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Autore: Ink Voice    26/09/2015    2 recensioni
Come reagireste alla scoperta dell’esistenza di un mondo celato agli occhi della “gente comune”? Eleonora, credendosi parte di questa moltitudine indistinta di persone senza volto e senza destino, si domanderà per molto tempo il motivo per il quale sia stata catapultata in una realtà totalmente sconosciuta e anche piuttosto intimidatoria, che inizialmente le starà stretta e con la quale non saprà relazionarsi. Riuscirà a farci l’abitudine insieme alla sua compagna Chiara, che vivrà con lei quest’avventura, ma la ragazza non saprà di nascondere un segreto che va oltre la sua immaginazione e che la rende parte fondamentale di quest’universo nascosto e pieno di segreti. Ecco a voi l’inizio di tutto: la prima parte della serie Not the same story.
[RISTESURA+REVISIONE - Not the same story 1.2/3]
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga, Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Not the same story'
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VIII
Sonni tranquilli e non

«Quanti Pokémon ti senti di sacrificare per questa battaglia, cara Ilenia?»
“Cominciamo bene” borbottai mentalmente all’udire la provocazione di Cynthia, che esibiva un gran sorriso di scherno rivolto alla sua avversaria. Ilenia invece mostrò la sua espressione più gentile ma capii che avrebbe voluto volentieri rispondere a tono. «Soltanto il mio Trapinch deve ancora fare esperienza; per il resto ho cinque Pokémon pronti per dare fuoco alla coda dei tuoi compagni di squadra.»
«Ottimo, anche io ho un Venipede da allenare» fece con leggerezza l’altra, imitando la sua espressione cordiale. «Allora usiamo solo i nostri cinque Pokémon più forti. Così non vi annoierete, ragazzi, eh?»
Eravamo nella sala sotterranea, praticamente da soli, ma eravamo un bel gruppetto. Solo un altro campo era occupato da un paio di studenti che non conoscevo, ma guardando per qualche momento la loro lotta mi parvero ad un buon livello. Spostai di nuovo gli occhi sul campo che avrebbe ospitato la lotta imminente e già notai due Pokémon schierati. Eravamo a bordocampo mentre facevamo gli spettatori.
Ilenia aveva iniziato con Zebstrika, Cynthia aveva mandato un Toxicroak. Cominciò la ragazza dai capelli ricci, ordinando al suo Pokémon di usare Nitrocarica, sfruttando a suo favore l’abilità Pellearsa di Toxicroak.
Subito notai quanto fosse veloce e potente e mi chiesi come mi sarei sentita a possedere un Pokémon simile, in futuro. Toxicroak rispose con Vendetta e subito Zebstrika vacillò, messa molto in difficoltà dal potente attacco. Cynthia avrebbe potuto ordinare tranquillamente a Toxicroak di finirlo con un’altra mossa ma attese il suo turno.
«Usa Invertivolt» disse calma Ilenia. Toxicroak non accusò più di tanto il colpo e la ragazza richiamò nella sua Ball la Zebstrika, sostituendola con Rapidash.
Quest’ultima venne colpita subito da Velenpuntura ma prontamente replicò con Fuococarica, mandando al tappeto Toxicroak e non ricevendo un grosso contraccolpo. Il suo avversario successivo era Heracross. Non capii come mai Cynthia avesse scelto un Pokémon di tipo svantaggiato, ma quasi subito ricordai le parole di Gold e compresi il motivo del sorrisetto tranquillo della ragazza.
“I primi tempi il vantaggio di tipo gioca un ruolo essenziale nelle lotte… Più il tuo Pokémon cresce, più è in grado di fronteggiare anche quelli contro cui è in svantaggio, avendo sviluppato le sue statistiche migliori.”
«Rapidash, usa Rimbalzo!»
«Pietrataglio, Heracross.»
Rapidash pareva sospesa in aria dopo aver spiccato un grosso balzo: questione di pochi secondi e sarebbe scesa sul suo avversario, come in picchiata. Heracross batté le zampe a terra e dalla proiezione del Pokémon Fuoco sul terreno si sollevarono schegge di pietra di medie dimensioni ed affilate, che colpirono duramente l’altra. Distratta dai segni rosso vivo dei graffi sul suo corpo, Rapidash non riuscì a scontrarsi con Heracross, che la schivò e la mandò definitivamente K.O. usando un’altra volta la medesima mossa.
Ilenia riprovò con Zebstrika ma il Pokémon era troppo indebolito per sostenere quella lotta. Riuscì a colpire Heracross con Nitrocarica ma quello la finì con Breccia. In campo scese Arcanine.
Chiara mi diede una leggera gomitata per attirare la mia attenzione. «Secondo me si stanno entrambe tenendo da parte i loro Pokémon più forti!» bisbigliò.
«Allora non voglio vedere i prossimi di Cynthia» replicai inarcando le sopracciglia.
Ma il successivo round mi smentì. Durò molto più degli altri perché Ilenia tese a consigliare ad Arcanine di evitare le mosse dell’avversario e Pietrataglio, su cui l’avversaria contava molto, non era una mossa molto precisa. Con una combinazione ripetuta di Rogodenti ed Extrarapido, Arcanine ebbe la meglio. Di nuovo Cynthia scelse un Pokémon di tipo svantaggiato rispetto a quello della rivale, ovvero Weavile.
«Weavile è uno dei suoi Pokémon migliori» mormorò Lorenzo soprappensiero. Lo guardai: appariva molto concentrato sulla lotta; teneva le braccia incrociate. Se io ero ammirata, lui la prendeva molto più seriamente di me e Chiara messe assieme. «Forse è secondo solo al suo Crobat.»
