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Autore: bradbury    28/09/2015    2 recensioni
Dean ha chiesto a Castiel di fargli una promessa: se il Marchio di Caino avesse ricominciato ad esercitare la sua pericolosa influenza sul cacciatore, l'angelo avrebbe dovuto ucciderlo senza esitare. Castiel non ha nessuna intenzione di rispettare il patto ma vuole a tutti i costi aiutarlo. E' convinto sia possibile trovare una cura che possa salvare l'amico, ma quanto è grande il prezzo da pagare affinché Dean possa raggiungere la salvezza?
[Riprende alcuni eventi accaduti nella S10; possibili spoilers] UPDATE: momentaneamente sospesa
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Claire Novak, Dean Winchester, Sam Winchester, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Contesto generale/vago
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****************************** NOTES *****************************
Mi sono appena resa conto di non aver risposto a nessuna delle recensioni che mi avete lasciato. Faccio schifo e non mi merito le belle parole che mi avete scritto, quindi adesso per punizione andrò a sedermi in un angolino e rivedrò in loop la 10x23 (che non smetterò mai di ripeterlo, è stata così brutta ma così brutta che dovrebbero utilizzarla come tecnica di tortura durante le guerre). Ma non è questo il punto. Volevo ringraziarvi per tutte le cose che scrivete sotto ai miei capitoli, mi aiutano davvero molto a livello di autostima e a darmi la giusta carica per continuare a scrivere questa storia che sinceramente ogni tanto mi fa venire voglia di vomitare. Volevo ringraziare anche tutta la gente che l'ha messa fra le seguite, davvero, grazie. Poi volevo ringraziare Obama e i miei genitori che...ok basta. Addio.


 






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5.
 

La testa di Dean sarebbe esplosa. Il cacciatore ne era sicuro. Adesso che si era tranquillizzato e che indossava dei vestiti asciutti, tutta la stanchezza accumulata nelle ultime ore, minacciava di metterlo fuori gioco.
 
“Hai parlato con Sam?” chiese mentre Castiel gli estraeva, con una pinzetta, gli ultimi residui di schegge di vetro conficcate nelle nocche. Erano ritornati nella sua camera, passando inosservati alla presenza di Claire, rintanata chissà dove nel bunker.
 
L’angelo scosse la testa con fare distratto, impegnato a non procuragli troppo dolore a causa della sua inesperienza in campo di medicazione manuale. Aveva la fronte corrugata dalla concentrazione come se si trovasse nel bel mezzo di una rischiosa operazione chirurgica.
 
“Gli dirai quello che ho fatto?” insisté Dean, muovendosi irrequieto sul bordo del letto.
 
“Non ti muovere” lo ammonì Castiel. “Se tu non vuoi che Sam lo sappia, non lo farò. Anche se ritengo sia sbagliato tenerglielo nascosto” aggiunse.
 
“Non voglio che si preoccupi” si affrettò a chiarire, Dean. Ed in parte era vero. Non voleva impensierire ulteriormente il fratello ma allo stesso tempo, non riusciva ad accettare che i ruoli si fossero invertiti e di essere lui quello da dover tenere d’occhio ventiquattro ore su ventiquattro.
 
“Ma lo è già, perciò-”
 
“Perciò niente. Non glielo diremo, okay?”
 
“Come vuoi” si arrese Castiel, troppo impegnato a curarlo per obiettare ulteriormente. 
 
“Bene” asserì il cacciatore, scordandosi di non dover muovere la mano.
 
“Ah!” esclamò, quando l’estremità della pinzetta, anziché afferrare il vetro, strisciò contro la carne viva.
 
“Dean, ti avevo avvertito di stare fermo” mormorò l’amico, usando un velato tono saccente. Dean lo fulminò con gli occhi.
 
“Lo so, lo so” tagliò corto, “tu, piuttosto, datti una mossa.”
 
“Avrei già finito se non mi avessi proibito di guarirti con i miei poteri” ribatté Castiel, assumendo un cipiglio severo.
 
“Cas, ne abbiamo già discusso. Non puoi sprecare energie per una stupida ferita che oltretutto, fra qualche giorno si sarà rimarginata. O devo ricordarti che la grazia che ti tiene ancora in vita, non è la tua e si consuma?” 
 
