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Autore: CallMeSana    02/10/2015    0 recensioni
Mamma, ho vissuto con te per più di diciannove anni, ma poi ho conosciuto il Dottore e tutte le cose che gli ho visto fare per me, per te, per tutti noi, per questo stupido pianeta e per tutti i pianeti là fuori... lui le ha fatte da solo, mamma, ma ora non più, perché lui ora ha me.
Storia partecipante al fest "To be loved and to be in love"
Genere: Angst, Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quando riapro gli occhi, sento un calore per tutto il corpo e... un momento! Ho riaperto gli occhi? Allora non sono morto! 
Mi copro il viso con le braccia perché c'è una luce accecante e, quando finalmente riesco ad abituarmici, vedo il Dalek, o almeno quello che ne resta, quasi del tutto bruciato dal sole che è entrato dal soffitto. Il soffitto misteriosamente scoperto e che sta, a quanto pare, mantenendo aperto anche il passaggio. Devo muovermi.
Devo raggiungere il Dottore.
Deve sapere che sono ancora vivo e che non ha alcuna colpa.

Non so affatto come muovermi, non so come cercarlo quindi, quando mi rendo conto di essere passato per ben due volte dallo stesso corridoio, mi si accende una lampadina.
"Dottore" comincio "Dottore, dove sei?" Ma non ricevo risposta e mi dispero, perché non può essere troppo tardi, non può essere ripartito senza di me.
"Harry ti prego..." E ancora niente. 
Smetto di correre sentendomi pure cretino, mi inginocchio a terra e piango. Se non sono morto per mano di quel Dalek, morirò sicuramente di fame e sete, solo e abbandonato qui.
"Louis! Diamine Louis, sbrigati!" 
Dio mio.
"Harry, sei tu? Sei rimasto, sei..." sto singhiozzando come una femminuccia, ma non me l'aspettavo, per niente. E' così bello, e non sto parlando solo del fatto che sia lì di fronte a me.
"Non ti avrei mai lasciato, lo sai."
Lo so? Sì, ha ragione, devo smetterla di sottovalutarlo e sottovalutarmi. Non mi avrebbe mai lasciato, non dopo che mi aveva portato lì.
Mi tende la mano e io la afferro al volo. Mi sento al sicuro solo in quel momento, con lui vicino e dentro il TARDIS che ci trascina via da quell'incubo.
Ci sono un paio di scossoni che mi fanno perdere l'equilibrio e gli finisco addosso. 
Cadiamo all'indietro, l'uno sull'altro e, finalmente, riesco a guardare i suoi occhi verdi dalla distanza che meritano. Mi ci butterei dentro per vedere che si prova a fare un viaggio simile, sarebbe bello se il TARDIS avesse anche questo potere.
"Hai... hai intenzione di restare lì per molto?" mi chiede, corrugando la fronte e guardandomi fisso. Mi ha fatto sentire violato.
"No no, oh dio, scusa ma... sono così felice di vederti!" E lo abbraccio perché era passato troppo tempo e ancora non l'avevo mai fatto. Avrei dovuto abbracciarlo per almeno ogni volta che mi aveva salvato la vita e l'aveva resa degna di essere vissuta.
Gli sono praticamente seduto addosso e lui non sembra condividere molto l'idea degli abbracci, non lo ricambia, almeno non subito, e io mi sento a casa solo nel momento in cui le sue braccia mi avvolgono.
"Non mi piacciono gli abbracci, li ho sempre considerati come una scusa per nascondere la faccia" mi dice, stringendomi di più. Un po' contraddittorio come pensiero, ma cosa non c'è di contraddittorio o semplicemente strano nel Dottore?
Io non voglio staccarmi, ma alla fine è lui a farlo, puntando le mani sulle mie spalle per allontanarmi. 
"Stai bene?" mi chiede, e io annuisco leggermente. Sorride e... oh, fatelo sorridere per sempre.

'Sei talmente innamorato di lui...'

