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Autore: mamogirl    01/10/2015    1 recensioni
Raccolta di one-shot e flash, non necessariamente legate e correlate fra loro, ispirate dalle più belle frasi e scene della coppia Klaine di Glee.
Genere: Angst, Drammatico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian Littrell, Nick Carter
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“i can’t stand being apart from the person I love.”
Blaine Anderson, Glee S03E01

 

 

 

 

 

La caffetteria era deserta, un fatto non propriamente insolito considerato che il sole stava appena incominciando a stiracchiarsi e allungare la sua forma rotonda lungo tutto l’orizzonte; il cielo portava con sé, fino a quel momento, quell’accenno di sfumatura di blu che sapeva di notte e ancora qualche puntino luminoso si attardava a spegnersi, magari intento a rimettere in ordine la sua invisibile dimora e prepararsi per la lunga dormita che attendeva assieme agli altri colori, a quell’ocra, arancione e rosa che annunciavano l’arrivo dell’azzurro.

Nonostante l’ora così impossibile, un tavolino all’angolo era già stato occupato: sulla sua superficie nera e lucida, due tazze di caffè avevano già adempito il loro dovere e, su due piattini rimanevano le briciole di brioche e biscotti. A pochi centimetri dal servizio bianco in porcellana, due mani si tenevano l’una nell’altra, le dita intrecciate come se quella fosse sempre stata la loro posizione naturale; i polpastrelli accarezzavano con dolcezza la pelle, disegnando cerchi e inizi di parole che erano immediatamente compresi senza bisogno di altro.

“Nick, non fare quello sguardo. – La voce di Brian si librò nel silenzio, accompagnato dallo sbuffare della macchina per il caffè e il traffico che, nonostante l’ora mattutina, incominciava già a fare nota la sua presenza. – Non lo sto facendo per cattiveria.”

“Lo so. – Ribatté Nick, accennando a un sorriso che, però, non riuscì a cancellare via quel grigio di tristezza che stava dando battaglia all’azzurro nei suoi occhi. – Ma non puoi proprio rimanere un altro giorno?”

Brian strinse la mano di Nick un po’ più forte, con l’indice che andò ad appoggiarsi sul pollice e si sfregò contro quella pelle ruvida, il segno di ore e ore trascorse a strimpellare le corde di una chitarra e migliorarsi sempre di più. Rimanere era una tentazione, anche solamente per una manciata di ore in più. C’era una mano che si stringeva attorno al cuore ogni volta che ci pensava, ogni volta che Brian si ritrovava a pensare che quelli fossero gli ultimi scampoli di minuti che egli avrebbe potuto trascorrere insieme con Nick. E ancora Brian non sapeva quando sarebbe potuto tornare, quando avrebbe potuto riunire la sua anima con quella di Nick: era quella un’incognita che alleggiava sopra la sua testa come uno di quei temporali che non avevi idea, e non potevi prevedere, quando avrebbero lasciato il posto al sole e al caldo. Sapevi solo che era lì, uno sfondo sempre più grigio e nero che minacciava l’azzurro e il sole.

La loro storia era giovane. Bambina se proprio volevano essere precisi e puntigliosi. Era nata come un soffio di vento; era sbocciata come un fiore che finalmente si sveglia e incomincia a mostrare i propri colori, accendendo il giardino con una nuova luce. Anni di amicizia, anni in cui si erano rincorsi e si erano nascosti, avevano semplicemente preparato il terreno per tutto quello che stavano vivendo, ma entrambi sentivano che le radici erano comunque ancora fin troppo fragili per tirare e spingere, con il rischio che sarebbe bastata una spinta un po’ più forte delle altre per strappare il fiore e farlo morire. Distruggere ciò che avevano fra le mani era qualcosa che entrambi volevano evitare a tutti i costi, consapevoli e grati di possedere qualcosa che era un diamante, una gemma, così raro e prezioso che solamente a pochi fortunati e a pochi eletti veniva concessa la possibilità di trovare.

Per questo Brian voleva andarci con cautela questa volta, e lasciare che il sentimento e quella storia crescessero e si fortificassero invece di affrettare i tempi, gettarsi esattamente come aveva sempre fatto in passato perché l’amore aveva quella particolare abilità di renderti cieco e di farti credere che ogni sacrificio fosse fondamentale e urgente. Per questo Brian stava aspettando a spostare e sradicare tutta la sua vita per poter rimanere ogni giorno, ogni ora e ogni secondo assieme a Nick, nonostante la sua anima e il suo cuore non facessero altro che spingerlo verso quella decisione e direzione. Ma aveva imparato la lezione, i cui segni erano ancora incisi sul suo cuore e che solo lentamente Nick stava riuscendo a lenire e far smettere di sanguinare; l’ultima volta, quel matrimonio che era durato forse come una fin troppo lunga finzione e recita, si era letteralmente annullato, aveva fatto tacere ogni strascico di individualità e ogni suo bisogno solamente perché desiderava, voleva far funzionare quel rapporto. Voleva che la sua compagna, la donna di cui pensava e credeva di essere innamorato, potesse essere felice e vedeva in quella missione l’unica soluzione affinché egli stesso potesse sentirsi appagato e felice.

Brian non voleva commettere lo stesso errore con Nick. Voleva renderlo felice, voleva esaudire ogni suo desiderio e richiesta e potergli donare qualcosa che potesse avvicinarsi il più possibile alla perfezione. Ma, allo stesso tempo, Brian voleva essere felice ugualmente. Non voleva annullarsi, non voleva reprimere quelle voci che gli consigliavano di andare con calma: solo così, almeno Brian pensava e credeva, lui e Nick avrebbero potuto avere l’infinità e l’eternità che un amore come il loro meritava di avere e possedere. In quell’ottica, in una visione che si estendeva da quel secondo a un numero infinito di attimi e momenti, importavano davvero quelle poche settimane, mesi, di attesa in più?