Spesso poteva sembrare che Dean non fosse interessato ad altro se non al suo mastodontico fratello minore e all’assassinio del cattivo di turno. Tutto il contorno non contava o non era abbastanza rilevante da fargli scollare il culo dalla sedia per lanciarsi nella mischia. Il che in alcune circostanze era vero, ma in realtà nel grande, vecchio, rude, cuore ammaccato di Dean era rimasto abbastanza posto da permettere ad uno stupido angelo del Signore, di entrare e prendervi residenza. Magari, Dean non ci sapeva fare quando di mezzo c’erano da manifestare sentimenti, e tutte quelle altre cazzate da femminuccia come l’amore e…l’amore, ma senz’ombra di dubbio, ci teneva a lui. Castiel era il suo migliore amico, il guardiano e un immenso idiota ad aver preso in considerazione l’idea che Dean non ritenesse importante la sentenza tangibile di morte che rintoccava minacciosa sulla sua vita.
 
Castiel rimase zitto fintanto che terminava la medicazione. Dean lo osservò, provando ad immaginare cosa stesse attraversando la mente di quell’imbranato. A giudicare dall’indelicatezza con la quale gli stava legando la fasciatura, non doveva essere molto contento.
 
“Qual è il problema?” gli chiese cautamente.
 
“Nessuno. La benda dovrebbe reggere, credo di averla stretta abbastanza bene.”
 
Puoi giurarci, pensò Dean, talmente stretta, da bloccargli il flusso circolatorio. Ma non era quello il punto. Fece ricorso a tutta la sua pazienza, prima di dirgli, “Non è questo che intendevo, Cas.”
 
“Non ti seguo” rispose l’angelo alzandosi in piedi e allontanandosi a gettare dei batuffoli di ovatta intrisi di disinfettante e sangue dentro il cestino per le carte, nascosto nell’angolo vicino il comodino. Qualcosa suggerì a Dean che stava solo fingendo di non capire, tanto valeva smetterla di girarci intorno.
 
“Sei incazzato. Perché?”
 
C’era stato un tempo in cui Castiel, nel sentire rivolgersi una domanda simile, si sarebbe dissolto nel nulla. Lo faceva sempre quando voleva evitare un confronto o semplicemente riteneva superfluo fornire delle risposte, mentre adesso che la sua grazia era dispersa chissà dove, il karma stava perfettamente svolgendo il suo lavoro e ora, i suoi piedi erano regolarmente incollati al suolo. Dean godette di tutte le emozioni che si susseguirono sul volto di Castiel mentre decideva quale versione fornirgli. Era straordinario quanto umano sembrasse in quel momento, dando l'impressione di essere fragile e indifeso a causa di quell’umanità assimilata con l'esperienza.
 
Evidentemente, dopo alcuni secondi di valutazione, Castiel doveva aver optato per la verità, perché prima di parlare, inalò una gran quantità d’aria.
 
“Non puoi essere tu a decidere come utilizzare la grazia in mio possesso. Non puoi proibirmi di usarla” esternò, più serio del normale. “E’ mia, Dean e tu non hai alcuna voce in capitolo, devi fartene una ragione.”
 
Doveva trattarsi di uno scherzo. Dean sollevò un sopracciglio.
 
“Sei un figlio di puttana” si lasciò sfuggire, prima di sollevarsi sulle gambe, raggiungendolo.
 
“Quindi, fammi capire, tu puoi struggerti per me notte e giorno, mentre io invece dovrei infischiarmene di te che – tieniti forte – stai morendo. Mi sembra logico.”
 
“Non sto morendo. Non ancora.”
 
“E cosa diavolo ti fa pensare che a me vada bene?”
 
“Non deve andare bene a te, Dean!”
 
Fu come essere presi ripetutamente a calci.
 
La mascella di Dean si contrasse mentre una disarmante ondata di terrore s’insinuò sotto la sua pelle, scavando in profondità. Non c’era alcuna traccia di ilarità nell’angelo, non un fottuto indizio a dimostrazione che fossero solo parole campate in aria, dettate dallo stress guadagnato nelle ultime ore. Ma d’altronde Castiel non era noto per i suoi giri di parole.
 
