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Autore: violaserena    30/09/2015    1 recensioni
Seguito de “La Rivincita dei Lupi”.
Dopo due anni di pace e prosperità, dal Continente Orientale arriva una nuova minaccia.
Un uomo ha riunito un imponente esercito e intende marciare a occidente per vendicare la sua regina e conquistare i Sette Regni.
Una nuova guerra si profila all’orizzonte.
Riusciranno gli Stark e le altre famiglie a vincere e a ristabilire l’armonia? O soccomberanno di fronte a questo nuovo nemico?
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arya Stark, Bran Stark, Jon Snow, Tyrion Lannister, Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: Violenza
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BRAN
 

Vento freddo soffiava nelle vaste lande del Nord.
Un leggero nevischio scendeva e ricopriva ogni cosa.
L’inverno sta arrivando era il motto degli Stark e l’inverno era effettivamente arrivato ormai da più di due anni.
Non poteva esserci cosa migliore.
Grande Inverno era in fermento.
Quel giorno si sarebbe celebrata la cerimonia di fidanzamento tra Sansa e Brandon Tallhart, primogenito di ser Leobald Tallhart – ucciso dai Bolton durante la guerra dei Cinque Re – e di Berena Hornwood.
I Tallhart erano tra le case più importanti e fedeli a Grande Inverno. Il loro stemma rappresentava tre abeti sentinella verdi su sfondo marrone e il loro seggio era a Piazza di Torrhen.
Sansa si sarebbe trovata bene.
Almeno Bran lo sperava. Sua sorella era piuttosto difficile da accontentare. Lo era sempre stata, ma lo era diventata molto di più in seguito agli ultimi avvenimenti.
Sospirò.
Guardò la Sala Grande addobbata per l’occasione.
Avrebbe voluto che suo padre e Robb fossero stati presenti. Avrebbe voluto averli accanto.
Essere re era impegnativo.
Qualche volta avrebbe voluto scappare dai suoi doveri e andare a scalare qualche torre. Ma non poteva. Non era ancora in grado di scalare di nuovo nonostante Qyburn avesse realizzato per lui due protesi che gli permettevano di camminare e di spostarsi liberamente senza che qualcuno lo dovesse portare.
Era grato al mezzo maestro per tutto quello che aveva fatto per lui.
Il corvo con tre occhi gli aveva insegnato a volare, Qyburn gli aveva restituito qualcosa di elementare, ma per lui fondamentale: la mobilità.
Non poteva scalare, non poteva correre, non poteva essere un guerriero, ma poteva di nuovo camminare.
Forse, un giorno, avrebbe potuto fare tutto ciò che faceva prima. Sarebbe stato bello.
Sorrise.
Si alzò dal trono e in compagnia di Estate, il suo inseparabile meta-lupo, si diresse verso il cortile.
Lì vi trovò sua madre, suo zio Edmure e Thoros di Myr.
Quest’ultimo stava dicendo a lady Catelyn: «…ricordo che aveva un buon sapore la giustizia. Essa era quello di cui la Fratellanza Senza Vessilli si occupava quando Beric era alla nostra guida. Eravamo uomini del re, cavalieri ed eroi. E lo siamo tuttora. Tuttavia alcuni cavalieri sono oscuri e pieni di terrore, mia signora. La guerra ha trasformato molti di noi in mostri…».
«Quanto sei melodrammatico, Thoros» lo schernì Tom Settecorde, seduto su un carro ricolmo di fieno.
Il sacerdote rosso lo guardò corrucciato.
L’uomo per tutta risposta iniziò a suonare l’arpa e a cantare:

Profondo e soffice è il mio letto di piume,
ed è là che io giacere ti farò.
Di seta gialla ti vestirò,
e in capo una corona ti porrò.

Perché tu la signora del mio amore sarai,
e il tuo lord io diverrò.
Al caldo e al sicuro io ti terrò,
e con la mia spada ti proteggerò.

E come rideva, come sorrideva,
la fanciulla dell’albero.
Si ritirò da lui e gli disse,
niente letto di piume per me.

Indosserò una gonna di foglie dorate,
e legherò i miei capelli con fili d’erba.
Ma tu potrai essere il mio amore della foresta,
e io nella foresta la tua fanciulla
.