 “Sai che non posso. – Rispose Brian dolcemente. – Devo passare a prendere Baylee dai nonni e poi abbiamo ancora tutta la trafila per il divorzio...” La sua voce scivolò nel silenzio, impedendo a se stesso di rovinare quegli ultimi momenti con quei discorsi che riportavano a galla la triste e dura realtà.

Fu il turno di Nick di ricambiare la stretta di mano, offrendo un sorriso che riscaldò il cuore di Brian. Sapeva, Nick, che la loro situazione non era ancora delle migliori: entrambi uscivano da due storie importanti e pesanti, due relazioni che avevano lasciato degli strascichi e dei bagagli che ancora andavano svuotati e fatti scomparire. Sapeva ciò, Nick, ma non riusciva a far tacere quella vocina che urlava di desiderio, di bisogno quasi estremo e primordiale di poter avere la persona che amava sempre lì accanto a lui, sempre pronto a condividere con lui ogni gioia e ogni giorno, anche e soprattutto quelli che si sarebbero abbelliti di freddo e grigiore.

“La mia offerta è sempre valida, lo sai?”

“Non l’ho mai rifiutata.”

“Ma non l’hai nemmeno accettata.”

“E’ in fase di studio. Devo prima trovare il modo, e il tempo, per parlarne con Baylee.”

“Lo sai che mi adora.”

“Un conto è adorare, un altro è accettare di lasciare tutti i suoi amici e la casa in cui ha sempre vissuto e conosciuto per andare a vivere con il compagno di tuo padre. Non è qualcosa di semplice. – Lo sguardo di Brian si addolcì e Nick avrebbe voluto allungare il viso fino ad appoggiare le labbra e sfiorare la guancia del ragazzo con un bacio. Adorava quell’espressione su di lui, specialmente perché era uno sguardo che veniva riservato solamente a Nick: adorava, Nick, il modo con cui quelle poche linee si mettevano a riposo e quasi scomparivano mentre gli occhi diventavano e si dipingevano di una sfumatura speciale di azzurro, un misto fra il terso di una giornata estiva e l’oceano più calmo e trasparente. Era uno sguardo che lo metteva sempre di ottimo umore, che riusciva a rassicurarlo su come niente avrebbe potuto intromettersi fra loro due e il lieto fine. – Non voglio che ci siano malumori o rancori fra voi due.”

Come poteva, Nick, obiettare ancora di fronte a quell’affermazione? Era un territorio scosceso, ricco di insidie e Nick non poteva, e non voleva, biasimare Brian se preferiva andare con il freno tirato e aspettare che ogni aspetto fosse stato valutato e ogni pericolo sconfitto. Come poteva, Nick, chiedere a Brian di smettere di essere un padre e pensare solamente a lui? Un tempo lo avrebbe fatto, un tempo in cui non poteva capire perché quel bambino avesse preso il suo ruolo di unico centro attorno a cui ruotava, e sarebbe sempre ruotato, il mondo di Brian. Ma ora non c’era più quella gelosia e invidia sconosciuta, frammenti di un’immaturità che era stata messa definitivamente alle spalle: ora c’era solamente ancor più amore verso Brian, proprio e soprattutto per il modo perfetto in cui cercava di essere il miglior padre possibile.

“Non ci saranno. – Nick lo rassicurò, offrendo il più caldo e amorevole dei sorrisi. – Comprendo e non voglio spingerti. E’ solo che...”

“Solo che cosa?”

“E’ solo che ora, finalmente, mi sento più me stesso di quanto mi sia mai sentito in tutta la mia vita. Ci sono così tanti progetti a cui non posso non pensare Non so come spiegartelo ma credo davvero che questo possa essere l’anno della mia rinascita. E voglio condividere tutto questo con te. Voglio vivere tutto questo con te e Baylee.”

Brian si allungò verso il centro del tavolo, coprendo l’intreccio delle loro dita con l’altra mano. Nick gli rivolse un sorriso imbarazzato, quasi come se volesse riprendersi quelle parole che lo avevano quasi fatto assomigliare a un bambino viziato.

“E succederà. Forse non subito. Forse non questa mattina. Ma succederà.”

“Lo prometti?”

“Prometto. Un giorno, molto più presto di quanto tu possa sperare, saremo un’unica famiglia. Io, tu e Baylee.”

Anche Nick, a quelle parole, allungò il collo in modo da incontrare il viso di Brian a metà strada: le labbra si sfiorarono in primi tocchi, soffici carezze che sapevano e che mischiavano il caffè amaro con quello zuccherato, entrambi addolciti da una nota di cioccolato e biscotto.

“Non ti libererai mai più di noi.” Aggiunse Brian, appoggiando una mano sulla guancia di Nick.

“Bene. Perché non voglio essere libero.” Rispose Nick, suggellando quella dichiarazione con un bacio che diceva e narrava di una verità che non sarebbe mai stata ritrattata o messa in discussione. Libero significava anche essere solo e Nick non voleva più esserlo. Solo. Mai più.

“Tu non hai assolutamente idea in che cosa ti stai cacciando.” Disse Brian con un sorriso mentre strofinava la punta del naso contro quella di Nick.

“Adoro il mistero. E l’avventura.”

L’orologio ricordò a Brian che era ora di mettersi in viaggio, per quanto il suo stesso corpo si stesse rifiutando  di muoversi o di fare almeno cenno di alzarsi: lasciare Nick diventava sempre più difficile, nonostante una parte di sé continuava a ricordargli che era il modo più giusto di affrontare quella che era, e sarebbe stata, la storia e la relazione più importante della sua vita.

“Devo andare. – Brian mormorò in un respiro. – Se riesco, potrei raggiungere i miei dopo pranzo così mamma non si sentirà in dovere di rimpinzarmi come se non mangiassi da secoli.”

“E ci credi anche? Ti costringerà lo stesso a mangiare. E ha ragione.” Fu Nick a spezzare l’incanto, alzandosi e facendo scricchiolare la sedia all’indietro. Prima Brian sarebbe tornato a casa, prima sarebbe arrivato il momento in cui si sarebbero rincontrati. E, magari, la prossima volta sarebbe riuscito a convincerlo definitivamente ad accettare la sua proposta e trasferirsi da lui.

