Capitolo 4 - Il piano
Ndr 26/09/15 Cominciamo
ad entrare nella sezione portante della storia.
Il capitolo è stato scritto quasi interamente di notte, e forse proprio per
questo, molto più arduo da realizzare. Spero di non aver commesso ingenuità e
che la storia abbia mantenuto una sua integrità, nonostante l’alternarsi di
situazioni e personaggi diversi.
Auguro a tutti una buona lettura, e rinnovo la mia disponibilità ad ascoltare
qualunque consiglio o critica vorrete gentilmente prestarmi.
***
Junichi
entrò di corsa nella enorme palestra; stretto nella mano, portava con sé un
foglio bianco ripiegato.
La
sua voce riecheggiò profonda nell’atrio.
- Sensei[1],
finalmente l’ho trovato! -
L’uomo
a cui si rivolgeva però, non poté prestargli attenzione, preso com’era dal
tempestare di colpi lo sventurato sparring partner di turno.
Il
povero disgraziato realizzò ben presto come la sua unica speranza di
sopravvivenza, quel giorno, fosse rintanarsi in un angolo del ring e cessare
subito ogni resistenza, confidando che la furia omicida del suo carnefice si
placasse quanto prima.
Il
suo atteggiamento remissivo alla fine pagò, regalandogli la gioia di scendere
dal quadrato sulle proprie gambe anziché in barella come i malcapitati che lo
avevano preceduto.
Junichi
conosceva bene il temperamento aggressivo del proprio maestro, e di norma si
sarebbe guardato bene dal rivolgergli la parola alla fine di un incontro,
tuttavia l’importanza della notizia che recava era tale da fargli correre il
rischio.
Si
avvicinò prudentemente e sussurrò con tono di abnegazione.
-
Ryota-sama[2]…
-
Dall’alto
della sua imponente statura, che ben si addiceva al fisico muscoloso e
possente, il maestro lo fulminò con uno sguardo ancora carico di adrenalina e
furore agonistico.
-
Sai bene che non voglio essere disturbato quando combatto - disse brutale,
dopodiché gli voltò le spalle, immergendo il capo in una tinozza di acqua.
Il
contatto con il liquido freddo placò il suo spirito almeno in parte.
-
Avanti, parla - borbottò coprendosi il volto con un asciugamano.
Junichi
abbassò la testa - Perdonami sensei, ma una ragione urgente mi giustifica…Sono
infine riuscito a rintracciare Hayama-kun -
Il
volto dell’uomo riemerse di scatto da sotto il tessuto umido come se avesse
avvertito il fragore di una violenta esplosione. Per un attimo fissò il ragazzo
come se gli avesse udito pronunciare qualche sordida bestialità, poi lo assalì
con foga.
-
Ripetilo! - ruggì afferrandolo per un braccio - Stai dicendo la verità? Ne sei
proprio sicuro? -
-
Ne sono certo - gli fece eco lui - La sua supposizione era fondata, dopotutto,
il suo nome era tra gli iscritti, tuttavia…-
Ma
già Ryota non lo ascoltava più - Come immaginavo… Sospettavo che non ne sarebbe
rimasto alla larga, e avevo ragione di farlo; le persone prevedibili agiscono
sempre come ti aspetti, e Hayama dimostra ancora una volta di esserlo - disse
serrando i pugni.
Approfittando
del momento favorevole, Junichi riuscì ad inserirsi in quel soliloquio.
-
Quel che dice è vero, ma… C’è dell’altro - proseguì aprendo il foglio che
stringeva ancora nella mano e leggendo a voce alta le informazioni che aveva
annotato - Da quanto mi risulta, Hayama non parteciperà al torneo in qualità di
atleta, bensì con il ruolo di secondo -
Così
com’era giunta, l’euforia di Ryota svanì in un lampo.