"Adesso basta!" urlo, non accorgendomi di averlo fatto ad alta voce.
"Con chi ce l'hai?" Appunto.
"No, niente... solo... posso farti una domanda?" Lui annuisce, di nuovo tutto preso dal controllare l'unico vero oggetto delle sue premure: il TARDIS.
"Se ti chiedessi di farmi vedere mio padre..." E finalmente ho tutta la sua attenzione, scusa, nave spaziale.
"...ti direi di no, che ci sarebbe troppo coinvolgimento emotivo, e potresti fare cose di cui ti pentiresti."
"Tipo salvargli la vita?"
"Tipo salvargli la vita."
"Harry, ma..." Niente, le parole mi muoiono in gola, ma in fondo che cosa gli ho chiesto? Avevo sei mesi quando mio padre è morto, praticamente non l'ho conosciuto, voglio solo vederlo, mi basteranno cinque minuti!
Ripartiamo, o almeno così sembra, non ci sono le solite ondulazioni, nessun oscillamento, solo un tonfo, breve, che ci annuncia che, in qualsiasi posto ci troviamo adesso, siamo arrivati.
Lui non dice una parola, non ha il suo solito entusiasmo da inizio di una nuova avventura, prende il suo cappotto lungo e se lo infila passandomi davanti, per andare a controllare.
"Dove siamo?" chiedo al vuoto, perché lui è già fuori. Esco anche io e la prima cosa che noto, a parte un cielo più limpido del normale, è che siamo a Cardiff.
"E' il 1992 e siamo a Cardiff, Louis."
Oh. Sento che sto per piangere un'altra volta.
"Perché?" riesco a dire, soltanto.
"Perché me l'hai chiesto tu" dice, guardandomi. Smettila di sorridere e guardarmi a quel modo!
Non so come reagire, non so come prenderla. Dunque si fida di me, è una cosa che trovo stupenda e non so il motivo.
"Che giorno...?" Non ho il coraggio di completare la frase, mentre mi guardo intorno alla ricerca della mia casa. Non l'abbiamo mai cambiata.
"E' il 24 giugno 1992" esclamo, notando un volantino pubblicitario su una panchina "... oh... è quel giorno. Come facevi a saperlo? Io non te l'ho mai detto."
"Non mi hai detto nemmeno che era stato investito da un'auto. Perché è così che è morto, vero?" 
E non ce l'ho fatta più. Sono sottobraccio a lui che sto portando a passo svelto nel mio quartiere, ma adesso... adesso sento fastidio anche solo a guardarlo. Quindi mi stacco e lo guardo come se fosse un alieno. Che è poi quello che è.
"Io non ti capisco. Appari dal nulla, mi salvi la vita, mi stai addosso per avere compagnia in questi assurdi viaggi da cui usciamo vivi per miracolo. Non mi dici niente di te se non te lo ordino, quasi, ti chiedo un solo favore e mi dici no. Poi invece me lo fai e ti permetti pure di intrufolarti nella mia testa? Perché? Che cosa vuoi da me? Perché proprio io?"
Il modo in cui Harry mi sta guardando mentre gli parlo fa solo aumentare la mia agitazione, infatti alzo il tono di voce di parola in parola, finché finisco e lo sento dire "non è colpa mia, è il TARDIS. Nonostante io inserisca delle coordinate, è lei che decide dove andare, ed è sempre lei a prendere nota di qualsiasi informazione mi possa essere utile. E' in grado di tradurre anche qualsiasi linguaggio esistente, ecco perché ti sembra sempre che tutti parlino la tua lingua. Non è così."
Non so cosa dire, troppe informazioni tutte insieme e non una utile. Non una risposta alle mie domande. Figuriamoci.
"Andiamo da mio padre" dico, accelerando il passo. A dire la verità ho solo bisogno di allontanarmi da lui un attimo. Non importa se il mio cuore, invece, mi sta dicendo di aggrapparmi al suo braccio e non mollarlo più.