«Immagino che Floatzel sia la sua riserva» replicò tranquillo Daniel.
Non conoscevo quel Pokémon ma non mi feci distrarre, perché un’altra volta Cynthia si dimostrò in grado di superare senza troppe difficoltà lo svantaggio di tipo. Weavile era talmente veloce che Arcanine non riuscì mai a colpirla con semplici mosse Fuoco; quando provò Extrarapido subì un brutto colpo con Vendetta. Un altro paio di Nottesferza da parte di Weavile lo stesero.
Ero talmente basita per la loro bravura che dubitai fortemente di poter mai arrivare al loro livello. Ad Arcanine seguì Tyranitar e lì, finalmente, Cynthia si dimostrò in seria difficoltà. Inizialmente parve riprendere la situazione che c’era stata tra il canide di fuoco ed Heracross, ovvero che l’uno schivava e l’altro variava le proprie mosse per cercare di colpirlo, ma invano, perché Tyranitar poteva contare su Terremoto.
Weavile poteva essere rapida e spostarsi quanto voleva, ma dopo aver fatto riscaldare Tyranitar con un paio di mosse andate a vuoto e facendogli prendere un paio di colpi - che a malapena lo fecero indietreggiare, lo pseudo-Leggendario stese con un solo Terremoto il Pokémon avversario.
«Si mette male per Cyn, eh?» ghignò Daniel e Lorenzo assentì. Gli chiesi come mai. «Il suo punto debole è non avere alcun attaccante speciale, solo fisici - peraltro i suoi Pokémon hanno quasi tutti difese molto basse. Se ha un avversario adatto alla sua squadra lo stende senza alcuna difficoltà, hai visto anche prima che non si fa intimorire dalle combinazioni di tipo…»
«Ma quando fronteggia Pokémon con Difese mostruose è in difficoltà» completai.
Daniel annuì e confermò: «E Tyranitar è senza dubbio il Pokémon di Ilenia che più la infastidisce.»
Cynthia dovette schierare Floatzel, che forse lo avrebbe preferito per concludere in fretta con il Charizard della riccia. Il Pokémon d’Acqua era indubbiamente in vantaggio su Tyranitar e aveva anche caratteristiche più equilibrate rispetto ai compagni che gli erano preceduti sul campo; ma la Difesa del bestione avrebbe potuto far rimanere quest’ultimo in campo abbastanza a lungo da finire anche quell’avversario.
Ciò non toglieva che Floatzel fosse comunque scarsino, quanto a difese. Infierì buoni danni con le mosse di tipo Acqua a Tyranitar, anche considerando la sua resistenza, ed era abbastanza veloce da evitare le mosse che non fossero Terremoto. Una volta provò pure a spiccare un balzo per evitare di essere intrappolato o colpito da massi volanti, ma proprio uno di questi lo sfiorò.
A Tyranitar non rimanevano molte energie quando Floatzel finì al tappeto e al Crobat di Cynthia spettò il compito di pareggiare il risultato. Il velocissimo pipistrello, una stella violacea che sfrecciava da una parte all’altra del campo, evitò ogni colpo dell’avversario e con un paio di Forbice X lo sistemò. Era la prima volta che vedevo molte mosse del genere. Erano molto più potenti, rivelavano effetti secondari o avevano proprietà particolari, come i contraccolpi di varia potenza, il probabile brutto colpo, l’essere infallibili o simili.
«È andata meglio del previsto a Cynthia» commentò Lorenzo. Finora avevamo parlato solo io, lui e Daniel; le altre ragazze non avevano detto praticamente nulla. «In lotte di questo livello spesso la sorte si decide fin dai primi Pokémon K.O.…»
«Davvero?» chiesi stupita.
«Sì, perché?»
«Be’, ecco… mi aspettavo l’esatto contrario, in realtà. Proprio perché i Pokémon sono a livelli più alti e hanno già sviluppato i loro punti deboli, di forza e le abilità, mi viene da pensare che sia più facile trovare un modo per rimontare e ribaltare il risultato, anche se la situazione è apparentemente critica.»
Lorenzo in quel momento era più sorpreso di me quando gli avevo chiesto una conferma delle sue parole. Mi domandai se non avessi fatto un’osservazione strana o se avessi immaginato qualcosa che nel mondo dei Pokémon non era contemplabile, ma invece rispose: «Ah… no, va be’, è una cosa molto variabile questa… non è detto che non succeda anche quello che hai ipotizzato tu, ecco.»
Sembrava un po’ imbarazzato - aveva anche distolto gli occhi, spostandoli sul campo - e capii di aver detto una cosa abbastanza acuta, con mia stessa sorpresa. Notai che anche Daniel mi guardava, non più del tutto indifferente alla presenza della novellina - di cui fino ad allora si era altamente fregato. Appena ricambiai, però, riprese anche lui a seguire l’ultimo round della battaglia tra le due ragazze, quindi lo imitai.
Charizard non era imponente quanto Tyranitar ma incuteva comunque un certo timore. Non in Crobat, che mi parve avere gli occhi più socchiusi del normale, nel tentativo di studiare visivamente la sua prossima sfida.
Passarono così alcuni secondi in cui le Allenatrici ragionavano in silenzio, prendendosi tutto il tempo di cui necessitavano. Forse un po’ troppo, perché i Pokémon iniziavano a scalpitare, impazienti di ricevere ordini. La prima che se ne accorse fu Cynthia, la quale vestì nuovamente sulle labbra quel sorriso sornione e di scherno. Era davvero una bella ragazza, dovevo ammetterlo, e quel suo modo di presentarsi doveva essere magnetico.
