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Autore: Vanex23    26/09/2015    1 recensioni
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Una ragazza dai capelli biondi stava seduta fuori da un locale alle 22:00 di sabato sera, intenta a finire delicatamente la sua ultima sigaretta, cercando di non pensare a ciò che si stava perdendo all'intero del posto. I suoi occhi color cioccolato si erano quasi incantati a fissare il nulla, all'estremità della strada, da cui passavano auto su auto e aveva ormai perso il conto di quante ne aveva viste in quelle serata.
Si stava annoiando e stava aspettando e ciò la portava alla seccatura più totale perché odiava aspettare, soprattutto chi era in ritardo.
Si stava interrogando se le scelte che aveva fatto fin quella sera potevano essere giuste oppure no, ma d'un tratto si scordò pure perché stava pensando, quando incrociò il suo sguardo con uno sguardo azzurro, che la scrutavano come sempre e, uno sguardo così non te lo puoi dimenticare. Non te lo puoi dimenticare soprattutto se ci sei cresciuta insieme, se ci hai sperato almeno una volta nel vederlo addosso a te. Non te lo puoi dimenticare se ci hai passato tutte le notti più brutte della tua vita con quello sguardo che ti rassicurava [...]
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                                                                     Secondo Capitolo.

Erano già trascorse le prime quattro ore della giornata ed erano passate anche molto velocemente. Luke stava guardando fuori dalla finestra e stava pensando al fatto che proprio in quella giornata, giornata in cui era tornato, dopo quasi un anno di assenza, c'era davvero un forte sole a picchiare pesante ed era strano che proprio in quel periodo vi fosse un clima così sereno in quella città. Stava pensando molto da quando era ritornato e aveva giurato di non pensarci più, ma il ritornare alla mente di certe espressioni e certe frasi riecheggiavano talmente così forti da non poter lasciare spazio ad altro. Talmente così tanto preso dai suoi pensieri che non si era neppure accorto che la campanella per la fine delle lezioni era finita e che, finalmente, si poteva andare alla menza della scuola per svagarsi un po', stare più rilassati, prima di affrontare altre tre ore intense e frenetiche. Gli era mancata la sua città, come gli era mancato stare con i suoi amici, fratelli praticamente, visto che erano cresciuti tutti insieme, nessuno escluso, anche quel 'nessuno' in quel momento gli pesava parecchio. Gli pesava perché il nessuno escluso in realtà c'era, ma non riusciva a capire perché, non era stato per volere suo, ma non riusciva a trovare pace ogni volta che ci ragionava su. Evidentemente perché alla fine non si può ragionare su una cosa che da ragionare non ha, si deve solo osservare a capire e lui era molto bravo a fare ciò.
A riscuoterlo dai suoi pensieri ci pensò subito Calum, il numero uno per certi versi nel capirlo e nel fargli capire che lui ci sarebbe stato per l'amico.
"Quindi? Hai piantato le radici sulla sedia? Capisco che ti sia mancata la scuola, ma così è troppo." 
"Non ho così tanta voglia di andare alla menza se è rimasta tale e quale all'anno scorso. Il cibo era scadente." Rispose il biondo continuando a scherzare con l'amico.
"In realtà non è cambiato proprio nulla e mi tocca darti ragione, ma sinceramente preferisco stare lì che rimanere qui in classe a fissare il vuoto, mio caro Platone." Lo canzonò Calum ridendo.
"Platone? Questa adesso me la spieghi." Continuò a non capire Luke.
"Amore platonico? Sveglia."
"Non ti seguo." 
"Quando ti deciderai a capire sarà sempre troppo tardi." Si arrese il moro non sapendò più cosa rispondere all'amico. Lo avevano capito tutti o quasi, che tra quei due, Luke e Keira, c'era qualcosa di più che una semplice amicizia. Ma tranne i diretti interessati, o quasi.
"Un grande applauso per Luke Hemmings che dopo un anno ritorna qui tra noi poveri umani!" Iniziò Ashton andandogli incontro mentre si sedevano al tavolo.
"Ma la vuoi finire?" Rispose divertito Luke.
"Almeno adesso ci degni della tua presenza." Rispose quest'ultimo sedendosi accanto all'amico.
"Tornato? Perché, Luke se n'era mai andato?" Fece Micheal e tutti e quattro sorrisero a quell'affermazione.
"Che poi io non ho mai capito perché.." Disse spiazzando tutti Ashton.