Dean era incapace di trovare qualcosa di sagace da dire: una battuta per alleggerire la tensione, oppure un commento sarcastico mirato a cambiare argomento su qualcosa che non gli mandasse in tilt i circuiti. Al momento aveva persino scordato come articolare delle semplici sillabe e se ci avesse provato, probabilmente si sarebbe trattato di suoni sconnessi e aggressivi. Voleva disperatamente capire il perché di quel desiderio suicida ma aveva paura della risposta.
 
Un flebile fruscio alle sue spalle, catturò la sua attenzione. Dean non si era accorto di essersi mosso e spostato dall’altra parte della stanza, escludendo Castiel dalla suo campo visivo, così come non si era reso conto di stare stringendo con più forza del necessario la testiera del letto.
 
“Dean…” chiamò Castiel, poggiandogli una mano gentile ma decisa, sulla spalla. Ogni volta nella voce di Castiel, vi era impressa una sfumatura differente, nella quale era racchiuso il suo stato d’animo. A volte era preoccupato, altre arrabbiato o frustrato. Altre ancora pentito, comprensivo o bisognoso di qualcosa che Dean si rifiutava a dargli.
 
Succedeva sempre, tranne questa volta. Quando Castiel aveva detto il suo nome, era stato abbastanza astuto da renderlo inespressivo. C’era qualcosa che gli stava tenendo nascosto.
“Metatron non sembra avere intenzione di restituirmi la grazia” stava dicendo Castiel, “e io non posso uccidere altri angeli e privarli della loro. Durante questa battaglia ne sono morti già troppi ingiustamente. Mi farò bastare quella che ho per aiutarti a trovare una cura, non preoccuparti.”
 
A quel punto, successero due cose contemporaneamente: il Marchio riprese a bruciare e Dean picchiò Castiel tirandogli un pugno dritto sul naso.
 
L’angelo retrocesse di mezzo passo a causa dell’impatto e strabuzzò gli occhi. Dean si ergeva imponente di fronte a lui, il pugno ancora serrato e pulsante, la garza fino a poco prima immacolata adesso era cosparsa da piccole chiazze rossastre.
 
“Tu… tu credi che il motivo per cui io sono preoccupato per te è…” dovette fare ricorso a tutto il suo autocontrollo per non colpirlo di nuovo. “Puoi andartene anche adesso e non tornare. Che stai aspettando, vai!” esclamò, “lasciati morire, torna nel tuo merdoso Paradiso e chiuditi i cancelli alle spalle. Non ho bisogno del tuo aiuto per trovare una maledetta cura, ho già Sam ad occuparsene.”
 
“Mi dispiace, pensavo…non volevo-”
 
“Cas, ti dispiace sempre.”
 
“Cosa vuoi che ti dica?”
 
Il palese smarrimento dipinto negli iridi di Castiel, il solco d’ingenua incomprensione fra le sopracciglia corrugate, lo facevano assomigliare ad un bambino. Dean rise tetramente.
 
“Voglio che tu mi dica, che per una volta penserai al tuo bene e lotterai per sopravvivere” parlò lentamente come se avesse paura di lasciarsi sfuggire qualcosa di troppo.
 
Castiel scosse la testa, spazientito, “ho già pensato al mio bene, Dean…”
 
“Bugiardo. Maledizione, guardati! Sei più debole, accusi i colpi, hai appena rabbrividito perché porti ancora quei tuoi ridicoli vestiti fradici appiccicati addosso. Tieni…” Dean aprì un cassetto ricolmo di vecchie magliette appallottolate. Ne prese una a caso e la lanciò a Castiel, che non l’afferrò intenzionalmente.
 
“Cambiati” ordinò.

“Dean, non ho freddo. Sto bene.”
 
“Già, continua a ripetertelo…” disse il cacciatore mentre si avvicinava. Senza troppi preamboli, gli sfilò il trenchcoat e la giacca con prepotenza, lasciando che si accatastassero malamente sul pavimento. Dean era un fascio di nervi e non stava affatto riflettendo.
 
“Che stai facendo?” chiese Castiel e Dean non sapeva proprio descrivere la sua espressione.
 
Il cuore aveva preso a battergli freneticamente contro la costole, pulsava così intensamente che aguzzando l’udito avrebbe potuto sentirlo chiunque. Merda.
 
“Quello che sembra. Ti sto spogliando, Cas, visto che hai deciso di non collaborare” rispose il cacciatore, con un tono basso e roco, privo di alcuna ironia, col potere di far rizzare i capelli dietro la nuca dell’angelo.
 
