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Autore: kamy    14/02/2009    4 recensioni
Un ragazzo di nome Carlo, cresciuto in una vita che potrebbe essere quella di chiunque, si ritroverà catapultato in mondo fatato, abitato da strane creature. Tra pericoli, insidie, nuove amicizie, giovani amori, dovrà salvare dalla distruzione un intero pianeta. E' il mio primo romanzo di questo tipo, perfavore leggetelo.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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bbbb

Ringrazio anche solo chi legge.

 

Cap.7 Il gruppo si divide

Con la luce prodotta da Robert videro lo strano personaggio che gli stava di fronte. Era un vecchio. Vestito di nero con gli occhi rossi e i capelli neri. Con voce profonda: “Vi aspettavo, mia sorella mi aveva preannunciato il vostro arrivo. Tenete la chiave. Sapete che dovrete soffrire, ma non sarà qualcosa di terribile”. Detto questo gli consegnò una chiave di cristallo nero. Lotshar si teletrasportò fuori felice di essere uscito. Poi fu il turno di Robert di uscire. Infine Carlo a bordo della nuvola. Una volta fuori, dopo che Carlo era a terra, la nuvola vide Michelangelo. Scambiandolo per un suo vecchio padrone gli si attaccò. Voleva essere la sua cavalcatura. Questi discorsi ingelosirono Fiamma. Che ruggendo fece scappare la nuvola. Che rimpicciolendosi si mise nello zaino di Michelangelo. Ripartirono alla volta della prossima chiave. Ricard era di nuovo rimasto indietro. Gli amici ormai si erano abituati a quel suo strano modo di camminare. Ogni volta che gli chiedevano come stava rispondeva bene quasi arrabbiato. Era da dopo che avevano sconfitto gli orchi che aveva quello strano comportamento. Affaticato Ricard si aggrappava alle fronde degli alberi. Finchè stremato cadde in ginocchio con un lamento. Carlo sentendo Ricard gli andò in aiuto. Ricard cercò di allontanarlo assicurandogli che stava bene. Il dolore lo tradì. Carlo si accorse che Ricard si teneva la pancia. Alzò un po’ il gilè e la maglietta e vide che aveva una grande ferita alla pancia. Il sangue aveva sporcato la maglietta. Donatel aiutò Ricard ad alzarsi. Sapeva cosa fare in questi casi. Suo zio essendo medico glielo aveva insegnato. Ricard rosso dalla vergogna ammise: “Quando mi sono sporto fuori dalla caverna per lanciare il getto d’acqua un orco mi ha colpito. Per non rallentare la spedizione non ho detto nulla”. I ragazzi decisero di trovare un riparo perché Ricard non poteva andare avanti in quelle condizioni. Camminando un'altra mezza giornata avvistarono una città. Era una città nemica. Decisero che si sarebbero fermati lì fino alla guarigione di Ricard.  Prima di entrare Robert cambiò l’aspetto di Miriam. Perché le donne non erano ammesse. La fata si cambiò anche d’abito. Si mise la maglietta e i pantaloni che gli avevano dato in fondo al lago. Entrarono spacciandosi per dei menestrelli. Lasciarono i draghi nelle scuderie. Girarono fino a sera in cerca di una taverna. A sera erano esausti. Lotshar dalla stanchezza andò a sbattere contro un energumeno. Che si mise a urlare: “Vi sfido a duello mocciosi”. E si mise a ridere come un pazzo. Carlo ne approfittò e lo disarmò. L’uomo impressionato cambiando atteggiamento (fife eh? NdA) disse: “Amici. Cosa cercate?”. Ricard prendendo in mano la situazione disse: “Siamo umili menestrelli. Siamo stati attaccati dai predoni. Che mi hanno ferito. Stiamo cercando una taverna dove mi possa curare”. L’uomo gioviale disse: “Venite vi porto alla taverna del cinghiale”. I ragazzi si lasciarono condurre. La taverna consisteva in un palazzo lungo e stretto di due piani. L’insegna era caduta per terra. Una volta entrati un tanfo di carne putrida li assalì. Era un luogo frequentato da molti brutti ceffi. I ragazzi si sedettero a un tavolo a mangiare. I bicchieri erano sporchi. L’acqua maleodorante, erano certi non fosse potabile. Arrivò l’oste portando una brodaglia dentro” cui galleggiavano strane cose. Lado ci trovò un occhio. Ad un certo punto un soldato del Generale Barden si alzò dicendo: “Festeggiamo. Menestrelli cantate. Ricard sorretto da Donatel cominciò a cantare. Gli altri gli fecero eco. Cambiarono qualche parola. Alla fine Michelangelo, vedendo che Ricard era sul punto di cadere a terra, disse: “Ci piacerebbe fare il bis, ma il mio amico è ferito. Preferiremmo andare nella nostra camera”. L’oste li accompagnò in una camera provvista di quattro letti a castello. Robert avrebbe dormito per terra. Donatel cominciò a curare Ricard. La ferita aveva fatto infezione. Era troppo profonda perché i poteri di Miriam funzionassero. Robert non poteva recitare gli incantesimi di guarigione perché un altro mago avrebbe avvertito la sua presenza. Lado non poteva ancora usare i suoi poteri. La ferita per guarire ci avrebbe messo alcuni giorni. Quella notte apparve la stana figura che avevano sognato. I ragazzi si svegliarono e trovandosela davanti si spaventarono. Con voce calma e rassicurante la strana figura disse: “Non abbiate paura io sono qui per aiutarvi”.  Detto questo si avvicinò. Robert l’attaccò, senza usare la magia. Lei alzò la mano. Robert si bloccò immediatamente. Gli altri non riuscivano a muoversi. L’essere iniziò a succhiare. E Robert cadde a terra svenuto tremando. L’essere stava per riprendere a succhiare, quando Miriam attirò la sua attenzione. L’essere si avvicinò a lei. Carlo corse in suo aiuto. In quel momento David si svegliò. Vedendo l’essere cominciò a urlare: “Veggente c’è l’incappucciato!!!”. Apparve il veggente. I due cominciarono a lottare furiosamente. Dopo un po’ la luce dell’alba si affacciò alla finestra. E i due sparirono. David rassicurò tutti dicendo che quei due non si sarebbero fatti più vedere. Robert si riprese dicendo che era come se quell’essere gli avesse succhiato la felicità.  Quella mattina inaspettatamente Ricard disse: “Avete visto cosa è successo. Quanto Barden sia forte. Non abbiamo tempo da perdere. Rischiamo di essere sconfitti. Lasciatemi qui. Vi raggiungerò quando sarò guarito. Ok?”. Dopo aver discusso tutta la mattina Ricard li convinse. A patto però che Donatel restasse con lui. Invece Tempesta e Tecno andavano insieme agli altri. A malincuore ripartirono. Michelangelo, Lado e Leopold piansero tutto il giorno. Tempesta e Tecno invece non capivano dove fossero i padroni e ululando li cercavano. Robert, una volta lontano dalla città, ridiede il vero aspetto a Miriam. La sera Tempo apparve. Lasciando a Carlo la chiave. Era d’oro con un foro dove Carlo incastonò la pietra. Ora tutta la chiave emanava quella strana aura. Matteo la mise in tasca.