"L'anno all'estero, Ashton." Rispose Luke capendo che ormai non poteva nulla.
Cominciò a guardarsi intorno e sinceramente pensò di non essersi perso poi così quali grandi cose in quell'anno fuori. La scuola era sempre la stessa, le facce erano quasi tutti le stesse, tranne per le matricole, gli idioti erano sempre gli stessi, le ragazze pure, eccetto quel qualcuno che a lui continuava ad interessare incessantemente. Calum si accorse dello sguardo dell'amico che si girava intorno alla ricerca di questo qualcuno e quando capì a chi era dedicata la sua attenzione, come sempre del resto, gli disse un po' ciò che sapeva. 
"Adesso lavora lei al pub di suo fratello e soprattutto controlla pure la casa della perdizione." Spiegò Calum al biondo mentre con lo sguardo cercava di capire dove si sarebbe seduta la bionda per mangiare.
"E' cambiata moltissimo." Quasi sussurrò vedendola camminare tra i tavoli. Non era cambiata solo di aspetto fisico come tutti avevano visto, lui se n'era accorto solo con uno sguardo, l'aveva visto. I suoi occhi erano diversi, erano quelli di una ragazza che si era arresa di combattere e che si era fatta travolgere dai problemi, senza volerne trovare più un'uscita. Era bisognosa di essere salvata. Ma non era ancora giunto il peggio.
"Lei è diversa." Disse Ashton sentendo le parole di Luke.
"L'ho notato." Rispose Luke alle parole del suo amico, in modo ovvio.
"Non è quello che sto cercando di dirti." Disse Ashton attirando la sua attenzione.
A quella frase Luke si drizzò subito e incitò l'amico a continuare a parlare.
"Allison mi ha detto che Keira è in terapia da un paio di mesi, ma nessuno sa il perché."
Quell'affermazione fece per un attimo raggelare il sangue a Luke. I suoi amici lo guardavano cercando di capire quale sarebbe stata la sua risposta o la sua reazione ma non fece né disse nulla che loro si aspettavano. Restò immobile e continuò a fissarla mentre parlava con Steffy e Allison, cercando di capire cosa più o meno potessero dirsi ma ciò parve quasi inutile.
"Ha perso il fratello." Poi disse rivolto ad Ashton.
"Credo che sia anche per questo, ma non solo." Constatò Micheal.
"Non è andata subito, da quello che mi ha detto Allison è più o meno da due mesi. Capisco la perdita di suo fratello e capisco che una cosa del genere può anche segnarti per sempre, ma credo anch'io che c'entri altro." Si unì Ashton alle parole di Micheal.
Il biondo dopo ciò non disse più nulla, rimase in silenzio sempre ad osservare davanti a sé le tre ragazze ancora intente a parlare tra di loro.
"Oggi dopo le lezioni cosa fai?" Domandò Allison a Keira.
"Terapia. Oggi vado, devo liberarmi di un po' di cose." Rispose sbuffando sonoramente.
"Con noi non puoi?" Chiese Steffy.
"Ragazze, io mi confido su tutto con voi, ma ci sono certe cose che veramente non capireste." Disse Keira affranta.
"Lo dici perché non ce le hai mai dette." Continuò Steffy.
"E invece no. Lo dico semplicemente perché se per certe cose esistono gli strizza cervelli, evidentemente ci sarà un motivo!" Rispose molto serie e quasi urlando. E ciò arrivò molto chiaro all'udito di Luke che stava seduto poco più in là rispetto a loro a cercare di cogliere il momento giusto per ascoltare qualcosa e poterne capire di più di questa storia.
"Va bene, tagliamola qui questa discussione, è angosciante." - constatò Allison. - "Volevo avvisarti del fatto che è da stamattina che Luke non fa altro che fissarti ovunque ti veda."
"Non anche tu con questa storia, ti prego Allison." Rispose Keira supplicante.
"Io non ho ancora capito perché voi due non vi siate più parlati. Soprattutto l'anno scorso, sembrava quasi fosse cambiata la situazione." Disse Steffy bevendo un po' di coca cola.
Di tutta risposta Keira si girò di scatto e si ritrovò lo sguardo di Luke su di lei, al quale appena si accorse del fatto che anche lei lo aveva guardato per un istante, sorrise quasi, e per un attimo gli era sembrato che anche lei si ritrovasse a ricambiare quel gesto.
Ci aveva pensanto lei, molto, le mancava, le mancavano soprattutto i suoi occhi color cielo puntati addosso ma adesso era di nuovo qui e ci avrebbe combattuto chissà quante volte.
"Semplicemente non eravamo destinati a rimanere amici." Rispose Keira all'affermazione delle amiche, prima di salutarle e dileguarsi tra i corridoi.


