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Autore: skippingstone    11/09/2015    1 recensioni
La ragazza si alzò e ritornò a mettere in ordine le varie cose che le sembravano avere un posto sbagliato. Avrebbe voluto ordinare anche la mente di quel ragazzo che le sembrava così spaesato, indifeso ma, al tempo stesso, forte e coraggioso. Infatti, se la sua debolezza era il lasciare fuori tutti, la sua forza era il riuscire a rialzarsi da solo.
«E non ti preoccupare, io già mi sono guadagnata un posto nel tuo mondo.»
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3. Siamo noi la musica - udito

«Non ci credo.»
Sara versava della vodka nei due bicchieri di plastica da caffè. Tutti e due risero.
«Lo prometto.»
Lei usò la sua mano per nascondere le labbra che erano larghe a causa della risata che non riusciva proprio a contenere. La stessa cosa stava facendo Flavio. Lui, ormai, aveva perso il conto di quanti bicchieri avesse bevuto, aveva anche dimenticato il nome dell'alcool che stava bevendo. Se avesse avuto la vista, avrebbe letto l'etichetta ma lo divertiva il fatto che non potesse scoprire cosa stesse bevendo: era qualcosa che rendeva misterioso quell'incontro notturno. Sara e Flavio, infatti, erano rimasti soli al parco. Era tarda notte, lei lo aveva ripetuto più volte ma, per lui, non cambiava niente. Non importava se c'era il sole o se c'era la luna, poteva anche diluviare ma lei era con lui e questo bastava.
Flavio tornò a parlare dell'avventura che li faceva così tanto ridere.
«Non capivo che stavo parlando con un cane al posto di mio zio. Sentivo una strana puzza, ma pensavo fosse l'alito puzzolente.»
Lei assunse un’espressione schifata, stava pensando al cane che respirava affannosamente accanto a Flavio.
«Bleah! Che schifo! Immagina se lo avessi baciato.»
Flavio sputò dalla bocca quel poco di alcool che aveva iniziato a bere qualche attimo prima.
«Che schifo!»
Ormai si erano lasciati andare all'alcool e nessuno più li avrebbe fermati. Flavio alzò il capo e, assorto dalla notte, iniziò a immaginare una luna piena, un cielo stellato.
«Sono le due, lo sai Flavio? Dovrei accompagnarti.»
Quando sentì quelle parole iniziò a sentirsi meno uomo. Non erano le donne che accompagnavano gli uomini, non erano le donne che facevano la prima mossa. Quelle piccole cose le facevano gli uomini. Gli uomini portavano le ragazze a casa, gli uomini si preoccupavano per loro. Lui non poteva ma, quella sera, cercò di essere un Flavio spensierato.
Era da tempo che non restava fuori così tardi: i suoi amici erano scomparsi da quando aveva perso la vista, le ragazze erano diventate dei puntini neri nel suo nero immenso. Nessuno aveva voglia di prendersi cura dell'anima di un cieco. Sara, però, stava aiutando quell'anima.
«Potremmo restare qua quanto vogliamo. Sara, comandiamo noi e voglio ballare, con te.»
«Ma non c'è musica.»
Una qualsiasi persona avrebbe detto che non si poteva ballare perché lui era cieco. Lei no, Sara non poteva ballare perché non c'era musica.
«Siamo noi la musica.» - lentamente si alzò da terra e cercò di porgerle la mano come per invitarla a ballare. - «Cosa c'è? Devo chiedere ad un cane di ballare con me? Sei alle mie spalle, vero? Invece di porgerti la mano, ti sto porgendo il sedere?»
Lei rise e, come per fargli capire che aveva scelto il lato giusto, strinse la sua mano. Fece forza da terra e si alzò. I loro corpi si avvicinarono e Flavio lasciò andarsi a quel profumo che lo catturava ogni volta che erano vicini. Iniziò a fare passi incerti, aveva paura di calpestarle i piedi ma a lei non interessava. Se lui era sorpreso che lei lo trattasse come un uomo, lei era sorpresa dal fatto che lui fosse così pieno di vita.
«Balli bene.»
Gli sussurrò quelle parole per cercare di non distruggere la magia che stava iniziando a crearsi. Anche se non poteva vedere, lei sapeva che lui l'avvertiva quell’atmosfera. Lei si strinse di più a lui e cercò di sincronizzare il respiro al suo: cercava di creare una sola anima con due corpi diversamente instabili.
«Hai voglia di scherzare con me? Non si scherza con i ciechi.»
Lei sorrise. Continuava a seguire i passi da ballerino inesperto del ragazzo ma che lasciava andarsi alla musica.
Le loro guance si sfiorarono, i loro corpi continuavano ad essere vicinissimi e le loro mani strette per non lasciarsi mai andare. Lentamente si avvicinarono anche le labbra senza, però, toccarsi.
«La senti la musica?»
«No...»
Le loro voci appena accennate cercavano di non sovrastare la musica che Flavio sentiva.
«Chiudi gli occhi.»
Sara obbedì ai comandi del ragazzo. Un ragazzo che, dopo tanto tempo, la faceva sentire viva.
«Io e te, siamo soli. Luci soffuse e accanto a noi il mare. Stasera il mare è silenzioso ma l'orchestra suona una canzone per te.»
«Solo per me?»
«Si, te la dedico io.»
«Flavio, la sento. Stanno suonando La vie en rose.»
Questa volta, però, le labbra si stavano toccando per baciarsi. Un bacio intenso, forte, un bacio sentito e nessuno dei due voleva spezzare quel legame: stavano bene così. Ora erano davvero un'anima in due corpi ma Sara divise quel contatto indietreggiando.
«Non posso.»
Lasciò le sue mani e, senza avvertirlo, abbandonò Flavio da solo. Iniziò a camminare per trovare l'uscita del parco. Risultava difficile dover dividere un parco così grande che ormai appariva piccolo per loro due. Nella sua testa iniziava a rimproverarsi.
«Come? Come ho potuto?»
Si strofinava i capelli per cercare di far andar via i pensieri, guardava a destra e a sinistra, camminava da un lato e poi si spostava ad un altro. Non riusciva a trovare pace, così anche i suoi pensieri.
«Baciarlo? Cosa mi è passato per la testa? Lui è un paziente, io una dottoressa. È tutto sbagliato. Non doveva andare così.»
Strinse la mano in un pugno e lo morse. Lo stava maledicendo, era la sua prima esperienza lavorativa e non poteva rovinare il proprio futuro per un ragazzo.
«Cavolo, Flavio!»
Ricordò che non si lascia un uomo non vedente in un parco, solo, alle due di notte.
Tornò allora indietro, lo vide parlare da solo.
«Adesso parli anche da solo?»
«No, parlavo con te...»
«Ah... ok!»
Anche se non aveva sentito le parole precedenti, Sara sapeva che ce ne sarebbero state altre e non poteva ascoltarle, non doveva, non voleva. Quindi lo bloccò velocemente.
«Flavio, fermati. Non parlare, so cosa vuoi dirmi e io non posso ricambiare quello che tu provi. Non è colpa tua, davv…»
«Adesso non parlare tu, per favore. So cosa vuoi dire.»
Il tono di voce di Flavio si fece più basso , sul suo viso apparve un sorriso che non trasmetteva affatto gioia. Non voleva sentirla parlare, sapeva qual era il problema e sentirsi dire determinate parole, da lei, faceva male. Avrebbe superato pure questa delusione, comunque. Una donna che non lo voleva perché era cieco? Solita storia. Eppure sentiva che qualcosa, dentro di sé, si era lacerato.
  
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