 

Aido  intanto non se la passava tanto bene. A tutte le misure di sicurezza avevano aggiunto l’abitudine di appenderlo. Fortunatamente non a testa in giù. Una sera arrivò, come ulteriore guardia, qualcuno che Aido conosceva fin troppo bene. Era Lindar. Era una Banschee. Erano donne bellissime che potevano trasformarsi in esseri orribili. Era stata la sua fidanzata finche non era passata al nemico. Gli si avvicinò ridendo. Era ancora bella, anche se non era più una ragazza, ma una donna. I suoi poteri ammaliatori funzionavano ancora visto che gli orchi le sbavavano dietro. Smettendo di ridere disse: “Guardate ora il grande condottiero. Ridotto ad un salame. Peccato che non hai capito chi era il più forte”. Detto questo si andò a sedere. Aido avrebbe fatto qualsiasi cosa per levarsi quel bavaglio. Lo sputò, ma era legato dietro. Arrabbiato diede una spinta a un orco. Quello, però, ammaliato com’era, non se ne accorse. Forse l’arrivo di Lindar era un vantaggio.

 

Carlo volando risparmiò un bel tratto di strada. Gli altri volando a cavallo dei draghi lo seguivano. Quando videro un accampamento nascosto tra le montagne, gli si avvicinarono. Arrivati lo trovarono deserto. Credendo non ci fosse nessuno fecero per andarsene. All’improvviso uscirono decine di uomini armati. Un imboscata.

