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Autore: Hisokagirl    14/02/2009    1 recensioni
Se vi dicessi che la magia esiste.
Se vi parlassi di fate, elfi e folletti.
Se vi rivelassi che in fondo ho sempre saputo ciò che realmente sono.
Mi prendereste per una pazza?
Sì, probabilmente sì.
[Seconda classificata al contest Painting a story del Writers' Zone]
Genere: Malinconico, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se vi dicessi che la magia esiste,

Se vi parlassi di fate, elfi e folletti,

Se vi rivelassi che in fondo ho sempre saputo ciò che realmente sono,

Mi prendereste per una pazza?

Sì, probabilmente sì.

...

Quella sera il sole, ormai per metà dietro le colline, tingeva il cielo di mille sfumature diverse, che trasformavano la mia città in un paradiso di colori.

Il tramonto era la mia parte preferita della giornata: i colori caldi, in contrasto con quelli freddi portati dalla luna e dalla notte, erano uno spettacolo fantastico, soprattutto in quella regione.

Adoravo quel luogo, era la città in cui ero nata, cresciuta, ma soprattutto era la città che custodiva tutti i miei ricordi, le mie emozioni, le avventure imprudenti che ogni bambino, almeno una volta nella vita, vive disubbidendo ai genitori.

Peccato però che, per qualche strano motivo, a tutte le persone che mi si erano avvicinate era successo qualcosa di brutto.

Per questo motivo, col tempo, rimasi sola con i miei pensieri, accompagnata dal nomignolo infantile di pooka, come il folletto descritto dalle leggende come “portatore di mali”.

Ma non m’interessava molto, mi ero sempre sentita diversa dai miei coetanei, anche se non capivo il perché: quindi mi ero rassegnata.

Ormai avevo diciotto anni: per la precisione li avrei compiuti domani, 14 giugno, e speravo con tutto il cuore che quel giorno le mie innumerevoli domande avrebbero trovato una risposta.

Ero diversa anche dai miei genitori con il mio corpo minuto ed esile, la pelle color della luna, i capelli corvini, il volto spigoloso, gli zigomi alti, delle orecchie leggermente a punta e dei grandi occhi viola.

Mia madre, e mio padre avevano dei comuni, ma bellissimi occhi color nocciola: io no. Io mi ero beccata un paio di inconsueti occhi viola, incorniciati da ciglia lunghe, nere e ricurve. Un piccolo arbusto in una famiglia di pini maestosi: era quella l’espressione adatta.

In quel momento ero nel mio piccolo rifugio, sulla collina più alta della città, ad aspettare che la notte arrivasse, che il tramonto, che fino a quel momento colorava il cielo, svanisse lasciando il posto a quel piccolo cerchio luminoso che tanto mi affascinava: in che modo poteva, un corpo celeste come quello, brillare di tanta luce pur non possedendone una propria, era per me un mistero terribilmente attraente.

Restai sull’erba a guardare il cielo per molto tempo prima di accorgermi che era passata la mezzanotte. La luna era piena e illuminava i miei passi incerti verso casa: sapevo bene che i miei genitori mi avrebbero sgridata, ma in quel momento non m’interessava, volevo solo infilarmi nel letto e sperare che il tempo passasse presto.

La mattina dopo mi svegliai prima del solito: guardai l’orologio e mi accorsi che erano da poco passate le dieci.

Mi alzai dal letto ancora vestita come il giorno precedente e scesi le scale. Fu lì che sentii i miei genitori discutere come non mai: non stavano litigando, né discutendo per una cosa futile come facevano sempre. No: stavano parlando di me.

- Dobbiamo dirglielo – disse mia madre. – Merita di sapere, ormai ha 18 anni!-

Mio padre scosse la testa, visibilmente contrariato.

- Non è pronta. Non ancora ...-

Mia madre scattò in piedi: - Raphael Hale! Quando sarà pronta eh? Vuoi che lo venga a scoprire da qualche el... qualcun altro? Dobbiamo dirlo alla nostra Olly. Ora e subito... –

Detto questo si risedette sulla sedia, con le braccia incrociate sul petto e un’espressione infuriata sul volto.

Che dovevo sapere? Cosa c’era di così importante?

Feci un passo in avanti.

- Che dovrei sapere? – la voce tremò, mentre il tono era quasi un sussurro.

Vidi mia madre scoppiare a piangere e mio padre alzarsi di scatto dirigendosi verso di me.

- Da quanto tempo sei lì? –

- Abbastanza da sapere che avete qualcosa da dirmi..-

Abbassò lo sguardo e capii che cercava di evitare il mio.

- Cosa dovrei sapere papà? –

-Sei stata adottata piccola mia. –

Fu mia madre a parlare, ma avrei preferito che non lo avesse fatto.

Adottata?

Ora si spiegavano molte cose, il mio aspetto era troppo diverso dal loro, potevo anche capirlo da sola.