“Ehi! Io mangio!”

“Certo! Come un uccellino.”

“Ma è pur sempre mangiare.”

La cassiera scoppiò a ridere mentre osservava la coppia che, finito di pagare, lasciava il suo locale e si attardava di fronte alla macchina, l’unica presente in un parcheggio che sonnecchiava e che cercava di sfuggire dai raggi del sole che diventavano più forti e insistenti.

“Sto solo dicendo che un po’ più di carne non andrebbe male.”

In pochi passi Nick e Brian si ritrovarono vicino alla macchina di quest’ultimo, il chiaro segno che i minuti si stavano velocemente trasformando in secondi che, presto, avrebbero posto una distanza netta fra loro due.

“Pensavo che andassi matto per i miei muscoli.” La voce di Brian si abbassò di un tono, una vena di flirt e di gioco che si arrotolò attorno alle sue parole e che fece da sfondo a uno sguardo che divenne più malizioso. Quello sguardo che, anche a distanza di mesi e di settimane, riusciva sempre a far nascere un’esplosione di colori e di calore dentro Nick, come se qualcuno avesse deciso di far scoppiare i fuochi d’artificio ancor prima del quattro luglio. Quello sguardo che, come un magnete, riusciva sempre a far andare in corto circuito i suoi nervi e annullava ogni pensiero logico dentro la sua mente.

Si avvicinò. Nick, cancellando con pochi passi la distanza che esisteva e che li aveva tenuti separati anche per quei pochi centimetri. Si avvicinò, Nick, e abbassò il volto in modo da sfiorare l’orecchio di Brian con le sua labbra mentre le dita della mano, indisturbate, si infilavano sotto la maglietta e accarezzava la linea degli addominali.

“Oh, io amo i tuoi muscoli. – Sussurrò Nick, il suo tono che si abbassò e si adattò a quello del compagno. – E’ che ho sempre paura di spezzare le tue ossa.”

La risata di Brian si sollevò assieme ai primi segni di umidità dell’asfalto. Quella giornata stava già preannunciando di essere calda come quell’estate  che, appena iniziata, si era già rivelata essere adornata con alte temperature.

“Ci vediamo presto, okay? Prima di quanto tu possa credere.”

“Lo spero. Potrei chiedere una riunione del gruppo solamente per poterti vedere.”

“Magari una riunione in cui non ci sia bisogno di Howie, Aj e Kevin?”

“Brian Thomas Littrell, adoro questa tua mente così perfidamente geniale.” Le labbra di Nick scivolarono sulla linea della mascella, un soffio di sollievo quando esse si ritrovarono a sfiorare l’accenno di barba.

“Sono il cervello della coppia, ovviamente.”

“Ovviamente.”

Labbra e labbra si incontrarono mentre le mani di Brian si appoggiarono sui fianchi di Nick, stringendolo e spingendolo contro il suo corpo. Come ogni volta, come a ogni saluto, il corpo si ritrovò a studiare ogni piccolo dettaglio, incamerare ogni sensazione e ogni emozione per poter portarseli dietro e far fronte all’assenza e alla mancanza.

Il bacio durò l’essenza di qualche secondo, pochi attimi che si ribellarono contro l’entità del tempo perché avrebbero voluto avere qualche secolo in più, un’eternità in cui potersi danzare attorno fino a quando si sarebbero stancati e sarebbero stati portati via dal vento e dalla corrente. Si ritrovarono, Brian e Nick, occhi negli occhi mentre silenziose parole venivano portate e offerte come doni preziosi e rari.

“Presto?”

“Presto.”

“Mi mancherai. Dio, Bri. – Mormorò Nick mentre passava la mano fra i capelli di Brian. – Mi mancherai da morire.”

“Anche tu. – Ribatté Brian, lasciando tocchi di baci sulla guancia. – Anche tu. Non lavorare troppo, mi raccomando.”

“Tu che fai questo discorso a me?”

Lo sguardo di Brian non cedette nemmeno di un millimetro, trasformandosi in quella determinazione e serietà che il ragazzo assumeva sempre quando qualcosa gli stava particolarmente a cuore. Quando si trattava di prendersi cura delle persone più importanti della sua vita.

“Nick...”

Nick si lasciò sfuggire un respiro, a metà fra la frustrazione e l’arresa.

“Nick.”

“Va bene. Cercherò di riposarmi un po’ e di non nascondermi in studio.”

“Guarda che ti controllo.”

“Va bene, va bene. A patto che tu, invece, ci entri davvero in uno studio e incominci a cantare un po’.”

“Ci proverò.” Promise Brian, anche se con una lieve insicurezza e incertezza nella voce. Le nubi erano sì state lasciate dietro alle spalle ma i detriti di quella tempesta erano ancora così difficili da scacciare via, soprattutto quelle polveri così fini da essere invisibili.

“E’ inutile se ti chiedo ancora di restare?”

Il click dell’antifurto suonò dietro la schiena di Brian, seguito dal rumore inconfondibile della macchina che veniva aperta. Se fosse rimasto ancora qualche secondo Brian era certo che avrebbe capitolato. E non sarebbe stato giusto, soprattutto nei confronti di quel bambino per cui Brian stava così faticosamente cercando di essere un modello e un esempio da seguire.

“Presto.”

La portiera si aprì e si richiuse, nascondendo Brian dalla vista di Nick. Nick fece qualche passo all’indietro, risalendo sul marciapiede e ricacciando indietro le lacrime. Sorrise, invece. Sorrise e salutò con la mano, mormorando un “ti amo” a fior di labbra mentre Brian gli rivolgeva un ultimo sguardo prima di scomparire nel traffico.

“Presto.”