**

"Quindi oggi come ti senti?" Chiese lo psicologo dopo aver fatto entrare Keira nella stanza. Lei era sempre stata contrario a tutto ciò, soprattutto allo psicologo proprio della scuola. Ma quando aveva scoperto che in realtà sarebbe andato lì a scuola solo una volta al mese e solo per cause massime aveva voluto provare a confidarsi e buttare via tutto.
"Male, come sempre." Rispose soffiando e guardandosi attorno.
"Sono passati tre mesi, no, io mi chiedo, le tue amiche non sanno proprio nulla?" Continuò a chiedere.
"No. Non posso dirglielo." Rispose affranta.
"Hai paura che ciò le allontanerebbe?"
"In vita mia ho allontanato solo una persona quando ancora ero agli inizi e non potevo gestire la cosa. Adesso ci convivo, ma non voglio che loro sappiano comunque nulla perché non meritano di essere coinvolte in questo." Spiegò sicura Keira.
"Credevi invece di poter coinvolgere la persona che hai allontanato da te agli inizi?" 
"Sì. Semplicemente perché n'era già parte integrante. Io l'ho capito solo così e sono contenta che non sia ancora riuscita a coinvolgere nessuno."
"Sei contenta ma non sei felice." Le fece notare lo psicologo.
"In che senso?" Domandò lei curiosa.
"Essere felice è un qualcosa che va sopra ogni concezione umana, un qualcosa che ti fa andare oltre quello che puoi desiderare, che ti fa sentire bene. Tu sei contenta, sei limitata nella tua felicità, il tuo è un bisogno che ti fa essere contenta ma che ti fa stare male per altro. Non è un avere tutto apposto, è un tenere tutto apposto." Le spiegò lo psicologo e ciò la colpì molto.
Effettivamente era da tre anni ormai che ciò da cui lei stava cercando di scappare l'aveva inghiottita fino a portare all'estreme conseguenze, ma era anche convinta del fatto che la guerra che aveva lei dentro di sé doveva combatterla da sola e non cercare aiuti esterni, altrimenti sarebbe stata la prima ferire gli altri.
"Ho inteso molto bene le sue parole, ma non cambierò idea sul fatto che al momento la mia situazione non può essere raccontata." Rispose Keira ancora col tono sicuro di prima, ma senza sicurezza interiore.
"Keira, io credo che prima o poi ciò uscirà da solo e ti costringerà a dire a tutti quanti la verità." Le fece notare lo psicologo, prima che lei abbandonasse lo studio.