 

Ricard e Donatel non se la passavano male. I soldati erano ripartiti alla volta della battaglia. Con felicità di Ricard anche i “senza sentimenti”. Soldati privi di umore, sempre seri. La città era svuotata. I pochi cittadini rimasti, soprattutto forgiatori di armi, andavano a sentire le canzoni di Ricard e Donatel. Che si pagavano vitto e alloggio in quella locanda maleodorante. Ricard aveva una bella voce e Donatel conosceva parecchie canzoni. Come ulteriore buona notizia la ferita migliorava. Anche se era ancora infetta. Una sera però la pacchia fini. Entrò nella locanda un signorotto pomposo. Con al seguito le guardie scelte di Barden. Ricard non era in grado di lottare. Donatel da solo contro un centinaio di uomini scelti dai poteri inimmaginabili era in netta minoranza. Il signorotto disse: “Sono i cantastorie che cercavamo per il compleanno del supremo Barden”. Con le lance puntate al collo, i ragazzi furono costretti a salire a bordo di una carrozza con le due guardie più forti. La carrozza era viva. Le uscirono due gambe con cui prese a correre a grande velocità. Uscirono delle corde da tenda che legarono Ricard e Donatel.

 

Carlo e gli altri erano stati circondati. Il capo del gruppo nemico si fece avanti. Una fata adulta con capelli blu al vento e due infuocati occhi rosa. Quando vide Miriam le saltò al collo dicendo: “Sorellina, che ci fai qui?”. Miriam rispose: “Stella che ci fai tu qui?”.  Stella orgogliosa rispose: “Organizzo la resistenza nella Terra delle Rocce”. Stella incuriosita domandò: “Che ci fanno sette ragazzi e nove draghi sperduti nelle montagne?”. Carlo prese la parola dicendo: “Siamo in missione segreta”. Stella squadrò Carlo con sguardo indagatore. Tornando alla sorella disse: Non vi chiederò niente. Vieni e porta anche i tuoi amici”.  Li condusse ad una tenda. Sedutasi in una poltrona, forse l’unica del campo,parlò di nuovo: “Questa è la tenda del capo. Tutti questi ribelli li comando io”. Insistette per farli rimanere alcuni giorni. Dopo tre giorni. Carlo gentilmente le disse: “Non possiamo rimanere. Abbiamo addirittura lasciato dei compagni dalla fretta. Cerchiamo delle chiavi magiche”. Stella rise e mostrando una chiave d’oro disse: “Come questa? Me l’ha data un centauro che andava in giro con un satiro. Dicendo che la dovessi dare ad un prescelto che la cercava. Sei tu?”. Carlo non indecisione fece segno di si col capo. Stella con espressione seria gli porse la chiave e disse: “La Terra della Luna è la terra di Barden. Non potete portare i draghi. Li terrò io. Quando sferrerai l’attacco manforte. Non chiedermi come lo so”. Carlo prese la chiave e con un altro cenno di assenso uscì dalla tenda. Il giorno dopo con nuove scorte, dopo aver salutato, ripartirono. Quando gli altri seppero della chiave si lasciarono sfuggire un urlo di gioia. Avrebbero voluto che Ricard e Donatel fossero con loro. Già gli mancavano i draghi. A Carlo mancavano anche i maestri: Aido e Asches. Si avviarono. Pian piano il terreno prese a scendere. Un odore di salsedine gli entrò nelle narici. Superarono l’ultima roccia e lo videro: il mare. Andarono a un porticciolo. Guadagnarono qualche spicciolo cantando qualcosa. Con i quali si imbarcarono in una nave di commercianti.

 

Intanto Aido riconobbe il luogo dove lo stavano portando. Erano le segrete del palazzo di Barden. Le aveva viste in fotografia. Gliele avevano mostrate alcuni colleghi per spaventarlo. Si diceva che facessero cose terribili ai prigionieri. Lui era stato tanti anni in battaglia, non si spaventava facilmente. La ferita nel suo cuore lasciata da Lindar si era riaperta. Sapeva perché era passata al nemico. L’avevano accusata ingiustamente di aver tradito. Tanti anni passati a combattere il male non dissuasero i giudici. Anche se Aido si era opposto fino a dare la sua vita per la salvezza di Lindar, decisero di giustiziarla. La sera prima dell’esecuzione della condanna era andato a liberarla, ma il Generale Barden era arrivato prima. Aido tornando al presente capì che non poteva fuggire. Erano sott’acqua. Quelle segrete erano famose anche perché all’interno si annullavano i poteri del prigioniero.

