Capitolo 8 – Come raggiungere
Skypiea senza usare
Quando riprese coscienza, lentamente e con fatica, Sanji si rese conto di non ricordare molto di ciò che gli
era accaduto prima di addormentarsi; anzi, non ricordava niente
del tutto. Provava solo una serie di sensazioni estremamente
spiacevoli. Cercò di catalogarle e razionalizzarle, in modo da ricavarne un
quadro della propria situazione. Tanto per cominciare, si trovava in un letto,
disfatto e sudaticcio. La testa gli faceva male come se gliela avesse presa a
calci… beh, come se se la fosse presa a calci da solo.
E si sentiva fisicamente stremato. Doveva esserci una
spiegazione plausibile che giustificasse tutto questo.
Per esempio, poteva essere che la sera prima avesse
incontrato tre bellezze stratosferiche, che le avesse
affascinate col proprio irresistibile charme, che avessero bevuto fino a
ubriacarsi e poi fossero corsi tutti a letto, per una travolgente notte di
passione.
-
Ciao,
damerino. Ti sei svegliato.
Sanji guardò chi aveva parlato. Accanto
al letto, tre ceffi, uno monco, uno guercio e uno
senza una gamba lo fissavano ghignando con sorrisi inquietanti.
Ok, meglio lasciar
perdere la notte di passione.
-
Mi
pare un po’ confuso. Lasciate fare a me.
Questa era una voce di donna. Sanji
non riusciva ancora a mettere tutto bene a fuoco, comunque
vide che era una bella ragazza, formosa, probabilmente una quinta, e con dei
bei fianchi, e una vita molto stretta. Ah, e aveva i capelli arancioni.
-
Lo
sapete? Dicono che, per far riprendere qualcuno che si
trova in stato di shock, si debba fargli provare un’esperienza molto piacevole
o molto dolorosa.
Il cuoco pregò fervidamente che scegliesse la prima; e, come
se una divinità benevola stesse esaudendo quelle preghiere, vide la ragazza che
si chinava davanti a lui e gli prendeva, dolcemente,
il mento con una mano, portandolo verso di sé.
-
Non
te lo ho mai detto – sussurrò – ma hai proprio una
bella barba.
Sanji chiuse gli occhi, pregustando il
paradiso.
-
Ora,
hai mai sentito parlare di una cosa chiamata ceretta?
L’urlo raggelante che seguì ruppe tre finestre, fece
esplodere un paio di bicchieri e traumatizzò a vita un povero esemplare di
mostro marino che incrociava nelle acque vicine.
-
Come
ti senti, tutto bene? Passata la confusione?
-
Sì,
Nami, assolutamente.
-
Ah,
bene. E’ stata una fortuna che sia riuscita a riconoscere il morso di quel
serpente e che avessi ancora un po’ dell’antidoto che ci aveva dato Bibi. Sei sicuro di stare bene?
-
Senza
dubbio.
-
Ti
fa male qualcosa? Perché continui a massaggiarti il
mento…
-
Nami, per favore, non infierire.
Sanji prese un sorso di caffé bollente,
preparato da Usopp secondo quella che lui aveva
definito una sua ricetta speciale. Era indubbiamente una formula eccezionale.
Pensò che avrebbe dovuto proporgli di usarla per i proiettili della sua fionda:
nessun nemico avrebbe resistito dopo essere stato bombardato con quella roba.
Probabilmente era anche corrosiva.
-
D’accordo,
ricapitoliamo. – fece il cuoco posando la tazza. – Innanzitutto,
voi due siete vivi, ma eravate stati presi prigionieri. Giusto?
-
Così
pare. – commentò Robin sorridendo.
-
Bene.
Voi tre, invece, eravate pirati, e quel vecchio falegname
scorbutico di Madera era il vostro capitano. Siete arrivati qui vent’anni fa per rubare…
-
Acquistare.
– lo corresse Champagne.
-
…va
bene, acquistare il Frutto del Diavolo. Che invece è stato
mangiato da Flea. Ho capito bene?
Champagne, Gin e Rum annuirono
all’unisono.
-
E
Chopper è caduto sotto l’influenza di quella sottospecie di freak della Marina, che pare abbia il potere di controllare gli animali. Tutto esatto?
-
Esatto.
– confermò Robin.
Sanji si lasciò andare sulla sedia con
espressione sfinita.
-
Ok. Allora, ci sono altre rivelazioni scioccanti che devo ricevere?
-
In
realtà noi due siamo fratelli gemelli separati alla nascita. – intervenne Zoro.
-
Grandioso.
– il cuoco si portò una mano alla testa – Scusatemi,
ma adesso devo vomitare.