- Cosa significa? - domandò sconvolto - Quello che dici non ha senso… Perché
dovrebbe fare una cosa del genere? -
-
E’ quanto riportato nella lista dei partecipanti che ho trovato su internet -
gli spiegò il ragazzo indicando la carta - Ogni campione dovrà presentare la
richiesta di ammissione accompagnata dalla firma di un secondo, che avrà le
funzioni di manager durante gli incontri, e Hayama figura in quanto tale -
Sempre
più sconvolto, Ryota proprio non riusciva a capacitarsi di quella assurda
decisione, la quale oltretutto lo feriva nell’orgoglio di allenatore.
- Quel
bastardo si è forse messo in testa di essere alla pari di un sensei? - urlò
indignato - Voglio sapere il nome dell’atleta che seguirà al torneo! -
-
Un certo Tsuyoshi Sasaki[3], un
compagno del liceo - replicò prontamente Junichi, con l’aria dello scolaretto
che aveva preparato bene la sua interrogazione di quel giorno.
A
quel punto Ryota abbassò la testa.
-
Stando così le cose, non c’è modo di realizzare quanto avevo sperato… - lamentò
con voce deformata dalla rabbia - Allora non è solo prevedibile; è anche un
vigliacco - aggiunse sferrando un violento pugno contro uno dei sacchi di
sabbia di allenamento.
Tuttavia,
l’allievo aveva ancora qualcosa in serbo per il suo maestro.
-
Sembrerebbe di sì; nondimeno, sensei, potrebbe esserci un’altra soluzione… -
disse trattenendo il respiro.
-
Sarebbe a dire ? - chiese Ryota fissandolo negli occhi.
-
Quando ho scoperto che Hayama non avrebbe partecipato, ho avuto anch’io una
reazione simile alla vostra - esordì - Ma leggendo bene le regole della
manifestazione, mi è venuta un’idea -
Ryota
ascoltò quanto il discepolo ebbe da dirgli; dopo averne appreso il progetto,
dovette riconoscerne l’ingegnosità.
-
Molto bene, Junichi - approvò sorridendo malignamente - Il tuo piano poggia
molto sulla prevedibilità del soggetto in questione; proprio per questo sono
convinto che funzionerà e che valga la pena provare; in caso contrario,
otterremmo comunque la soddisfazione di ferirlo -
Il
ragazzo, fremendo di piacere di fronte a quei complimenti, si prodigò in un
unico lungo inchino.
***
All’inizio del proprio percorso di
allenamenti, Tsuyoshi non aveva idea di quanto duri sarebbero stati. Non l’avrebbe
avuta neanche nelle settimane successive, poiché Hayama aveva insistito per
cominciare con una preparazione “leggera, ma adeguata”, a dispetto dei tempi
ridotti a disposizione.
Nonostante ciò, il ragazzo non si era perso
d’animo e aveva deciso di infondere tutto il suo impegno e le sue energie
nell’apprendimento della disciplina, che decisamente pareva calzargli stretta
quanto un paio di scarpe scomode.
Si rese presto conto che non avrebbe mai
capito sul serio le arti marziali finché non avesse adottato un approccio di
tipo mentale.
Akito in persona si era preoccupato di
spiegargli che dedicarsi allo studio del karate non poteva essere un’attività
limitata alle sole ore di esercizio fisico.
- Quando decidi di farlo sul serio - gli
aveva detto il primo giorno di lezione - Tutto quanto diventa karate, ogni momento
della giornata è un’occasione per allenare la mente e fortificarla -
In quel momento non lo disse ad Hayama per
timore di risultare invadente, ma questo spiegava in verità molte cose; ad
esempio, come mai ai tempi delle medie il ragazzo trascorresse ore intere della
giornata con la testa apparentemente tra le nuvole, trascurando le lezioni e
suscitando le ire dei professori, Sengoku in primis.
All’epoca, Tsuyoshi lo aveva biasimato per la
sua scarsa disciplina scolastica che tante apprensioni aveva procurato sia a
lui che a Sana.