«Non è la prima volta che ci troviamo in questa situazione» esclamò.
Ilenia anche stavolta replicò con il suo sorriso gentile e tranquillo, ma qualcosa mi diceva che non vedeva l’ora di annunciare la propria vittoria. Lo confermò con le sue successive parole: non le ero vicina ma immaginai che i suoi occhi verdi dovessero ardere di determinazione, in quel momento. «Non sarà neanche la prima volta che il buon vecchio Char manderà miseramente al tappeto il tuo Crobat.»
«Miseramente? Quando mai è successo?» ghignò Cynthia. «Crobat, usa Velenocroce.»
«Fuocobomba!» quasi urlò l’altra.
Crobat, mentre caricava il colpo, slanciatosi verso Charizard, venne investito da una fiammata cremisi dalla forma di una sorta di stella, che il dragone continuava ad alimentare dalla sua bocca. Il pipistrello aveva frenato, ma fu comunque investito; si riprese fuggendo con Volo e scendendo in picchiata con Eterelama.
«Sbaglio o stavamo aspettando ognuna il proprio turno?» sbuffò Ilenia quando il suo Pokémon fu colpito.
«Parli tu che per prima mi hai bloccata senza far incassare il colpo!»
L’altra sembrò pensarci un momento su. Poi passò una mano tra la chioma ricciuta e rossiccia. «Oh, è vero! Mi sono fatta prendere la mano per un attimo… comunque ora è il mio turno, giusto? Char, usa Iper Raggio!»
“Eh?” pensai. Non sapevo dire perché, ma tutto mi aspettavo in quel momento meno che una mossa tanto potente: sicuramente Ilenia voleva vincere con un colpo solo, ma dopo i toni candidi e pacati di un secondo prima mi aspettavo qualcosa di ugualmente tranquillo - per quanto quello fosse uno scontro piuttosto impegnativo.
Invece Crobat fu investito da un raggio di luce bianca, anch’esso caricato dalla bocca di Charizard, e mi stupii che non si fosse polverizzato sul colpo. Cadde a terra normalmente svenuto. Angelica, Melisse e Lorenzo applaudirono, le due più energiche, l’altro educatamente. Anche Daniel batté le mani un paio di volte e li seguimmo io, Chiara e Sara. Ilenia richiamò Charizard, che era stato colpito solo una volta e stava recuperando le energie dopo l’Iper Raggio, poi andò a metà campo per stringere sportivamente la mano alla sua avversaria.
«Avrei potuto mandarti subito in infermeria quando ho fatto usare a Rapidash Rimbalzo, anziché Fuococarica» la prese un po’ in giro Ilenia. Il suo sorriso caloroso era velatamente perfido. «Ma sono stata buona.»
«Tu sei stata buona? Allora io cosa dovrei dire?» ribatté Cynthia. Si rivolse a me e Chiara. «Per questa volta la dimostrazione è andata normalmente, poi alla rivincita vedrete come concio la signorina.»
Ridacchiai. «Credo sarà un miracolo se sfiorerò mai il vostro livello…»
«Ah, se non lo fai si mette male» disse Cynthia con grande serietà. «Questo non è niente. Abbiamo visto certe lotte, dimostrative per noi, da togliere il fiato. E a volte ai Pokémon veniva lasciata carta bianca, nemmeno aspettavano un ordine e agivano autonomamente… spesso con colpi vincenti.»
«Se facessi così con Prinplup, si girerebbe con un’espressione del tipo “cos’hai che non va adesso?”» borbottò Chiara. «Però ho già deciso che devo insegnare Iper Raggio a qualcuno dei miei Pokémon, è magnifico.»
«A Gyarados?» proposi. Lei a malapena mi sentì.
Ilenia e Cynthia continuavano a battibeccare amichevolmente e Lorenzo mi disse che per loro, dopo una sfida, era normale. Così come tra lui e Daniel - e, disse Melisse, tra lei e Angie; Sara era la più tranquilla, come suo solito. Scambiai un’occhiata veloce con Chiara e capii che a lei non importava quasi nulla dell’esito di una lotta, invece io l’avevo a cuore. Mi trattenni dal sospirare, perché mi sarebbe piaciuto avere qualcuno, anche solo al livello di Chiara, che non se ne fregasse del risultato di una lotta e con cui parlare a lungo di Pokémon e di lotte, anche lanciandosi qualche amichevole frecciatina come Ilenia e Cynthia continuavano a fare imperterrite.
Mi ricordai di una persona che, per quanto mi fosse sgradita, poteva essere più o meno al mio livello e che era abbastanza interessata nelle lotte Pokémon da poterci parlare e con cui confrontarmi senza problemi, in tutto ciò essendo sicura di ricevere, in cambio, risposte soddisfacenti e che mi aiutassero come Allenatrice. Così, non più troppo a malincuore al pensiero di poter trovare qualcuno con cui parlare liberamente e nel modo più animato e amichevole possibile, cercai di nuovo di contattare Gold.
Mi chiesi se sarebbe stato continuamente timido e schivo a causa della mia presenza, perché mi era sembrato il tipo che è in difficoltà in presenza di persone estranee, addirittura impaurito dalla piega che potrebbe prendere la conversazione. In effetti eravamo poco più che conoscenti; quei due giorni passati da Bianca li avevamo trascorsi già parlando poco, in più esclusivamente di Pokémon, non di noi. Però forse se avessi provato a parlargli si sarebbe rilassato un po’ e non sarebbe arrossito ogniqualvolta gli avessi detto grazie.