-
Vuoi
altro caffé? – propose Usopp.
-
Era
solo sarcasmo, naso lungo. Non
facciamolo diventare realtà.
Usopp si ritirò offeso, mentre il trio
dei Giardinieri Capo si accostava a Sanji con
atteggiamento umile.
-
Senti, ti chiediamo scusa per quel piccolo malinteso di prima. – fece Champagne,
in qualità di portavoce – Ma sai com’è, dopo la
faccenda della “Walrus Pride”
eravamo tutti molto tesi, vedevamo spie dappertutto, e quindi…
-
Oh,
non è niente.
Dopo essersi guardato intorno, Sanji
si alzò e disse:
-
Allora,
questo è il “magazzino sotterraneo” in cui dicevate di aver portato la “merce”,
giusto?
-
Quest’uomo è un genio! – esclamò Gin – Ma come ha
fatto a capirlo?
-
Beh,
da quello. – disse indicando il soffitto, che era chiaramente una volta scavata
nella roccia viva – E poi da quella. – concluse, additando una cassa di legno.
Sul coperchio era ben visibile la scritta “WGS Walrus Pride – Maneggiare con
prudenza”, e che contenesse agalmatolite
lo si poteva facilmente evincere dal fatto che Luffy,
incuriosito, ci aveva ficcato la testa dentro e adesso il suo corpo privo di
forze penzolava lungo il lato dell’imballaggio.
-
Hm,
sì, hai ragione. – confermò
Champagne – Questo posto è stato scavato sotto la parte più alta
dell’isola. Praticamente, si stende al di sotto di
tutto il Giardino. In origine era un rifugio anti-pirati.
Gli unici accessi sono un passaggio segreto che
conduce al cantiere e alcune botole che danno sul Giardino. Conducono solo ai
terrazzi più bassi, però.
-
Molto
bene, ora è tutto chiaro. Adesso, un’ultima cosa che non capisco.
Sanji si guardò intorno. Luffy, Robin, Nami,
Usopp, Zoro; tolto Chopper, la ciurma era radunata al completo.
-
Com’è
che siamo finiti tutti qui?
-
Ci
hanno radunati loro, Sanji.
– rispose Nami – Prima hanno trovato te e ti hanno
portato qui, poi sono venuti a cercare anche noi. Se
non fosse stato per loro, io non ti avrei potuto curare e saresti morto.
-
Ok. E come hanno fatto a trovarvi sull’isola, che
oltre ad essere grande è stata invasa dagli animali?
-
Oh,
è stato semplice! – spiegò Champagne – Per il gruppo in cui c’era lo
spadaccino, è bastato seguire la scia delle carcasse di animali
sventrate a colpi di katana.
-
D’accordo,
ho capito. E Luffy e Robin, come li avete rintracciati?
-
Con
loro è stato ancora più semplice. – intervenne Rum –
Nel loro caso, le carcasse erano completamente spolpate, restava solo lo
scheletro.
-
E a proposito! – esclamò Luffy,
accorso a prendere parte alla discussione – Sanji,
devi assolutamente inserire
nei tuoi menu qualche pietanza a base di carne di leopardo. E’ davvero
deliziosa!
-
Direi che non fa una grinza. E… perché
ci avete radunati tutti qui?
Champagne si fece scuro in volto.
-
Il
nostro capitano Madera è stato preso in ostaggio, e Flea
è stata costretta a seguire Whip nel Giardino. Quel
maledetto ha anche rintracciato il Frutto, e visto che aveva bisogno come cavia
di un essere umano che avesse già i poteri, l’unica spiegazione è che voglia
provare a farglielo mangiare.
-
COSA? – Sanji era allarmato – Ma se quello che
dicono su chi mangia due Frutti del Diavolo è vero…
-
Lo
è. – disse placida Robin – Il botto si sente a diversi chilometri di distanza, e di solito il pezzo
più grande che rimane è la punta del dito mignolo.
-
ROBIN!
COME FAI A PARLARNE RESTANDO COSI’ CALMA! SE E’ VERO,
IN QUESTO MOMENTO FLEA POTREBBE…!
Flea morse il Frutto del Diavolo. Non
successe niente.
Masticò ben bene la polpa. Non successe niente.
Inghiottì. Ancora, non successe niente.
-
E che cavolo! – esclamò – Se proprio devo esplodere, risparmiatemi almeno
tutta questa suspence!
-
No,
lei sarebbe già
dovuta esplodere. – disse Whip,
avvicinandosi con cautela – Qualcosa deve essere andato storto.
Flea fece spallucce.
-
Io
ho mangiato normalmente. Magari il Frutto non ha voglia di esplodere.
