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Autore: Malanova    27/09/2015    1 recensioni
Come non detto... HO MODIFICATO LEGGERMENTE LA STORIA!
Ebbene si... perennemente insoddisfatta, ho deciso di fare altre piccole modifiche e cercare di migliorare la storia ed il suo contenuto, grazie anche all'aiuto di Felinala che, con la pazienza di una santa, mi aiuta con la grammatica e mi da qualche spunto XP.
Questa storia narra di Piccolo, figlio del Grande Mago che tenne sotto il suo giogo il mondo per oltre trecento anni, e di Lyrica, la bellissima e alquanto misteriosa fanciulla apparsa dal nulla costretta a prestare servizio alla Famiglia Demoniaca in cambio della sua vita. Sperando di non aver creato un ulteriore pasticcio, vi auguro buona lettura!
P.S. La storia segue la trama dell'opera di Toriyama... se ci sono spazi vuoti vuol dire che la storia è rimasta inalterata
P.P.S Dedico questa storia ad una ragazza molto speciale, di cui non ricordo il nickname (Malanova sei una cretina) che leggeva questa storia, anni fa, ad un gruppo di ragazzini molto speciali... Perdonatemi se vi ho fatto aspettare, non vi ho dimenticati, spero che questa revisione vi piaccia perché grazie a voi che c'è ancora!
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Piccolo, Un po' tutti
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quando Lyrica tornò al King Castle, incrociò uno dei demoni al servizio del Re, Tamburello, che la stava aspettando all’ingresso principale dell’edificio. Da un po’ di tempo quell’infido e ripugnante mostro verde le stava riservando delle attenzioni che non le piacevano. “Bentornata Lyrica… Ti stavamo aspettando… con molta impazienza…”. Lei decise di ignorarlo. Entrò dentro al castello e si diresse a passo spedito verso la sala del trono, seguita dal demone “Mmh… Sei proprio carina vestita così…” continuò lui, imperterrito. Ispirò e aggiunse in tono lascivo “Ed hai anche un buon odore…”. La ragazza alzò gli occhi al cielo ed affrettò il passo. Ora che aveva quasi quattordici anni il suo corpo si era modellato in armoniose forme, che la maggior parte delle serve della sua età le invidiavano. I vestiti che aveva messo poi, anche se casual, lo facevano risaltare di più: la maglietta bianca le stava aderente ed aveva uno scollo a vi che lasciava intravedere un po’ di seno mentre i pantaloncini di jeans blu facevano mostra delle gambe lunghe e agili ed risaltavano il fondoschiena. La giacca, anch’essa in jeans, davano una forma armoniosa alle ampie spalle. Un vestiario insolito da parte sua, avendo la preferenza ad indossare tonache asiatiche e ad andare completamente scalza ma aveva preferito indossare questa mise nel caso doveva confondersi con qualche cittadino.

Il mostro, dietro di lei, si leccò in modo osceno le labbra carnose e allungò una mano per afferrarle il sedere ma Lyrica si voltò e lo colpì con un pugno dritto allo stomaco. Tamburello si piegò in due dal dolore. “Non provarci più se ci tieni alla tua pelle squamosa” lo avvertì la ragazza, glaciale. Lo piantò in asso e proseguì il suo cammino.

Trovò il Grande Mago seduto sul seggio reale, con aria assorta, insieme a suo figlio e a quel strano ometto simile ad uno gnomo dalla pelle azzurrina, accompagnato da una ragazza dai capelli neri e da una volpe umanoide. Se ricordava bene, il suo nome era Pilaf. Quello strano trio si era presentato al Re circa sei mesi fa, portando un mappamondo elettronico in grado di localizzare l’energia delle sfere. In cambio del loro aiuto il Grande Mago gli aveva promesso immensi tesori e un terzo del mondo. Quando la giovane l’aveva sentito aveva inarcato un sopracciglio. Sicuramente lo aveva detto solo per avere i loro servigi senza troppe storie ma appena avrebbe avuto ciò che voleva… Beh, sarebbero già molto fortunati se sarebbero rimasti vivi.

La ragazza andò dal sovrano e gli disse “Ho trovato la sfera…” e gliela porse. Ma il Grande Mago non parve soddisfatto “Pilaf dice che a Yahoi si trovavano DUE sfere… Dov’è l’altra?” “Come?!” esclamò lei, sorpresa “Prima di partire mi era stato riferito di una sfera sola! Non è possibile che ce ne fosse un’altra! Ho setacciato tutto il villaggio e la foresta!”. Piccolo, che fino a quel momento stava fissando il radar con aria assente, si voltò verso di lei e la guardò dritto negli occhi. La ragazza sostenne il suo sguardo senza remora. Sapeva cosa stava tentando di fare: cercava di leggerle la mente. Ella erse uno scudo mentale, non le piaceva quando Piccolo cercava di carpirle informazioni in questo modo. Dopo un attimo di silenzio, il giovane borbottò “Potrebbe esser arrivata lì in un secondo momento, magari trasportata da qualche pterodattilo attratto dalla sua lucentezza oppure è arrivato un altro viaggiatore…”.

