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Autore: LunaMoony92    28/09/2015    2 recensioni
Angela viene invitata dal suo migliore amico ad assistere alle prove del Coriolanus al National Theatre, così da coronare uno dei suoi sogni. E' seduta da sola a godersi le prove, quando le luci calano e uno sconosciuto decide di sedersi accanto a lei. Tra un biscotto e un altro, Angela si ritrova a raccontare al suo vicino la sua storia, di come sia scappata da casa e di come si senta ancora estranea in questa città. All'improvviso la sala viene di nuovo illuminata e finalmente Angela scopre l'identità del ragazzo.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quante volte ho sentito dire: “Il cuore mi sta uscendo dal petto dall’emozione” e ho storto il naso. La gente esagera sempre quando si tratta di raccontare episodi del proprio passato, pensavo. Lo dicono solo per farsi notare, pensavo.
Pensavo, appunto.
 Fino a quando non ho provato per la prima volta questa emozione, fino a quando Tom non ha preso la mia mano tra la sua e l’ha stretta dicendomi : ”Allora andiamo”.
Per lui, magari, sarà stato un semplice gesto automatico, un modo per indicarmi la strada da seguire e permettermi di andargli dietro.
Per me è stato come fare andata e ritorno dalla Luna, in due secondi.
Ho il cuore in gola e credo di essere diventata rigida come uno stoccafisso, ma mi impongo di fingermi calma e serena, probabilmente con risultati pessimi.
Vorrei dire qualcosa, per  alleviare la tensione, ma le parole proprio non mi vengono.
Non voglio iniziare a balbettare qualcosa senza senso, forse questo mutismo temporaneo è provvidenziale.
Siamo usciti fuori dal teatro e abbiamo preso la metro. Saliti sul convoglio, Tom ha lasciato la mia mano, come a dire: “Ecco, siamo arrivati”.
Non so dove stiamo andando, vorrei tanto  chiederglielo ma non oso farlo. Sto evitando il suo sguardo, me ne rendo conto, ma ho un po’ paura di cosa potrei leggerci dentro. Chissà cosa sta pensando di me. Un automa senza l’suo della parola, ecco cosa gli devo sembrare. Chiudo gli occhi e faccio un respiro profondo. Come ho già detto, non sono brava a sopportare la tensione. Mi faccio coraggio, ma proprio quando mi decido ad aprire bocca, il suo telefono squilla.
Segni dal Cielo, forse?
Tom guarda lo schermo del suo Iphone e fa una smorfia, forse non è una telefonata gradita.
Mentre lui sta parlando al telefono, mi soffermo ad osservarlo meglio. Anche da seduto, è così alto.
Accanto a lui devo sembrare davvero uno scricciolo. Sono “alta” solo 1,52 m…  In pratica, gli arrivo all’altezza del petto.
I suoi capelli, dopo la drastica colorazione in nero per interpretare Loki, sono tornati dorati e formano dei piccoli riccioli vicino alle orecchie. Le sue labbra sono ferme in una linea dritta, severa. Probabilmente cattive notizie. Mi dispiace un po’, è così bello quando sorride. Ai lati dei suoi occhi compaiono queste piccole rughette e il suo naso si arriccia un po’. Mi fa tenerezza.
Sono ancora così, a guardarlo con gli occhi sognanti, che una vampata di calore improvviso mi avvisa che probabilmente sono diventata color ciliegia. Mi sta guardando. E’ straordinario come il corpo colga i segnali ancora prima del cervello ed è straordinario anche come il cervello non collabori completamente nella creazione di un diversivo per  distrarlo dalla faccia da pesce lesso che si è ritrovato a guardare.
Grazie al cielo, lo sguardo dura solo pochi secondi, poi si volta a chiudere la telefonata. Io ho il tempo di tornare a respirare e cercare di mantenermi lucida.
 
 
 