Dopo quella rivelazione però, realizzò che
oltre alla indubbia personalità schiva, vi era sempre stato altro dietro quegli
atteggiamenti; e ciò gli permise di cogliere inaspettatamente un lato del
carattere del suo amico cui difficilmente sarebbe giunto da solo.
- Come faccio a lasciare che il karate entri
dentro di me? - gli aveva chiesto, vagamente scettico sulla prospettiva.
- Oh, è facile - aveva risposto Hayama, alzando
leggermente le sopracciglia - Ti ammazzi di fatica giorno e notte e la domenica
pomeriggio la trascorri seduto sui talloni anziché al parco con Aya -
Era cosa nota a tutti la grande
suscettibilità di Tsuyoshi su qualunque faccenda riguardasse la ragazza; ma
Akito teneva questa cosa nella stessa considerazione che avrebbe avuto per un
peluche a forma di cuore : Nulla.
- Soltanto perché tu, Hayama, sei un essere
asociale, non vuol dire che tutti dobbiamo esserlo - ribatté stringendo i pugni
- Non sei migliorato proprio per niente! Mai sentito parlare di romanticismo? -
- No - borbottò Akito, punto sul vivo.
- Beh non è mai troppo tardi! Povera Sana,
scommetto che non le hai mai scritto neanche un messaggio carino della
buonanotte…-
A quel punto, il colpo di Hayama lo aveva
raggiunto alla bocca dello stomaco come il volo del più veloce dei falchi. Si
era spinto troppo oltre.
Tsuyoshi si ritrovò improvvisamente piegato
in due per la mancanza di fiato; la forza del biondo era fuori discussione
quanto il suo pessimo carattere.
- Dì un po’, ti sembro tipo da fare una cosa simile? - Aveva ruggito Akito
guardandolo in cagnesco - Bada a come parli e smettila di annoiarmi se vuoi che
ti dia delle lezioni… E ora cominciamo! -
E su quelle dolci note, era partita la loro
danza.
Sana e Aya li avevano raggiunti al parco
comunale intorno al mezzodì per portar loro qualcosa da mangiare e supportare
moralmente Tsuyoshi, il quale, come espressamente richiesto da Hayama, era
andato ad allenarsi senza avere con sé neanche una borraccia d’acqua da cui
attingere.
Aya si era subito preoccupata delle
condizioni fisiche in cui lo aveva trovato; il ragazzo boccheggiava come un
pesce fuor d’acqua, completamente madido di sudore; in generale sembrava
prossimo ad un infarto.
- Hayama, che cosa gli hai fatto ? - domandò
spaventata guardando il fidanzato neanche fosse al suo capezzale.
- Assolutamente nulla, ha soltanto sete -
rispose Akito minimizzando il problema - Non abbiamo ancora neanche cominciato
col karate… -
- Hayama… - era intervenuta Sana con
delicatezza, porgendo un fazzoletto di carta all’amico accaldato - Sei proprio
sicuro che questo approccio non sia troppo… severo? -
- Affatto - ribatté lui seccamente, irritato
dalla sua mancanza di attenzioni verso di lui - E adesso, se non vi dispiace,
vorrei proseguire; non abbiamo tempo da perdere, e che nessuno gli dia da
mangiare finché non abbiamo terminato - le ammonì severamente.
Le ragazze si erano fatte da parte, e
l’allenamento era ripreso.
Hayama recuperò la sua posizione - Avanti
Ohki-san - lo aveva provocato
- Stai morendo di sete, e la fontana pubblica è proprio alle mie spalle; prova
a raggiungere l’acqua, se ti riesce di farlo -
“Il solito sadico” aveva pensato Sana,
preoccupandosi di non sorridere per rispetto dell’apprensione di Aya, che le
stava seduta di fianco con aria avvilita. Tuttavia era convinta che dietro
quella singolare richiesta, vi fosse uno scopo ben preciso.