Alla parola –Viaggiatore- lo scudo mentale di Lyrica vacillò un po’ “N-Non ho i-incontrato nessuno!” balbettò lei spiccia e arrossendo un pochino. Gli occhi scuri del giovane demone si assottigliarono, sospettosi. Vedendo la sua espressione la ragazza aggiunse con un borbottio “E dubito fortemente che i pterodattili sia attratti da simili oggetti…”. Poi diede un’occhiata in tralice al radar di Pilaf e borbottò “Forse è quell’affare a non funzionare bene…” “Fandonie!” replicò il nano blu abbracciando il globo elettronico “Non c’e niente di più preciso del mio…” li si interruppe. Il suo amato radar fece vedere sulla sua superficie un sacco di puntini luminosi, che lampeggiavano ovunque. La ragazza socchiuse gli occhi d’oro e sibilò in modo ironico “Ma le sfere non sono solo sette?”. Il Grande Mago batté un pugno sul bracciolo del trono e ringhiò, rivolto a Pilaf “Riparate subito quell’affare!”. Quelli lo spensero e lo portarono via, terrorizzati. “Se non avete altro da ordinarmi, mi ritiro…” disse la ragazza rivolta al Re, che rispose con un distratto “Si, vai…”. Il tiranno ammirò la sfera da tutti i lati, girandosela tra le lunghe dita, e mormorò “Magnifica…”.

Lyrica uscì dalla sala del trono e si diresse verso la torre est, dove si trovavano le sue stanze. Per sua fortuna il Re era talmente preso dalle sue fantasie che non si era minimamente accorto che aveva rilasciato una scossa elettrica per far impazzire il radar. L’unico che poteva causarle problemi e sospettare qualcosa era il figlio, che non avrebbe tardato a porle domande su domande, anche a costo di strapparle dalla mente, finché non avesse ceduto. Stava per aprire la porta della sua camera quando Tamburello sbucò all’improvviso alle sue spalle e riuscì a bloccarle le braccia prima che lei potesse reagire. La sbatté contro ingresso della stanza e le sussurrò all’orecchio “Prima non sei stata molto gentile con me…”. Con la mano libera cercò di strapparle i pantaloni ma Lyrica continuava a tirargli calci e tentò di scrollarselo di dosso. Tamburello allora le prese la testa e la fece sbattere contro il legno massiccio della porta, provocando una crepatura sulla superficie liscia e un taglio su un sopracciglio, ridendo malignamente quando vide il sangue fuoriuscire. La ragazza urlò furiosa “Lasciami andare schifoso bastardo!” e si dimenò con più foga. Sentì la lunghissima e viscida lingua del demone, lavarle via il sangue sulla tempia e scendere fino alla linea del collo, rilasciando un filo di saliva come una lumaca… Una delle mani riuscire ad rompere il bottone e la cerniera ed a insinuarsi tra le sue… La schiena venne ustionata da un raggio d’energia, che polverizzò sia il retro della giacca che della maglietta e colpì il demone in pieno, scagliandolo contro una parete con una tale forza che si sentì la pietra creparsi.

Lyrica si voltò, dolorante e lacrimando, e vide Piccolo, poco lontano, furioso. Il servo si accorse di lui, si inginocchiò in fretta e pigolò “Mio signore! Non è come voi pensate: questa piccola puttana mi ha sedotto e non sono riuscito a resisterle…” “Stai zitto!” urlò il ragazzo, interrompendolo “Non credere che sia così scemo! Ho visto tutto!”. Tamburello si inchinò ancora di più, portando le mani giunte sulla testa e supplicò con un pigolio “Pietà! La prego!”. L’altro emise un sibilo, facendo un’espressione disgustata “Vattene immediatamente e se provi a toccare la MIA schiava ancora una volta farò si che la tua morte sia lenta e dolorosa!”. Il mostro non se lo fece ripetere due volte.