-
Mi
parrebbe una spiegazione quantomeno curiosa. Forse ha sbagliato qualcosa…?
-
Ho
detto che ho mangiato normalmente! – protestò la
ragazza – Sta’ a vedere che è colpa mia!
-
Non
volevo offenderla.
-
Beh,
l’hai fatto! Come se non sapessi mangiare, o esplodere! Sono sicura che saprei
esplodere meglio di te, IO!
-
Oh,
la prego, non ci accapigliamo. Piuttosto – il viceammiraglio allungò
la mano – mi farebbe vedere bene quel Frutto da vicino?
-
Un
falso?
-
Proprio
così. – confermò soddisfatto Champagne – Temevamo una cosa simile, e ci eravamo preparati. Dopotutto, vent’anni
fa noi siamo venuti qui per la stessa ragione di Whip… ehm… Insomma, quando abbiamo capito cosa stava
succedendo, siamo scappati via, anche se eravamo ancora mezzi morti per i tuoi
calci, e siamo corsi a sostituire il vero Frutto spuntato nel Giardino con un
falso. Il vero Frutto è qui, nascosto in un posto sicuro. Quello che ha Whip è solo un’arancia con la buccia dipinta.
-
Oh.
– Sanji tirò un sospiro di sollievo
– Allora abbiamo ancora un po’ di tempo.
-
Già.
E visto che questo Whip a
voi ha rubato un compagno, e a noi il nostro capitano…
-
E non dimentichiamoci di Flea! – gridò Sanji, furibondo.
-
…e
non dimentichiamoci di Flea, che le vogliamo tutti bene, e alcuni più di altri, direi che possiamo
allearci e considerarci in guerra con quel carciofo. Tutti d’accordo?
I pirati lì radunati risposero all’unisono con un solo,
poderoso sì.
-
Un
falso! Un falso, maledizione! PARADOSSO!
-
Sì,
capo? – fece il pappagallo, scendendo in volo e raggiungendo il viceammiraglio.
-
Paradosso,
come hai fatto a cascarci? Questo frutto è fasullo!
-
E’
fatto molto bene. – osservò l’altro.
-
Bene?
Guarda qui! – Whip prese il frutto nella mano destra
e lo sfregò col pollice, cancellando le spirali disegnate sulla scorza – Viene via! E’ facile da capire!
-
Facile per chi ha il pollice opponibile. – ribatté Paradosso.
-
Oh,
lasciamo perdere.
Per qualche minuto, il viceammiraglio, furibondo, fece
avanti e indietro, camminando senza sosta e rimuginando possibili soluzioni a
quell’intoppo. Alla fine puntò il dito contro Flea:
-
Lei!
– esclamò – Scenda al villaggio, trovi coloro che
hanno sostituito il Frutto e se lo faccia dare.
-
Ma io non so chi… – provò a protestare Flea.
-
Oh,
lo sa benissimo. Cerchi coloro che si occupano del Giardino. Chi altri può
essere stato? Li cerchi e si faccia consegnare il
Frutto autentico. Dopodichè tornerà qui e finiremo il nostro piccolo esperimento.
Altrimenti, sa cosa succederà a suo padre.
La ragazza annuì e scappò via, ignorando le urla di Madera
che continuava a ripeterle di smetterla di preoccuparsi di
lui e non tornare più indietro. Paradosso osservò la scena con curiosità.
-
Sai,
capo, non credo sia stata una buona idea. – disse –
Chi ti assicura che lei tornerà? O
che non chiederà aiuto?
-
Oh,
non lo farà. Perché mai dovrebbe?
-
Capo?
– fece l’uccello, dubbioso – Se torna quassù col Frutto, tu glielo fai mangiare e lei salta in aria. Mi sembra una buona
ragione perché cerchi di svignarsela.
-
Ma no, guarda, ho qui il vecchietto a cui tiene tanto. Ormai ha accettato
di mangiare il Frutto. Vedrai che tornerà, avrebbe
troppa paura di fare diversamente.
-
Però non mi convince.
-
Tranquillo,
io un po’ gli esseri umani li capisco. Sono fatti così, gli
devi promettere un premio e mettergli paura. Così pensano di non avere
altra scelta, anche quando ce l’hanno. E’ facile
prevederli. La paura è un ottimo modo per ammaestrarli.
Paradosso non rispose. Tanto, pensava, se le cose si
metteranno male potrò sempre volarmene via.
-
Allora
si trattava di questo.
Sanji ammirava stupefatto lo spettacolo
di ciò che aveva trovato dietro quella che sembrava
una semplice porticina del nascondiglio sotterraneo. Un ampio bacino navale,
scavato interamente nella montagna, con una volta altissima e acqua abbastanza
profonda per ospitare una piccola nave. Sul fondo si
trovava una sorta di chiusa o di saracinesca che doveva comunicare con il mare
esterno, e in mezzo all’acqua c’era…
-
E’
davvero incredibile. L’avete costruita voi?