Tsuyoshi portò la mano alla fronte per
asciugarsi dal sudore; trasse un respiro profondo, dopodiché parti all’attacco.
Il suo obiettivo, era quello di raggiungere la fontana.
Tutte le volte precedenti, era crollato di
fronte alle resistenze del biondo senza riuscire ad impensierirlo minimamente.
“Se ho fallito quando avevo ancora energie,
figurarsi adesso” si disse amaramente correndo; ciò nonostante decise di
provare a mettere a frutto quelle 3 ore di esercizi concedendosi un ultimo
scatto.
Hayama, fermo in piedi di fronte a lui, le
braccia rigide parallele ai fianchi, non sembrava preoccuparsi più di quanto
avesse fatto per i tentativi precedenti, e per un grandioso momento, Tsuyoshi
si convinse di poterlo superare contando sulla sua velocità.
Abbassò la testa, e lo caricò.
Un secondo prima del contatto, con un unico,
fluido movimento del corpo, Akito sollevò la gamba destra facendo leva sulla
sinistra.
Il suo corpo piegò perfettamente ad angolo
concavo e il colpo che ne scaturì, pur se non pesante poiché indirizzato con
sapienza, respinse al mittente il tentativo del ragazzo occhialuto, il quale crollò
con la stessa dignità di un sacco di patate al sole.
Aya e Sana scattarono in piedi
simultaneamente, ma per motivi diversi.
I sentimenti della prima, in quel momento,
furono di puro orrore alla vista di Tsuyoshi disteso a terra, apparentemente
privo di sensi.
Sana invece, pur condividendo parte di quella
preoccupazione, non poté far a meno, e quella fu in assoluto la prima volta, di
sentirsi ammaliata dalla prestanza di Hayama, e di subirne il fascino animale.
Questo sentimento nuovo, del tutto inusuale
per lei, si manifestò con un improvviso sospiro che le risultò impossibile
controllare; lo sguardo le si accese di ammirazione e l’emozione intensa che
provò la fece involontariamente protendere verso Akito, ancora eretto nella sua
posa statuaria. Si ritrovò a desiderare di stringersi a lui.
Quando fu passato quell’attimo di
smarrimento, provò un moto di vergogna.
“Che cosa mi succede?” si chiese
portandosi una mano al petto “E’ una sensazione così strana che non saprei
neanche darle un nome”. Si augurò di non aver lasciato trasparire platealmente
i propri sentimenti.
Per sua fortuna, la preoccupazione per le
sorti di Tsuyoshi tenne gli altri così impegnati che quella sua intima
manifestazione di fisicità passò del tutto inosservata.
Aya era corsa subito dal ragazzo stringendo
una pezza bagnata con la quale asciugargli la fronte. Akito l’aveva seguita un
po’ titubante.
- Ehi, va tutto bene? - domandò, cominciando
a preoccuparsi di non aver dosato correttamente la forza quanto credesse.
- Sto bene - rispose lui dopo qualche
secondo, mettendosi a sedere con fatica sul prato - Il colpo non era pesante -
aggiunse tentando di tranquillizzare Aya che pareva prossima alle lacrime.
- Meglio così - si rilassò Hayama, sospirando
- Il tuo ultimo scatto era incoraggiante - aggiunse poi appoggiandogli una mano
sulla spalla - Puoi andare a bere, adesso -
Ma Tsuyoshi non sembrava avere l’aria
soddisfatta.
- Non è per nulla incoraggiante - si lamentò
- Sono goffo e assolutamente impacciato nei movimenti, non è vero ? - Chiese
guardandolo con l’aria disperata di chi conosce i propri limiti.
Akito non era, né sarebbe mai stato, una
persona capace di indorare le pillole indigeste da mandar giù, pertanto non
riuscì a mentirgli.