“Scusami per la telefonata. Non avrei voluto rispondere, ma era lavoro, quindi…”
“Figurati, non ti preoccupare. Davvero, non c’è problema. E’ normale che devi rispondere, ma ti pare?”
Ok, forse avrei potuto fermarmi dieci parole fa, ma lo sproloquio è una delle tecniche che utilizzo quando sono nel panico, come adesso. E’ come se mi stessi scavando la fossa da sola.
Se ci fosse Giovanni qui, non la smetterebbe di prendermi in giro. Non sono certo una persona a cui, almeno nella sua lingua madre, mancano spesso le parole.
Ricordo che, durante gli anni al liceo come compagni di banco, le professoresse tentavano in ogni modo di dividermi da lui, perché non la smettevo di parlare. Vincevano facile, perché non avevo confidenza praticamente con nessun altro in classe,dunque, quando riuscivano a cambiarci di posto, mi rifacevo nel pomeriggio, con buona pace del mio povero amico.
Forse dovrei mandargli un messaggio, ho davvero bisogno di una sua battuta sarcastica che mi faccia rilassare un po’.
Tom si passa la mano tra i capelli, sembra nervoso. Lo noto dalla tensione del suo collo, la posizione che hanno assunto le sue spalle, deve essere successo qualcosa. Non sopporto più di stare zitta, così, al diavolo le brutte figure, mi arrischio ad aprire finalmente bocca.
“E’ successo qualcosa? Sembri nervoso.”
“No, è solo che… Questa telefonata mi ha infastidito. Quando finalmente ho un ò di tempo libero, ricevo queste notizie e i miei piani vengono scombinati. Mi dispiace tediarti con questi discorsi, scusami ancora.”
Posso dire con certezza che Tom Hiddleston non è certo uno che lesina scuse. Mi fa tenerezza, sta cercando un modo carino per dirmi che deve andare via, ma gli dispiace troppo farlo, così lo anticipo io, facendogli un favore. Dopotutto, è così gentile che se lo merita davvero.
“Non preoccuparti, lo capisco se devi andare via. Dopotutto, non dovevamo fare niente di importante. Via tranquillo.” gli dico, sforzandomi di sorridere.
Mi sforzo si, perché anche se continuo a ripetermi che già aver avuto la possibilità di parlare con lui, tenergli la mano e vederlo recitare è stata un’opportunità grandiosa, un po’ mi dispiace che il nostro tempo insieme debba finire qui.
Tom fa un mezzo sorriso enigmatico, un misto tra "che gentile questa ragazza” e “ non hai capito proprio un cavolo” e io non so che pensare.
Ho sbagliato? Ho indovinato? Di base sono una persona che si fa mille problemi con la gente che non conosco, (difatti tendo ad evitare di conoscerla, quando posso, tranne casi rari come questo) ma questa  mio Dio, è l’uscita più stressante della mia vita.
“Ho un incontro improvviso con il mio publicist. Solo lui riesce a farmi innervosire così. Gli avevo detto che non volevo essere disturbato e lui…” Tom chiude gli occhi, come per cercare di ritrovare la calma. Poi continua: “Se vuoi… Puoi venire con me. Non dovrei metterci molto.”
Credo che i miei occhi si siano talmente sgranati da rischiare la fuoriuscita della pupilla. Tom non manca di notarlo e aggiunge: “Se vuoi, senza nessun impegno. Solo pensavo, così avremmo potuto continuare la nostra discussione.  Avevo proprio voglia di raccontarti la mia storia.”
Aveva proprio voglia di raccontarmi la sua storia? A me? Spacciatrice di biscotti/libraia con i capelli orrendi/ aspirante scrittrice? Credo di non aver immaginato una situazione più surreale neanche nelle stesure più fantasy che io abbia mai provato a scrivere. Il problema è che mentre mi dice questo, sembra così sincero, così vero.
O Dio, non lo so.
Wistrid probabilmente mi ucciderebbe se mai io dovessi dire di no, la stessa cosa Giovanni. Non posso deluderli… (che bel modo di autoconvincersi)
“Ok..” dico, quasi sussurrando. “Credo che vada bene per me, cioè si. Verrò con te.”
“Benissimo, almeno ci sarai tu a fermarmi dall’uccidere Luke.”
 
 
 
