavano a ripetersi le parole di Death Mask. Per liberarsi da quella specie di maleficio andò in cerca di una spiegazione logica, la più semplice, quella che funzionava nella maggior parte dei casi. La trovò quando l'amico, esasperato, gli aveva ormai afferrato le spalle e lo stava fissando con sincera preoccupazione. Aiolia chiese se Death Mask gli avesse fatto qualcosa, Mū fece cenno di no.
“Che cosa ti ha detto?”
“Credo volesse provocarmi. Non deve aver preso bene il fatto che abbia nominato Shion.”
Aiolia parve voler dire la sua sul Santo di Cancer, ma ci ripensò. Incrociò le braccia sul petto e chiese, diretto: “Allora, che cosa si fa?”
Mū trattenne il respiro, poi affermò: “Io vado alla Tredicesima Casa.”
“Bene!” esclamò Aiolia con un sorriso sicuro. “Allora io andrò a cercare Aiolos.”
“Ma ci sono centinaia di soldati dietro di lui!” “E quattro santi d'oro davanti a Shion.
“Hai sentito quel che ci hanno detto prima, no? Chiunque sia in grado di combattere, deve darsi da fare per trovarlo. E se davvero avesse tradito, a maggior ragione sarebbe compito mio. Fermare Aiolos, intendo.”
“Va bene, ma non fare stupidaggini.” “Dovrei dirlo a me stesso.
“Anche se non ho un'armatura e non mi posso ancora chiamare santo, sono e sarò per sempre un guerriero di Athena.” Aiolia si erse in tutta la sua altezza, obbligando il suo interlocutore a sollevare il mento per seguirne la determinazione riflessa negli occhi. Mū tuttavia non dovette apparire altrettanto risoluto, perché l'amico chiese, dubbioso: “Lo pensi anche tu, vero? Non è che stai cambiando idea?”
Mū si staccò dalla colonna da cui si era lasciato sorreggere, riducendo così la distanza tra i loro sguardi. Toccò le mani di Aiolia, stringendole delicatamente. “No, su di te non cambio idea. Questa notte stanno succedendo troppe cose strane. Per il momento, le uniche parole in cui posso credere sono le tue.”
Aiolia, allora, intrecciò le sue dita con quelle di Mū. Poi disse solo: “Grazie.”
Indugiarono entrambi, prima di sciogliere la stretta e allontanarsi di corsa, in direzioni opposte.
  
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