Poi arrivò il turno della camicia.
 
Era ancora piuttosto umida, perciò si riusciva a scorgere il profilo dei muscoli attraverso il tessuto. Dean l’afferrò dalle due estremità inferiori e tirò finché non furono saltati tutti i bottoni. Castiel era nudo dalla vita in su.
 
Dean, fece scivolare gli occhi verdi lungo il petto di Castiel e fantasticò su cosa sarebbe successo se avesse lasciato scorrere le sue dita lungo quella pelle pallida e increspata dai brividi di freddo. Riportò lo sguardo sul viso dell'uomo: aveva il respiro accelerato e le guance arrossate. Dean, evitò categoricamente di pensare a quanto lui si sentisse eccitato
 
Non era previsto sentirsi attratto dal suo migliore amico, le intenzioni iniziali erano assolutamente innocue, voleva solo che la piantasse di dire stronzate e si mettesse dei fottuti vestiti asciutti, mentre adesso aspirava a toglierli uno per uno. Controllati, Dean.
I suoi occhi, guizzarono per l'ennesima volta sul corpo esposto di Castiel, fino a soffermarsi sui due solchi tracciati dalle anche che sparivano oltre il margine del pantalone.
 
Dean si leccò impercettibilmente il labbro inferiore. Che diavolo stava succedendo? Non voleva nemmeno immaginare a cosa stesse pensando Castiel in quel momento. Dovevano essere le controindicazioni del Marchio, doveva pur trovare una valvola di sfogo. O forse…
Dean, si chinò davanti all'angelo e lo vide irrigidirsi ed emettere un suono a metà fra un gemito e uno sbuffo. L'uomo sollevò il mento e si trovò faccia a faccia con l'inguine di Castiel. Con uno scatto fulmineo, si rimise dritto, stringendo qualcosa fra le mani.
 
“Fossi in te m’infilerei la maglia” disse, schiarendosi la voce e porgendo l’indumento all’amico che sembrava avere appena avuto un incontro ravvicinato con gli extraterrestri. “Non vorrai sprecare la tua preziosa Grazia per curarti il raffreddore” aggiunse Dean, fingendo disinvoltura mentre abbandonava Castiel nella camera senza prendersi la briga di chiuderla. Andava di fretta. Aveva l'adrenalina a mille e un’erezione che andava immediatamente nascosta.
 
 
***
 

“E’ l’idea peggiore che tu abbia mai avuto” constatò Sam, esausto.
 
Era rientrato da qualche ora, assicurando che non avrebbero avuto problemi futuri con la polizia. Nessuno sospettava minimamente di Dean.
 
“Dobbiamo sfruttare tutte le alternative che abbiamo” spiegò Castiel, pragmatico. Assomigliava molto all'angelo che era stato: distaccato e concentrato nel portare a termine l'obiettivo.
 
“Cas, liberare Metatron e portarlo qui non mi sembra una mossa astuta, anzi, la definirei una stronzata bella e buona” intervenne Dean.
 
Castiel cominciò a camminare avanti e indietro, iniziando a innervosirsi. Aveva trascorso l’intero pomeriggio diviso fra il ripensare allo sguardo lascivo di Dean mentre lo spogliava e lo sfogliare i volumi sugli scaffali impolverati, senza trovare niente che potesse tornare utile. In effetti, non l’aveva mai creduto.
 
Le conoscenze degli Uomini di Lettere non erano illimitate e per quanto vaste fossero, c’erano cose a cui non sarebbero mai stati capaci di dare una risposta in maniera soddisfacente. Il Marchio di Caino, ad esempio, risaliva agli albori della civiltà umana, non c’era da sorprendersi se nei testi moderni a malapena fosse menzionato. Faceva parte di quel gruppo d’informazioni riservate, a cui solo Dio o Lucifero avevano accesso. Al momento, il primo aveva abbandonato la nave e il secondo passava i suoi giorni a marcire chiuso dentro la Gabbia, come era giusto che fosse. 
 
Castiel, ci aveva girato intorno ma in cuor suo aveva sempre saputo che l’unico essere abbastanza importante e potente rimasto in circolazione, era Metatron. Aveva personalmente scritto le tavolette degli angeli e quelle dei demoni, sulle quali vi erano incise la parola di Dio e segreti divini di estrema importanza.
Se c’era qualcuno capace di fornire informazioni sul Marchio, nonostante le tavolette fossero andate distrutte, era proprio lui.
 