Credo sia arrivata la nostra fermata, perché Tom si alza e mi porge la mano per invitarmi  a fare lo stesso. Probabilmente non scoprirò mai la destinazione iniziale che aveva in mente, mi riservo di chiederlo in un momento di particolare coraggio, se mai ne avrò uno.
Ci troviamo dalle parti del Battersea Park, fuori ha iniziato a piovigginare e io, come al solito, ho dimenticato l’ombrello a casa. Una delle cose a cui è più difficile abituarmi da quando mi sono trasferita,  è proprio l’estrema mutevolezza meteorologica. Probabilmente non mi ci abituerò mai.
Percorriamo due isolati a piedi, poi arriviamo di fronte ad un palazzo molto moderno rispetto a tutti gli altri del quartiere, l’etichetta sul campanello recita “Prosper Pr London.” Siamo arrivati.
Tom suona il campanello due volte prima che qualcuno ci apra il portone. Non so cosa farò una volta entrata dentro, credo mi accuccerò in un angolo, fingendo di non esistere.
Appena arriviamo nella sala d’aspetto, mi rendo conto di quanto questo mi risulterà difficile. Nella stanza ci sono un sacco di persone. La metà di queste è costituita da ragazze con tubini neri, tacco 12, perfettamente truccate, in fondo ci sono anche numerosi uomini in completo elegante. E io per una volta vorrei aver ascoltato Giovanni, le innumerevoli volte in cui mi ha detto: “Comprati un cazzo di vestito, qualche volta. Potrebbe servirti”
Mi servirebbe proprio adesso quel cazzo di vestito, ma ormai non c’è niente che io possa fare.
Non passa neanche qualche secondo dalla nostra entrata, che tutti iniziano a riconoscere Tom.
“Come va, signor Hiddleston?” subito chiede una delle ragazze con il tubino.
“Bene, grazie Natalie. Luke è già qui?” chiede lui, con una nota di urgenza nella sua voce.
“Si, certo. La sta già aspettando nel suo ufficio.” risponde questa Natalie, con la voce tutta latte e miele.
Mi da la nausea, spero solo non trasparisca troppo dai miei occhi. Purtroppo sono una frana a nascondere ciò che provo.
Tom mi guarda per un secondo, poi distoglie lo sguardo.
Con passo deciso, inizia ad avviarsi verso l’ufficio di Luke, probabilmente dimenticandosi di me. Io non so che fare, così guardo  destra e a sinistra, alla ricerca di una sedia libera. Sto iniziando a non sopportare più gli sguardi dei presenti in sala che vorrebbero essere discreti, ma per me sono decisamente insistenti. Tom si ferma e si volta indietro, la sua faccia è piena di sorpresa.
“Angel, non vieni?” mi dice infatti.
Che faccio, non vado?
Le signorine con il tubino hanno ripreso a fare il loro lavoro, qualunque esso sia e gli uomini in completo continuano a parlottare tra loro, ogni tanto gettando un’occhiata nella mia direzione.
Vado, sì. Decisamente vado.
Lo sguardo inquisitore di una sola persona è sempre meglio di questo covo di pettegoli.
Mi affretto a raggiungere Tom e insieme varchiamo la soglia dell’ufficio di Luke. E’ una stanza ampia quasi quanto la sala d’aspetto, ma libera da tutta la confusione di quella, sembra  grande almeno quanto il mio monolocale. Si guadagna bene a fare il manager, ho sbagliato carriera.
“Luke…” dice Tom, e nel contempo sposta la sedia così che io mi possa sedere. Il publicist è di spalle, credo  si stia versando un drink.
“Tom, grazie al cielo sei qui. Mi dispiace per il poco preavviso, ma è una notizia….”
Le parole di Luke muoiono sulle sue labbra, non appena si gira verso di noi. Dire che la sorpresa nei suoi occhi è evidente sarebbe un eufemismo.
“E lei chi..”
Tom lo blocca con una mano e mi presenta.
“Lei è Angel, una mia amica.” sembra che i due stiano cercando di incenerirsi a vicenda con lo sguardo. Io mi sento morire, non sarei mai dovuta venire qui. Mai e poi mai.
“Puoi parlare di fronte a lei tranquillamente.”
Luke è visibilmente irritato, ma prova comunque a mascherarlo.
“Una tua amica? Ok. Non voglio sapere. Se garantisci per lei…”
Tom non gli da neanche il tempo di finire la frase.
“Ovvio che garantisco. Dimmi che succede, così posso andare via.”
Vogliosparirevogliosparirevogliosparire.
Luke incassa il colpo e continua.
“Ok. Hai ricevuto un’offerta molto interessante, Tom. Hai un po’ di tempo per pensarci. Diciamo che ti impegnerà qualche giorno a inizio Ottobre e qualcuno a Novembre. Da Febbraio inizieranno le riprese. ”
Tom si agita un po’ sulla sedia, di sicuro c’è qualcosa che non va. Io cerco di mantenere lo sguardo basso, evitando di incrociare sia il suo, che quello di Luke.
“So che a Dicembre inizierai con il Coriolanus, ma è un’occasione da non perdere. Puoi certo perdere due giorni di prove per andare a Toronto, di tanto in tanto.”
“Non mi hai ancora detto di cosa si tratta e già stai prenotando il mio volo? Sai quanto ci tengo al Coriolanus, non manderò tutto all’aria per una stupidaggine.”
“Si tratta di Guillermo del Toro. Ti vuole per il suo nuovo film. Crimson Peak. La Chastain e la Wasikowska sono già dentro. Sta cercando il protagonista maschile e vuole te.”
Credo mi sia scappato un urletto, anche se ho cercato di coprirmi la bocca con entrambe le mani.
Tom sembra sorpreso quanto e più di me. Mi guarda per un attimo e sorride, devo avere messo su una faccia assurda.
“Allora, che ne pensi? E’ abbastanza buono per te?” lo incalza Luke, ormai sa di averlo convinto.
Poi succede una cosa che mai mi sarei aspettata.
“Tu che ne pensi, Angel?”
“Io? Che ne penso?” Brutto cervello idiota, smettila di farmi  ripetere le stesse cose che detto lui. Mannaggia te!
“Si, credi sia una buona occasione?” La faccia di Luke in questo momento è tutta un programma, non credo sia abituato a vedere queste scene nel suo ufficio. Probabilmente Tom dovrebbe chiedere a lui se è una buona opportunità, non certo a me.
“Beh, io credo di si. Cioè, Guillermo del Toro è un ottimo regista…” cerco di dire.
Cervello, perché mi vengono in mente solo “Kung Fu Panda” e “Il Gatto con gli stivali” come film che ha diretto?
Poi credo tu debba innanzitutto leggere il copione e soprattutto chiedere a Luke. Io non sono certo la persona più preparata sull’argomento.”
Luke mi guarda per la prima volta negli occhi e colgo nei suoi un lampo di gratitudine. Forse adesso mi odia un po’ di meno. Una piccola conquista, visto il pessimo inizio.
 