Quando finalmente sono davanti la porta della mia casa, l'istinto di bussare ed entrare come se niente fosse mi uccide. So di non poterlo fare, mi prenderebbero per un ladro, e lo sa anche Harry, che mi tira leggermente all'indietro. 
"Che cosa stai facendo?" mi chiede, serio.
"Voglio solo vederli, io... non li ricordo insieme, non so niente di com'era."
Mia madre mi aveva raccontato un sacco di storie, su quanto il mio fosse il padre migliore del mondo, sul fatto che aveva dato tanto ad entrambi, su quanto fosse buono, e l'uomo migliore da amare. E io ci avevo creduto, perché ero ancora un bambino quando me lo raccontò. Ci credevo ancora adesso, almeno fino al momento in cui ho sentito qualcuno urlare e qualcosa, forse un piatto, frantumarsi a terra.
Automaticamente mi avvicino ad una finestra per sbirciare dentro.
"Non chiedo il divorzio solo perché Louis è ancora troppo piccolo e non voglio diventare lo zimbello di tutto il quartiere!" Questa è la voce inconfondibile di mia madre. Sempre isterica, è una cosa che si porta dietro da molto, a quanto pare.
"Sono stanca di vivere in questo modo, perché ho sposato un fallito" urla ancora, rompendo chissà che altro.  Un groppo mi sale in gola.
"Andiamo via, Lou..." quasi mi implora Harry e io cedo, perché sì, avevo sentito abbastanza.
"Ma io... lei mi aveva detto che si amavano, che erano felici, che... era devastata quando è morto. Invece erano tutte bugie, mi ha mentito. Mi ha sempre mentito!" Adesso sono io quello devastato.
"Perché mi hai fatto venire qui? Lo sapevi, vero? Sai sempre tutto, tu! Perché?"
Ma lui abbassa lo sguardo, fa sempre così quando si vergogna. Dio, perché me la sto prendendo con lui?
"Dovevi sapere. Vorrei capissi anche che non puoi assolutamente cambiare quello che accadrà oggi." Un velo di tristezza appare sul suo viso mentre parla. Come se di solito non si notasse.
Mio padre sta per morire. Di ritorno da un negozio di fiori, dove aveva comprato un regalo per mia madre, morirà investito da un pirata della strada, e io non posso fare niente per evitarlo.
"Perché? Magari se... se sopravvivesse, se... fosse ancora vivo oggi, la mamma cambierebbe idea su di lui, magari..." sto piangendo, di nuovo. Harry mi attira a sé.
"Vieni qui" mi dice, e io penso 'ma non aveva detto che non gli piacevano gli abbracci?' e mentre tiro su col naso mi accoccolo letteralmente sul suo petto, parte del suo cappotto che mi avvolge.
"Non puoi fare niente per lui, Lou... non devi fare niente. Se lo facessi, creeresti un paradosso, una nuova dimensione, parallela a quella che conosci, e completamente sbagliata."
Mi blocco.
"Come ti permetti? Io voglio solo avere il tempo di conoscerlo! Oggi c'è quel maledetto matrimonio a cui non arriverà mai, prova a fermarmi, se ti riesce."
Gli dò una gomitata e mi sento in colpa nell'esatto momento in cui lo faccio. Lo sento lamentarsi, mentre abbandona la presa su di me e sono libero di correre.
Mio padre sta uscendo di casa proprio in quel momento e io lo guardo raggiante. Diamine, quello è mio padre, non devo sprecare nemmeno un secondo.
"Ehi, attento a dove metti i piedi, ragazzo" mi dice, dopo che l'ho volutamente urtato.
"Mi scusi, signore, ma sono in ritardo per il matrimonio e..." che diavolo sto dicendo, non ho di certo una tenuta da matrimonio!
"Lo vedo, non vorrai mica presentarti in queste condizioni, spero!" Mi osservo e ha ragione: porto una camicia scura e dei jeans ancora più scuri addosso, entrambi leggermente sgualciti dal tempo. Non sembro affatto uno che sta andando ad un matrimonio, proprio come avevo pensato.
"E' appunto per questo che sono in ritardo, devo correre a casa a cambiarmi e..."
"Vieni con me, sto andando a comprare un regalo a mia moglie, se sei di strada ti accompagno io."
Nel momento in cui annuisco e lo seguo verso la macchina, vedo Harry in fondo alla strada: mi sta giudicando, lo capisco dal suo sguardo. Scuote il capo, prima di sparire dietro l'angolo e... non mi importa.

"Dove abiti, ragazzo?" mi chiede mio padre dopo esser partiti da nemmeno un minuto. E adesso cosa mi invento? Potrei indicargli la casa del mio amico Liam, del resto nel 1992 non era ancora nato! Sì, ok, gli dirò così.
"Allora? Hai dimenticato dove abiti?" Ha distolto lo sguardo dalla strada, ed è in quel momento che urtiamo qualcosa. 
Qualcosa che non avrei mai pensato di rivedere: un cyber uomo.
"Che diavolo è quella cosa?" esclama mio padre scendendo di volata dalla macchina. Io lo seguo come un razzo, perché lo so, è così che è successo, me lo sento, anche se non c'ero, lo so e basta.
Una macchina sta venendo verso di noi dalla corsia opposta, dio solo sa cosa avesse l'autista, ma invade la nostra parte e sta per centrare mio padre in pieno, quando lo spingo violentemente verso il marciapiede e vedo Harry afferrarmi alle spalle e trascinarmi lontano da lui.
Appare e scompare continuamente, non so come fa a conviverci.

"Riportami da lui, lasciami! Lasciami, ho detto!" Sto urlando eppure, quando ho visto quel mostro, il pensiero di Harry è stato il primo a sfiorarmi la mente.
"Ti avevo detto... ti avevo pregato di non interferire, Louis! Dovevi lasciarlo morire, non puoi fare come ti pare, non puoi cambiare i fatti!"
"E tu, invece? Tu non fai come ti pare?"
Perché sono bravo solo ad attaccarlo? Perché non ammetto che ha ragione e lo ringrazio per avermi portato qui?
Mi sta guardando male e lo so che è deluso da me, di nuovo, che con tutto quello che lo tormenta da chissà quanto tempo, almeno io non dovrei creargli problemi.
"Se facessi davvero come mi pare vi salverei tutti, ma non posso... non posso salvare tutti. Sono un Signore del Tempo, non un dio."
Già. Sbatte il pugno nel vuoto e la sento tutta la sua frustrazione. Vorrei stringerlo forte.
"Perché uno di quei mostri era qui? Sono io... è me che vogliono?" chiedo, ma lui scuote il capo, continuando a camminare senza una meta, apparentemente.
"Ti vuoi fermare ad ascoltarmi, per una volta? Non mi hai mai spiegato bene di loro. Che cosa sono? Sono uomini?"
"Lo erano, finché l'umanità non gli è stata portata via. E' un cervello vivente intrappolato in un corpo di metallo con un cuore d'acciaio. Ogni emozione è stata rimossa."
Il gusto nell'uccidere comincia ad acquistare senso, la tolleranza zero verso ogni cosa che sia diversa, anche.
"Perché niente emozioni?" chiedo, timoroso per la risposta.
"Perché fanno male" mi dice, rattristandosi.