“Purtroppo non vedo alternative” disse inflessibile.
 
Lo sguardo di Dean scattò in alto e si serrò col suo. Sai qual è l’alternativa, gli stava suggerendo, ma Castiel lo ignorò rivolgendosi direttamente a Sam.
 
“Preparate tutte le trappole e gli incantesimi a vostra disposizione, una volta portato qui Metatron non dovrà avere modo di scappare.”
 
Sam annuì, era disposto a tutto pur di salvare il fratello, anche mettere da parte i suoi dubbi nei confronti del piano dell’amico. Castiel non aveva nemmeno dovuto provare a convincerlo.
 
“Cas, no” insisté Dean, "è un rischio troppo grande. Non sei in condizio-"
 
"Sarò di ritorno entro domani, per allora assicuratevi di aver tracciato tutti gli incantesimi necessari" disse Castiel, determinato a non ascoltare nemmeno una sillaba di quelle proteste. Doveva guidare fino al luogo di accesso al Paradiso, in cui era collocata la cella di Metatron. Avrebbe tanto voluto che le sue ali fossero ancora integre e al loro posto, per smaterializzarsi e accorciare i tempi ma purtroppo erano rimaste solo due invisibili cicatrici frastagliate sulla schiena. Adesso era costretto a spostarsi in automobile. Senza aggiungere altro, raggiunse la scala che l'avrebbe condotto all'uscita e falcò i gradini a gruppi di due.
 
"Cas!" chiamò Dean, in preda alla frustrazione. Cercò il supporto del fratello ma tutto ciò che ottenne fu una misera scollata di spalle. Dean emise un gemito esasperato.
 
"Aspetta!" esclamò, sfrecciando in mezzo alle scale.
 
Guidato da un impeto d'impulsività, si era lanciato all'inseguimento di Castiel, sperando di riuscire ad acciuffarlo prima che tagliasse la corda. Una vana speranza, a quanto pareva. Una volta oltrepassata la soglia del bunker, Dean vide l’angelo accendere il motore di quel catorcio che continuava a definire auto e sgommare in avanti, senza nemmeno dargli l’occasione di persuaderlo a restare per trovare un’altra soluzione più sensata e meno suicida.
 
"Maledetto idiota" sbraitò Dean passandosi rapidamente entrambe le mani fra i capelli e tirandoli all’indietro mentre la macchina lo superava, sollevando una scia di polvere. "Castiel, torna qui, ti stai comportando da stronzo!" urlò il cacciatore, pur sapendo di star sprecando fiato. Non era stupido, fra le varie, Castiel lo stava evitando per colpa del disastroso assalto di quella mattina, se n’era accorto. Dean, doveva riconoscere quanto fosse stato estremamente imbarazzante, perciò non rimproverava l'amico se per un po' avesse deciso di mantenere un certo distacco.
 
Ciò per cui gli avrebbe volentieri spaccato la faccia, invece, era quell’atteggiamento strafottente del quale si stava servendo per prendere decisioni che non spettavano interamente a lui.
 
Ma ormai il danno era stato fatto e al maggiore dei Winchester non rimaneva che rientrare e aiutare Sam a piazzare trappole in ogni fessura di quel bunker. Il posto poteva anche essere stato costruito con l’intento d’impedire al soprannaturale di entrare, ma era pur sempre di Metatron che stavano parlando, non si era mai troppo prudenti quando c’era lui di mezzo.
 
Dean era a un passo dall’afferrare la maniglia della porta quando si bloccò.
 
"Dean…"
 
L'uomo sussultò e spalancò gli occhi, sinceramente spiazzato. Castiel era a qualche metro di distanza da lui, aveva abbandonato l’auto in fondo alla strada con la portiera aperta e il motore acceso e adesso lo stava raggiungendo a piedi.
"Non era mai successo" mormorò il cacciatore. Sembrava una riflessione a voce alta, piuttosto che un'effettiva constatazione dei fatti.
 
"Che cosa?" chiese Castiel, fermandosi esattamente di fronte a lui, sforzandosi di arrivarci da solo.
 
