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Autore: Aisu Yuurei    13/02/2009    3 recensioni
Mi dispiace dirti queste parole scrivendole in una sudicia carta, che probabilmente verrà rapita dal vento, ma tu custodiscila nel cuore. Non dimenticarla mai perché so che la stai leggendo.
Perdonami se puoi.
Tsunade.
Dedicata al rimpianto di Tsunade. Attenzione contiene spoiler per chi segue il manga dai volumetti! Enjoy. Akane.
Genere: Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jiraya, Tsunade
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Soul Silence

 

Seduta alla mia solita poltrona guardavo il cielo di Konoha tinto di quel rossastro tipico del tramonto, il sole che pian piano andava a nascondersi dietro le colline spoglie per lasciare il posto a una misteriosa luna che irradia con la sua luce argentea la notte scura. Il tramonto era un passaggio molto lento ed era curioso guardare come gli uccelli parevano infuocarsi, sembrava che facessero un tutt’uno. Sembrava che tutta la natura in quel momento partecipasse al tramonto, come un triste funerale…

Il sole andava via e tutto si rabbuiava come un triste addio e questo succedeva tutti i giorni perché alla fin fine ogni giorno una persona perdeva qualcuno a lei caro, e la natura partecipava al dolore sempre allo stesso modo.

Mi ritrovavo lì, sola a pensare al tramonto con mille metafore, in realtà avevo una montagna di lavoro da fare, come sempre mi lasciavo tutto indietro e alla fine gli arretrati mi arrivavano fin sopra i capelli. Ma quella volta era diverso, quella volta non era per pigrizia o sregolatezza, forse per la prima volta in vita mia ero veramente in ansia. E, ironia della sorte, ero in ansia per l’ultima persona al mondo per cui dovevo essere in ansia, ma lo ero. Lo ero terribilmente. Quel dolore vicino al cuore non mi aveva lasciato sola un momento, mi aveva distrutto emotivamente come un parassita e non avrebbe ceduto finchè non lo avrei rivisto solcare quella porta con quella sua risata e la sua battuta sempre pronta. No non avrebbe smesso finchè lui non avrebbe varcato quella soglia e mi avrebbe guardata negli occhi.

Ormai erano passati due giorni e nessuna notizia, eppure lo avevo raccomandato di avvertirmi, quello stupido!

Decisi di uscire, l’aria viziata in quella stanza aveva superato i limiti. Lasciare il mio posto di lavoro per un po’ non avrebbe fatto male a nessuno e poi Ton-Ton mi avrebbe ritrovato in un battibaleno.

Avevo bisogno di riflettere, di pensare alla mia vita e alle scelte che avevo compiuto. Prendere il posto di Hokage al posto di Dan e del mio fratellino per adempiere ai loro desideri, mi aveva reso veramente soddisfatta? Probabilmente si, ma nonostante tutto c’era ancora qualcosa che mi dava tormento. Come se ci fosse un vuoto. Quell’ultima chiacchierata con lui, e la mia richiesta che tornasse vivo, aveva stupito anche me. Non credevo che mi sarebbe mai potuto importare, dopo tutti questi anni ho sempre pensato a lui come a uno stupido pervertito, ma il suo impegno, la sua tenacia e anche la sua protezione nei confronti di Naruto, mi hanno fatto scoprire una parte di lui ancora sconosciuta. Pensavo che come al solito avrebbe risolto tutto con una risata, che alla fin fine a lui importasse poco di tutto e di tutti. Scrivere quei suoi dannati libri era la sua priorità e nulla poteva distrarlo, neanche i sentimenti…

Era questo che pensavo di lui prima che mi avvertisse che partiva per scontrarsi col capo dell’Akatsuki, quel suo discorso su Minato, sul fatto di quanto tenesse a Naruto, di quanto gli stesse a cuore la sua vita…

Capii che in realtà non avevo capito nulla di lui, mi ero fatta una convinzione sbagliata, in realtà la sua era sempre stata una maschera per farsi notare da me, quelle sue battute fuori luogo quei suoi discorsi senza senso, e fino all’ultimo quella sua battuta sarcastica sul fatto che gli uomini non sono fatti per cercare la felicità, e ancora che gli uomini devono essere forti in qualsiasi situazione. E alla fine sparisti proprio come eri apparso, d’un tratto sei andato via e io mi sentivo uno straccio e non capivo il perchè, mi sentivo un peso al cuore insostenibile.