'Sei talmente innamorato di lui...'
Alle volte vorrei sapere come ci si sente senza emozioni, non penso si possa stare peggio di come sto adesso.

"Riportami da lui" dico, cercando di non farmi distrarre troppo da certi pensieri. Ci provo, perché il desiderio di baciarlo, ormai, mi sta distruggendo l'anima.
"Quali altri danni vorresti creare? Allora non hai ascoltato niente di quello che ti ho detto!"
"Ci andrò da solo" dico, pur consapevole che la chiesa dove si celebrerà il matrimonio sia parecchio lontana.
"Louis Tomlinson, mi costringi a seguirti" mi annuncia, come se fosse una brutta notizia.
"E' il minimo che mi aspetto da te, Dottore" gli dico, accennando un sorriso.

Usando il teletrasporto del cacciavite sonico, ci ritroviamo di fronte alla chiesa in un battere di ciglia. Mi accorgo anche che indossiamo entrambi uno smoking e mi sento improvvisamente a disagio. Guardo Harry e lui, come se niente fosse, mi prende sotto braccio e, al grido di "hai bisogno di un accompagnatore", mi accompagna verso l'entrata.
Cambia idea talmente tanto spesso che sto cominciando a pensare sia davvero tutto merito mio.
Una volta dentro, però, l'atmosfera non è certo quella di un matrimonio, direi più un funerale.
Non si trova lo sposo nè i suoi testimoni da nessuna parte, le panche sono tutte storte e i fiori che le addobbavano distrutti. 
Gli invitati presenti sono svenuti (spero) qua e là e una strana luce proviene dalla sagrestia.
"Che sta succedendo?" chiedo agitato. Mi stringo più forte al braccio e al petto di Harry una volta assicuratomi che i miei genitori non si trovano qui, e intanto lui inizia ad analizzare tutto con la sua piccola e rumorosa arma.
"Sono qui" dice semplicemente, stringendo la presa sul mio braccio e trascinandomi fuori.
"No" urlo ancora, cercando di divincolarmi. In quel momento una macchina parcheggia e ne escono proprio i miei genitori, mia madre che tiene in mano una piccola culletta, dove un me leggermente più giovane sta dormendo.
Mai avrei pensato di poter vedere me stesso da fuori.
"Non devono entrare, non... fermiamoli, Dottore!" 
Ma ormai ho capito, anche se non vorrei. L'ho capito nel momento in cui lui si volta a guardarmi e mi dice "mi dispiace, mi dispiace tanto" mentre mi stringe di nuovo a sé, la testa sul suo petto. Io ho lo sguardo terrorizzato, e chiudo forte gli occhi quando una luce bianca fortissima illumina l'intera strada, spazzando via la chiesa e facendo materializzare al suo posto solo Cyber uomini, tanti Cyber uomini, troppi.
"Dottore, dimmi che non è vero" singhiozzo. Che cosa strana, non avevo nemmeno notato che stessi piangendo.
"Dimmi che non è diventato uno di loro."
"Doveva morire comunque, oggi" dice lui in un sussurro, "mi dispiace."
"Ma cosa centrava mia madre? Lei... lei non è morta, perché non hai salvato almeno lei?" Sto dicendo una marea di assurdità.
"Perché lei non è stata presa, è scappata... oh tua madre è una donna dalle mille risorse!" 
"Dici sul serio?" gli chiedo, finalmente incrociando il suo sguardo. Da così vicino sembra ancora più piccolo, eppure non è un ragazzino, lo so bene, ne ha solo l'aspetto.
Annuisce, e non mi importa se mi sta mentendo solo per farmi restare lì con lui, allora lo abbraccio, ricomincio a piangere e lo abbraccio, mentre mi sento sollevare da terra e, con la testa affondata nell'incavo del suo collo, mi porta verso il TARDIS.