Appena lo incrociai in uno dei corridoi chiesi il numero del suo Gear e gli spiegai che mi sarebbe piaciuto molto riprovare qualche piccola lotta, magari tra i miei Pokémon più forti e i suoi non troppo allenati rispetto a me, in modo tale da darmi qualche chance in più - i suoi compagni più deboli non dovevano essere molto lontani dai livelli di Altair o di Aramis. Ci scambiammo i “numeri di telefono” e mi chiesi come avesse fatto a non esplodere davanti a me, o qualcosa del genere, visto il suo rossore in viso.
Potevo allenare tutti i miei Pokémon con i suoi Wartortle, Electrike e Cubone. Da poco Dratini aveva finalmente compiuto il processo dell’evoluzione e Quilava era ancora fuori dalla mia portata. Quando Gold mi disse, non senza un certo orgoglio, che aveva ottenuto un Dragonair, controllai alla sua stessa presenza sul Pokédex come fosse quel Pokémon, che non avevo ancora mai visto.
«Oh, è splendido!» esclamai con sincerità. In effetti era davvero bello.
Nemmeno mi preoccupai di guardare Gold quando mi ringraziò più volte, notevolmente a suo agio quando si trattava di parlare della sua squadra e non di sé. Immaginai che fosse, comunque, ugualmente arrossito.
Effettivamente più frequentavo Gold e più mi accorgevo di quanto andasse orgoglioso dei suoi Pokémon, in particolare dei tre più forti che aveva - i due starter e il drago. Tanto che, acquisendo più confidenza, rivelò un lato di sé abbastanza indelicato nell’affermare che, statisticamente parlando, Altaria e Dragonite non potevano essere lontanamente paragonati, così come altri nostri Pokémon.
A volte facevo finta di non ascoltare ma altrettanto spesso non mi andava a genio sentir sminuita la mia prima compagna di squadra, per quanto fossi consapevole che un Pokémon come lei non era adatto alla lotta. Mi dava fastidio sentire complimenti solo nei confronti dei miei futuri Gallade e Roserade, segno che già mi ero affezionata abbastanza ai miei Pokémon da tollerare a malapena critiche nei loro confronti.
Forse il timido Gold non sapeva darsi una regolata e passava dal non riuscire a parlare in presenza di estranei a esagerare con i commenti più amari nei confronti di chi cercava di essere suo amico. Certo aveva i suoi lati positivi anche quel ragazzino, a parte essere meccanicamente bravo, preciso e intuitivo con le lotte Pokémon. Se il suo carattere lasciava a desiderare quando si trattava di esse e della sua inguaribile timidezza, per tutto il resto non era una cattiva compagnia: se non era in preda all’ebrezza della lotta, o emozionato per qualche altro motivo, era gentile e disposto a una chiacchierata normale e tranquilla. Non era un bel ragazzetto e quei difetti caratteriali non mi facevano adorare la sua presenza, ma in certi contesti era forse paragonabile a Chiara.
La mia amica infatti stava cambiando caratterialmente e non era detto che fosse in meglio - esattamente come me; se lei mi aveva fatto notare di essere diventata più pungente e spigliata, anche lei con la compagnia di George, l’amico di Daniel con cui non avevo molta confidenza, e l’esempio di Cynthia si stava facendo più sarcastica e menefreghista. Quando era sola con me sembrava tornare tutto ai vecchi tempi e lo stesso succedeva a me: ritiravo le unghie e mi calmavo un po’. All’esterno della nostra stanza cambiavamo atteggiamento.
Non avevamo approfondito più di tanto le conoscenze all’interno del nostro gruppo. I “compagni di classe” per me erano poco più che avversari durante gli allenamenti di Pokémon e quasi non ricordavo tutti i loro nomi. Non avevamo un brutto rapporto con loro, anzi, era molto sportivo e aperto; ma con nessuno di loro ci frequentavamo fuori dal “gruppo-classe”. Avevamo trovato una buona compagnia in Angelica, Sara, Lorenzo e negli altri, e dopo la lotta tra Ilenia e Cynthia mi parve che sia quest’ultima che Daniel fossero più disponibili con noi.
Verso gli inizi di ottobre finalmente Ralts si trasformò in un Kirlia - il quale da gran maschio iniziò a dare cenni di squilibrio a causa del suo gonnellino, che purtroppo era parte integrante del suo corpo - e avevo già da un po’ di tempo una bella Roselia. L’unica che era rimasta al primo stadio evolutivo era Altair, che d’altronde era la sola ad evolvere ad un livello piuttosto alto e a subire il processo solo una volta.
Nello stesso periodo io e Chiara iniziammo a saltare le lezioni che non ci interessavano più: inizialmente mi preparai qualche giustificazione per averle evitate ma i professori non se ne curarono. Di sicuro non lo avrebbero fatto finché mi limitavo ad evitare quelle di lingua, di matematica e simili, che non erano proprio essenziali ai fini della guerra. Ma non appena mi azzardai a lasciare Chiara da sola in una lezione aggiuntiva sull’allenamento teorico dei Pokémon, il professore di turno, tale Luciano, mi chiese subito spiegazioni. Evitai una ramanzina, comunque, con una delle numerose scuse che mi ero preparata; in ogni caso non era in vena di fare rimproveri.
A cavallo tra settembre e ottobre ci mostrarono le cosiddette prove di evacuazione e ci toccarono delle visite mediche. In ogni stanza della struttura era nascosto almeno un teletrasporto: l’utente sarebbe stato trasportato automaticamente in una base segreta della regione. La destinazione era già impostata ed era un mezzo affidabile, a meno che non fosse stato manomesso - i frequenti controlli non riscontravano mai problematiche di alcuna sorta.