-
Su
progetto del capitano Madera. – disse soddisfatto Champagne – E’ questo ciò che dovevamo dare a Flea
oggi, e che doveva restare segreto a tutti i costi. Il nostro regalo di
compleanno.
-
Adesso
è tutto chiaro. Mi sa che ho un tantino equivocato le vostre parole. Credevo
che voleste ucciderla!
-
Oh,
beh, noi credevamo che tu fossi una spia venuta a denunciarci per spedirci
tutti sulla forca!
Scoppiarono a ridere insieme, al pensiero di quel divertente
equivoco a causa del quale si erano quasi ammazzati a vicenda. Ancora con le
lacrime agli occhi per il gran sghignazzare, Champagne chiuse la porta e nascose nuovamente lo spettacolo che avevano appena
ammirato. Sanji lanciò un’ultima occhiata a quella
meraviglia, e l’unica cosa che gli dispiacque fu che
ai lettori non era ancora stato dato di capire di che diavolo si trattasse,
ragion per cui non potevano condividere la sua ammirazione per un tale
capolavoro. Comunque, prima o poi l’avrebbero
scoperto.
-
E’
tornata Flea! E’ tornata Flea!
A gridare era stato Gin. Sanji e
Champagne corsero a vedere e trovarono gli altri radunati a capannello vicino a una delle botole che davano sull’esterno. Rum stava aprendo la botola e aiutava Flea
a scendere, mentre la ragazza si guardava intorno piuttosto disorientata. Fu
portata giù e aiutata a sedersi. Era affaticata da quella che doveva essere
stata una lunga corsa a perdifiato, e la pelle le si era
lievemente seccata. Era coperta di rughe, come quella di un vecchio. Provò ad
aprire bocca, ma aveva la lingua impastata e non riuscì a parlare.
-
Dell’acqua,
presto!
Fu portato un barilotto e Gin aiutò
Flea a bere, versandole un fiotto d’acqua
direttamente sulla bocca. Quando le sue labbra ripresero più mobilità, la
ragazza le accostò al barile e cominciò a ingurgitare
larghe sorsate.
-
Credevo
non conoscesse questo posto. – bisbigliò Sanji a
Champagne – Altrimenti perché ci avreste nascosto il suo regalo?
-
Lo
conosceva, ma non ci era mai entrata. Suo padre glielo
aveva sempre proibito, con la scusa che era zona di lavori.
Flea posò il barilotto, ormai vuoto, e
tirò un sospiro. Nami le si accostò:
-
Ehi,
stai bene? Tutto a posto?
La ragazza annuì:
-
Sto
bene. Ma che ci fate voi, qui?
-
Storia
lunga. – disse Nami – Piuttosto, tu come hai fatto a liberarti da Whip? Che
ne è stato di tuo padre?
-
Giusto!
– esclamò la ragazza, come se si fosse ricordata improvvisamente di qualcosa,
poi si rivolse a Champagne – Presto, devi darmi il
vero Frutto del Diavolo! Dov’è?
-
Uh?
– fece l’altro, sorpreso – Beh, ce l’ho qui, ma…
-
Dammelo!
Subito!
-
Va…
va bene, signorina, aspetti un momento che lo prendo.
Champagne si ficcò una mano nei pantaloni, frugò per qualche
secondo e infine tirò fuori, trionfante, il vero Frutto, con la sua tipica (e
stavolta autentica) buccia dal disegno a spirale.
-
Lo
tenevi nascosto nelle mutande? – domandò Sanji,
stranito.
-
Beh,
sì. Come avevo detto, era in un posto sicuro.
-
MA CHE SCHIFO! Ora non lo mangerei nemmeno se possedesse il potere
dell’eterna giovinezza!
-
Oh,
quante storie, signor damerino. – fece Champagne con
sufficienza – Come se tu non le avessi, le mutande.
-
MA NON CI TENGO I FRUTTI DENTRO, ACCIDENTI!
-
Tenga,
signorina. – disse il Giardiniere, porgendo il Frutto a Flea
e ignorando lo sbraitare di Sanji – E’ tutto suo.
-
Oh,
finalmente! Adesso potrò tornare dal viceammiraglio Whip,
lui me lo farà mangiare e finalmente libererà mio padre!
Champagne fermò la mano. Tutto tacque per qualche secondo.
-
Lei
è pazza, signorina! – gridò Champagne, riprendendosi il Frutto
– Ma lo sa che succederà se lo mangerà?