"Non hai mai desiderato tornare sul tuo pianeta? Voglio dire... a quando ancora c'era?"
Non so bene perché questa domanda a bruciapelo, penso sia per pura curiosità, ma anche per ricambiare... il dolore, o chissà cosa.
"No" risponde lui. Mi sta di fronte ma, nel momento in cui pronuncia quel no, si volta e si allontana. Toglie il cappotto e lo lancia via. Cade rovinosamente vicino ai comandi, sui quali inizia a concentrarsi.
Sempre così quando vuole evitare un discorso, ma io non demordo.
"Com'era? Descrivimelo." Prima sbuffa, poi sospira, e infine, alza il volto in alto.
"Il cielo è arancio bruciato, con la cittadella racchiusa in una enorme cupola di vetro che splende sotto i soli gemelli. E ci sono catene montuose che si stendono all'infinito, con le pendici di erba rosso scuro e le cime di ghiaccio. E adesso non c'è pù nessuno.
La mia famiglia, i miei amici... persino quel cielo. Ah, se avessi visto quel vecchio pianeta! Il secondo sole splendeva al di là delle montagne e splendevano, le foglie sugli alberi erano d'argento, e quando si inondavano di luce la mattina sembravano una foresta in fiamme, mentre al tramonto, quando la brezza soffiava tra i rami, si creava un arcobaleno di colori che era uno spettacolo."
Lo ascolto emozionandomi leggermente, perché la sua voce è così diversa, adesso, così rilassata, così tranquilla, così... felice, che penso non mi ricapiterà mai un'occasione simile.
"Mi sarebbe piaciuto vederlo" gli dico. Lui mi guarda e sorride nello stesso momento in cui lo faccio io. Un brivido mi scorre per il braccio e, in una situazione normale, tra persone normali, ci starebbe stato bene un bacio, anche piccolo, innocente, magari con un bel sottofondo di violini che suonano una melodia romantica.
Ma noi non siamo persone normali, niente di tutto questo, quindi mi limito ad arrossire e lasciar perdere.

Il TARDIS ha azionato i motori, si muove e il Dottore è lì a guardare, come in attesa che si fermi e ci faccia capire che possiamo uscire fuori a vedere dove siamo finiti.
Io ormai non ci faccio più caso, è come vivere perennemente in aereo, con la pressione che ti devasta il corpo tra decollo e atterraggio. Ho mal di testa, infatti, quando tutto si blocca e si spengono persino le luci.
"Dove siamo?" domanda piuttosto frequente, ormai.
"Apri la porta" mi dice, semplicemente. E' ancora senza cappotto, il completo un po' impolverato che sta sbattendo con le mani e un ghigno fiero sul viso mentre incrocia le gambe appoggiato ad un palo.
"Ma... questa è casa di Aiden" asserisco con un po' di titubanza perché in che anno saremo? Sarà nato? Sarà grande abbastanza da riconoscermi? O, peggio, sarà già morto?
"Và da lui, Lou." E perché me lo sta dicendo? Forse perché sono già fuori dal TARDIS, sarà per questo.
"Ma..." ho davvero paura di bussare e scoprire che mi sta aspettando da anni.
"E' sempre il 2000, non preoccuparti, è il presente, sarà passato si e no un paio di mesi."
Un paio di mesi?
Busso subito alla porta e spero di trovarlo, anche solo per dirgli quanto mi dispiace, per tutto e... dopo appena due tentativi mi apre un ragazzo che non ho mai visto.
"Oh, tu devi essere Louis" mi dice "Aiden è sotto la doccia, vuoi aspettarlo dentro?"
Resto un attimo sbigottito, chi diavolo è questo tipo e cosa ci fa a casa del mio ragazzo?
"Scusami, è così imbarazzante, io sono Brian" mi informa, mentre allunga la mano sperando che gliela stringa. Io lo fisso, e anche un po' male.
"Tesoro, chi era alla port-oh, ciao Louis. Vedo che hai già conosciuto Brian."
Tutto questo è surreale, non sta succedendo veramente.
"Si può sapere che succede?" mi irrito mentre resto fermo all'ingresso, penso di averne tutto il diritto.
"Tu mi hai lasciato, Louis, pensavi ti avrei aspettato in eterno? Beh, ti sbagliavi, io... non ce la potevo fare, non mi piace essere preso in giro."
"Io non ti ho lasciato" dico tremando, una stupidaggine che non suona vera nemmeno alle mie orecchie.
"Sei andato via col Dottore... Harry, o come diamine si chiama lui, sei sparito prima per un anno e ora per tre mesi, cosa pensi che sia, un cretino?"
"Ma per me sono sempre passate solo poche ore, te l'ho spiegato mille volte. Il TARDIS..."
"Non voglio saperne niente di tutte queste sciocchezze. Anzi, dov'è lui? Sei tornato perché ti ha lasciato a piedi? Sono la tua seconda scelta, Louis?"
Non sto più capendo niente, lo giuro.
"Lui... no, è qui fuori. Mi sta aspettando, credo." E spero.
"E allora corri da lui, Louis, resta con lui, sperando che sia davvero per il tuo bene. E' l'unica cosa che voglio, che tu stia bene, ma ho bisogno di stare bene anche io, quindi... vattene, per favore."
Quel Brian è ancora lì che ha sentito tutto e io mi sto chiedendo cosa mi trattenga dal dargli un pugno.
"Mi stai lasciando?" mugugno, quasi.
"Non ho bisogno di farlo, ci hai pensato tu tanto tempo fa."
Con che diritto resto ancora qui? Ha ragione, ha pienamente ragione. Perché dovrebbe continuare a stare con me, se non provo più niente per lui?
Fa bene a lasciarmi, fa bene a punirmi.
"Ok... o-k" dico, con voce tremante. Neanche lo guardo mentre esco e chiudo la porta alle mie spalle. Il TARDIS sempre parcheggiato lì di fronte. Gli corro praticamente incontro, le porte si aprono automaticamente e Harry è lì, che allarga le braccia in cui mi rifugio per iniziare a piangere e urlare. Lui mi accarezza la testa e mi calmo dopo un paio di minuti.
"Lo sapevi?"
"Credi mi diverta vederti piangere?"
Non dico più niente, hanno tutti ragione tranne me.
"Ma non avevi detto che non ti piacevano gli abbracci?"
"Ti vedo il viso, quindi ogni tanto mi piacciono."
E di nuovo un tuffo al cuore, questa volta mi fa anche parecchio male.
"Non vuoi vedere tua madre?" mi chiede all'improvviso, allontanandomi dal suo petto. Scuoto la testa e lui quasi si agita.
"Perfetto, allora partiamo!" Gli chiedo per dove, ma non mi risponde.
"Dottore, dove stiamo andando?" Niente, quindi ci rinuncio e mi siedo, sperando che, questa volta, l'atterraggio sia morbido.
Ovviamente non lo è, anzi, vengo sbattuto contro una parete e forse mi è pure uscito un bernoccolo.
"Che cosa è stato?" chiedo, osservandomi attorno e rendendomi conto che no, questo non è il TARDIS.
"Harry!"
Ovviamente non può sentirmi se non è qui.
Ovviamente.
Eppure il TARDIS è impenetrabile senza di lui, una volta mi ha spiegato che si attiva una specie di scudo protettivo, quindi perché sono stato sbalzato fuori? 
Forse è fuori anche lui?
O forse no, forse è rimasto dentro, forse...
"Harry!"
Mi sento improvvisamente debole, qualcosa mi cade addosso e perdo i sensi.