_______________



In queste serate il ponte era l'unico posto in cui ci si poteva andare tranquillamente a riflettere e a pensare sulla vita. Esattamente dopo un anno, la situazione non era cambiata. I lavori erano stati bloccati, nulla di nuovo, sempre la solita stradina per scendere in spiaggia, sempre solito panorama, era tutto come lo aveva lasciato, o quasi. Quel quasi che tornava sempre a tormentarlo, sempre a fargli capire che comunque gli importava di lei, anche se voleva scacciarla via, anche se era stata lei a scacciare lui fuori dalla sua vita, o quasi. Eccolo, il quasi maledetto che ritorna sempre.
Scavalcò la staccionata a si diresse verso la stessa strada dell'anno prima, percorrendola nello stesso modo, ripensando alle cose dell'anno precedente, ripendando al fatto che quella sera, dopo quasi due anni senza parlarli, si erano riparlati, si erano ritoccati, si erano riguardati, ma ciò sembrava proprio vano e patetico allo stesso tempo in questo momento.
Ogni tanto voltava lo sguardo altrove, per vedere se magari c'era qualcosa di diverso oltre lei, ma non riusciva a capire perché era stata l'unica a cambiare nonostante tutto. Era il suo grande interrogativo, e doveva saperlo, in un modo o nell'altro, prima che potesse diventare veramente pazzo.
Mentre passava per quella strada notò proprio una figura sotto lo stesso lampione dell'anno prima, seduta, con una felpa che riusciva a coprire interemente o quasi il volto, fin quando quella persona alzò lo sguardo e si intrecciò al suo. Erano i suoi occhi color cioccolata che lo fissavano, non riusciva a capire cosa volessero esprimere, erano spenti, quasi senza emozioni, né sentimenti e ciò per un attimo lo preoccupò. Lo preoccupò perché anche lui si sentiva così, da due anni a questa parte gli mancava ogni tipo di sentimento, tranne la rabbia e la delusione. Quelli erano ovunque. Ma non poteva farcela a vedere anche lei nelle stesse sue condizioni.
Restarono per un tempo interminabile a fissarsi senza dirsi nulla a parole, ma con lo sguardo si dissero tutto ciò che dovevano dirsi, per capirsi. Lei spostò la sua borsa e gli fece cenno di avvicinarsi e lui non se lo fece ripetere due volte.
"Che ci fai qui?" Domandò Keira senza guardarlo. La sua voce era come il suo sguardo, freddo, privo di emozioni.
"Ero venuto a schiarirmi le idee." Rispose lui atono.
In quel momento lei si girò di scatto e tornò a fissarlo. Aveva pensato che era stata ancora una volta colpa sua, che lo aveva coinvolto, di nuovo, in un qualcosa in cui doveva starci solo lei, senza ferire nessuno di quelli che gli stavano intorno e si sentì ancora una volta sconfitta dentro.
Lui aveva per un attimo decifrato il suo sguardo: tristezza.
"E' colpa mia." Gli rispose.
"Perché mai, Keira?" Domandò stupito.
"Io ti ho coinvolto." Rispose. Più che parlare con lui, parlava con sé stessa e si ripeteva di aver sbagliato ancora una volta tutto.
"Tu non mi hai convolto proprio in nulla, sono stato io, perché volevo cercare anche di recuperare con te e davanti a tutta quella situazione mi sembrava la cosa più giusta da fare. Noi eravamo amici una volta, siamo cresciuti insieme, quando c'erano i temporali scappavamo e ci nascondevamo perché tu avevi paura dei tuoni ed io dei lampi, prima tra noi c'era un rapporto." Le confessò dispiaciuto, ma sapeva bene che non avrebbe più potuto dimostrare coi fatti i sentimenti che pensava di poter esprimere a parole, ormai erano stati strappati via uno ad uno e non sarebbero mai più tornati.
"Ti ricordi ancora dei temporali?" Chiese stupita lei d'un tratto.
"Ovvio." Le rispose prendendo la birra che c'era tra loro due per berne un sorso.
"Luke io non posso più." Gli disse solamente. Era piatta, vuota. E lui era vuoto quasi quanto lei, ma entrambi riuscivano a percipere un qualcosa di diverso da ciò che volevano far sembrare al di fuori.
Lui lo aveva capito, era spaventata mentre gli parlava. Ma voleva sapere perché e da che cosa.
E anche lei lo aveva capito. Lui era deluso e triste e sapeva bene che la causa di ciò era colpa sua e sapeva che più gli stava lontava, meno gli avrebbe fatto del male.
D'un tratto le mani di lei cominciarono quasi a tremare dal nulla, erano a scatti, e non tremavano per il freddo, tremavano per altro.
Keira cercava di regolarizzare del tutto la cosa e cercava di nascondere, ma Luke l'aveva osservata e aveva visto bene quello strano tremore che aveva avuto. Ma non chiese nulla, non disse nulla.
Nascose subito le mani sotto la felpa nera che aveve addosso, rimise il cappuccio in testa, con uno sguardo veloce guardò Luke e prima di alzarsi sospirò profondamente e nemmeno questo gesto sotto gli occhi di lui passò inosservato.
Si alzò e se ne andò, sparendo tra la strada.
Quella notte Luke ebbe la prima conferma di ciò che aveva sempre pensato: quel comportamento strano non era dettato da una forza di cambiamento di sua spontanea volontà ma dal un nascondere qualcosa a lui, a tutti quelli che erano suoi amici. 
E lui lo sapeva, lo avrebbe scoperto, anche se ciò avesse implicato farle del male, lui voleva saperlo.