-
Certo!
Succederà che mio padre verrà liberato!
-
Non
parlavo di questo! Non può mangiare il Frutto! Se lo
facesse, esploderebbe!
-
Giusto!
E in più è stato nelle sue mutande! – rincarò la dose, disperato, Sanji.
-
Lo
so già! – urlò in risposta Flea
– Ma è l’unico modo per salvare mio padre! Sono pronta a questo!
-
Non
se ne parla, signorina! Suo padre non lo vorrebbe mai! E
non mi perdonerebbe se io ora le dessi il Frutto!
-
Se
ti importa di mio padre, DAMMI QUEL FRUTTO!
-
NO!
Suo padre è il nostro capitano, e i suoi ordini sarebbero
di proteggere lei, signorina!
-
Mio
padre non è più il vostro capitano! Voi non siete più pirati!
-
Non
funziona mica così, signorina! CAPITANO UNA VOLTA, CAPITANO PER SEMPRE!
-
E ALLORA IL VOSTRO CAPITANO ORA NON C’E’! IO SONO SUA FIGLIA E QUINDI
ADESSO IO SONO IL VOSTRO CAPITANO! E VI ORDINO DI DARMI QUEL FRUTTO!
Flea, in quel momento di furia, si impose con la stessa fierezza che Champagne ricordava di
aver visto tanto spesso in suo padre. Provò un sentimento di nostalgia.
-
Lei,
signorina – mormorò – sarebbe stata un ottimo
capitano.
Nonostante non volesse farlo, allungò la mano
e porse il Frutto a Flea. La sua logica era
inoppugnabile: i suoi ordini non potevano essere
discussi.
La ragazza stava per prendere il Frutto in mano quando lo vide, da un istante all’altro, infilzato da
una spada, come su uno spiedino. Non fece in tempo ad afferrarlo che la spada
si levò e glielo tolse da sotto il naso.
-
Questo
Frutto non lo mangerà nessuno. – annunciò Zoro, che
della spada era il proprietario.
Fece un movimento rapido; dalla lama partì un lampo azzurro
che finì a schiantarsi contro una parete di roccia, con gran
spargimento di polvere e ciottolate vario. Nella furia del colpo, ovviamente,
il Frutto andò completamente disintegrato.
Tutti guardarono lo spadaccino, paralizzati.
-
Sistemato.
– si limitò a dire Zoro.
Un altro gesto brusco, e puntò la spada contro Flea, che lanciò un gridolino vedendosi quella lama davanti
agli occhi.
-
E’
impazzito! – ruggì Sanji – L’ho sempre detto che prima o poi sarebbe successo! Lasciatelo
a me, ci penso io!
-
Fermo,
cuoco! Tu, ragazzina. Vuoi morire?
-
Io?
– balbettò Flea – No, certo che no! Levami questa
spada da davanti!
-
Molto
bene. Così ci siamo.
Zoro abbassò la lama.
-
Allora,
mettiamo in chiaro un concetto. Fino a poco fa tu eri
pronta a morire per salvare tuo padre. E’ una cosa coraggiosa, secondo te?
-
Beh,
sì.
-
E INVECE NO!
Flea fece un saltello
indietro, intimidita dal grido improvviso di Zoro,
che oltretutto era stato sottolineato da un minaccioso agitar di spada.
-
Non
è coraggioso. Tu avevi soltanto scelto la soluzione più rapida e semplice. Hai
accettato l’idea di morire ed hai pensato che tanto valeva
farla finita subito, perché comunque non avevi speranze di uscirne in altro
modo. Finché eri sola lassù, avrei potuto anche darti
ragione. Ma adesso, quel Whip
è stato abbastanza idiota da darti tempo e modo di riorganizzarti. Qui abbiamo
uomini e armi. Quale ti sembra la soluzione più logica a questo problema?
-
Ma certo! – esclamò Flea –
Bisogna combattere!
Zoro sorrise, soddisfatto dell’efficacia
dei propri metodi educativi.
-
Bisogna
fargliela pagare a quel maledetto maniaco degli animali! Liberare mio padre e
dargli una bella lezione! E mandare all’aria tutte le
sue bestiacce! E’ un’ottima idea! Quindi…
Sul volto della ragazza si dipinse un’espressione decisa.
Ogni traccia di paura era scomparsa, e si rivolse a Luffy e la sua ciurma, schierata in fila, con il fare di
una vera condottiera.
-
…voi
sembrate gente forte. Potreste per favore pensarci
voi? – chiese con molta cortesia e un po’ di timidezza.
Nami sospirò. Su quella ragazza c’era
ancora un po’ da lavorare.
-
A
me non va! – esclamò Luffy, mettendosi seduto con le
braccia conserte.