 
 
Tom e Luke si scambiano un lungo e silenzioso sguardo, che nessuno dei due sembra voler interrompere. Luke è il primo a cedere.
“Allora? Vuoi dirmi qualcosa? Mi stai facendo diventare matto! Capisco che ti ho fatto incazzare perché avevi un appuntamento, ma parla, dimmi qualcosa!”
Un appuntamento? Cioè, Tom l’ha detto al suo publicist? Non so più nemmeno che faccia fare, che cosa pensare, sono  sconvolta.
Tom inizia a sghignazzare.
“Ok, ok. Te l’ho fatta pagare abbastanza” dice fra le risate. “Fammi avere il copione, gli darò un’occhiata e poi decideremo insieme. Ok?”
“Oh, finalmente.” sospira Luke. “Ti mando il copione per e-mail, non ti trattengo oltre. Esci da qui  e continua in pace il tuo appuntamento.
Simpatico il fatto che parli di me come se non fossi nella stanza, ma è carino da parte sua il fatto che si preoccupi che io non gli svenga nell’ufficio.
Si alzano insieme e di scatto mi alzo anche io.
“Non chiamarmi prima di domani mattina. Sei avvisato.” gli dice Tom, strizzandogli l’occhio.
 
 
Tom è già uscito e io sono quasi arrivata davanti alla porta, quando Luke mi raggiunge.
“Mi dispiace per prima, Angel. Mi ha colto alla sprovvista, non sapevo avrebbe portato qualcuno, non l’ha mai fatto. E’ solo che sono notizie riservate, non deve uscire niente da questa stanza. Scusami se ho fatto un po’ lo stronzo.”
“Non preoccuparti, è del tutto comprensibile. Non ho intenzione di parlarne con nessuno, tranquillo. Mi chiamo Angela, comunque. Tom continua a chiamarmi Angel…”  “Forse non dovrei lasciarglielo fare”  aggiungo poi, nella mia mente.
“Ok, Angela. Amici?” mi dice porgendomi la mano.
“Amici” rispondo io, stringendo la sua. Luke mi tira leggermente verso di se e mi dice all’orecchio: “Credo tu gli piaccia.”
Io resto di sasso ed esco dalla stanza il più velocemente possibile. Tom è così vicino alla porta che finisco per sbattergli contro, per la seconda volta in un giorno. Spero solo non abbia sentito quello che ha detto Luke.
“Siamo finalmente liberi,  che ne dici di mangiare qualcosa?” mi dice Tom, sorridendo del mio imbarazzo dopo lo scontro.
Annuisco e abbasso lo sguardo, ho bisogno di aria.
Una tizia con il tubino ci insegue per aprirci la porta. Credo sia la Natalie di prima.
“Arrivederci, signor Hiddleston.” dice poi con la sua vocetta stridula.
Si, è lei. Lui si limita a fare un cenno con la mano, decisamente strano per uno per cui ringraziamenti, saluti e scuse non sono mai abbastanza.
Credo abbia visto la sorpresa nei miei occhi, perché mi dice: “Non credo ti stia tanto simpatica Natalie. Era scritto nei tuoi occhi, prima.”
Si, questo è decisamente l’appuntamento emotivamente più impegnativo che io abbia mai avuto.
  
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