Non so quanto tempo sia passato, spero che qui non scorra troppo velocemente come sulla Terra, ma non mi trovo più dov'ero prima.
Peggio. Sono bloccato.
"Chi c'è? Che cosa volete da me?"
"Tu sei amico del Dottore, il Dottore è il peggior nemico dei Dalek. Sarai sterminato!"
Non è possibile, ancora loro, ancora questi mostri, ma quanti ce ne sono sparsi per l'Universo?
"Lui non mi lascerà morire, ne sono sicuro!" Mi agito, mentre le catene che mi tengono bloccato mi graffiano le braccia. Vorrei tanto fosse vero, vorrei vedere il suo volto e rincuorarmi.
"Dottore... Dottore..." E' una litania, la loro, e non potermi tappare le orecchie è tremendamente doloroso. 
Come può esistere una macchina senza alcuna pietà come questa?
Alle volte penso che i Signori del Tempo abbiano due cuori per compensare al male delle altre specie esistenti. 
"Avevate perso la guerra, il Dottore aveva detto che eravate state distrutti" urlo mentre sento gli occhi lucidi per la paura.
"Il Dottore mente" mi dice uno di loro, fin troppo vicino per farmi respirare regolarmente.
"Il Dottore sa quel che deve fare" poi però sento. E il mio cuore, il mio unico cuore, mi salta quasi in gola.
"Louis stai bene?" chiede, e io non riesco a capire da dove provenga la sua voce, quindi guardo nel vuoto davanti a me e dico sì più volte. Oh come vorrei poterlo vedere!
"Consegnati a noi, Dottore, consegnati ai Dalek."
Lui dice no e basta e io mi agito, perché ho paura.
Non toccatelo, non usate me per arrivare a lui.
"Tu obbedirai, perché abbiamo il tuo compagno. Obbedirai o sarà sterminato."
"No, e sapete perché? Perché io verrò a salvarlo, salverò Louis Tomlinson dalla prigionia dei Dalek, dopodiché sarà la volta della Terra e poi, tanto per rifarmi la bocca, spazzerò via una volta per tutte ogni singolo Dalek dalla faccia dell'Universo!"
La sua voce è arrabbiata, decisa, e io adesso non ho più paura, che bella sensazione!
"Ma tu non hai nessuna arma, nessuna difesa, nessun piano."
"Sì, e questo rende tutto più divertente. Louis!"
"Sì, Dottore."
"Sto venendo a prenderti!"
Pochi secondi dopo, un'esplosione fa saltare in aria tutto, vedo metà dei Dalek che mi sorvegliano saltare in aria e l'altra metà spaccarsi in due. Harry appare tra il fumo puntando diretto verso di me. Aziona il cacciavite sonico e mi libera dalle catene.
Sembra quasi etereo.
"Harry..." sussurro. Mi aggrappo a lui, che mi prende in braccio e, correndo, mi porta via.
"Non so cosa sia successo, non ho idea di come sono finito lì, io... credevo fossero morti tutti."
"Sono sopravvissuti. Sopravvivono sempre mentre io... io ho perso tutto, dannazione!"
E' proprio vero, quando stai tutto il tempo davanti ad una persona e quella non ti vede neanche è uno schifo.
Un grandissimo schifo.
Mai così schifo come quando vieni sbattuto dentro il TARDIS e quando provi a riaprirlo non ci riesci.
"Che stai facendo? Dove stai andando?"
No.