Appena quello ebbe voltato l’angolo, Piccolo si girò verso Lyrica “Sono lacrime quelle che vedo agli angoli dei tuoi occhi?” “Fanculo” sbottò l’altra con voce flebile. Si tirò su a fatica e si pulì la faccia alla ben che meglio con il palmo della mano. Poi si trascinò all’interno della stanza. Il ragazzo, senza pensarci troppo, la seguì. Non era la prima volta che entrava nelle sue stanze ma ancora riusciva a stupirsi di trovarla così caotica. Il muro delle pareti non si vedeva, ricoperte quasi fino al soffitto da una grossa libreria e da una moltitudine di mappe celesti, schizzi di navicelle e appunti scritti in una lingua che non conosceva. La libreria aveva incorporata una scrivania con su ampolle piene di liquidi colorati, erbe di vario genere che rilasciavano un forte odore, un calderone con un fornelletto ad olio alla base e un mortaio con il pestello. Le quattro mensole erano piene di sacchetti di velluto pieni di pietre di vario tipo, altri libri e nastri di stoffa colorata. Nella stanza c’era anche una cassettiera e uno specchio, resi quasi invisibili da tutte le bottiglie di vetro colorato di diversa grandezza, che contenevano un altro vasto assortimento di liquidi, radici, sassolini e sali colorati. Il letto era a due piazze, disfatto, come se la sua proprietaria si fosse alzata solo cinque minuti fa.

La ragazza si diresse verso la scrivania, prese il mortaio di legno e alcune bottigliette dalla specchiera. Poi si voltò verso Piccolo e, vedendo la sua faccia, chiese “Che ti prende?” “Pulisci qualche volta qui dentro?!? Ci saranno almeno due centimetri di polvere, per non parlare del pavimento che è una crosta unica di roba che potrebbe essere radioattiva!” “Ehi! Non mi sembra che ti abbia detto che potevi accomodarti!”. I due fecero all’unisono versi di esasperazione, poi si azzittirono e ognuno guardò da una parte. Mentre Lyrica cincischiava con le boccette e il mortaio, Piccolo diede un’occhiata alla schiena “Sembra che la ferita sia seria… Dovresti andare in infermeria…”. Lei non rispose e continuò a mescere gli elementi che aveva preso finché non divennero una crema color perla dal forte odore di menta. Ne prese un dito, lo spalmò sul sopracciglio ferito, poi ne prese tre e le spalmò sui tagli sul fianco che le avevano procurate le unghie del demone alato quando era stato catapultato via, poggiò le ginocchia sul letto e porse il mortaio a Piccolo “Potresti aiutarmi a spalmarmela sulla schiena?” “Cosa?!?” “Questa poltiglia non sarà più efficace se aspetto troppo”. Lyrica si mise a pancia in giù, facendo molta attenzione a non rovesciare la crema e voltando la testa per non far togliere quella applicata sulla fronte, scostò i capelli e attese “Se devi stare nella mia stanza almeno fa qualcosa di utile…” “Maledetta serpe…” ringhiò il ragazzo, ma si avvicinò comunque e studiò il composto “Cos’è?” “E’ una crema in grado di far accelerare il processo di guarigione delle piastrine in modo che una ferita come la mia si rimargini in breve tempo… Però diventa una specie di silicone se rimane ad asciugare per cui vorrei che ti sbrigassi a mettermela…” “Sta zitta, stronza ingrata!”.

Piccolo le spalmò la crema con la grazia di un bisonte, tanto che lei squittì dal dolore diverse volte. Quando il mortaio fu vuoto, il giovane si alzò a rimirare il suo operato, poi sbuffò “Finito!” “Meno male! Mi stupisco che il buco sulla schiena non sia diventato una voragine!” “Ma va all’inferno!”. Il giovane scattò verso l’uscita, irritato. Ma appena sfiorò con la punta delle dita la maniglia della porta, udì la ragazza sussurrare “Grazie…”. Era molto flebile, quasi uno sbatter d’ali di farfalla, ma lui la sentì ugualmente come se glielo avesse detto a pochi centimetri dall’orecchio. Si voltò con un sorrisetto sulle labbra, pronto a prenderla in giro, ma ciò che vide gli fece passare la voglia. Il corpo di Lyrica aveva preso a tremare e grosse lacrime le irrigavano il viso come una cascata. La ragazza si abbracciò le gambe e poggiò la fronte sulle ginocchia ed emise un paio di singulti. Piccolo non sapeva che fare.

In quel momento entrò una delle lavandaie, una donna di mezz’età dall’aspetto giunonico e antropomorfo di una pecora, che aveva legato molto con Lyrica “Lily, cara? Sono riuscita ad rattoppare…”. Emise uno squittio quando vide il giovane demone e si stava rapidamente allontanando quando lui la prese per un braccio e la spinse in malo modo all’interno della stanza, uscendo a sua volta, ma la serva poté giurare di aver sentito la parola “Consolala”.

  
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