 

 

 

*********

 

 


 

Era una di quelle mattinate il cui cielo non prometteva niente di buono, plumbeo e con un vento che sussurrava alle onde di ingigantirsi e di sfogare tutta la loro rabbia sulla spiaggia e su tutto ciò che avrebbe incontrato sulla sua strada. Quel grigiore non aveva fatto altro che allearsi con l’anima di Nick, un’aurea malinconica che non aveva fatto altro che struggersi per quella distanza che, in giornate come quella, sembrava e appariva come se lui e Brian si trovassero su due differenti pianeti, due universi paralleli che non avrebbero mai potuto incontrarsi se non in poche e rarissime occasioni. La spiaggia lo aveva chiamato, lei con quell’aspetto ancor più triste e nostalgico mentre ricordava i giorni in cui il sole aveva scaldato e fatto brillare i suoi granelli come se fossero dei puntini dorati di una stella. E Nick non aveva potuto fare altro che rispondere a quella chiamata, gettandosi addosso una felpa e lasciando che fosse il suo istinto a indirizzarlo e guidarlo su strade e sentieri che, senza Brian al suo fianco, forse non avrebbe mai scoperto o pensato di provare.

Come era riuscito a sopravvivere prima? Prima che Brian diventasse il suo mondo e il centro di ogni pensiero? Prima che le sue giornate si riempissero di colori e di suoni, odori e sfumature che solamente l’avere qualcuno al proprio fianco riusciva a smascherare e portare alla luce? Non aveva vissuto, su questo non c’erano e non ci sarebbero mai stati dubbi. Aveva cercato di sopravvivere, un lungo e quasi infinito inverno trascorso in letargo, aspettando che la primavera e la luce facesse capolino e lo invitasse a vivere. Finalmente.

Più di tutto Nick odiava quella solitudine, quel peso che sembrava prendere possesso del suo mondo ogni volta che si ritrovava a dover affrontare le giornate contando solamente sulle sue sole forze. L’aveva sempre odiata, Nick. La solitudine. Sin da quei primi anni in cui si era ritrovato a camminare fra i corridoi di una scuola dove non aveva amici, dove nessuno davvero lo conosceva né voleva far amicizia con lui; sin da quando la sua casa, e la sua famiglia, si era trasformata in un incubo dal quale solamente gettarsi in un’avventura, come lo era stata quella del gruppo, poteva essere una fuga e un modo per non lasciarsi uccidere. Aveva tentato ogni cosa, qualsiasi rimedio, pur di cancellare quel silenzio opprimente che sembrava aver scelto proprio lui come compagno e come migliore amico e da cui non era mai stato capace di rescindere quel legame che sembrava averli legati a doppio filo: c’erano state feste a cui si era sentito obbligato a partecipare, solamente perché le quattro mura della sua camera sembravano essere le stesse di una prigione; c’erano stati alcohol e droga che avevano avuto l’onore e il dovere di cancellare quel vuoto che lo opprimeva, quella sensazione di essere solamente uno spazio inutile che attendeva solamente qualcuno, o qualcosa, che lo facesse scomparire definitivamente.

Brian aveva cambiato tutto quello, aveva preso il suo mondo e lo aveva completamente stravolto e aveva aiutato Nick a ricostruirlo pezzo per pezzo, mattone dopo mattone. Brian gli aveva dato speranza, gli aveva offerto un’ancora a cui aggrapparsi quando le vecchie abitudini, e quella che sarebbe stata sempre la sua famiglia nonostante l’odio e il rancore, venivano a bussare alla sua porta e volevano riportarlo, risucchiarlo, dentro quel vortice da cui non ne sarebbe mai più uscito vivo. Brian gli aveva insegnato che cosa significasse vivere per qualcun altro; avere qualcuno su cui riversare ogni pensiero e ogni attenzione. Avere qualcuno lì per lui, per quanto ora si trovassero a chilometri e chilometri di distanza. Perché lo sapeva, Nick. Sapeva che, se ne avesse avuto davvero bisogno, sarebbe bastata una chiamata per riportare il sole, e Brian, lì al suo fianco.

Nick comprendeva le sue cauzioni. Capiva e condivideva per quale motivo Brian volesse andare con i piedi di piombo: anche lui, anche Nick stesso, non voleva commettere gli stessi errori e buttarsi in qualcosa per poi scoprire che era stata solo una mera chimera. Anche lui, anche Nick, voleva che Baylee lo accettasse completamente, invece di trasformarsi in un’esasperante continua lotta in cui sapeva, senza ombra di dubbio, che sarebbe finito come unico escluso e sconfitto. Ma, allo stesso tempo, Nick era certo che quella non era una storia comune, o una relazione come le altre. Lo sentiva ogni volta che si ritrovava a pensare a Brian e il suo stomaco, ancora, si ritrovava a fare salti al’indietro e mille e infiniti giri della morte; lo sentiva quando si ritrovava a sorridere nel sentire il telefono che squillava, quando anche il più piccolo secondo trascorso insieme sembrava essere uno scorcio di paradiso.

Era per quello, per tutti quei motivi e per altre infinite ragioni, che ora la solitudine faceva ancora più male e pesava ancora di più. Nick non voleva più provare quel sentimento, non voleva più gettarsi in mille e più progetti solamente perché quello era l’unico modo per far tacere l’assenza e silenziare le voci nella sua mente. Voleva semplicemente stare con lui.

Era chiedere troppo?

All’improvviso Nick alzò il viso e non si ritrovò più sulla spiaggia: immerso come lo era stato nei suoi pensieri, non si era accorto di essersi allontanato dal mare e di essere entrato nella più vicina zona commerciale, un angolo che era stato creato e costruito apposta per i turisti e i vacanzieri che affollavano le estati ogni anno. Lì, quasi incastrato fra una gelateria che prometteva di essere parente delle migliori italiane e un ristorante che si spacciava per francese, c’era quella pasticceria che Brian adorava e che non mancava mai di visitare ogni volta che era da Nick.

“Andiamo Nick! – Lo esortò Brian mentre prendeva possesso di un braccio e cercava di trascinarlo verso la vetrina sfavillante e multicolore della pasticceria. – Solo un cupcake!”