"Questo è il programma di emergenza uno, ora ascoltami Louis, è importante. Se questo messaggio si è attivato, allora significa una cosa sola. Siamo tutti in pericolo e intendo letale. Sono morto o sto per morire da un momento all’altro, non ho via di scampo. Ma non importa, spero sia una buona morte. Ho promesso di badare a te ed è quello che sto facendo. Il TARDIS sta portandoti a casa. Scommetto che ti stai agitando e brontolando, è tipico. Ora ascolta quello che devo dirti: il TARDIS non potrà tornare a prendermi, il programma di emergenza uno significa che sto affrontando un nemico che non dovrà mettere le mani su questa macchina. Allora ecco cosa devi fare: lascia morire il TARDIS, fai accumulare la polvere su questa vecchia cabina. Nessuno potrà aprirla e nessuno la noterà. Lascia che diventi una cosa buffa dimenticata all’angolo di una strada. Nel corso degli anni il tuo mondo progredirà e la cabina verrà sepolta. Se vuoi farmi felice dovrai fare una cosa sola, solo una, un’unica cosa. Vivi la tua vita. Fallo per me, Louis. Io ti auguro una vita fantastica."

La voce viene da un ologramma che è apparso di fianco ai comandi del TARDIS. E io sì che ho brontolato, e tanto, come se lui fosse qui, come se potesse sentirmi.
"Perché mi stai facendo questo, Dottore? Non puoi abbandonarmi, avevi fatto una promessa, ma anche io ne avevo fatta una, torna qui, torna da me!"
L'ologramma è quasi svanito quando provo a sfiorarlo e, nel momento in cui svanisce del tutto, sento un tonfo e le porte della cabina si aprono. Mia madre appare sulla soglia e mi corre incontro pronta a stringermi. Io piango, perché non posso credere che sia finita così, non voglio.



Non ho idea di quanto tempo sia passato, ho fatto talmente tanta fatica a riabituarmi alle mie vecchie giornate ordinarie che a malapena ricordo come si sorride.
Mia madre non ha preso molto bene le mie lacrime non dovute al fatto di essere tornato a casa, e ci sta provando, ci sta davvero provando a farmi stare bene.
Persino Aiden, che ogni tanto ha il coraggio di ripresentarsi a casa mia (in veste di amico, dice lui) lo sta facendo.
Ma io non sto bene, non posso stare bene, non starò mai bene.

"Mi dici cosa faccio ogni giorno, mamma? Mi alzo, vado a lavorare. Prendo l'autobus, mangio patatine, e vado a letto" le dico un giorno, mentre siamo seduti in una caffetteria. Io con un cappuccino ormai freddo davanti, mentre lei e Aiden sorseggiano tranquilli un caffè.
"E' quello che fanno tutti" mi risponde lei sospirando.
"Beh, io non posso" dico, come se fosse ovvio.
"Perché sei migliore di noi?" si intromette Aiden che niente, proprio non ce la fa a capire.
"No, non volevo dire questo. Ma è stata... era una vita migliore. Non voglio dire tutti i viaggi e gli alieni e astronavi e le cose che ho visto. Il Dottore mi ha mostrato un modo migliore di vivere la vita, quindi non posso. Non posso non fare niente."
Ho il brutto vizio di alzarmi e scappare via da una stanza quando non riesco a sostenere una conversazione, e lo faccio anche questa volta. Mi precipito fuori e la prima cosa che noto è una enorme scritta sull'asfalto pochi passi più in là.
Lupo Cattivo, dice... e dove ho già sentito queste parole?

