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Autore: Aishia    26/09/2015    1 recensioni
Ci sono amori che si incontrano per caso e si costruiscono lentamente come i fili di una ragnatela.
Aryanna Davis è una donna dal destino ignoto.
Una donna che ha dovuto lottare contro il mondo per affermare se stessa ma presto arriverà qualcosa , come una tempesta in una serena giornata di primavera, che metterà in bilico il suo universo per lasciarla sospesa su un flebile filo e che la porterà a compiere delle scelte.
Si ritroverà al centro di una guerra tra ragione e cuore, tra la vita e la morte, tra la razionalità e l’irrazionalità che non le lasceranno scampo. Toccherà a lei prendere quelle decisioni senza sapere che il destino ha già scelto per lei.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Dei grandi occhi scuri mi fissavano con insistenza e perseveranza, illuminati dalla luce soffusa del sole che stava già tramontando alle nostre spalle, dietro una fitta coltre di alberi alti e scuri, guardandomi come nessuno aveva mai fatto prima d’allora, con un intensità che mi lascio inerme e senza fiato mentre io rimasi così, interdetta , sentendomi improvvisamente nuda e spogliata di me stessa di fronte a quell’essere dall’aria maestosa, paragonabile ad una creatura mitologica, un adone, dall’aspetto alto e solenne.                                                                                                                     
… Non avevo mai visto una persona come lui …
Il suo viso sembrava scolpito e modellato con il marmo, curato nei minimi dettagli e i suoi lineamenti erano perfettamente proporzionati tra loro sul viso pallido e cereo. Una sottile e seducente bocca mi elargii un sorriso così sexy da farmi tremare le ginocchia, contornata da un piccolo accenno di barba che gli conferiva un aria matura ed elegante. Indossava una camicia di flanella di un blu chiaro, con il primo bottone slacciato che lasciava intravedere il  petto abbronzato e dei pantaloni di lino neri gli fasciavano perfettamente i fianchi, come se fossero stati realizzati apposta per lui. Tra le mani muscolose stringeva un calice di cristallo che condusse delicatamente alle labbra rosee, degustando il liquido rossastro e dall’odore forte, sorseggiandolo flebilmente come a valutarne la qualità, per poi mandarlo giù in modo avido e famelico. Lo guardai estasiata e incantata da quei suoi movimenti talmente coordinati e composti  come se quell’uomo avesse pienamente consapevolezza di sé. 
Troppo bellezza per una persona sola era legale?       
La carnagione pallida e cerea dava l’impressione che dentro le sue vene non circolasse nemmeno una goccia di sangue o forse era il mio cuore che aveva smesso improvvisamente di fronte a quello sguardo talmente penetrante, da oltrepassarmi da parte a parte.
Chi era quell’uomo?
Abbassai lo sguardo accorgendomi di sorridere senza nemmeno accorgermene, torturandomi l’anello che tenevo al dito e che mi legava a mio marito ormai da tanto tempo, sentendomi a disagio quando Matt mi avvolse le spalle con la sua mano grande, avvicinandomi a sé per fare le giuste presentazioni, credo.
Non mi ero mai sentita talmente fuori posto in vita mia.
« Arya ti presento Jake Anderson. Jake lei è mia moglie, Aryanna Davis », l’essere soprannaturale riprese vita, porgendomi la sua mano nell’attesa che la stringessi, in silenzio e senza pronunciare una singola parola, continuandomi a fissare con il suo sguardo attento e scrutatore, lasciandomi senza fiato.
Forza Arya! Asciugati la bava alla bocca e stringi quella maledetta mano! 
La sua mano calda era in contrasto con la mia che sembrava invece una lastra di ghiaccio che si sciolse al solo contatto con le sue dita muscolose. Non so cosa mi colpii di quell’uomo, forse i grandi occhi scuri e inquietanti oppure il viso che sembrava semplicemente una placca di marmo senza emozioni.
Come poteva  quell’uomo farmi un effetto del genere?
Mi morsi il labbro  e alzai lo sguardo, avvampando di colpo quando mi accorsi che mi stava guardando la bocca, con un sorriso sghembo in viso, compiaciuto dell’effetto che aveva su di me. Era così evidente?
«Ha una bella stretta di mano, Mrs. Davis» , proferì con voce calda e sensuale, facendomi avvampare nuovamente e ritrassi velocemente la mano cercando di riprendere il controllo delle mie facoltà mentali che in quel momento sembravano in viaggio verso le Hawaii.                                                                                                                 
 Il dio greco sorrise, riportandosi il bicchiere alle labbra e riprendendo a degustare la bevanda che inumidì le sue labbra sensuali, per poi spostare la sua attenzione da me a Matt, spostandosi leggermente per farci accomodare all’interno.
Questa non era una casa, questa sembrava la reggia di Versailles.