“Bri...”

“E dai! Dici sempre che devo mangiare di più!”

“Sai che non ho problemi se vuoi mangiare di più. Ma io non posso!”

“Perché?”

“Lo sai perché. – Ribatté Nick, riuscendo a riprendere controllo del suo braccio e usandolo poi per circondare il compagno in un abbraccio. – Alcuni di noi non sono così fortunati nel poter mangiare qualsiasi cosa e non ingrassare nemmeno di un etto.” Terminò poi, la mano che si infilava nella camicia a contatto con la pelle. E con le ossa, come a voler sottolineare e a dar più peso e spessore alle sue parole.

“Solo uno. Hanno anche quelli senza grassi.” Tentò Brian di convincerlo.

“Che significa che non sanno di nulla.” Ribatté Nick, un sorrisino sul volto mentre le labbra si appoggiavano sulla nuca.

“Non è vero! Alcuni sono davvero buoni!”

“Se, e sottolineo un’infinità di volte il se che non vuol dire che lo farò, devo sviare dalla mia dieta allora lo farò con un vero cupcake. Crema e tutto.”

“Facciamo così. – Propose Brian, girandosi nell’abbraccio e osservando Nick negli occhi. – Tu mangi un cupcake insieme all’amore della tua vita e io...” Il tono di Brian si acquietò, trasformandosi in suoni languidi e caldi che scivolarono sulla pelle di Nick e riuscirono  a scatenare una piccola fiammata di incendio.

“E tu...?” Continuò Nick per il compagno, abbassando lo sguardo mentre il suo tono si trasformava in una sfumatura roca e maliziosa.

“Io potrei aiutarti a bruciare poi le calorie.”

“E come?”

“Beh... questa è una sorpresa…”

Il sorriso si era dipinto sul volto di Nick in risposta a quel ricordo, insieme a quel consueto e sempre ben accetto fuoco d’artificio che si scatenava mentre il corpo ripescava, dalla memoria, la sensazione dei baci di Brian sulla sua pelle e di quella risata cristallina che riempiva l’aria mentre entravano in pasticceria.

Brian gli mancava. Anche fin troppo.

Avrebbe potuto chiamarlo. Avrebbe potuto tirare fuori dalla manica l’asso vincente che funzionava sempre, quel tono così triste e malinconico che riusciva sempre a convincere Brian a capitolare e accettare le sue richieste. Sì, lo avrebbe chiamato e lo avrebbe implorato di venire lì da lui. Anche solo per un giorno. Una manciata di ore sarebbero certamente state meglio di quel vuoto e di quel continuo desiderio e bisogno di stare insieme.

Oppure...

L’idea nacque proprio mentre la porta della pasticceria si apriva e un ragazzo usciva con una scatola d’asporto. Per quale motivo doveva sempre aspettare che Brian fosse libero o meno? Per quale motivo pregare e scongiurare, quando l’unico impegno della sua giornata era semplicemente tentare di sfuggire l’assenza e la mancanza di Brian? Quella volta sarebbe stato lui a prendere le redini e fare una sorpresa a Brian: senza nemmeno avvertirlo, senza lasciarsi sfuggire nemmeno il minimo indizio, si sarebbe presentato a casa sua con la più grande scatola di cupcakes.

Sì, quella volta sarebbe stato Nick a sorprendere Brian.

 

 


*********

 

 

 

“Papà? Papà!”

La voce strillante di Baylee si arrampicò sul soffitto e, seguendo i cavi della corrente, venne sospinta dalla cucina fino al salone, lì dove Brian stava aprendo l’ennesimo scatolone. Appoggiò il taglierino sul tavolo e, alzando gli occhi al cielo, si ritrovò a seguire quel richiamo e raggiungere suo figlio in cucina.

“Che cosa c’è?”

Baylee era in mezzo alla cucina, così immacolata non perché Nick adorasse pulire e tenere tutto in ordine ma semplicemente perché era quella la stanza che meno utilizzava, e il suo volto era una perfetta imitazione dell’espressione dubbiosa del padre, il sopracciglio alzato e il mento accigliato.

“Perché abbiamo portato anche le pentole? Nick non le ha?”

“Nick? Pentole? Cucinare?” Ribatté Brian, anch’egli con il sopracciglio alzato.

“Beh ma le pentole...”

“Baylee. E’ Nick. La logica non può essere usata quando si tratta di lui.”

Una scrollata di spalle fu l’unica risposta che Brian ricevette da parte di suo figlio, prima che si rimettesse a svuotare il suo scatolone e impilare, con ordine e cura, le pentole sul bancone in granito della cucina. Quando erano arrivati, quella mattina, Brian si era ritrovato sorpreso di non trovare Nick a casa: la macchina era parcheggiata davanti all’ingresso ma della figura del compagno non vi era stata alcuna traccia. Brian lo aveva preso come un segno del destino, l’ennesima conferma che quella era stata la scelta e la decisione più giusta. Alcuni l’avrebbero presa come una follia e, ripesandoci a mente fredda forse non avevano esattamente tutti i torti, ma più ci ripensava, più si guardava attorno e più Brian si ritrovava a dirsi che non era per niente pazzo. O folle. Era la cosa più naturale di quel mondo prendere tutta una vita e sradicarla, solamente perché ci si sentiva come un’anima vuota a metà.

Come un corpo a cui gli mancava metà dei propri arti e ossa.

Così si era sentito Brian una volta che era ritornato a casa. Come se qualcuno gli avesse rubato tutti i colori e gli avesse lasciato solamente una sfilza infinita di sfumature che andavano dal grigio al nero. Aveva continuato a rimuginare sopra le parole di Nick, quella supplica di trasferirsi e poter finalmente condividere ogni aspetto, ogni minuto della loro vita e non sentire più quel sordo dolore di mancanza e di bisogno.  Aveva continuato, Brian, a ripensarci e ripensarci fino a quando la decisione fu presa come se fosse un semplice viaggio al supermercato.