Quello fu uno dei tanti esempi di come il mondo Pokémon fosse tecnologicamente più avanzato di quello a cui le creature erano sconosciute. Ero partita con le Poké Ball e ora mi ritrovavo a parlare in assoluta tranquillità, come se fosse una cosa ordinaria, di teletrasporti. Nell’infermeria c’era un macchinario in grado di restituire ai Pokémon dentro le proprie sfere tutte le energie, e il famoso box pc in cui era possibile depositare i membri della propria squadra in eccesso, poiché il limite era di sei - anche se in molti evitavano di lasciare i propri nel box, magari mettendo le piccole Balls in tasca se non c’era più posto nell’apposita cintura.
Io non usavo quasi mai la speciale cintura che ci era stata consegnata: da indossare alla vita, piuttosto spessa ma non pesante, sei semisfere erano incavate e disposte a intervalli regolari per metà della sua lunghezza. Le Balls si attaccavano dentro quei posti e aderivano perfettamente: solo se prese da qualcuno si staccavano.
Non avendo già una squadra completa e giudicandola troppo professionale, non ammettendo quanto la considerassi scomoda da indossare, la lasciavo sempre nella mia camera e tenevo le sfere in tasca, molto più spesso almeno un paio in mano. Esteticamente non era il massimo ma lo preferivo a quella spessa cintura da attaccare sopra la vita - si agganciava dietro la schiena. Smisi di adottare questo sistema all’arrivo del mio sesto Pokémon.
«Oh, oggi finalmente arrivano i Fossili.»
In un momento di silenzio, Cynthia ne approfittò per dare questa notizia al nostro tavolo. Sulle prime non capii di cosa stesse parlando ma dopo un momento lo compresi: i Fossili dei Pokémon erano quasi del tutto scomparsi e i pochi rimasti erano un po’ nelle mani delle Forze del Bene, un po’ in quelle del Nemico. Durante una lezione avevano spiegato come fosse possibile riportarli in vita tramite un macchinario apposito e pure che la quantità di Fossili in natura era praticamente esaurita. Presto sarebbero stati rigenerati gli ultimi Pokémon fossili.
«Sei interessata?» le chiese Ilenia. «A me non piacciono molto, a parte Aerodactyl.»
«A te piacciono solo i Pokémon di Kanto» ribatté la bionda. «Comunque no, ho già la squadra completa. Quelli resuscitati dai Fossili non mi piacciono tanto, poi.»
«Io credo che andrò a vedere» intervenni dopo un secondo in cui la conversazione era parsa già finita. «Non mi dispiacerebbe prenderne anche un sesto, di Pokémon, già che ci sono.»
«Allora vengo anche io» si aggiunse Chiara. «Dove li danno?»
“In effetti ho detto che darò un’occhiata senza sapere dove metteranno i Pokémon rigenerati…”
Ci pensò Cynthia a rispondere: «Immagino nella sala delle Poké Balls, come al solito.»
Daniel e Lorenzo commentarono brevemente dicendo che non erano interessati - l’ultimo aveva sei Pokémon, se non ricordavo male, anche se l’ultimo di essi non lo conoscevo. Però l’altro avrebbe comunque fatto un salto nella sala per vedere se era il caso di prendere un altro compagno per completare la squadra.
Mi aspettavo che il pubblico amante dei Fossili fosse miserrimo, considerando il poco entusiasmo dei miei abituali compagni di pranzo; invece il pianerottolo dell’ultimo piano, fuori la stanza, era pieno di ragazzi di ogni età - tra cui alcuni del mio gruppo. Fummo in tre ad inarcare le sopracciglia nel constatare che avremmo dovuto aspettare sulle scale. Subito Chiara propose: «Torniamo dopo.»
«Dopo ci sono le visite mediche» le ricordai.
«Ah, già. Che rottura!» si lamentò, sbuffando. «Non voglio sentirmi dire che sono sottopeso…»
«Mangi talmente poco che è una fortuna che tu sia negata con gli sport, altrimenti…» ridacchiai.
«Senti chi parla! La triatleta!»
Mi accorsi che Daniel ci studiava con aria poco convinta, a metà tra l’insospettirsi per il livello delle nostre conversazioni - che culminavano con quelle frecciatine per poi avviarsi verso la fine - e il fingere di ridere per buona educazione. Decisi di dargli un po’ di confidenza e non escluderlo dal discorso: «Sai, ogni tanto capita che anche Chiara sia capace di non irritarsi e sbraitare la prima idiozia che le passa per la testa. Ma accade raramente.»
«Ah sì?» si finse stupito e non nascose un sorrisetto, evidentemente soddisfatto di non essere stato abbandonato a sé stesso. “Immagino che tu sia abbastanza egocentrico da apprezzarlo…” borbottai mentalmente, mentre un’altra odiosa vocina ribatteva: “A-ha! E poi vai a dire che Chià non ha ragione!”
«Non cominciate, voi due» sbottò Chiara. A lui scoccò un’occhiataccia; quella indirizzata a me si trasformò con uno scintillio malizioso e subito la spintonai. Si mise a ridere senza ritegno.
«Ehm… cosa è successo nell’ultimo scambio di sguardi?» chiese Daniel.
«Ah, niente di che! Ho realizzato che i tempi in cui Chiara dice cose sensate sono finiti da un pezzo.»
Continuammo a chiacchierare per un intero quarto d’ora aspettando che anche noi potessimo entrare nella sala delle Poké Balls, nella speranza che i Fossili non finissero prima di mettervi piede dentro.