Entrammo in quello che doveva essere il soggiorno, grande il triplo del nostro e con un enorme camino in legno che scoppiettava allegramente all’estremità della stanza, rischiarando l’ambiente con il suo fervore. Di fronte vi erano due grandi divani, interamente rivestiti in pelle chiara, uno dei quali era posto dinnanzi a un televisore a schermo piatto degno di un vero e proprio cinema che si rispetti.
Rimasi estasiata di fronte a una gigantesca libreria, contenente libri di ogni genere, dalle ultime lettere di Jacopo Ortis a libri psicologici e giuridici. Sembravamo esser sbarcati in un sogno ma questa volta sembrava essere reale.
« Jack , come potremo mai ringraziarti?  », sussurrò Matt estasiato e con la mia stessa espressione sul viso. L’uomo ci rivolse un sorriso sghembo, per poi dirigersi compiaciuto verso la libreria, aprendo uno scaffale ed afferrando una bottiglia dello stesso liquido rossastro che stava sorseggiando lui pocanzi, porgendoci due bicchieri per brindare.   

« a questo incontro dettato dal destino »
*

 
Quella notte non riuscii a prendere sonno. Non so perché ma avevo continuamente davanti agli occhi quell’immagine perfetta e suggestiva che non mi dava pace e mi svegliai con la gola terribilmente secca.                       
Matt dormiva beatamente al mio fianco, con le guance rosee e la bocca socchiusa come se fosse ancora un bambino desideroso di amore e protezione.
Anche quando dormiva aveva il suo fascino, coperto dal lenzuolo fin sotto il petto dove facevano capolino quei suoi deliziosi peli sul petto che mi piacevano tanto. Era inutile, li trovavo sexy da morire e non avrei fatto altro che guardarlo dormire per ore e ore.                                                                                               
 Mi sollevai lentamente, guardandomi intorno e ammirando estasiata quella stanza enorme. Stavo comodamente adagiata su un letto a baldacchino di legno scuro e tarsiato con delle decorazioni corinzie,avvolta da delle lenzuola di seta e dal colore violaceo , come le  pareti di quella grande stanza che sembrava appartenere ad una contessa dell’ottocento. Discesi dal letto e cercando di non far rumore uscii dalla stanza, percorsi le scale che scricchiolarono leggermente ad ogni mio passo e mi diressi verso la cucina alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti e placare quel brontolio che emanava il mio stomaco e che sembrava non potersi calmare.
Di notte la casa scaturiva un effetto più suggestivo, con la luce della luna che penetrava da un piccolo spiffero della finestra e illuminava l’ambiente con la sua flebile luce soffusa. Accesi la lampada, posta sull’angolo cottura e aprii il frigorifero alla ricerca di qualcosa di commestibile da mettere sotto i denti, prendendo poi una busta di latte scremato, richiudendo lo sportello con foga prima di fermarmi all’istante,avvertendo uno strano movimento alle mie spalle che mi mise in allerta.
Il mio cuore perse un battito quando vidi con la coda dell’occhio un ombra muoversi nell’oscurità verso la mia direzione. Non era frutto della mia immaginazione,era reale.                                                                             
In quel momento desiderai che fosse il mostro sotto al letto …   
Dall’oscurità più profonda apparve colui che non dava freno ai miei pensieri, colui che oltraggiava la mia mente con pensieri impuri e Jake si fece spazio tra le tenebre, illuminato dalla piccola luce soffusa della luna alle sue spalle, mostrando il dorso nudo e perfettamente scolpito da muscoli prorompenti e dei deliziosi peli sul petto che scendevano giù sino alla vita, fasciata da una tuta di un grigio scuro che scendevano giù per i suoi fianchi in modo semplicemente divino, lasciandomi scorgere una porzione di tatuaggio che mi sembrò la testa di un drago che sputava fuoco.
Indietreggiai, sbattendo le spalle contro la superficie fredda del muro che mi provocò degli scossoni lungo la spina dorsale, sentendomi improvvisamente il viso andare in fiamme sotto il suo sguardo attendo e penetrante.
«Scusa, non volevo spaventarti», mormorò avvicinandosi cauto come a valutare la mia reazione, con il viso ancora assonnato e i capelli scomposti dal sonno che sottolinearono la sua aria tormentata.
« non mi hai spaventata » , balbettai confusa, arrossendo di colpo  «vuoi? » ,chiesi tagliando corto e lui annuì semplicemente, sedendosi sullo sgabello adiacente al piano cottura e aspettandomi senza dire nemmeno una parola.
Presi due ciotole poste sullo sgocciolatoio e gli versai giù un po’ di latte, avvertendo il suo sguardo attento addosso perforarmi da parte a parte. Non potevo restare a letto?    