Arrivai a un piccolo laghetto, mi sedetti con le ginocchia al mento a contemplare lo splendore dell’acqua. Vibrava alle folate di vento che di tanto in tanto mi scompigliavano i capelli. Mi ero ripromessa che se fosse tornato vivo non ci sarebbe più stato bisogno che facesse lo scemo per farsi notare. Perché oramai avevo realizzato che rappresentava una parte importante nel mio cuore, non potevo perderlo, non anche lui…

D’improvviso il sole scomparve e la luce cedette il posto alle tenebre, il funerale era finito e tutto taceva. L’acqua si mosse prima impercettibilmente poi sempre più forte fino a evidenziare che qualcosa stava per venire a galla.

Mi incuriosii e aspettai che quel qualcosa affiorasse, avevo un certo timore, poteva trattarsi di ninja o banditi di strada, ma non c’era da preoccuparsi.

Quando invece mi vidi spuntare un rospo, tutto si fermò, il tempo intorno a me smise di scorrere. Lo guardai sbigottita ponendomi una domanda, una cruciale domanda, il rospo era fermo davanti a me e mi guardava fisso, il rospo era da solo…

Degludii a fatica e non riuscii ad emettere alcun suono.

<< Tsunade…>>

Il rospo aveva sussurrato il mio nome, una voce flebile e anche apparentemente triste.

<< D-dov’è…?>> era solo un tremolìo di corde vocali.

Il rospo si limito a guardarmi ancora.

<< E’ rimasto indietro vero? >> risi, risi dal nervosismo, dall’autoconvinzione che doveva essere così, non poteva essere altrimenti anche se una piccola parte remota del mio cuore stava urlando qualcosa che mi rifiutavo di ascoltare.

<< Ti decidi a parlare dannato rospo? >>

Urlai, urlai tutta la frustrazione accumulata in quei giorni.

Ma il rospo non fiatava, insisteva nel guardarmi con quegli occhi da cui non vedevo alcuna espressione ne tantomeno alcuna risposta. Alla fine dovetti convincere me stessa che quello che avevo sempre saputo alla fine era accaduto.

<< Tsunade.. lui.. sorrideva..>>

Sorrideva, anche prima di morire, perfino prima di andare all’altro mondo non ha versato una lacrima, è rimasto fedele al suo credo, è rimasto…forte. Anche se in realtà non lo era, era una persona debole che ha sofferto metà della sua vita, ma non lo ha mai perso, non ha mai perso quel suo sorriso.

<< E così… mi ha abbandonata anche lui..>>

Non sentivo più nulla dentro me, è come se il cuore continuasse a procedere con un battito involontario e l’anima si fosse spenta, chiusa in un silenzio tombale. Ma non c’erano lacrime, non c’erano singhiozzi, c’era solo un attesa. Un attesa che lui spuntasse da chissà dove e si facesse una bella risata guardando la mia espressione e dicendomi che avevo perso l’ennesima scommessa. Gia.. la scommessa.. alla fine l’avevo vinta quella dannata scommessa, l’unica nella mia vita che dovevo perdere, l’ho vinta…

Mi alzai lentamente, i pensieri confusi, barcollando tornai nel mio studio. Aprii la porta e mi tuffai nella poltrona poggiando la testa sulle mani.

“Aveva un sorriso” … sai che bella consolazione ... non lo era per nulla …

Ebbi uno scatto e tutto volò, fogli da tutte le parti sembrava la mia testa in quel momento, un rimuglio di fogli gettati chissà dove, pieni di ricordi che fanno male.

Mi ci sarebbe voluto un po’ per raccapezzarmi del fatto che non c’era, forse ancora non lo avevo compreso appieno. Perché non stavo piangendo? Cosa mi tratteneva dal farlo? Io non avevo bisogno di essere forte, io ero una donna, potevo permettermi di piangere, o forse no?