- Lo sei - confermò, spingendolo ad abbassare
la testa per lo sconforto
- Ma questo è il primo allenamento, non puoi pretendere più di così - aggiunse
tentando di confortarlo, senza successo.
Aya strinse il ragazzo per il braccio con una
mano, accarezzandogli i capelli con l’altra.
- Hayama ha ragione, non devi essere così
severo con te stesso -
Nel frattempo, anche Sana, sebbene ancora un
po’ scossa, si era avvicinata al trio e volle dire la sua, energicamente come
al solito.
- Io credo che tu sia andato benissimo! -
disse con voce allegra - Non ne capisco molto di karate, ma ho studiato
ginnastica, e ho visto un grande potenziale in te; sono sicura che con
l’allenamento migliorerai ancora di più! -
Il suo entusiasmo era contagioso, e Tsuyoshi
parve rallegrarsi un po’.
- D’accordo - fece alzandosi da terra - Direi
che per stamattina va bene così, quando possiamo riprendere ? -
Akito lo squadrò attentamente prima di
rispondere; evidentemente stava ancora valutando le sue condizioni fisiche -
Per oggi, direi che è sufficiente così, possiamo ricominciare domattina -
L’amico non poté che sentirsi deluso da
quella risposta; e per un momento sembrò voler protestare, ma alla fine preferì
non contraddirlo; infondo, se accettava le sue lezioni, si disse, doveva anche
fidarsi del suo giudizio.
Hayama, che era stato un allievo ribelle ed indisciplinato,
aveva colto queste sue emozioni, e gli avrebbe fatto piacere che il ragazzo
provasse a reagire, a rompere gli schemi; sarebbe stata una confortante
dimostrazione di carattere.
“Ma Forse” si disse sconsolato “E’ ancora
troppo presto per i miracoli”.
Si accomodarono tutti e quattro sotto l’ombra
di un grande albero, dopodiché Sana e Aya servirono loro i bento[4] che avevano preparato insieme quella
mattina.
Mentre mangiavano, Akito ebbe una domanda da
porre a Tsuyoshi.
- Come ci registreremo al torneo? -
- Mio padre ha detto che avrebbe provveduto lui
stesso - rispose l’amico intento a mandar giù con avidità il proprio pasto.
Akito si accigliò - Come? -
Dopo aver deglutito, gli spiegò - Per adesso,
si è preoccupato di iscriverci a nome della palestra; siccome siamo ancora
minorenni, sarà necessario poi che tuo padre dia il proprio consenso formale;
ne hai già parlato a casa? -
Hayama scosse la testa - Contavo di farlo nel
pomeriggio -
Sana poggiò sull’erba il piatto - Come mai
tuo padre non si occupa personalmente dell’allenamento? - chiese incuriosita a
Tsuyoshi
- Dopotutto dovrebbe essere il suo lavoro, oltre che una sua responsabilità di
genitore -
Il ragazzo scosse energicamente la testa -
Avrebbe voluto. In effetti ha molto insistito ma io ho rifiutato; non ho voglia
di trascorrere tanto tempo in sua compagnia -
Aya cercò di inserirsi con tatto nella
discussione.
- Eppure, poteva essere una buona occasione per ricucire un po’ il vostro
rapporto; è così triste che non vi rivolgiate quasi la parola… -
Tsuyoshi la guardò di rimando.