Ispirai profondamente, sentendo l’aria penetrarmi nei polmoni  e mi andai a sedere sullo sgabello al suo fianco, passandogli la tazza piena di latte e cercando di non prestare attenzione al suo non- abbigliamento e ai suoi addominali scolpiti che trasparivano sesso da ogni angolazione, accorgendomi solo adesso che io invece, indossavo semplicemente delle mutandine di pizzo bianco e una mini t-shirt trasparente che non lasciava di certo spazio all’immaginazione.
Tipo indossare un burka no vero?
Non riuscii a respirare. Sentivo come una morsa allo stomaco che mi attanagliava fino in fondo e non riuscii a bere nemmeno un sorso di latte.
Il suo sguardo addosso non mi aiutò per niente e in quel preciso momento decisi di affrontarlo, notando quando fosse bello il suo viso rischiarato dalla luce soffusa della luna che illuminava i suoi occhi che sembrarono brillare di luce propria.
Non riuscivo a distaccare lo sguardo dal suo viso perfetto, da quegli occhi e da quelle labbra così carnose che sembrava richiamassero le mie a gran voce.
 Mi sentii strana, come se fossi in combutta con me stessa, con il corpo in subbuglio, una fitta allo stomaco e le farfalle che svolazzavano allegramente dentro di me. Forse sono gli ormoni cara, perché non ti bevi dell’insetticida?
«Da quanto tempo siete sposati tu e Matthew?», sgranai gli occhi e lo guardai senza fiato, non aspettandomi una domanda così improvvisa e abbassai lo sguardo imbarazzata. Come faceva a essere così inflessibile? Il suo volto aveva sempre la stessa maschera, la stessa espressione composta e rigorosa come se fosse una perfetta statua di marmo. I suoi occhi non trasmettevano nulla, solo il vuoto e in quel momento mi assalii l’angosciante paura di potermi perdere in quell’abisso se non avessi trovato la forza di rimanere a galla.
« sei anni », finalmente notai una nota di stupore nel suo sguardo e annuì pensieroso, storcendo le labbra e continuando il suo gioco di sguardi su di me. Sembrava una gara a chi si lasciasse andare prima e io non dovevo di certo perdere la partita. Purtroppo però, era lui ad avere il coltello dalla parte del manico e mi trafisse con la punta.
« e quando vi siete conosciuti? »
«è una lunga storia», tagliai corto, guardandomi le dite e giocando con l’anello già abbastanza torturato. Lo sentì sorridere e bevve una sorsata di latte per poi  riposare la ciotola sul bancone
« Ho tutto il tempo del mondo»
Lo guardai, aprendo la bocca per poi richiuderla poco dopo. Perché avrei dovuto raccontare la storia della mia vita ad un perfetto sconosciuto? Mi sorrise, scoprendo i denti perfettamente bianchi e dritti e i miei occhi si illuminarono. Era così bello quando sorrideva.
Abbassai lo sguardo, arrossendo di colpo e cercando di trovare lo spunto per iniziare a raccontare. Davvero?
« Beh, incontrai Matt al liceo, quando non ero altro che una semplice studentessa innamorata del suo professore di letteratura inglese. Fu un amore che ci colse all’improvviso, un fulmine al ciel sereno e da allora non ci siamo più lasciati. Ci sposammo quando venimmo a scoprire della sua malattia con cui ancora oggi lottiamo a denti stretti. Fu un vero trauma e la paura di perderlo mi portò alla convinzione di voler rimanere al suo fianco per tutta la vita, lottare insieme per un obbiettivo comune. Questo però mi costrinse a rinunciare a tutto, alla mia vecchia vita e alla mia famiglia che non accettarono questa mia decisione. Guardandomi adesso capisco di essere stata solo un egoista», perché gli stavo raccontando questo?    Perché stavo dicendo a quest’uomo cose che non avevo rivelato nemmeno a me stessa?                                              
Avevo sempre cercato di cancellare questa parte della mia vita e adesso la stavo riportando a galla con una veemenza che mi spaventò. Mi morsi la lingua e mi bloccai di colpo.
« non ti appoggiarono? »
 sorrisi di malavoglia ricordando con angoscia quel tunnel che sembrava non avere fine.
 «… mi chiesero di scegliere …»
 « e tu scegliesti Matthew»
Sorrisi non sapendo nemmeno il motivo. Sapevo solo che quelle lacrime che mi velarono gli occhi non erano casuali, quel peso sul cuore aveva un senso ben preciso e forse gli stavo raccontando la mia vita perché avevo il disperato bisogno di sfogare tutto quello che celavo dentro da troppo a lungo e che da troppo tempo mi offuscava il cuore. Forse perché quel Jake stava passando il mio stesso inferno per via della malattia di suo padre e anche lui, come me, aveva un disperato bisogno di sentirsi dire che sarebbe andato tutto bene, che anche se la vita è difficile amare è più facile.