“Bay, sei davvero sicuro? Siamo ancora in tempo a riprendere tutto e tornare a casa...”

“Papà! – Sbuffò Baylee, come se fosse la centesima volta che si era visto costretto a rispondere a quella domanda. Ed era la verità, visto che quella domanda era stata pronunciata non solo per tutti i giorni antecedenti a quel trasloco così improvviso, ma anche per buona parte del viaggio che li aveva visti salutare la casa in cui Baylee aveva trascorso buona parte della sua esistenza. – Ho già detto di sì.”

“Lo so, lo so. Ma voglio che sia la scelta migliore anche e soprattutto per te.” Ribatté Brian, avvicinandosi e sistemandosi di fronte a quella che, ogni giorno che passava, assomigliava sempre di più alla sua goccia e riflesso.

Dove era volato via il tempo? Quando suo figlio si era trasformato in quel ragazzino, quel primo sbuffo di adolescente che sembrava non essere per nulla sconvolto dalle rivelazioni di suo padre? Era sempre stato quello la sua più grande paura, quel terrore di poter rovinare completamente un’anima che si stava appena formando e che avrebbe portato le cicatrici per tutta la sua vita. Ecco perché era stato cauto, lasciando qualche indizio qua e là prima di arrivare e presentargli tutta la verità: Brian si era aspettato urla, Brian si era aspettato porte sbattute e minacce di odiarlo e di ritornare a vivere con sua madre.

Non era successo proprio nulla di quello che Brian aveva temuto. La notizia non era stata accolta con cartelloni e strilli di gioia, quello Brian sapeva che non sarebbe potuto succedere, non soprattutto inizialmente. Ma suo figlio, quel batuffolo che molti anni prima aveva tenuto in braccio e gli aveva promesso di essere il miglior padre al mondo, aveva tirato fuori una maturità che aveva lasciato Brian senza parole.

“Papà, basta che sei felice. – Gli aveva detto Baylee, alzando lo sguardo dal videogioco che aveva tenuto ostaggio la sua attenzione per la maggior parte del tempo. – Questo significa che possiamo andare a vivere sulla spiaggia?”

La decisione era stata presa poco dopo esser tornato da quei pochi giorni, quegli scampoli di felicità che era sempre più difficile da abbandonare e da rilegare come piccoli attimi di un paradiso che, ora, Brian sapeva di meritarsi più di qualsiasi altra persona al mondo. Meritava, specialmente e soprattutto dopo gli ultimi anni di inferno e tempesta, di poter condividere le nuove gioie insieme alle due persone che più amava e di vederle crescere insieme. Lui e Nick meritavano quell’occasione, quella possibilità più unica che rara di poter finalmente cancellare i dissidi e le lontananze del passato  e di costruire un futuro insieme.

Di diventare una famiglia.

La decisione era stata presa e, con essa, anche la scelta di far sì che fosse totalmente e completamente una sorpresa per Nick. Non voleva dargli false speranza, non voleva renderlo entusiasta ed eccitato per qualcosa che ancora andava preparata in tutti i minimi particolari: carte da firmare, documenti da cambiare e scuole da cercare e constatare che fossero disposte ad accogliere suo figlio. Ma tutto era andato per il meglio, nessun intoppo li aveva ostacolati e la sera prima lui e Baylee avevano caricato un furgone, noleggiato apposta per l’occasione, con tutti i ricordi una vita che stava per essere cambiata totalmente.

Un’avventura.

E Brian non vedeva l’ora di vedere l’espressione che si sarebbe dipinta sul volto di Nick quando avesse visto, quando avesse compreso il regalo che lo stava aspettando impazientemente a casa.

“Qui o da qualche altra parte non ha importanza. – La voce di Baylee riprese Brian per mano e lo riportò indietro dai suoi pensieri, focalizzandosi su quei attimi che anticipavano l’arrivo di Nick. – Mi importa solo di stare con te, papà.”

Un groppo di emozioni decise di prendersi possesso della gola di Brian, seppur quell’incapacità di emettere anche una sola sillaba poco aveva a che fare con quella malattia che gli aveva rubato via gli ultimi anni della sua vita. Era semplicemente commozione, un cumulo di sentimenti difficili da spiegare perché non si potevano discendere da quell’amore universale e totalitario che un padre poteva provare per il proprio figlio. Così, invece di aggrapparsi a parole che potevano uscire in malo modo oppure non trasmettere tutto quello che avrebbe voluto invece dire, Brian si ritrovò ad annullare la distanza che si trovava fra loro due e, dopo aver arruffato i capelli biondi e ricci del figlio, lo abbracciò per qualche secondo di amore e di linguaggio silenzioso e invisibile.

“Sei il miglior figlio che avrei mai potuto avere, lo sai?”

Un bacio si appoggiò fra i capelli, un soffio di quel profumo che era sempre così peculiare quando si trattava di qualcuno che condivideva buona parte del tuo dna.

“Quindi significa che posso andare sulla spiaggia?” Domandò Baylee, liberandosi dall’abbraccio del padre e voltando lo sguardo verso i tocchi di azzurro che si potevano intravedere dalle finestre della cucina.

“Quando avremo finito di tirare fuori e sistemare tutto... – Uno sguardo di insoddisfazione si tramutò in un broncio sul volto del ragazzino ma non bastò a vincere le resistenze del padre. - ... E poi non vuoi vedere la faccia di Nick quando ci vedrà?”

Quasi come se Brian avesse pronunciato delle parole magiche donatogliele da un improvviso e sconosciuto mago, la porta dell’ingresso si aprì e si richiuse avvertendo l’arrivo del proprietario ancora del tutto ignaro di ciò che si sarebbe ritrovato fra le mani.