Bran sorrise. Si chiese perché tra tutte le canzoni che conosceva, Tom cantasse quasi sempre solo quella. Ma, in fondo, che importanza aveva?
I suoi pensieri furono interrotti da uno squillo di trombe.
Erano tornati dalla caccia.
Il rumore si fece sempre più vicino e ben presto comparvero all’orizzonte i cavalli con i rispettivi cavalieri.
Arya guidava il gruppo insieme a re Gendry e a Nymeria. Seguivano Stannis, Brienne, Davos, Jaime, Izembaro, Rickon e Cagnaccio. Poco più indietro vi erano Grande Jon, Brynden Tully, Jon Flagello delle Puttane, Brandon e Beren Tallhart, Tytos Blackwood, Ramsay Snow e molti altri uomini del Nord.
Una volta arrivati, Bran e gli altri andarono loro incontro.
«Fatto buona caccia?» domandò Edmure.
«Puoi guardare tu stesso» gli sorrise Gendry indicando tre cinghiali, due cervi e quattro uri più un notevole numero di uccelli.
«Ce ne sarebbero stati anche di più se Nymeria e Cagnaccio non avessero deciso che era ora di pranzo» osservò ironicamente Jaime.
I presenti risero divertiti.
Arya e Rickon, un po’ imbarazzati, accarezzarono i loro meta-lupi.
Bran non poté non sorridere.
Nonostante tutto, lui e i suoi fratelli erano rimasti sempre gli stessi.
«Comunque per la cena siamo a posto. Non vedo l’ora di gustare queste squisitezze prima che lo faccia lord Manderly!» esclamò Jon Umber ridendo.
«Non temere, abbiamo cibo a sufficienza per cento e più Manderly» gli strizzò l’occhio Catelyn.
Mentre gli uomini entravano nel palazzo, i cavalli furono portati nelle stalle e le prede di caccia in cucina pronte per essere trasformate in succulenti manicaretti.
«Bran» lo chiamò Arya – in corridoio – avvicinandoglisi insieme a Rickon. «Jon e Tyrion non sono ancora arrivati?».
«No, non ancora. In verità non ho più ricevuto loro notizie da un po’».
«Non lo trovi un po’ strano?».
«Si, ed è per questo che cinque giorni fa ho mandato un messaggero alla Barriera e uno a Padelle Salate. Nessuno dei due, però, è ancora tornato».
«Non sarà successo qualcosa, vero?» domandò preoccupato il più piccolo degli Stark.
Arya gli fece una carezza per rassicurarlo.
«Non lo so, ma lo scopriremo presto».
Il re del Nord e sua sorella si guardarono per lunghi istanti, poi Bran sospirò: «Sansa si arrabbierà».
Arya sorrise: «E quando mai non lo fa?».
I tre fratelli, nonostante tutto, non poterono non scoppiare a ridere.
«Questa volta lo sarà molto di più» continuò il giovane sovrano.
«Aspettate… Credo di essermi perso» affermò confuso il piccolo Rickon.
«La festa di fidanzamento è annullata» gli spiegò Arya.
«Annullata? Annullata?» urlò una voce alle loro spalle.
Era Sansa.
«Come sarebbe a dire?».
«Calmati» disse Bran.
«No che non mi calmo. È da mesi che stiamo organizzando questa festa di fidanzamento e non vedo il motivo per cui dovremmo sospendere tutto!».
«Non abbiamo notizie di Jon e Tyrion, per cui…».
«Arriveranno. E se non dovessero arrivare oggi, pazienza! Non vi importa nulla della mia felicità?».
Arya le diede uno schiaffo.
«Ma ti senti quando parli? Se ora tu sei qui, a casa, lontana dai tormenti è anche merito di Jon e di Tyrion. Senza il loro aiuto ci sarebbe ancora la guerra e tu saresti ancora la schiavetta di Ditocorto!» le urlò.
Sansa si imbronciò: «Io non ero la schiavetta di nessuno!».
«Per favore, non litigate. Non è questo il momento!» cercò di fare da paciere Bran. «E comunque, senza di loro la festa non si fa» concluse.
La giovane sbuffò.
«Sansa… Davvero non ti importa che loro siano presenti?» domandò a un certo punto Rickon.
«Non è che non mi importa. È solo che ho aspettato questo giorno da così tanto tempo che…».
Non riuscì a concludere la frase.
Le lacrime cominciarono a bagnare il suo viso.
«Sono orribile, vero?» disse portandosi le mani al volto.
Arya le si avvicinò.
«No, non lo sei. Sei solo semplicemente Sansa» le sussurrò.
Le due sorelle si guardarono e sorrisero.
Bran e Rickon si avvicinarono piano piano e le abbracciarono.
«Abbraccio di gruppo!» esclamò felice il più piccolo degli Stark.
Nonostante i battibecchi, le incomprensioni loro si volevano bene. Molto bene.
Perché loro erano una famiglia e niente e nessuno avrebbe mai più potuto dividerli.
Proprio in quel momento arrivò tutto trafelato un uomo.
«Vostra maestà! Vostra maestà!» urlò.
I giovani Stark si sciolsero dall’abbraccio e Bran riconobbe l’uomo come il messaggero che aveva inviato cinque giorni prima alla Barriera.
«Che succede?» domandò preoccupato vedendo la faccia del messaggero.
«La nave su cui viaggiava vostro fratello è stata affondata!».
«Che cosa? Chi è stato?».
«Sono stati gli uomini di ferro, altezza!».
«Non è possibile, loro sono nostri alleati».
«Gli uomini sulla nave sono vivi, vero?» chiese Arya, pallidissima.
Il messaggero chinò la testa sconsolato.
«C’è solo un sopravvissuto… Ma non è vostro fratello».
A Bran sembrò che il mondo gli fosse crollato addosso.
Non poteva essere vero.
Non poteva.
Guardò i suoi fratelli: erano sconvolti tanto quanto lui, soprattutto Arya.
Serrò i pugni.
Guardò Estate, Nymeria e Cagnaccio.
No, Jon Snow non era morto. E nemmeno Spettro. Non potevano esserlo.
L’avrebbe sentito.
I meta-lupi l’avrebbero sentito.
Jon doveva essere vivo.
Doveva credere che fosse così.
Voleva crederlo.
Si, Jon era vivo e lui, insieme ai suoi fratelli, l’avrebbe trovato.
A qualunque costo.
La neve cominciò a cadere più fitta su Grande Inverno.
Il vento aumentò facendo agitare le bandiere degli Stark e diffondendo un cupo monito: l’ululato dei meta-lupi.
L’inverno era decisamente arrivato.
Era arrivato nei loro cuori.

 

 

Angolo Autrice.
Ciao a tutti! :)
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
Innanzitutto sono successe un po’ di cose in due anni: Bran può finalmente camminare e Sansa si sta per fidanzare.
La festa però non viene celebrata a causa della misteriosa assenza di Jon Snow e di Tyrion.
Dove sarà quest’ultimo? E Jon è effettivamente morto come sembra affermare il messaggero?
Perché gli uomini di ferro hanno assaltato una nave dei guardiani della notte? Sono stati veramente loro?
Con questi interrogativi, vi saluto.
Al prossimo capitolo! :)
Violaserena.

  
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