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Autore: Lorss    01/10/2015    1 recensioni
“Michael Penniman?”
Mika si rizzò sulla sedia al suono della voce dell’infermiera. “Sì, sono io”, rispose, alzandosi in piedi e schiarendosi la voce. Ormai, era pronto a tutto.
“La situazione si è stabilizzata. Sua sorella non è più in pericolo di vita”.
Il ragazzo rimase senza fiato. Non rispose, si limitò ad annuire e tornò a sedersi senza neanche aspettare che l’infermiera andasse via. Non riuscì a sentirsi sollevato: si sentiva terribilmente solo, invece.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Andy Dermanis, Paloma Penniman, Yasmine Penniman, Zuleika Penniman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Il sole tramontava quando raggiunsero la loro casa a tre isolati dall’ospedale. Avevano deciso di prenderla qualche mese prima dell’incidente, e Paloma ne aveva presa un’altra poco distante per essere vicina a Mika per quanto poteva. In realtà, nemmeno il fratello sapeva quanto gli fosse servito effettivamente prendere una casa, dato che il suo lavoro non gli permetteva di rimanere per più di tre settimane nello stesso posto, ma aveva bisogno di sapere che esistesse un posto che era solo il suo nel mondo, in cui non c’era bisogno di rispondere a delle domande né di stare attenti a ciò che si diceva. L’aveva presa senza dire a nessuno che aveva intenzione di chiedere ad Andy di trasferircisi - non tutta la sua famiglia sapeva della loro relazione - e ancora non se la sentiva di affrontare suo padre.
Aveva preso una casa spaziosa, comunque, con un giardino e un salone grande e accogliente in cui riponeva, poco alla volta, tutti i suoi disegni e le sue tele, delle esplosioni di colori sulle sue pareti dipinte di bianco, come sua madre tinteggiava sempre le pareti della loro casa da piccolo. Ad accoglierli in quel salone, trovarono la loro cagnolina Melachi, che scodinzolava felice mentre gli faceva le feste in attesa delle carezze che aspettava da quella mattina; Mika sorrise e si accovacciò a terra per mettersi ad accarezzarla, le diede un bacio sulla testa e prese a giocare con lei, dimenticando per un po’ tutti i pensieri che aveva per la testa. Anche Andy si lasciò coinvolgere dalla dolcezza di Melachi e si chinò anche lui a coccolarla. “E spostati un po’, non è solo tua!”, scherzò, spingendo Mika da parte. “Hey!” il compagno anglo libanese poggiò una mano a terra per non cadere e si girò verso il rossiccio con l’espressione un po’ divertita e un po’ meravigliata di chi era stato preso in contropiede; Andy notò che la malinconia era momentaneamente sparita dai suoi occhi ed era tornato l’enfant terrible di cui era innamorato, per cui ne approfittò per lanciargli uno scherzoso sguardo di sfida mentre continuava ad accarezzare la cagnolina, che finalmente poteva godersi le loro attenzioni. “Melachi, attacca!” le disse Mika, ad alta voce. La cagnolina sobbalzò e si volto euforica verso il padrone, gli occhi color mandorla che lo guardavano per capire cosa le era stato detto di fare; “Yalla, yalla!” la incitò il libanese in arabo, indicando Andy che intanto era di fronte a lei ad accarezzarla divertito. “No, Melachi!”, disse il compagno mentre questa gli saltava sulle ginocchia e abbaiava contenta per aver avuto il permesso di giocare. “Saresti una brutta persona se non la lasciassi lottare con te, sai?” sogghignò Mika che intanto si era alzato e assisteva alla scena dall’alto, mentre Andy tentava di tenere a bada la sfrenatezza della cagnolina con le carezze, prima di rendersi conto che ormai doveva solo arrendersi e lasciarsi torturare dalle sue zampette e dai suoi morsi, delicati ma troppo bagnati per i suoi gusti, tre le risate di entrambi i suoi padroni.
Quando Mel ne ebbe abbastanza da lasciarlo stare, Andy fece per alzarsi e Mika gli porse la mano; si avvicinò piano per cingergli il collo con le braccia e gli diede un bacio leggero, respirando l’odore dolce della pelle del compagno che sentì sorridere sotto le sue labbra. “Mangiamo?” disse innocentemente il rossiccio dopo qualche istante;. “Ma che bastardo”, Mika si finse offeso da quel cambiamento di atmosfera, ma era abituato alla spontaneità del fidanzato, una delle cose che aveva imparato ad amare con gli anni; “okay, io faccio mangiare Mel e tu fai mangiare noi” annunciò e subito gli diede un altro bacio prima che Andy potesse dire qualcosa, poi lo lasciò andare. Gli scorse alzare gli occhi al cielo e scuotere la testa mentre si avviava in cucina, ma sapeva che in realtà era divertito.