'Hai capito chi sono? Ora scordati di me.'
Come se fosse semplice.
"Devo tornare da lui, perché non mi è rimasto niente."
"Che hai detto?" sento alle mie spalle.
"Aiden, ho bisogno del tuo aiuto, la mamma è troppo debole e... so che mi aiuterai... mi vuoi ancora bene?" Lui annuisce e io accenno un sorriso.
"Dio, ma cosa ti ho fatto tanti anni fa?" esclamo, avvicinandomi.
"Forse sono solo stupido" dice sarcastico, mentre gli spiego cosa ho intenzione di fare.
"Sei l'uomo più coraggioso che conosco" gli dico, e lo penso davvero.
"E che mi dici del Dottore?"
"Ok, l'umano... l'umano più coraggioso che conosco."
Ridiamo entrambi.

"Ma... avevi detto che era morto, che non può funzionare senza il Dottore... come pensi di attivarlo?"
Non ne ho idea, anche se Harry me lo aveva spiegato, ma è l'unico modo che ho per trovarlo. Non ce la sto più facendo senza di lui, sento che se non lo rivedrò almeno un'ultima volta, potrei impazzire.
Mi avvicino ai comandi, ovviamente bloccati e, dopo averli esaminati tutti più volte mi viene una crisi isterica e mi abbandono sconfitto sulla sedia di Harry. Come si divertiva a trascinarla ovunque!
Ho voglia di urlare per la disperazione quando sento un clacson dalla strada. Lì trovo mia madre a bordo di un camion che tutta sorridente, lo parcheggia praticamente in faccia al TARDIS.
"Poi non dire che sono una cattiva madre!"
Mi viene la pelle d'oca mentre, con l'aiuto di Aiden, collego un lungo cavo ai comandi. Se non dovessero sbloccarsi nemmeno così mi rassegnerò, lo giuro.

Mia madre cede il posto ad Aiden a bordo del camion e scende a fare da tramite tra me e lui. Aziona i motori al massimo e inizia ad accellerare al massimo. 
Una volta.
Due.
Tre.
Niente, non succede esattamente niente. Comincio a picchiare sul ripiano in preda ad una crisi nervosa, poco importa se mi farò male, quando qualcosa sembra accendersi. E' una luce strana, giallognola oserei dire, che risale dal cuore dei comandi e mi ricopre il viso. Sento come una sensazione di violazione, dopodiché il nulla, quando comincio a sentirmi talmente pieno di forze da essere pronto a spaccare il mondo.

"Che cosa hai fatto? " E' davvero la sua voce quella che sto sentendo? Non sono in grado di ragionare, è come se qualcosa avesse preso padronanza del mio corpo e della mia mente e mi sento offeso, io ho fatto tutto questo solo per poterlo rivedere.
"Ho guardato nel cuore del TARDIS, e lui ha guardato dentro di me" affermo, ma non è la mia voce, questa, ne sono certo.
"Hai guardato nel vortice del tempo? Nessuno dovrebbe farlo!" Perché non riesco a vederti? Almeno fammi sapere se stai bene, che non sei ferito.
"Io voglio salvarti, mio Dottore." Non l'avrei mai chiamato così con tanta naturalezza.
"Smettila, se non ti fermi morirai." Se solo sapessi come si fa.
"Io vedo tutto, mio Dottore, il presente, il passato, il futuro..." e non mi piace affatto.
"E' quello che vedo anche io, tutto il tempo. E non ti fa impazzire?" Lo so che sei triste, fatti vedere.
"La mia testa mi sta uccidendo" confermo, mentre una lacrima mi scende sul viso. E' come avere riunite nella mia mente quelle di tutte le persone esistenti nell'universo, fa malissimo.
"Vieni qui, hai bisogno di un dottore" dice, quando finalmente lo vedo. E' in piedi davanti a me, leggermente affannato e sudato, ma sempre bellissimo. Con una mano mi accarezza una guancia e con l'altra mi asciuga la lacrima quando finalmente succede: mi bacia, è lui a prendere l'iniziativa, e io sento che, man mano che approfondisce, le voci nella mia testa diminuiscono. Quando gli rispondo svaniscono del tutto.
Perdo i sensi mentre ancora sono attaccato al suo corpo. E' strano come, in quella confusione, abbia sentito fin troppo bene il tocco delle sue labbra, avrei voluto poterlo baciare di nuovo, fargli sapere che lo aspettavo da sempre e che adesso sono felice di nuovo.
Avrei voluto fare tante cose ma, come ho già detto, non c'è niente di normale o facile in questa storia.



***
Note finali, questa volta! Ok, non ve ne importa nulla, lo so, ma dovevo scrivere qualcosa.
Mi è venuto mal di testa a scrivere questa parte, ci sto su da almeno cinque giorni e i tre a Londra non hanno aiutato, quindi chiedo perdono in anticipo per tante cose. Ancora una volta spero di non aver confuso nessuno e ripeto che i salti temporali e i mix di vicende, più le licenze poetiche che mi sono concessa, sono volute ai fini della storia che non potevo far durare in eterno.
Ringrazio ancora una volta le ideatrici di questo contest e vi auguro buona lettura (se ne avrete voglia) e buona serata! :)
xxx
  
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