Forse si permise di far uscire questo suo lato solo perché non aveva alternative, a parte parlare con me e Chiara, ma Daniel si rivelò molto più cordiale di quanto non mi fosse sembrato fino ad allora - ovvero completamente incurante di noi due. Non era una compagnia propriamente divertente ma forse mi stava riuscendo più simpatico di quanto mi fossi aspettata prima di allora. Di sicuro non voleva mancare di parlare di sé e dei suoi Pokémon ma nemmeno esagerò come avrei creduto: raccontò un po’ della sua situazione prima dell’Accademia, in cui era arrivato un paio di anni prima, del suo Mudkip e di Axew, suoi compagni da sempre.
Chiara parlò con lui solo a proposito di George, con cui lei aveva stretto un buon rapporto. Daniel disse che era stato il primo ragazzo conosciuto in quel nuovo ambiente e per questo ormai lo considerava il suo migliore amico. «Però a volte non lo sopporto, è ironico fino alla morte. Mi prende in giro sempre.»
Ridacchiai; Chiara, sogghignando, gli chiese: «E cosa ti potrà mai dire?»
«Ah, questo non è proprio affar tuo» le sorrise Daniel. Riconobbi subito il tono beffardo e di sfida impresso in quell’espressione, che molto di rado avevo visto su altre persone.
Cercai di aggiungere qualcosa, ma proprio in quel momento - fortunatamente prima che aprii bocca, così potei evitare una figura non propriamente bella - il vecchio Rowan ci annunciò che era il nostro turno, finalmente. Diedi un’occhiata alle nostre spalle, prima di entrare, e mi accorsi che la fila era quasi finita.
«Tutti e tre qui per i Fossili? Ce ne sono ancora alcuni…» borbottò.
Subito Daniel dissentì mentre io e Chiara spiegammo che volevamo dare un’occhiata. Così, mentre il ragazzo si avvicinava al classico tavolo, svuotato di molte Poké Ball quel giorno, Rowan ci indicò il fondo della stanza. Su un tavolino a parte erano messe in bella mostra una dozzina di sfere, ben illuminate da lampade di supporto.
Neanche il tempo di avvicinarci che una di esse si aprì e il suo ospite si lanciò verso le mie gambe. Schivai la sua capoccia per un pelo e quello finalmente si degnò di guardarmi. I suoi vispi occhi rossi sembravano divertiti e ringhiò qualcosa che per me rimase imprecisato, ma non la sua identità: «Questo è… un Cranidos, giusto?»
«Ah, non chiederlo a me. Però già ti ha puntata il più squilibrato dei riesumati» ribatté Chiara con una nota ilare nella voce; tornò a guardare le poche sfere una per una.
Presi quella rimasta vuota appartenente a Cranidos e mi piegai a terra, cercando un approccio che non fosse spezzarmi le tibie. «Allora… Cranidos, eh? Non mi dispiaci come Pokémon» gli dissi posando una mano sulla sua testa. Chiuse gli occhi per la contentezza.
“Adesso che è, si mette a fare le fusa? E come fa a sentire qualcosa se sto accarezzando… della roccia?” pensai un po’ contrariata. Ma era vero che non mi sarebbe affatto dispiaciuto avere un Pokémon come lui in squadra: ero più propensa a prendere un ex Fossile proveniente da Sinnoh anziché di altre regioni, senza sapere bene il perché. E siccome Bastiodon non mi ispirava affatto, decisi che un Pokémon dalla potenza devastante come Rampardos, seppur squilibrato riguardo alle tradizionali statistiche, era quello che volevo come sesto membro.
«Ti chiamerò Rocky!»
«Ma se non lo hai nemmeno mai visto, Rocky!» ghignò Chiara alle mie spalle. «E poi… originalità portami via!»
«Fatti gli affari tuoi» borbottai di rimando, «e tornatene a guardare gli altri Fossili.»
«Guarda che ho già scelto, signorina» ridacchiò. «Avresti dovuto vedere… ci sono due Omanyte, alcuni Lileep e degli Armaldo, qualche Shieldon e l’ultimo Amaura, che ho preso io. Tu hai l’ultimo Cranidos invece.»
Annuii distrattamente e mi voltai a guardarla, mentre Rocky studiava con troppa attenzione i miei stinchi. La ragazzina aveva in mano una Ball; premette il bottoncino e ne uscì una femmina di Amaura, particolare per il suo doppio tipo Roccia/Ghiaccio. Guardò Cranidos con i suoi occhioni curiosi e lui ringhiò meno amichevolmente di quanto mi sarebbe piaciuto. Presi il mio Dex, imitata da Chiara, e osservai le sue informazioni.
«Meno male, è maschio!» risi nell’accertare che ero stata fortunata con la scelta del soprannome. «La sua Abilità è Rompiforma, peccato che non abbia idea di cosa si tratti…»
«Le mosse del tuo Pokémon avranno effetto anche su avversari con Abilità che di norma le neutralizzerebbero» mi spiegò la voce di Daniel. Mi voltai di scatto e lo vidi sorridere appena, ma gentilmente e non beffardo. «Quindi, un esempio banale: se il tuo Cranidos usa Terremoto, un Pokémon con Levitazione sarà ugualmente colpito.»
Annuii. Non era male come Abilità. «Tu hai preso un altro Pokémon?» cambiai discorso.
«Sì, uno Skorupi» rispose. «Al contrario tuo, quando sono appena arrivato ho preferito limitarmi ad un team di tre Pokémon. L’anno scorso ho preso sia Elekid che Magby… adesso penso sia meglio completare la squadra.»