Finito di dar da mangiare a Melachi, Mika si sistemò sul divano mentre aspettava che il ragazzo finisse di prepare la cena; stava prendendo coscienza di quante cose fossero accadute nelle ultime settimane, di quanto le cose fossero cambiate in un battito di ciglia e quante altre cose potessero ancora cambiare.
Era per questo che era intenzionato a scappare, quella notte; era stato forte per troppo tempo ma era stato il peggiore ad affrontare la situazione, alla fine. Avvertiva addosso il peso di tutta la pressione, quella della famiglia, ma anche quella di tutte le persone sconosciute che, ancora una volta, gli facevano domande a cui lui non era pronto a rispondere; aveva deciso anche per questo motivo di cancellare tutti i suoi impegni di lavoro e rimanere a Londra. Era stato di nuovo risucchiato dal buco nero che lo aveva catturato anche da piccolo e che gli aveva fatto perdere la parola – oltre che degli anni di scuola - e da cui ne era uscito lottando da solo con le unghie e con i denti, grazie alle passeggiate al parco ma soprattutto alla musica. A proposito di quest’ultima, si era ripromesso di scrivere un nuovo album entro la fine di quell’anno, ma ormai non riusciva più a comporre, il foglio che rimaneva vuoto alla stessa maniera del suo cuore in quel periodo. “Ma allora, ci vuole molto?” domandò con falso tono stizzito al compagno nell’altra stanza, mentre rideva sotto i baffi. “Più di quanto immagini”, rispose prontamente Andy, che Mika sentiva armeggiare in cucina da un pezzo. Sorridendo tra sè, Mika si mise comodo e prese il cellulare per leggere i messaggi che aveva lasciato Yasmine. “Tutto okay? Siamo andati via senza salutarti. Ci hanno detto che le condizioni di Paloma migliorano e che tra qualche giorno tornerà a camminare, finally. Love you x”. Leggere quel messaggio fece sentire un po’ meglio Mika; sua sorella si era rivelata ancora una volta un’invincibile guerriera, e non poteva essere più orgoglioso di lei. Aveva sempre invidiato il suo spirito combattivo - molto più che il suo - e il suo modo di tenere testa a tutti gli imprevisti della vita; “rende possibile l’impossibile”, disse a suo riguardo ai giornalisti qualche anno prima. In effetti, era stato esattamente quello che aveva fatto nelle ultime settimane, smentendo i medici che avevano avvertito la famiglia che, in caso si fosse mai ripresa, avrebbe dovuto utilizzare la sedia a rotelle. Non potevano desiderare esito migliore, insomma, ma Mika sapeva che le cose erano ben lontane dal sistemarsi, e che sarebbe dovuto passare un bel po’ di tempo prima di riuscire a tornare a vivere in pace con sé stesso.
“Qui è pronto!” annunciò Andy dall’altra stanza, mentre Mika controllava per l’ultima volta i voli del mattino seguente per essere certo non ci fossero stati dei cambiamenti, “Arrivo!” esclamò mentre riposava il suo cellulare.
In cucina, il patriottismo greco era stato messo da parte per accontentare lo spirito arabo del fidanzato. Non era stata un’impresa facile e Andy non era ancora del tutto convinto di aver fatto un buon lavoro, ma tutto quello che voleva era far felice Mika. E in ogni caso, conoscendolo, avrebbe trovato comunque qualcosa su cui lamentarsi. Si lavò le mani accuratamente, prima che il ragazzo entrasse in cucina; aveva cucinato senza posate, come lo richiedeva la vera cucina libanese, e aveva aggiunto con cura tutte le spezie, nello stesso ordine con cui aveva visto farlo tante volte a Mika e a sua madre Joannie. Anche la tavola, fin troppo spaziosa per sole due persone, era stata sistemata con cura; dei petali chiari riempivano gli spazi vuoti della tovaglia e tutte le portate erano servite nei tradizionali piatti in terracotta. Amava quell’ambiente; i due non avevano badato a spese con l’acquisto di quell’immobile ed era sicuramente una delle case più lussuose in cui Andy fosse mai entrato, ma allo stesso tempo non ostentava presunzione. Erano stati il fidanzato insieme alla madre ad occuparsi dell’arredamento, e il loro animo cosmopolita ma allo stesso tempo così legato alle loro origini, così elegante ma allo stesso tempo così ironico, traspariva chiaramente nelle stanze della villa.