“C’è qualcuno? - La voce incerta di Nick si appropriò dell’aria all’interno della casa. Brian fece segno a suo figlio di rimanere in silenzio mentre lui si spostava verso la zona dell’ingresso, lì dove Nick stava osservando con fare sorpreso e shockato la montagna di scatole che avevano trasformato e cambiato l’arredamento della stanza principale. – Bri? Sei proprio tu?”

Un primo accenno di dubbio si trasformò in un fastidioso tarlo all’interno della testa di Brian. E se Nick avesse cambiato idea? Forse avrebbe dovuto parlargliene prima, almeno accennargli ciò che era in procinto di fare. Era stato uno stupido romantico, ecco che cosa era stato! Come aveva potuto precipitarsi e piombare all’improvviso in casa di qualcun altro, per quanto questo qualcuno fosse il suo compagno? La persona che, solamente una settimana prima, lo aveva scongiurato di cancellare i chilometri di distanza?

“Sorpresa?” Si ritrovò Brian a mormorare titubante, cercando allo stesso tempo di mostrare una facciata di sicurezza e di nessuna incertezza. Ormai il dado era stato tratto e l’unica cosa che Brian poteva fare era cercare di salvare tutto ciò che si poteva.

“Io... stavo per venire da te. Volevo essere io a farti una sorpresa, una volta ogni tanto. Sono stato anche in quella pasticceria che tanto ami... – Nick appoggiò la scatola rosa sul tavolino vicino all’ingresso e fu in quel momento che notò gli scatoloni. Era facile fare il collegamento, soprattutto per il modo con cui ognuno di quelle scatole marroni erano state etichettate con precisione, ma Nick non voleva buttarsi così, senza nemmeno avere una rete di sicurezza. Davvero Brian aveva fatto un gesto così istintivo? Davvero aveva gettato qualsiasi cauzione al vento e aveva abbandonato tutto solamente perché lui, perché Nick, glielo aveva chiesto? – Che succede? Di chi è quel furgone parcheggiato all’entrata?”

“Credo che sia abbastanza... limpido, no? – Ribatté Brian, la voce che venne risucchiata via in un piccolo e rapido attacco di tosse nervosa. – Insomma, non è che casa tua sia molto fornita. Soprattutto la cucina. Ora mi spiego perché non mangi mai a casa, visto e considerato che non siamo riusciti a trovare nemmeno una singola padella...”

“Noi? Noi chi?” Lo interruppe Nick, il cuore che batteva furiosamente contro il petto. Erano battiti di felicità. Di gioia. Se non fosse stato troppo ridicolo, Nick si sarebbe dato un pizzicotto giusto per ricordarsi e rendersi conto che non fosse un sogno.

“Io e Baylee, ovviamente. Chi altri?”

“Ma... ma... dicevi che era complicato...”

“In realtà, era complicata la mia ansia. Avevo paura di sbagliare, avevo paura di buttarmi come avevo fatto le altre volte e annullarmi. Perché ti amo, ti amo così tanto che a volte io stesso mi spavento di quanto sia forte e intenso questo sentimento. E ti amo così tanto da voler realizzare qualsiasi tuo desiderio, senza badare alle conseguenze per me o per qualcun altro. Ma sono un padre, no? Dovrei pensare anche a Baylee. Dovrei pensare soprattutto a lui e a ciò che sia meglio per lui e per la sua crescita. – Una mano trovò la sua via fra i capelli di Brian, o almeno quei pochi e corti fili dorati rimasti. – E, alla fine, è stato proprio lui a darmi la spinta finale.”

“In... in che modo?”

“A quanto pare, ero insopportabilmente triste senza di te. Specialmente se  lo tenevo sveglio fino a tardi a far finta di essere Jedi in un’epica battaglia di spade laser. – La risata nacque da entrambe le labbra, incontrandosi a metà per creare una melodia di gioia e di sollievo. – Abitare sulla spiaggia, apparentemente, è stata la goccia che ha fatto vincere un posto piuttosto che l’altro.”

“Quindi... quindi Baylee vuole vivere qui? Con me?”

“Con noi. – Lo corresse Brian. – A lui importa che io sia felice. E io sono felice quando posso stare con te. E con Baylee. Senza dovermi dividere fra chilometri e chilometri di benzina e di ore perse in viaggi.”

Nick era ancora incredulo. Era un sogno. Sembrava un sogno. E svegliarsi, risvegliarsi in quella realtà dove finalmente un suo sogno aveva preso le sembianze di un bambino vivente, era quasi spaventoso. E se avesse fallito? E se Brian si fosse reso conto che era impossibile vivere con lui? E se Brian non avesse sopportato di dover star dietro a due bambini, visto e considerato quanto poco lui sapesse di come si portava avanti una casa o di come educare un figlio?

E non voleva, no decisamente no, Nick non voleva che Brian potesse svegliarsi una mattina e rimpiangere la scelta fatta. Rimpiangere di essersi trasferito solamente perché lui, perché Nick, non era capace di funzionare come un qualsiasi altro essere umano se lasciato da solo. Non voleva, Nick, che Brian gli rinfacciasse quella decisione, quell’atto così stupidamente coraggioso e romantico che, però, lasciava intendere che ci fossero delle insidie nascoste dietro quella patina fiorata e perfetta.

“Dimmi che ci hai riflettuto. Dimmi che ci hai pensato in quel modo così complesso e cervellotico che fai ogni volta che devi prendere una decisione. Dimmi che hai fatto la tua lista di pro e contro, elencato ogni vantaggio e difetto di trasferirti qui con me. Lo devi aver fatto perché lo fai anche quando vai a fare la spesa e questo è decisamente più importante e serio di una marca di caffè, no?”

Brian non rispose. Non immediatamente. Semplicemente fece quei pochi passi e raggiunse Nick, ancora fermo e immobile a pochi passi dalla porta d’ingresso. Lo raggiunse e avvolse le braccia attorno alla vita del ragazzo, le labbra che andarono a punzecchiare la linea del mento visto quei centimetri di differenza di altezza che esisteva fra loro due.