- Non devi immaginare me e mio padre come una
coppia di normali parenti che si amano - rispose seccamente - Per quanto mi
riguarda, meno contatti abbiamo, meglio è. Tutto ciò che farò non sarà per
aiutare lui, bensì mia madre e mia sorella; il suo destino mi è indifferente -
A quel punto, un moto di indignazione
provenne da Sana - Credo che tu abbia molte ragioni per biasimare tuo padre - disse
guardandolo dritto negli occhi - Ma se inaridisci così il tuo cuore, farai la
sua stessa fine -
L’amico si voltò, oltraggiato - Come puoi
dire una cosa simile? Io sono diverso da lui! -
Sana si alzò in piedi - Questo lo so
perfettamente, non ho mai affermato il contrario. Ma non mi aspetto che tu sia
crudele con un tuo parente, ti giudico migliore di così -
Tsuyoshi la osservò, riflettendo su come la
semplicità del suo modo di parlare fosse un elemento disarmante per
l’interlocutore; tuttavia il discorso toccava una corda assai delicata del suo animo;
qualcosa di cui non desiderava parlare. E quella invadenza lo aveva
infastidito.
Fu Hayama ad intervenire, ponendo fine a una
discussione che viaggiava su una lama di rasoio particolarmente affilata.
- Ritengo che Tsuyoshi abbia il diritto di
assecondare i suoi sentimenti, per il momento - disse con calma, bevendo dal
bicchiere - La crudeltà è un elemento estraneo al suo animo, perciò sono
convinto che non gli mancheranno le occasioni per riflettere e cambiare idea,
se necessario; personalmente nemmeno io nutro una grande stima per il padre… -
proseguì riprendendo a mangiare il sushi - Ma lascia che ti dica una cosa -
concluse voltandosi a guardarlo - Sana non ha torto; E se la tua intenzione è
quella di combattere carico di rancore, allora non otterrai nulla di buono -
Era, a memoria d’uomo, sicuramente il
discorso più lungo ed estroverso che nessuno gli avesse mai sentito
pronunciare, e furono tutti sorpresi di essere testimoni di un avvenimento che
aveva tutti i crismi della epicità. Qualcosa, insomma, da raccontare un giorno
ai propri figli.
Hayama si accorse dei loro sguardi emozionati
e immediatamente fu colto da un profondo imbarazzo; si voltò dando loro le
spalle e continuando a mangiare nel suo piatto.
Sana lo guardò dolcemente “Hayama… Non ci
sono più dubbi su di te, sei una persona completamente nuova”.
Gli si sedette accanto sotto l’albero.
All’inizio lui, ancora a disagio, fece finta di nulla, continuando a mangiare;
poi lei gli prese teneramente la mano tra le sue. A quel punto, i loro occhi si
incontrarono rivelando un’armonia perfetta e intangibile.
***
Dall’altra parte del mondo, Reiko Matsuda se
ne stava seduta alla scrivania della propria stanza, navigando in rete.
Come da abitudine, indossava a lungo l’accappatoio
dopo la doccia e i capelli color ambra, ancora bagnati, erano tenuti insieme da
un sottile elastico nero.
I suoi profondi occhi castani scorrevano
febbrilmente l’elenco degli iscritti alla pagina internet ufficiale del torneo
di Tokyo.
Si disse che, probabilmente, non avrebbe visto
il suo nome, poiché lui le aveva manifestato a suo tempo l’irrevocabile
decisione di voler abbandonare quel mondo.
Nonostante non fosse ingenua al punto da
essere incosciente dell’errore, non era riuscita a dominarsi; e ancora in cuor
suo, si domandava se fosse più forte il desiderio di trovarlo oppure no.
L’aver comunque considerato la possibilità, le
impedì di farsi cogliere impreparata, quando la lista le restituì quello che
cercava.
Si alzò di scatto dalla sedia girevole,
sentendo aumentare i battiti del suo cuore e l’adrenalina scorrerle nelle vene.
Si girò, ed uscì di corsa dalla stanza.
- Papà! -
***
[1]
Termine onorifico giapponese per indicare un “maestro”
[2]
“sama”, altro termine onorifico che sottintende ammirazione profonda
[3]
Ricordiamo che dopo il divorzio dei suoi genitori, Tsuyoshi abbandona il
cognome Ohki del padre, per adottare quello della madre
[4]
Tipico pranzo da asporto per studenti, preparato in casa.