Mika entrò nella zona della cucina adibita a sala da pranzo in maniera silenziosa, mentre Andy si asciugava le mani dell’altro lato della penisola dove invece c’era il piano cottura. Rimase a guardare la tavola così elegantemente imbandita mentre il sorriso si allargava sul suo viso. Il ragazzo dall’altro lato poteva leggere l’emozione dal volto del compagno, mentre con gli occhi percorreva le portate in tavola; era sempre una gioia vedere la meraviglia nel suo volto, che comunque rimaneva l’emozione più facile da provocargli.
“Ma cosa hai fatto?!” sollevò lo sguardo, gli occhi che brillavano e il naso arricciato dal suo largo sorriso. Andy non riuscì a trattenere l’entusiasmo mentre si avvicinava anche lui alla tavola e sentiva il viso arrossarsi per l’emozione. “Che c’è, non ti piace?” sollevò le sopracciglia per simulare un finto dispiacere, smentito più dalla luce che emanavano i suoi occhi verdi che dal sorriso stesso. “Sì, ma tu non sei mai così elegante!” rispose spontaneamente Mika, esordendo poi in una delle sue risate da bambino emozionato mentre si sedeva a tavola. “Ma che stronzo”, ammise Andy mentre arrivava a sistemarsi anche lui “E intanto dove lo trovi uno così galante?”. L’altro assunse un’espressione ironica e fece spallucce, iniziando a servirsi la portata dell’hummus. Trascorsero una cena gradevole, entrambi continuarono a punzecchiarsi ma alla fine l’arabo fu costretto ad ammettere che il suo ragazzo greco aveva vinto la sfida interculturale.
“Sarei proprio da sposare, non è vero?” Andy gli sorrise ammiccante mentre, finito di lavare i piatti, riagganciava le padelle sopra il piano cottura. Il fidanzato trattenne una risata per una battuta così amara e gli spinse la testa in avanti con le mani ancora bagnate dall’acqua corrente, prima di tornare ad asciugarsele col panno.
Seguirono degli istanti di silenzio, in cui Mika rimase cupo ad osservare il fidanzato che controllava che tutto fosse stato sistemato prima di salire a letto. Era sempre stato affascinato dalla sua carnagione chiara a dispetto delle sue origini mediterranee, che, ironia della sorte, avevano finito ad essere in contrasto anche con la sua pelle scura e i suoi tratti tipicamente orientali. Aveva un bel viso nonostante il naso grande e la mascella un po’ troppo grossa, le labbra rosse spiccavano sul suo viso chiaro ed erano spesso incorniciate da una folta barba. Anche lui era molto alto, ma non altrettanto snello; aveva una corporatura più robusta e muscolosa, che per quanto si sforzasse, Mika non era mai riuscito ad imitare. Parlava un inglese corretto ma aveva un forte accento greco, che non cercava di correggere e che facevano sentire il suo ragazzo po’ più al sicuro quando erano lontani e un cittadino greco gli rivolgeva la parola in inglese. Erano ormai quattro anni che non desiderava una persona diversa da lui al suo fianco, eppure all’inizio non avrebbe puntato un solo pence sulla loro storia: due persone così diverse non avrebbero potuto affrontare la vita insieme, non quella vita. La notorietà col tempo gli aveva messo davanti migliaia di persone, da qualsiasi Paese, di qualsiasi stato sociale e di qualsiasi orientamento sessuale; non erano rare le volte in cui qualcuno gli faceva delle avances più o meno esplicite, a cui rifiutava con sempre maggior frequenza e decisione. Quante altre volte avrebbe detto di no, dopo il prossimo aereo?