Gli altri si scambiarono una strizzata d’occhio. La politica
del capitano, probabilmente, era quella giusta. Solo Sanji
non si capacitava di quel rifiuto.
-
Ma che dici, Luffy? Una povera ragazza indifesa…
Dobbiamo aiutarla!
-
Io
non posso. Devo lucidare le spade. – annunciò Zoro
con uno sbadiglio.
-
Io
devo studiare la rotta. – aggiunse Nami.
-
Io…
ehm… ho promesso agli ottomila uomini del mio esercito che avrei offerto da
bere a tutti. – spiegò Usopp.
-
A ottomila persone? – fece Flea, molto scettica.
-
Per
questo non ho tempo. Devo sbrigarmi a trovare qualche tesoro per avere
abbastanza soldi.
-
Ma insomma, ragazzi, che vi prende? – gridò Sanji – Siete disumani! Robin,
almeno tu!
-
Io
sono un’animalista. – obiettò la donna – Non potrei mai prendere parte a una battaglia del genere. Sarebbe contro
i miei principi.
-
NON
E’ POSSIBILE! FLEA, SAPPI CHE IO SARO’ CON TE FINO ALLA MORTE!
Ma la ragazza non lo ascoltò, assorta
com’era.
-
Ho
capito quello che volete dirmi. Sono sempre la solita fifona, eh? – mormorò a
testa bassa.
Alzò lo sguardo, e stavolta era deciso sul serio. Sorrise ed
esclamò:
-
E
va bene, vuol dire che combatterò io! Ho i poteri, ho
la forza e ho un buon motivo. Non posso perdere, giusto?
-
Ben
detto, signorina! E noi la aiuteremo! – annunciò
Champagne – E raduneremo anche un po’ degli altri
ragazzi! La vecchia ciurma torna in battaglia!
-
E ci sono io! Non ti lascerò mai da sola! Sarò sempre al tuo fianco!
-
Grazie,
Sanji. – disse Flea
– Sei un grande amico!
-
Sì,
certo. Un amico… – mormorò il cuoco,
cercando di trattenere una lacrima.
-
Allora
andiamo!
-
ANDIAMO!
Flea, Sanji,
Champagne, Rum e Gin corsero furiosamente alle botole
e si riversarono fuori. In un paio di secondi il magazzino sotterraneo tornò silenzioso.
-
Di
sicuro non gli manca lo spirito combattivo. – commentò Robin,
serafica come sempre.
-
Se la caveranno. Piuttosto, tu! – Nami puntò il
dito contro Zoro – Mi spieghi
che bisogno c’era di distruggere il Frutto del Diavolo? Avresti potuto fare comunque il tuo discorsetto a Flea. Hai idea di quanto valesse
quell’oggetto?
-
Se
non lo avessi distrutto, Flea avrebbe avuto comunque la tentazione di ridarlo a Whip.
– rispose Zoro – Mi è parsa
la soluzione più logica.
-
LOGICA UN CORNO! E’ logica solo per uno che non sa fare altro che
usare le spade per qualunque cosa!
-
Gnognè vehro. – ribatté Zoro.
Parlava così perché si era appena scoperto un residuo di
cibo incastrato in un molare e stava risolvendo il problema servendosi di una
delle sue katane come stuzzicadenti.
-
Ora
cosa pensate di fare? – chiese Robin.
-
Ma mi pare ovvio! – esclamò Luffy, che già
faceva esercizi di riscaldamento, piegandosi rapidamente sulle gambe – Andiamo a dare una mano! Quel Whip
deve assolutamente restituirci Chopper!
-
Giusto.
Però non dobbiamo farci vedere da Flea.
Li seguiremo a una certa distanza. Saremo i suoi
angeli custodi. Se lei e Sanji si trovassero
in difficoltà, interverremo noi.
-
Eh?
Dici sul serio, Nami? – fece Usopp
– Lo sai, quella che ho detto io non era una scusa…
dovrei davvero andare…
-
Piantala, naso lungo! Sii uomo! – si impose
Zoro.
-
Ma ci sono i leoni! E le tigri! E le pantere! Io sono allergico ai felini, specie se
assetati di sangue!
-
Niente
piagnistei! Vieni anche tu!
Usopp sospirò e scosse la testa.
-
Oh,
beh. – disse – Magari combatterò contro gli animali
più deboli…. Se ci fossero dei conigli…
-
Ci
sono. – confermò Robin – Io e Luffy
li abbiamo visti. Whip li ha
addestrati al combattimento, e adesso potrebbero sgozzarti in un istante, se tu
abbassassi la guardia.
-
Che bella notizia. – commentò Usopp, sull’orlo di
una crisi di pianto.