 

Le carrozze furono velocissime. Raggiunsero il mare in poco tempo. Le gambe rientrarono e al loro posto apparvero pinne e gambe dai piedi piatti e palmati. Dopo di che quelle strane vetture si tuffarono in acqua. Presero a nuotare con la stessa velocità con cui camminavano. Puntavano verso il castello di Barden. Ricard cercava di slegarsi dalle corde, senza farsi notare dalle guadie. Però le corde erano troppo strette, Donatel invece studiava un piano.

 

Carlo non avendo molti soldi dovette accontentarsi della stiva. In mezzo alle spezie e alle galline. Sommersi tra le penne il viaggio procedeva. Al sesto giorno di viaggio la nave si fermò. Dopo non molto tempo, rumori poco rassicuranti si fecero udire. Dei pirati scesero nella stiva. Il resto dell’equipaggio o era stato ucciso o era fuggito o arruolato in quella ciurma di pirati. Il capo dei pirati si avvicinò a Carlo. Che lo osservò. Era un tipo non troppo alto, sfolgoranti capelli rossi ingrigiti sulle basette dall’età, una folta barba fulva, una grossa pancia, due occhi marroni con una strana luce all’interno, un naso a patata e un sorriso agghiacciante. Disse: “Siete fortunati. Io e mio fratello abbiamo bisogno di uomini. Abbiamo attaccato perché il capitano di questa nave era nostro nemici. Non siamo troppo cattivi. Tu ragazza sarai la cuoca. Tu biondo con quell’elfo sarete i mozzi. Tu con la maglietta rossa mi porterai il cibo nella mia cabina e anche a mio fratello. Tu con  quelle strane spade lo porterai all’equipaggio. Tu con l’armatura, che tremi, tappezzerai le vele”. Così lasciarono quella nave di morte per salire su quella nave nera; con le vele dello stesso colore su cui è disegnato un teschio con sotto due ossa incrociate illuminate dal sole che rende il bianco accecante. La vita sulla nave pirata andò avanti velocemente come il viaggio. Carlo vide il fratello del capitano. Era massiccio, ma non troppo alto. Scuro di carnagione, con capelli neri che mancavano sopra il cervelletto. I due fratelli erano coraggiosi, anche se non si facevano scrupoli a uccidere a sangue freddo.

 

Ricard e Donatel furono condotti al palazzo di Barden. Ognuno aveva la sua camera. Erano sontuose. Però avevano le sbarre alle finestre e due guardie davanti alla porta. Che li seguivano ovunque. Tranne al bagno, dove c’erano strapiombi oltre le finestre. Donatel curò la ferita di Ricard che stava guarendo. Anche se il non averla potuta curare su quelle strane carrozze non era giovato.

 

Aido fu sbattuto bruscamente nella cella. Dove fu prima legato con pesanti catene e poi slegato dalle altre corde. Non c’era luce, ma dal rumore capì che c’era un altro prigioniero.

 