“Dimmi che non lo hai fatto solo perché te l’ho chiesto. Ti amo ancor di più, se mai fosse possibile. Come posso non farlo quando mi rendi così felice? Ma non voglio che questa cosa, questa tua decisione, possa intromettersi fra noi fra qualche anno, quando ci ritroveremo a discutere o a litigare. Non voglio che tu possa usarla come un’arma, Bri.” Nick non aggiunse quelle parole che stavano scivolando nella sua mente, quel “non permettere, non farci diventare come i miei. Non lo fare.” che era così implicito e, allo stesso tempo, così perfettamente leggibile nei suoi occhi.

Brian allungò una mano, lasciando che si appoggiasse sulla guancia di Nick. La carezza si rivelò essere un tocco gentile e delicato che Nick si ritrovò a chiudere gli occhi e assaporare quella sensazione, lasciando che essa cancellasse via quella tristezza e quella sofferenza che sapeva di storie e passati completamente differenti.

“Non l’ho fatto solo per te, se è questo che ti preoccupa così tanto. – Lo rassicurò Brian. – In parte sì perché voglio farti felice. Voglio realizzare ogni tuo desiderio, fintanto che siano nel limite del umanamente immaginabile.”

“Oh, quindi non mi regalerai mai un’astronave che mi permetta di andare su Marte?”

“Non in questa vita, purtroppo.”

“Dovrà farmene una ragione, allora.” Rispose Nick, sfoderando quel sorriso e quel ghigno che riusciva sempre a sciogliere Brian e a farlo sentire speciale perché quello sguardo erano sempre rivolti a lui.

“L’ho fatto, ho preso questa decisione, perché non sopporto, anzi, odio dover stare lontano dalla persona che amo. Odio dovermi sentire diviso a metà, dover dividere le mie attenzioni ed energie. Questa è la soluzione perfetta: posso vivere, posso rimanere ogni giorno e ogni notte assieme alle due persone che amo di più. Qui, sotto un unico tetto. Non mi devo più dividere. Posso dedicarmi ad entrambi contemporaneamente. E ciò non solo mi rende felice, ma fa felici anche te e Baylee.”

La risposta di Nick non si fece attendere: un braccio circondò i fianchi di Brian, appoggiandosi con precisione nel centro della schiena e facendo in modo che i loro due corpi aderissero come non ci fossero leggi fisiche o di gravità che potessero obiettare; l’altra mano si intrufolò fra i capelli, le dita che presero a giocare con le punte dei capelli e che, in tocchi elettrici, sfioravano continuamente la pelle della nuca. Gli occhi brillarono per qualche secondo, quella luce che Brian non avrebbe mai potuto spiegare se non come se non ci fosse nessun altro, nient’altro, che potesse rubare l’attenzione di Nick via e lontano da lui. Quella luce che diceva, che spiegava come mai le parole non avrebbero potuto fare, che in quel momento non esistevano altro che loro. Loro e quelle sensazioni che si alzavano come onde di una marea invisibile. Loro e quei fuochi d’artificio pronti a scoppiare e alzarsi in cielo mentre ogni nervo e muscolo riprendeva quella connessione con un corpo che, anche se non era il suo, sembrava fosse una continuazione perfetta e naturale. Le labbra si cercarono, prima in un gioco di corrersi e nascondersi, appoggiarsi in punti sensibili per poi scomparire. Per poi lasciare spazio a tocchi e baci, profonde conversazioni e condivisione dello stesso atomo di ossigeno.

“Sicuro? Sicuro sicuro sicuro?” La voce di Nick uscì in un fiato che ancora doveva riprendere controllo, si appoggiò a fior di labbra e si divertì a stuzzicare la punta del naso di Brian.

“Mh.. davvero stavi venendo da me con i cupcakes?” Domandò Brian, le labbra che non riuscivano a staccarsi dalla pelle di Nick. O, meglio, non volevano staccarsi e così continuavano a sfiorarla e toccarla, librandosi come docili farfalle di primavera.

“Anch’io non riesco a stare lontano da te.”

“Beh, ora non dovrai...”

Brian non riuscì a terminare la sua frase perché, come puntualmente poteva succedere in ogni coppia di genitori, Baylee spuntò dalla cucina facendo sentire la sua presenza.

“Possiamo andare in spiaggia? Le smancerie potrete farle tranquillamente in camera vostra. Dopo la spiaggia!”

Brian scoppiò a ridere, una risata che riuscì quasi a rubare via il respiro quando i suoi occhi si trovarono a osservare l’espressione di Nick, le guance completamente paonazze e occhi sgranati come se la polizia fosse entrata all’improvviso in una retata di droga.

“Dovrai solamente farci l’abitudine, mio caro. - Cercò Brian di rassicurarlo, spuntando un bacio sulla punta del naso per poi staccarsi e andare a rincorrere suo figlio. -  Bay! Quali erano i patti...?”

I lineamenti del viso di Nick si addolcirono mentre ancora la voce di Brian, ora mescolata con quella più squillante del ragazzino, continuavano a prendere possesso del suo udito. Poteva. Poteva abituarsi a interruzioni di quel genere.

Voleva.

E sarebbe accaduto. Perché quel futuro non era più solamente un sogno irrangiungibile. Quel futuro si stava rivelando reale all’interno della sua cucina. No. Della loro cucina.

Nella loro casa.

“Bay! Che ne dici se lasciamo tuo padre a mettere in ordine e noi ce ne andiamo in spiaggia?” Si ritrovò Nick a urlare mentre raggiungeva padre e figlio in cucina. Mentre raggiungeva, finalmente, la sua famiglia.










 

 

 

 

 

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E sono tornata. Con un po' di sano fluff, senza angst o drammi. (Sì, è sconvolgente. Lo so.)
Come da incipit, l'idea e l'ispirazione nasce dalla prima puntata della terza stagione di Glee, quando Blaine si trasferisce per stare insieme a Kurt.  
Sento troppo la mancanza dei miei bimbi!!!! Entrambe le coppie! ç_ç
 

 

 

 

 

 

   
 
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