Insieme, chi più convinto chi meno, i pirati abbandonarono
il magazzino, che restò completamente vuoto.
-
Ecco
a lei, signorina. Il fior fiore della pirateria dei cinque
oceani. La ciurma dei “demoni del mare” al gran completo!
Questi uomini, signorina, sono il meglio del meglio!
La folla di Giardinieri, ex pirati, radunata lì davanti era
un mucchio disordinato di ceffi dall’aria truce. Gin, Champagne e Rum non erano
gli unici ad essere afflitti da delle mutilazioni; in effetti, in mezzo a una cinquantina di persone, era tanto se si riuscivano a
contare sessanta mani. Molte facce erano coperte di cicatrici, alcune
semplicemente di lerciume. Tutti i presenti erano impegnati in attività varie,
che testimoniavano la grande versatilità di quella
gente: alcuni, infatti, stavano scolando rum da una bottiglia, altri si
grattavano, un paio ruttarono. La maggior parte stava semplicemente con lo
sguardo fisso nel vuoto e non molto lucido. Intorno alla folla aleggiava un
forte sentore di alcol.
-
Oh,
bene! Se lo dici tu, Champagne, mi fido. – esclamò Flea, allegramente.
-
Certo,
se lo dice Champagne, fidiamoci. – commentò Sanji,
non senza una punta di sarcasmo.
Si trovavano al primo terrazzo del Giardino, e l’ambiente
era sgombro. Bastava guardare verso l’alto, però, per capire come tutti i
livelli superiori brulicassero letteralmente di
animali ostili. Whip era in cima. Sarebbe stata una lunga salita.
-
Signorina
Flea, i ragazzi ci terrebbero che lei dicesse qualche
parola. – suggerì Champagne – Sa, era una vecchia
usanza. Prima di scendere in battaglia, il capitano dovrebbe fare
un discorso. Per caricare un po’ gli animi.
-
Oh,
va bene, ci provo. Mi inventerò qualcosa.
La ragazza si portò avanti, assunse una posa marziale, gambe
larghe e mani sui fianchi e gridò:
-
PIRATI!
MIEI PRODI! ASCOLTATEMI!
Tutti gli occhi, o le bende che ne facevano le veci, si
voltarono verso di lei.
-
Oggi
stiamo per affrontare una battaglia pericolosa. Molto pericolosa. Sinceramente, è tanto pericolosa che io un po’ di
paura ce l’ho. Voi no? Nel caso, insomma, non c’è da
vergognarsene. E’ normale. I nostri nemici sono le belve più
feroci, potrebbero squartarci, sbranarci, avvelenarci, infilzarci, farci
a pezzetti e divorarci uno per uno. Sono cento volte più di noi, più forti e
probabilmente anche più sobri. Perciò, sinceramente,
vi capirei se aveste paura. Detto fra noi, io ho proprio una fifa boia.
La folla mormorò perplessa. Sanji
si prese la faccia tra le mani.
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Ma noi dobbiamo combattere! – continuò Flea –
Dobbiamo affrontare questo nemico perché ce lo
impongono… beh, l’onore, la libertà, e tutta quella roba lì. Dobbiamo
difendere… i nostri ideali che lui vuole distruggere, ecco!
Nella folla si alzò una mano.
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Sì?
Dì pure.
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Mi
scusi, signorina, di che ideali si tratta? – chiese una voce.
Flea ci pensò un po’ su. Ricostruì
mentalmente l’immagine di Whip, dal cappello di pelo
in testa alle scarpe di cuoio ai piedi, passando per occhiali, mantello e
pantaloni di pelle.
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Il
buon gusto nel vestire, ad esempio! – rispose infine.
La perplessità della folla aumentò.
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E poi non abbiamo bisogno di ragioni per combattere contro questo Whip! Lui è un viceammiraglio della Marina, e noi siamo
pirati! Ci può essere una ragione migliore? E questo trascurando
il fatto che, fino a ieri, io ero convinta che quelli della Marina
fossero i buoni e solo oggi ho scoperto di essere la figlia di un pirata e
quindi in realtà di pirateria non so proprio un tubo.
Gli uomini cominciarono a rumoreggiare. Sanji
faceva gesti disperati a Flea per cercare di farle
capire che la smettesse subito, visto che con ogni parola riusciva a peggiorare
le cose. Di quel passo, sarebbe entrata nel Guinness
dei primati come il capitano che era riuscito a scatenare un ammutinamento nel
minor tempo possibile.