Passarono alcune settimane da quella notizia. In verità non trovo un aggettivo per descriverla, dire triste sarebbe troppo banale, dire tragica troppo superficiale. E’ stata una notizia che mi aspettavo di ricevere, che quella parte più oscura del cuore avverte e cerca di avvisarti di non creare illusioni inutili, ma non le dai ascolto e ti ritrovi col cuore a pezzi ancor prima di accorgertene. Ecco cosa avevo provato io, le pareti del mio cuore avevano subito un attacco, un terremoto di tristezza associato alla disperazione fece crollare tutto! Tutte le speranze, i sogni, il mio futuro. Gia. Il mio futuro. Perché l’avevo capito solo allora di voler passare il resto dei miei giorni con lui, di poter ridere e finalmente poter scorgere la gioia nei suoi occhi sempre così velati di una lieve malinconia dietro quella celata ilarità. Ma il destino aveva voluto così. Il cielo se l’era portato via con se prima che potessi confessargli che avevo capito il suo valore solo allora. Ma ancora non ero riuscita a versare una lacrima, i giorni passarono ininterrotti e nessuno sapeva nulla, non lo dissi neanche a Shizune. D’altronde nessuno me lo aveva chiesto, nessuno si era interessato della sua sorte.

Fino a quel giorno.

Fino a quando lui non tornò.

Triste, amareggiato, deluso. Naruto era lì con quel suo sguardo.

<< Nonna Tsunade, sono tornato… ma ho fallito di nuovo. Mi è sfuggito un'altra volta, non ho adempito alla promessa un'altra volta. Dov’è ero-sennin? Mi starà aspettando… >>

Le parole rimasero sospese nell’aria, in attesa di una risposta, di una conferma, ma io non riuscivo ad aprire bocca, avevo tra le mani una penna e la stavo osservando come se avessi davanti un quadro di Van Gohg, non volevo e non potevo rispondere. La paura che quell’atteggiamento forte che tanto avevo faticato per mantenere potesse svanire di colpo. No, non avevo avuto il coraggio di dirglielo. Avrebbe dovuto aspettare.

<< Mi spiace Naruto, non so dove sia. Se non te la senti non ti assegnerò alcuna missione, puoi riposare se vuoi.>>

C’era un tono insolitamente risoluto e serio nella mia voce, chissà se non si fosse gia insospettito.

<< Ah.. ok.. mi prenderò qualche giorno.. ci vediamo nonna Tsunade!>>

Visibilmente turbato Naruto lasciò la stanza, sapevo di dover essere io a dirglielo ma proprio non riuscivo, le parole si bloccavano in gola.

Era notte fonda e mi trovavo ancora nel mio ufficio a sistemare missioni, elenchi e quant’altro, quando mi venne un improvvisa voglia di bere un goccio.

Uscii di soppiatto e mi addentrai nel vento gelido di Konoha, era pieno inverno e per poco non nevicava, gli alberi erano completamente scheletrici e spogli come la mia anima, a quell’ora erano pochi i locali ancora aperti, tutti si ritiravano sotto le loro coperte calde e si addormentavano mettendo da parte tutti i problemi. Io invece avevo perso il conto delle notti passate in bianco, perché il mio non era un problema a cui ci si doveva applicare per trovare una soluzione, il mio problema una soluzione non ce l’aveva…

Arrivai al locale infreddolita, era deserto non c’era neanche una mosca. Mi sedetti al bancone e dissi al barman quasi addormentato di darmi una bottiglia di sakè. Il tipo non mi diede molta attenzione e molto svogliatamente mi lanciò la mia bottiglia. Come sempre affogavo tutti i dolori nell’alcool, bella soluzione! Bella e facile. Ma in quel momento non pensavo a cosa fosse giusto o sbagliato, pensavo solo a dimenticare. Dimenticare il suo volto, e la sua presenza costante, il suo conforto. Ma soprattutto a dimenticare la mia indifferenza, tutto il tempo in cui l’ho rifiutato e ignorato, facendolo sentire inutile più di quanto gia non si sentisse. La delusione forte che lo aveva colpito a causa di Orochimaru, dentro al suo cuore non l’aveva mai superata. E io come una stupida a pensare solo a me, alle mie perdite e ai miei complessi, quando qualcuno a me vicino soffriva ancora di più, soffriva in religioso silenzio… senza che nessuno avvertisse nulla. E pure ora che non c’è più, l’ha fatto in silenzio, con un sorriso sulle labbra.