Si era rimesso la sua divisa da impiegato modello e l'impermeabile. I bottoni della camicia erano stati malamente ricuciti al loro posto da Castiel, anche se ne mancava uno all’appello che così facendo esponeva una porzione piuttosto generosa di collo e clavicole.
 
A Dean tornò in mente la visone dell’angelo con indosso la sua maglietta, chino su un libro intento a documentarsi, e a come lui fosse stato tentato di prendere i vestiti che stavano asciugando e dargli fuoco, perché insomma, Castiel aveva del potenziale che andava esaltato non coperto da tre strati di tessuto.
 
"Di solito non torni indietro quando te lo chiedo" spiegò Dean focalizzandosi sul presente e scacciando quei pensieri, mentre un piccolissimo sorrisetto compiaciuto gli increspava le labbra.
 
"Di solito non mi chiami con il mio nome intero. Non mi piace." replicò l'angelo, "Perché l'hai fatto?"
 
"E sei tornato indietro per chiedermi questo?" se Dean non si fosse sentito troppo depresso per scoppiare a ridere, a quell'ora si starebbe già sbellicando. Accidenti, se avesse saputo bastasse così poco per riportarlo indietro, avrebbe cominciato ad abituarsi a chiamarlo per intero.
 
"Si." risposte Castiel. Dean non voleva esagerare ma dava l'impressione di essere sulle spine.
 
"Ero…sono arrabbiato. Con te. Perché ti stai comportando come un fottuto bambino” gli disse brusco. 
 
Castiel corrugò la fronte e contrasse le labbra, non aveva mai gradito quel paragone. Dean lo sapeva, perciò si prendeva il disturbo di dargli quell’appellativo solo quando l’angelo lo faceva davvero esasperare.
 
“Ti sbagli. Ma non mi aspetto che tu comprenda.” replicò Castiel scrollando le spalle, prima di allontanarsi.
 
"Ehi, ehi, non scappare di nuovo." Dean si precipitò ad afferrargli un braccio per trattenerlo, "devi ascoltare quello che ho da dire."
 
"So già quello che vuoi dirmi. Non ti fa impazzire l'idea di rivolgerci a Metratron" usò un tono petulante che inasprì il cacciatore.
 
"Puoi biasimarmi? Cas, ogni volta che ci siamo affidati all'aiuto di qualcuno di cui generalmente non ci fidiamo, non è mai andata a finire bene" gli ricordò Dean.
 
"Non dobbiamo fidarci di Metatron. Lo tortureremo finché non ci dirà come toglierti il Marchio…"
"E dove ha messo la tua Grazia" intervenne Dean, "non sono l'unico che ha bisogno d'aiuto, qui" sottolineò.
 
"No, ma resti comunque la priorità."
 
Dean prese aria per contestare ma Castiel continuò il discorso. "Quando ci avrà dato tutte le informazioni, lo uccideremo."
 
"Sai bene che il bastardo è astuto. S'inventerà qualcosa per prenderci per il culo e una volta morto rimarremo con un pugno di mosche in mano. Non possiamo permettercelo, Cas."
 
"Non succederà, so quello che faccio." disse Castiel sottraendosi alla presa delle dita di Dean attorno al proprio avanbraccio. A quel punto, Dean esplose.
 
"Certo, come lo sapevi quando mi hai mentito alleandoti con Crowley, o sei rimasto in Purgatorio o hai liberato i fottuti Leviatani del cazzo" Dean fece una pausa, scacciando via il ricordo di quel periodo doloroso. Prese un respiro e proseguì. "Poi c'è stata quella volta in cui Naomi controllava la tua mente come se fossi un burattino. Oppure quando eri convinto che Metatron volesse ricostruire il Paradiso e l’unica cosa che hai ottenuto è stato farti fottere la grazia e vedere i tuoi stupidi fratelli precipitare dal cielo." Il viso di Castiel si contrasse in una smorfia addolorata ma non si scompose. 
 
Faceva schifo rinfacciargli quelle cose quando ormai l’aveva perdonato. Stava solo provando nel peggiore dei modi possibili a farlo restare.
 
"E’ normale che tu abbia delle riserve sulle mie capacità di giudizio ma questa volta è diverso" disse Castiel, fissandolo negli occhi. Il blu sembrava quasi nero al buio della notte, eppure era straordinario quanto acceso sembrasse mentre parlava.
 
"Questa volta devo proteggere te."
   
 
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