Quegli occhi così grandi e dall’aria tormentata sembravano cercare qualcuno che li potesse salvare da un oblio senza fine o qualcuno con cui condividere il suo stesso destino.
Mannaggia  a me e alla sindrome di croce rossina.
Finii il latte in un sorso e mi sollevai, posando la tazzina dentro il lavello e spostando lo sguardo verso l’orologio a cucù sopra il frigorifero, che indicava esattamente le tre e mezza del mattino.
Il tempo scorreva velocemente sulle nostre dita anche se mi sembrò che si fosse fermato del tutto.
Forse era meglio ritornare nel mio letto e sfuggire a quello sguardo indagatore, almeno prima che Matt si potesse accorgere della mia assenza.
Lavai la tazza velocemente e mi voltai verso Jack, abbassando lo sguardo quando mi accorsi che il suo vagava sul mio corpo già in fibrillazione.
« Buonanotte, Jake», pronunciai in un sussurro, allontanandomi dalla cucina, senza voltarmi indietro.
 Una strana morsa mi premeva lo stomaco, non lasciandomi respirare. Era come se avesse la sensazione che mi mancasse qualcosa, un senso d’incompletezza che non mi lasciava respirare. Più mi allontanavo da lui più questo magone aumentava.   
Salii le scale velocemente come se avessi il diavolo alle costole, dirigendomi a passo spedito verso la mia camera da letto, verso la salvezza da quell’uomo che mi aveva mandato il cervello in tilt. Come potevo solo pensare ad un uomo che non fosse Matt?
Ripugnavo me stessa per i pensieri impuri che passavano nella mia mente, che offuscavano il mio cuore.
Sfiorai la maniglia della porta e feci per entrare, prima che qualcosa mi afferrasse violentemente per un braccio, spingendomi contro la superficie fredda del muro e impedendomi di muovere anche un minimo muscolo.
Il cuore mi arrivò in gola quando mi ritrovai il viso di Jack ad un soffio dal mio, con il respiro a solleticarmi  le gote accaldate e il suo sguardo a inchiodarmi come la morsa letale di un serpente.
Ti prego,stammi lontana! Io sto cercando di farlo …
Ispirai quel profumo che mi riempii i polmoni, socchiudendo gli occhi quando avvertii il suo corpo premere con forza contro il mio e  il suo fiato aumentare ancora e ancora mentre io  smisi definitivamente di respirare.
Perché mi faceva un simile effetto?
Mi morsi le labbra che divennero improvvisamente secche e guardai fisso dentro gli abissi dei suoi occhi.
«Lo senti, vero?», sussurrò con voce strozzata, soffiando sul mio orecchio e guardandomi le labbra con un intensità che mi lasciò senza fiato.
Annuii, senza trovare la forza per respingerlo e senza la voglia di allontanarmi dal suo corpo caldo e ammirando la sua bellissima bocca socchiusa sulla mia, avvertendo quella voglia matta di assaggiarla e scorgerne il sapore.
Perché mi rendeva la vita così maledettamente difficile? Perché non mi lasciava in pace, io avevo bisogno che mi lasciasse vivere, di continuare a vivere nella mia senilità senza che qualcuno potesse sconvolgermi l’anima e soprattutto il cuore.
Lasciò la presa sulle mie mani quando notò le lacrime bagnarmi il viso e si allontanò flebilmente.
«Buonanotte, Jack», bisbigliai con il fiato corto, concedendomi l’ultimo sguardo a quell’angelo disceso dal cielo.
Avevo scoperto l’ottava meraviglia del mondo ma dovevo tenere questa grande scoperta per me. Non potevo urlare al mondo che ero rimasta incantata da Jake Anderson, un perfetto e totale sconosciuto.
Mi voltai quando lasciò andare definitivamente la mia presa e aprii la porta della mia camera rivolgendo un ultimo sguardo a quegli occhi che fino ad un attimo fa mi avevano inchiodata al muro, a quel petto e a quelle braccia che mi avevano tenuta stretta a sé, per poi richiuderla poco dopo, sbarrandola con la chiave.
Mi sentivo addosso ancora il suo profumo e cercai di tranquillizzare il mio cuore che sembrava un cavallo in corsa, finendo poi per perdere le forze e appoggiando le spalle contro la superficie fredda del muro  mi lasciai scivolare sul pavimento, portandomi entrambe le mani sulla testa
« lo sento, Jake»




Salve gente!
Come prima cosa vorrei scusarmi per il ritardo ma tra la connessione da schifo, il nuovo lavoro e tutto il resto,non ho potuto proprio aggiornare.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, perchè ci ho messo molto impegno e cuore per scriverlo.
Al prossimo mese.



 
 
 
  
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