Angolo Autrice:
Sono qui uehueheuh. Nuovo capitolo, fresco fresco di questa storia, così almeno ho aggiornato anche col secondo capitolo e appena riesco posto il terzo così entriamo nel vivo della storia. Quanto mistero, eh? E quanto dramma, eh? Voi lo sapete però ormai che mi piacciono le cose un po' tristi e anche realiste se vogliamo, quindi eccovi una storia ancora più triste della precedente.
Ah, domani aggiornerò Scream, quindi tranquilli, non mi sono scordata di quella ff, semplicemente tra scuola, 18esimi e studio non ci ho visto più.
Ad ogni modo, fatemi sapere se vi è piaciuto questo capitolo, se per ora la storia vi piace e cosa ne pensate e niente, buona lettura, xoxo, Vanex23
.






SPOILER:





[...]
"E' tua amica, non ti interessa sapere cosa le sta accadendo?" Le chiese Calum accanto al suo armadietto con dietro Luke e Ashton, aspettando una risposta.
"Anche se dovessi saperlo, secondo te, te lo direi?" Domandò Steffy sapendo già la risposta.
"Steffy, io l'ho vista l'altra sera. Le sue mani tremavano, i suoi occhi erano paurosi. E' chiusa in se stessa e crede di star facendo la cosa migliore per tutti noi." Cominciò a parlare Luke. Lui lo sapeva bene cosa voleva dire. Lui ormai provava gli stessi unici due sentimenti ogni giorno e anche se credeva di stare bene e si sentiva prodetto.
Ma con Keira era diverso, lei aveva altro, e non lo faceva per potreggere se stessa, ma per proteggere gli altri.
"Ultimamente ha avuto due attacchi di panico in un mese, in nostra presenza. Ma credo sia dovuto allo stress tra il pub e il non dormire per niente." Disse Allison attirando l'attenzione su di sé.
"E' da quando è morto Eric che va avanti questa storia, un anno è troppo." Sospirò Steffy rassegnata.
Erano rimasti lì davanti all'armadietto a parlare quando la loro discussione fu disturbata da qualcuno che usciva dalla porta del bagno proprio lì vicino a loro.
[...]

  
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