«In effetti è difficile allenare uniformemente un’intera squadra… c’è un bello squilibrio, altrimenti…»
Seguì un attimo di silenzio in cui restammo a guardarci, lui con una strana impressione in viso e io sul punto di esclamare: “Be’?! Troppo complicate per te parole come uniformemente e squilibrio?”
«Questo è il ragionamento che ho fatto anche io» disse poi, «ma non ho potuto, o voluto… evitarlo. Secondo il Pokédex ho Swampert e Haxorus tra il livello 50 e il 60. Kadabra è intorno al 40 e gli altri due non la superano.»
«Ah be’, complimenti! La maggior parte dei miei non supera il ventesimo livello… Rocky, sta’ buono» intimai poi al mio nuovo Pokémon che iniziava ad affezionarsi troppo alle mie gambe. Lo richiamai nella sfera.
Daniel non fece alcun commento sulla scelta del soprannome, né sul fatto che io dessi soprannomi; Chiara ci ricordò che era ora di andare e già capii quale sarebbe stato il suo commento una volta rientrate in camera.
Ma prima c’erano le visite mediche. La dottoressa di turno fece un elettrocardiogramma, misurò la pressione, il battito e controllò peso e altezza. Tutto nella norma, ma non mancò di farmi notare che fossi un po’ bassa per la mia età e che dovevo stare quindi più attenta alla linea. Lo stesso valeva per Chiara: l’altezza era normale ma lei doveva fare attenzione al suo fisico nel senso opposto.
Quando entrambe finimmo sapevo che mi sarebbe toccato sopportare Chiara, la quale di certo non avrebbe mancato di commentare la chiacchierata avuta con Daniel. Le mie aspettative, purtroppo, furono soddisfatte.
«Tu non hai idea di quanto siete stati carini! Soprattutto te!»
«Taci» mormorai, già seccata.
«Andiamo, si vedeva troppo che morivi dalla voglia di parlarci in ogni momento» insistette, abbracciata al suo cuscino come se potesse sfogare su di esso metà delle cose che avrebbe voluto dirmi. «Quando ci ho scambiato due parole continuavi a guardarlo come se esistesse solo lui… e se lanciavi un’occhiata a me quasi mi sentivo in colpa per non starlo lasciando tutto a te!»
«Ti rendi conto che quello che dici non ha minimamente senso?» ribattei.
«Invece lo ha. Ma tu sei troppo orgogliosa per ammettere che il signorino in questione già ti piace assai! Penso che caratterialmente andreste d’accordo e tu già hai detto di considerarlo bello, poi non so se vuoi la conferma da parte dell’oroscopo, ma la saggia Chiara afferma con certezza che insieme fareste faville!»
Le rifilai uno sguardo di fuoco. «Inizio a pensare che quella a cui piaccia Daniel sia tu, e che ti stia sfogando su di me! Ogni volta che io lo nomino o ne parlo tu cominci subito a dire che mi piace e che finiremo insieme, ma lo conosco da neanche un mese. E poi nemmeno siamo amici, dai! Sei proprio una seccatura quando fai così!»
«Be’, ma continuando a fare chiacchierate come quella di oggi vi conoscerete finalmente, o no?» ammiccò lei, affatto intenzionata a desistere; averle detto che mi stava scocciando non era servito a niente.
«Cosa vuoi che ti dica? Che è un bel ragazzetto mi parle di averlo già ammesso, ma solo perché ha gli occhi blu, dei bei capelli, la pelle chiara, un bel fisico e tutto quello che lo rende esteticamente bello… non vuol dire che io mi sia presa un dannato colpo di fulmine!» esclamai, sicura che presto mi sarei chiusa in un religioso silenzio - quella sarebbe stata sicuramente l’unica arma per zittire pure la mia compagna di stanza.
«Non ti scaldare. Lo sai che se ti stuzzico non è per infastidirti.»
«Lo stai facendo da quando siamo arrivate qui e ti sei fissata con il tuo caro Daniel!»
«A me di lui non può fregar di meno!» replicò. «Lo sai che non mi piace perché è troppo sbruffoncello e detesto letteralmente quel suo sorrisetto beffardo. Preferisco di gran lunga il suo amico, George.»
«Perché non prendi esempio da me, che non dico mai niente su te e Geo?»
«Perché sarebbe troppo noioso! Comunque volevo solo punzecchiarti un po’. Ma magari a te Daniel può piacere e io vi ci vedo insieme, dico sul serio! Prova a farci conoscenza, oggi non mi è sembrato antipatico come al solito.»
«Ma hai appena detto che ti sta antipatico… perché provi a spingermi verso di lui?»
Lei sorrise, vedendo che non ero più irritata. «Ti ho detto che vi ci vedo insieme.»
«Sì, vedi la sfigata di turno con il fighetto della scuola. Guardi troppi telefilm.»
«Ehi, magari se ti trucchi un po’ diventi uno schianto, come in quei film trash per ragazzi del PokéWood!»
Mi arresi. «Senti, io non voglio dire che non sopporto Daniel o che non potrebbe mai piacermi, perché… non è vero. Però devi smetterla di darmi fastidio, altrimenti andrà a finire che mi allontanerò in ogni modo da lui perché tu continui a rompere. Non nego che oggi sia stato molto meglio del solito, perché non mi ha dato l’impressione di fregarsene totalmente di me e te… ma se mai saremo amici, ripeto, finiscila di punzecchiarmi.»
«Va bene, va bene! Spero di essere stata chiara» disse lei.