“Mika, guarda che lo so che mi stai guardando il culo”, scherzò, mentre già si avviava verso la zona pranzo che dava sul salone; “Guardiamo un film?” aggiunse poi sorridendo, non avendo avuto nessuna reazione alla battuta da parte del ragazzo, che però si decise a raggiungerlo. Andy sorrise e si avvicinò per baciarlo, non prima di notare della luce ardere nei suoi occhi, dopodiché fu Mika a prenderlo per mano e a guidarlo, silenziosamente, verso le scale di marmo; il ragazzo non oppose resistenza durante il tragitto, nonostante fosse disorientato dal modo di fare dell’altro. Percorsero il corridoio superiore stando attenti a non svegliare la piccola Melachi, mentre gli occhi verdi del primo benedivano il giorno in cui avevano deciso di tinteggiare le pareti di bianco: così, almeno, era in grado di vedere dove stavano andando. Mika aprì e chiuse la porta scorrevole con la mano libera, facendo passare anche Andy, prima di voltarsi a baciarlo senza neanche preoccuparsi di accendere la luce. Fu un bacio lento, col quale si presero il tempo necessario per riprendere confidenza con il corpo dell’altro. Poco alla volta, entrambi cominciarono ad avvertire la familiarità di quella situazione e si lasciarono andare: le mani affusolate di Mika avvolsero il collo di Andy, mentre assaporava il sapore delle sue labbra e della sua lingua.
Era intenzionato a non sprecare quel momento, così, mentre continuava a dare dei baci sulla bocca del compagno, fece scivolare le mani dal collo alle spalle e da lì scese a sbottonare il primo bottone della sua camicia, mentre l’altro lo stringeva più forte a sé con le sue braccia e lo faceva indietreggiare fino al letto matrimoniale.
Le labbra di Mika avevano rincontrato le sue, prima che entrambi si lasciassero cadere sui cuscini colorati che riempivano tutta la lunghezza del materasso; il libanese si sfilò rapidamente la felpa e tornò a baciare con foga le labbra di Andy, le mani avventate a terminare il lavoro con la sua camicia. L’altro, invece, ancora non riusciva a interpretare l’insolita veemenza del compagno; gli accarezzò dolcemente la schiena nuda con le dita, percorrendo tutta la lunghezza della spina dorsale e poi risalendo sù. Il suo respiro divenne pesante quando Mika cominciò a percorrere con le labbra il suo torace continuando a scendere sempre più in basso, mentre gli sbottonava i jeans con le mani. Gli sfilò i pantaloni con delicatezza, il desiderio del ragazzo già evidente sotto i boxer, e si soffermò sulla zona dell’addome per qualche secondo prima di continuare. Riusciva quasi a sentire i battiti del suo cuore, mentre perdeva il controllo sul resto del suo corpo per effetto di quello che gli stava facendo Mika.
Seguirono dei secondi intensi, nei quali entrambi riscoprirono il desiderio che nutrivano per l’altro; avevano condiviso quel tipo di esperienze esclusivamente tra di loro, sapevano che nessuno dei due aveva provato le stesse sensazioni con nessun altro al mondo e tanto bastava per essere sicuri che in quella stanza fossero riusciti a ritagliarsi il loro angolo di paradiso.
Passarono parecchi minuti, prima che entrambi decisero di fermarsi. Andy continuava a dare dei baci delicati sulla mascella del fidanzato, i gomiti puntati sul materasso per permettergli di avere il torace sollevato da quello di Mika, disteso sotto di lui. Entrambi riprendevano fiato mentre aspettavano che il loro cuore riprendesse a battere normalmente, poi il rossiccio diede un ultimo bacio alle labbra dell’anglo-libanese e si lasciò cadere sul materasso di fianco a lui.
“Mi sei mancato”, ammise poco dopo Andy, mentre Mika guardava pensieroso il soffitto. Si limitò ad annuire cupamente: anche a lui era mancato, nel senso più fisico che quella parola potesse avere, e gli sarebbe tornato a mancare presto, ma sapeva che quella decisione era necessaria per la sua vita – pubblica e privata – ed era deciso a non tornare sui suoi passi.
“Ahia!”, esclamò, dopo che Andy gli morse indispettito la spalla. “Così impari”, si giustificò Andy mentre si sistemava le coperte e si metteva a dormire, “Buonanotte, bastardo”. Mika pensò al significato delle ultime parole del fidanzato mentre si massaggiava la spalla, “Buonanotte”, rispose accigliato.
Controllò l’orologio luminoso sul comodino. Gli restavano solo altre tre ore prima di sgusciare via, a cinque mila chilometri da quelle lenzuola.
   
 
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