Cominciava ad annebbiarsi la vista, il barman addormentato era diventato doppio, e sentivo un gran calore alle guance. D’un tratto sentii il rumore della porta cigolante che veniva aperto. Girai il capo, nonostante il dolore lancinante, e scorsi una sagoma dai capelli biondi. Era terribilmente sfocata e solo quando chiamò a gran voce il mio nome capii che era Naruto. Successivamente diventò tutto nero.

Mi risvegliai con la luce della luna e le carezze fredde del vento, ero su una panchina e accanto a me Naruto era seduto con un aria afflitta. Potevo caricarlo di un altro dolore così grande quando aveva gia il suo per Sasuke?

Probabilmente si, aveva il diritto di sapere.

<< Na-naruto..>> sussurrai, non mi rendevo conto se stessi o  no sognando fino a quando lui non mi mise a sedere.

<< Nonna Tsunade, hai esagerato.. te ne sei scolati 8.. e sei collassata nel bel mezzo della notte!>>

<< Perdonami..>>

Mi sentivo stranamente colpevole, un sentimento forte si insidiò nella mia anima scacciando tutto il resto, e qualcosa simile alla turbina di un fiume mi salì fino alla gola stringendola in una potente morsa. Decisi che era quello il momento.

<< Naruto senti, che ne dici di camminare un po’?>>

<< Ce la fai?>>

<< Non preoccuparti>>

<< Va bene allora andiamo>>

Sentivo che dovevo condividere quella disperazione che avevo così tanto represso.

<< Successivamente alla tua partenza, lui mi disse che doveva scoprire il segreto del capo di Akatsuki…>>

Le parole uscirono così senza un filo logico. Naruto mi fissò sbigottito.

<< Lui chi?>>

<< Era convinto delle sue capacità, o almeno così mi fece credere, e mi promise che avremo ideato un piano insieme una volta tornato… Lo pregai di tornare vivo perché era l’unica persona importante che mi era rimasta e non potevo assolutamente perderla, avrei perso un pezzo di me altrimenti. Ma lui mi lasciò con una risata, mi rassicurò che sarebbe andato tutto bene. Mi fece pure scommettere sulla sua morte…>>

Mi fermai aspettando che una folata di vento gelida cessasse. Naruto guardava in basso, probabilmente ancora dubbioso. Continuai.

<< … e per la prima volta in vita mia Naruto, vinsi quella scommessa.. >>

Lui si voltò verso di me,  gli occhi dilatati e la bocca leggermente aperta in una smorfia di stupore. Quella stessa smorfia che pochi secondi dopo si trasformò in impazienza.

<< Tsunade…>>

E fu così che tutta la tristezza, l’amarezza, la delusione, la disperazione represse in quei giorni ebbero finalmente sfogo.

<< Si, NarutoJiraiyaJiraiya non c’è più… è morto… è morto ucciso dal capo dell’Akatsuki… è morto… col sorriso sulle labbra… me l’hanno portato via proprio quando io avevo più bisogno di lui…>>

Stavo quasi urlando senza accorgermene, mi inginocchiai e misi il volto tra le mani, le lacrime presero a scorgare senza tregua, e sentii due potenti e calorose braccia donarmi un sincero abbraccio.

Singhiozzai per un tempo indefinito, fino a scorgere che il respiro di Naruto era irregolare… anche lui stava piangendo…

 

Jiraiya, so che ormai è inutile, e che probabilmente starai ridendo di me in questo momento dovunque ti trovi. Ma voglio comunque dirti le parole che non ti ho mai detto, le parole che avrei dovuto dirti tempo fa, è da vigliacchi lo so, dirlo ora che non ci sei più, ora che non puoi farmi una delle tue proposte indecenti, ora che non puoi più atteggiarti di fronte a me, ora che non hai più bisogno di fingerti forte. So che questo non è abbastanza per lavar via le mie colpe, per non esserti stata mai vicina e per aver lasciato che convivessi col tuo dolore da solo. Perché se c’è qualcosa di orribile nella vita e il non poter condividere con nessuno il proprio tormento e mi dispiace di non essere riuscita a essere la persona che desideravi.

Mi dispiace tanto di non averti amato, mi dispiace tanto di aver capito solo ora che ti amo da sempre. Mi dispiace dirti queste parole scrivendole in una sudicia carta, che probabilmente verrà rapita dal vento, ma tu custodiscila nel cuore. Non dimenticarla mai perché so che la stai leggendo.

Perdonami se puoi.

Tsunade.

  
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