I giorni sulla nave sembravano tutti uguali. I ragazzi non sopportavano nessuno a parte i capitani. Sembrava che tutte le canaglie, i brutti ceffi e i malvagi mutilati si fossero dati appuntamento sulla nave. Un pomeriggio i ragazzi erano tutti seduti sul ponte circondati da occhiate furtive. Quando videro il segno che erano vicini. C’era un gruppetto di isole. Su ognuna c’era un castello. Con torri tonde, quadrate, senza torri simili a prigioni o a fortini. Al centro risaltava un castello oscuro che sembrava guardasse tutti con cipiglio malvagio. Era il castello di Barden. Possedeva il fascino che ha ogni cosa mortale. Non sapevano che i loro amici e il maestro erano lì. Il vascello dei pirati non era autorizzato a passare il confine. Un mago di Barden evocò una tempesta magica. La tempesta avvolse la nave. Che cominciò ad essere sballottata prima a destra e poi a sinistra. Lotshar vomitò cinque volte in due minuti. Miriam e Robert alzarono delle barriere protettive. Il potere della tempesta era troppo forte. Pezzi della nave saltavano per aria. Si crearono tornadi e non c’era Donatel a fermarli. Carlo all’improvviso ebbe un’idea. Si ricordò del potere di quella chiave che lo stava ipnotizzando. Tirò fuori le chiavi. Il loro potere si espanse e la tempesta cessò. Carlo nascose le chiavi prima che i pirati le vedessero. I capitani gli furono tanto riconoscenti che decisero di portarli alla loro meta. Calò in fretta la sera. E venne la notte. La ciurma non voleva prendere ordini da dei ragazzini. Decisero di cambiare la rotta. Per poi ammutinarsi. All’alba si svegliarono come ogni altro giorno. Però ebbero una brutta sorpresa. Erano in procinto di cadere da una cascata e sotto c’era un gorgo. La ciurma impazzita dal terrore si tuffò cadendo nel gorgo. Rimasero i sette ragazzi e i due capitani. Lado ricordò che in caso di pericolo cascate doveva cantare una canzone o per meglio dire una litania magica. Subito apparvero delle sirene con capelli d’alghe e vestite da mille conchiglie colorate. Presero la nave e la portarono al sicuro vicino alla terra ferma. I corsari  decisero di aiutarli nella loro missione anche senza ciurma. In un modo o nell’altro erano arrivati alla Terra della Luna. Chiamata così perché era perennemente nella notte. Un pianeta era posizione tra la stella e la Luna di Iego proprio sopra la terra della Luna. Svegliarono David in malo modo, a causa della fretta, dicendo: “Da che parte ?”. David rispose: “Au[1] là, di là, si là Au da quella Au parte, là, Au lo dice il Veggente Au che mai Au mente Ronf[2]”. Lo rimisero nella tasca a dormire. Vagarono per giorni nella direzione indicata da David, ma non trovavano niente. Per giunta non vedevano e incespicavano spesso. Non capivano più che ore erano e si misero a dormire e a mangiare quando capitava. Quando videro una luce. Corsero nella sua dimensione. Era un carro guidato da un uomo alto, serio che sembrava averne passate tante. Fermarono l’uomo. Chiesero a David il nome preciso del luogo dove dovevano andare. Il folletto con voce assonnata aveva risposto: alla Torre delle Nuvole. Il viaggio in carro fu più comodo che a piedi. Anche se sobbalzava ad ogni sasso. Gli adulti davano consigli-ordini ai ragazzi. A Carlo ricordò quando andava ancora a scuola. Finche si ruppe una ruota.

 

Aido non sopportava le urla. E vero c’erano le torture e le risate di Lindar. Erano però le urla che ti entravano in testa, agghiaccianti, impedendo anche il sonno. Le catene gli avevano graffiato i polsi e le caviglie sanguinavano. In cella con lui c’era Tre. Un tipo solitario, serio e imperscrutabile. Era alto, scuro di carnagione con tristi occhi neri. La chiave stava girando nella toppa. Erano venuti a prenderlo per la tortura. La solita risata di Lindar. Un gran condottiero come lui ridotto ad un prigioniero incapace rifuggire agli aguzzini. Almeno Lindar non voleva guardare le torture, forse c’era speranza. Fu portato in una stanzetta angusta. Alle pareti una collezione di oggetti di morte e di tortura. Aido non era tipo da spaventarsi facilmente, ma non poté reprimere un brivido quando vide il suo aguzzino. Era basso e tozzo, la testa sembrava incastrata nelle spalle perché il collo era piccolo e taurino. Aido fu legato al tavolo. Era sempre così. Prima gli facevano domande a cui non rispondeva e poi lo torturavano. Lo riportavano in cella svenuto.

 

Ringrazio:

 

 

berry345 Puntualissimo, complimenti. Sono felice che quello ti sia piaciuto, spero che questo non ti deluda. Potrà sembrarti sciocco che io lo chieda sempre, ma è successo che anche lettori fedeli non abbiano apprezzato tutte le storie. Non me ne lamento perché grazie alle critiche costruttive posso migliorare, ma ovviamente gradisco che mi si dica dove ho fallato. Se poi la storia va bene in se e per se, anche meglio. Ed ecco il seguito. Ciau

 

 

Regina oscura  Non preoccuparti. L’importante è che adesso tu te ne sia ricordata. Carlo è il personaggio principale e normalmente è in quello che mi immedesimo, però non corrisponde. No, il personaggio che sono io proprio mi assomiglia. Non preoccuparti entro breve ci sarà un indizione. Spero che il chappy ti sia piaciuto.



[1] Sbadiglio

[2] Russa

  
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