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Autore: skippingstone    29/09/2015    1 recensioni
La ragazza si alzò e ritornò a mettere in ordine le varie cose che le sembravano avere un posto sbagliato. Avrebbe voluto ordinare anche la mente di quel ragazzo che le sembrava così spaesato, indifeso ma, al tempo stesso, forte e coraggioso. Infatti, se la sua debolezza era il lasciare fuori tutti, la sua forza era il riuscire a rialzarsi da solo.
«E non ti preoccupare, io già mi sono guadagnata un posto nel tuo mondo.»
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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4. Che gusto c’è ad evitarsi? - gusto

Solo.
Anche se stavano camminando uno accanto all'altro, lui sentiva di essere solo. Camminava ma c'era un fantasma che lo stava portando a casa. Cosa pensava? Cosa la stava tormentando?
Silenzio.
Non il silenzio visivo che era abituato a "vedere", questa volta il silenzio che aveva era quello delle parole e non lo preferiva affatto. La musica era scomparsa, l'orchestra andata via. Mancava un dialogo, le loro battute, i loro discorsi e lui provava, stranamente, già la mancanza delle sue labbra. Al minimo tocco lui aveva sentito quelle labbra soffici, piene, allettanti.
Senso.
Iniziava a capire, comunque, che quel bacio non aveva senso perché, con quel minimo gesto, aveva distrutto l'unica persona con cui riusciva a sentirsi vivo.
Controsenso.
Era un controsenso che due persone provassero gli stessi sentimenti ma che i loro pensieri fossero tormentati dal loro essere. Lei che pensava di non poter stare con lui perché era un suo paziente. Lui che pensava di non essere amato perché cieco. Restava, dunque, il silenzio: troppo assordante per due anime che facevano finta di non volersi.

Quella mattina era frastornato. Dovevano essere gli effetti della sbronza che si facevano sentire più forti che mai. Era sul lettino e cercava di perdere il tempo tamburellando le dita sulla plastica ma, ovviamente, il fatto di tamburellare con le dita, non aiutava molto, neanche per il suo mal di testa.
«Credo tu debba smetterla di tormentare quel materassino.»
Bloccò all'istante tutti i movimenti e mosse di scatto l'orecchio verso la voce che gli parlava. Sara era lì.
«Non lo tormento più, ormai. È mio amico: il migliore.»
«Pensavo di essere io la migliore.»
Sara si morse la lingua. Era abituata a lanciare frecciatine, a non prendere tutto sul serio, a rendere la vita un gioco e quella sala era, infatti, un perfetto cubo in cui il suo carattere veniva, più volte, scoperto e riscoperto. Dimenticava, perciò, di dover evitare di essere un po' più sé stessa e diventare più dottoressa… soprattutto adesso.
«Davvero? Un po' presuntuosa la ragazza...»
Ovviamente lui cercò di non farle sentire il peso di quel famoso bacio, il bacio che aveva svegliato il cuore dei due ragazzi tormentati dai pensieri.
«Io sono presuntuosa ma tu resti il solito stronzo cieco.»
Flavio abbassò il capo e i suoi pensieri furono mangiati da quell'ultima parola uscita dalla bocca della ragazza che occupava uno spazio particolare nella sua vita. Cieco. Lui era davvero cieco e ritornò a pensare a quel non-noi.
«Preferisco essere più stronzo che cieco.»
«Se non fossi cieco, saresti un semplice stronzo.»
Per un attimo l'aveva dimenticato questo aspetto di lei che l'attirava da pazzi: lei non era la semplice ragazza stereotipata. Dava risposte strane, diverse e quest'ultima era, sicuramente, una delle più contorte che gli aveva mai dato.
«Beh, tutti amano gli stronzi semplici, non quelli difficili da interpretare.»
«Piacere, sono Sara... non tutti. Mi piace interpretare gli stronzi difficili.»
«Allora perché non mi vuoi?»
 
 
  
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