«Mi risparmio qualche battuta squallida…» borbottai; Chiara ridacchiò.

Il mese di ottobre non trascorse molto velocemente. Riuscii a portare Rocky al livello degli altri miei Pokémon ma questo mi costò un ulteriore rallentamento dell’allenamento degli altri: già era lungo e difficile farli crescere uniformemente, aspettare che lui si rimettesse in pari quasi arrestò il loro addestramento. A fine mese, secondo il Pokédex, Diamond e Pearl erano al 20; June e Altair al 22 e sia Aramis che Rocky si apprestavano a raggiungerle.
A sera ero sempre molto stanca ma non potevo definirmi stressata, a parte alcune giornate in cui qualcosa non mi andava bene; soprattutto quando con le lotte non avevo il successo sperato ero parecchio insoddisfatta. Facevo sonni pesantissimi e non sognavo più molto - in più mi accorsi che quasi mai erano presenti i Pokémon.
Questo si smentì proprio durante gli ultimi giorni di ottobre. Quando la sera mi infilai sotto le lenzuola di certo non mi aspettavo di fare sonni agitati, e invece fu così. Ero stanca morta, eppure qualcuno volle che il giorno dopo mi svegliassi affatto riposata, avendo perso parecchie ore di sonno.
Ancora tra le braccia di Morfeo sentii il richiamo di Chiara dal mondo reale; dapprima la sua voce e gli scrolloni che mi dava erano attutiti e ovattati, ma dopo interminabili secondi spalancai le palpebre. «Diavolo, El… Eleonora, svegliati!» continuava ad esclamare, visibilmente preoccupata.
Subito mi accorsi di star facendo un bagno di sudore. La mia amica si rese pienamente conto del fatto che avessi aperto gli occhi quando mi alzai a sedere e per poco non le diedi una capocciata, essendo china su di me. «Meno male che mi sono alzata per andare in bagno» mormorò, ma a malapena sentii il resto.
Mi stropicciai il viso con le mani mentre mi accorgevo che non solo avevo sudato parecchio per qualche motivo, ma pure che tremavo vistosamente e che i miei occhi erano stralunati all’inverosimile. Ci misi un po’ a capire che tenerli spalancati troppo a lungo mi stava dando fastidio e cercai di rilassarmi; pure il respiro si era fatto pesante.
«Ho fatto un incubo?» domandai, più a me stessa che alla mia amica, con un filo di voce.
Chiara aveva acceso la luce mentre io cercavo di tranquillizzarmi. «Penso proprio di sì. Oppure pensi di avere la febbre? Non so quali altri motivi potrebbero esserci.»
Passai una mano sulla mia fronte, ed effettivamente era calda; ma siccome non avevo freddo e pure le mie mani erano parecchio calde, esclusi quella possibilità. Non mi sentivo male, ero solo molto scossa.
«Non ricordo bene se ho sognato qualcosa» dissi, «ma non mi sento male. Non ho la febbre.»
«Prova a ricordare…» sussurrò lei, tornando sul suo letto. «Se non stai bene dimmelo subito.»
Mentre lei si sdraiava io rimasi qualche secondo a fissare la spalliera del letto senza vederla realmente, con la mente svuotata di qualsiasi pensiero e il corpo intero privo di espressione. Mi ripresi dopo un po’ da quella sorta di trance e decisi di riprovare a dormire, rigirando il cuscino quasi fradicio. Appena abbassai la testa il ricordo del sogno si materializzò e mi mozzò il fiato per un momento, disturbante come era stato. Eppure appena esaminai le immagini che si susseguirono, a parte il fatto che sfociassero nel sovrannaturale, non capii cosa mi avesse fatta finire in quelle condizioni.
Stavo correndo in preda all’angoscia e solo quello bastò a farmi stare di nuovo a disagio. Forse ero inseguita perché sentivo qualcuno vicino a me, ma quando mi voltai non c’era nessuno. Continuavo a percepire la presenza di qualcun altro senza capire perché questi non si materializzasse, nemico o amico che fosse, e mi rivelasse la sua identità. Poi il pavimento su cui correvo iniziò a sgretolarsi. Mi parve di sentirmi ansimare.
Era una strada infinita sospesa nel vuoto, costituita interamente in un tipo di roccia scura, mentre i colori del cielo e delle nuvole erano tanto vividi e chiari da essere abbaglianti, come se fossi stata nel mezzo di un trip - mi stupii di quanto i dettagli fossero poco sfuggenti. Ma forse, paradossalmente, erano la cosa più facilmente afferrabile in quel contesto sconosciuto. Sempre in compagnia della presenza e del senso di angoscia, mi ritrovavo a correre anche e soprattutto per non cadere nel vuoto. Un ruggito rimbombò all’improvviso nelle mie orecchie: mentre la sua eco si dissolveva, ad esso si aggiungeva il grido di un uccello.
Alzai gli occhi al cielo colorato e la sagoma sfocata di un enorme volatile proiettò la sua ombra su di me. Mi voltai all’improvviso e un muro di fiamme, anch’esso colorato, separò me ed un’altra figura. Non riuscii ad identificarla: non era una silhouette, ma una macchia nera sfumata e lanciata a gran velocità contro di me.
Chiusi gli occhi e respirai profondamente. Sicuramente il percorso che cedeva e che minacciava di farmi cadere nel vuoto non era stato il massimo, così come la cosa che mi stava per assalire e da cui ero stata divisa dal muro di fuoco. Passai una mano su un orecchio e mi parve di sentire il sibilo del vento.
«Era un brutto sogno» mormorai. Chiara non disse nulla.
  
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