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Ma mi sa che sto parlando a vanvera. – concluse, con una risatina
imbarazzata – Il fatto è che io non ho esperienza di discorsi più di quanta ne abbia di battaglie. E in
questo momento non riesco proprio a parlare perché ho la testa altrove, sono
preoccupata per mio padre. Voglio salvarlo ad ogni costo. E’ anche il vostro
capitano, quindi credo che possiate capirmi. Se ci tenete a lui, allora venite con me a combattere. Tutto
qui.
Il dissenso svanì in un istante. Commossi al ricordo del
proprio capitano, delle belle scorribande, delle belle sbronze, insomma dei bei
tempi trascorsi insieme a lui, i pirati lanciarono un
selvaggio grido di battaglia e levarono le spade al cielo.
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Perfetto,
vedo che avete trovato lo spirito giusto! – disse Flea.
Si chinò a disegnare sul terreno una schematica mappa del
Giardino.
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Ora
elaboriamo una strategia di battaglia…
Alzò gli occhi. I pirati, inclusi Champagne, Gin e Rum, erano tutti spariti. Dal terrazzo seguente venivano già versi animaleschi, suono di spade e qualche
sparo. La ragazza ci restò un po’ male.
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Ma… ma… – balbettò.
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Oh,
non preoccuparti. – fece Sanji,
ultimo rimasto al suo fianco – Va bene così. Loro ci spianeranno un po’
la strada, e noi ci occuperemo di Whip. Che ne dici?
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Oh.
Immagino che possa funzionare.
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Perfetto.
Ora, se dobbiamo combattere fianco a fianco, voglio
conoscere bene le tue capacità. Che cosa sai fare?
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Uhm.
– Flea si poggiò un dito sulla bocca – Allora, la
cosa importante è che devo sempre avere i piedi
piantati nel terreno. Comunque, so creare il legno, e
l’hai visto. So ricoprirmi di corteccia, in pratica mi serve
da corazza. Poi so fare le mele.
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Quelle
direi che non servono un granché, in questa
situazione. A meno di non tirarle in testa al nemico.
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E, ah! Poi so fare questo! Osserva!
Flea infilò i piedi nel terreno e mise
velocemente radici. Poi tese un braccio. Nel palmo cominciò a prendere forma
qualcosa, che divenne rapidamente grande quasi quanto la sua testa.
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Allora,
che ne dici? – chiese infine, soddisfatta.
Nella mano teneva un ananas.
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Mah…
- commentò Sanji, perplesso –
Essendo più pesante, immagino che a tirarlo faccia più male, però…
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No,
no! Guarda qui! – rise Flea.
Portò l’ananas alla bocca, strinse tra i denti una foglia
del ciuffo alla sommità e la strappò, tirando forte. Poi lanciò il frutto in
cielo, verso uno stormo di avvoltoi con occhialini da
aviatore che giravano lì sopra da un po’ di tempo, evidentemente in
ricognizione.
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Tre…
due… uno…
L’ananas deflagrò in un’esplosione gigantesca. Pochi secondi
dopo, una pioggia di piume nerastre ricadde dolcemente su Sanji
e Flea.
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Fantastico!
– esclamò il cuoco – Questo ci sarà di grande aiuto!
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Vero?
Di solito non lo uso, perché nella vita normale non serve a nulla,
ma oggi è diverso.
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Molto
bene!
Sanji sfoderò un sorriso deciso e si accese
una sigaretta. Era il momento di entrare in battaglia, e quindi di dire
qualcosa di incredibilmente figo.
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Adesso
– annunciò – andiamo a trovare il nostro amico Whip e lo facciamo noi un esperimento. Sperimentiamo il
modo di mandarlo su Skypiea senza usare
-
Uh?
E come pensi di farcelo arrivare? – chiese Flea, con ingenua curiosità.
L’altro sospirò. Non gli piaceva spiegare le frasi da duro, ma visto che si trattava di Flea,
avrebbe fatto un’eccezione. Soffiò una boccata di fumo a denti stretti.
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A
calci nel culo. – concluse.
Con questa battuta un po’ grossolana XD
e con la promessa di un sacco di azione si conclude anche
questo capitolo. Come vedete, Flea è sana e salva –
non mi sarei mai permesso di farle accadere qualcosa, o lo spirito di One Piece andava a farsi benedire XD. Grazie a Smemo92, a
Senboo e a tutti gli altri lettori. Ciao, alla
prossima volta!
P.S. X Senboo:
no, il libro che dici tu non lo conosco. Pensavo
piuttosto a un libro della Tamaro che ho letto da
bambino, “Un grande trambusto piratesco” o qualcosa del genere… c’era un’aria
simile, e ho pensato che avrei potuto inconsciamente riprendere un’idea letta
lì. Ormai quel libro non ce l’ho più, quindi non posso
nemmeno controllare.