-Adottata? -

- Sì... Ti abbiamo trovata nel bosco qui accanto quando avevi appena un mese... Volevamo dirtelo prima, ma... – esitò un attimo – avevamo paura...-

Mi avevano mentito tutti questi anni. – E dovevate dirmelo proprio il giorno del mio compleanno vero?-

Le mie parole suonavano come un’accusa. Probabilmente perché era proprio così.

- Senti Olly, c’è ancora una cosa che dobbiamo dirti. Ed è il motivo per cui ti abbiamo detto tutto oggi... –

- No.- parlai a denti stretti.

Arretrai, fino ad uscire dalla porta di casa. Cominciai a correre, addentrandomi nel bosco mentre le prime lacrime rigavano le mie guance.

Nel correre inciampai in un ramo piegato in terra: lanciai un urlo liberatorio.

Subito dopo mi sedetti sulle foglie, le gambe serrate al petto e gli occhi vitrei, fissi sul terreno scosceso.

Ero stata adottata. Non ero figlia né di Raphael, né di Susan.

Chiusi gli occhi e mi lasciai andare ai miei pensieri: mi sembrava così infantile quello che stavo pensando... non avrei voluto sapere la verità, la mia vita andava bene così. Sapere che potevo contare su un legame di sangue più forte di qualunque altra cosa, era una certezza che mai avrei voluto perdere.

Una goccia cadde sulle mie guance unendosi alle mie lacrime. Prima una goccia poi il diluvio.

Mi guardai intorno: il bosco era talmente fitto che non sembrava nemmeno giorno.

Solo una luce in lontananza illuminava l’aria.

Scorsi una figura sfocata, troppo lontana per essere visibile, poi sempre più nitida, fino a che divenne chiara: era un ragazzo, coperto da un mantello con cappuccio, che emanava una luce irreale.

Il corpo era esile e minuto, il viso era spigoloso, gli zigomi alti, la pelle risplendeva tanto era chiara, gli occhi erano di sfumature di viola.

Quando arrivò a pochi passi da me, mi porse la mano e si tolse il cappuccio.

Era ancora più bello di quanto mi era sembrato: i capelli erano lunghi, del color di un campo di grano in estate e incorniciavano perfettamente il suo viso ovale. Ma in particolare mi colpirono le sue orecchie: a punta, poco di più delle mie.

Tutto di lui sembrava strano, fiabesco.

Tutto di lui era in perfetta armonia con la natura circostante.

- Ciao – parlò a bassa voce ma abbastanza forte da permettermi di sentire la sua voce. – Sono qui per aiutarti. – La sua voce assomigliava ad una sinfonia: musica composta dal miglior artista.

- Chi sei tu? – In quel momento mi pareva la domanda più sensata.

- Non potresti nemmeno immaginarlo – Disse mentre un sorriso si fece spazio sul suo volto. – Sono un elfo... –

- Impossibile... le fiabe non esistono... –

- Io però sono qui –

- E perché sei qui? –

Esitò un attimo, ma il sorriso non svanì dal suo volto.

- Sono Henri.. Tuo fratello maggiore. –

Mio fratello. Mio fratello. Mio fratello?

Lo guardai meglio: aveva molto del mio aspetto, occhi viola, pelle chiara, orecchie a punta.

- Io sono un elfo? –

Mi sembrava tanto strano dirlo ad alta voce. Non avevo mai nemmeno pensato di essere un personaggio delle fiabe. In quel momento smise di piovere.

- Sì... E No. – si sedette accanto a me. –Essendo mia sorella sei un Elfo. Ma sei unica nel tuo genere dal momento che sei un incrocio tra gli umani e gli elfi. Hai dentro di te sia del sangue umano, sia quello elfico.-

- E come mai? Cioè.. Come sono nata così? Perché? –

- Un errore nei geni... Non saprei come spiegartelo meglio... Come puoi notare non hai nè i capelli biondi, né le orecchie a punta come me. Ma hai gli occhi viola, la pelle color della luna e cosa più importante hai un legame fortissimo con la natura. Quello che successo poco fa ne è la prova. La pioggia ha seguito i tuoi sentimenti: stavi piangendo e il cielo piangeva con te, hai smesso di piangere e il cielo si è illuminato anche se da qui non lo puoi vedere. Non hai mai notato che il tramonto ha il colore dei tuoi occhi? E che le nuvole giungevano sempre quando ti sentivi triste? Tutta la natura indirettamente è al tuo servizio Olimpia. I tuoi genitori poco fa hanno cercato di dirtelo, ma tu sei scappata, così nostra madre ha mandato me. Il consiglio degli elfi, non ha accettato la tua diversità così ci ha ordinato di cacciarti quando eri solo una bambina. Nostra madre ti ha affidato agli Hale, col compito di dirti tutto quando si fossero sentiti pronti. Ma non avevano previsto di dirtelo proprio oggi. Il giorno del passaggio all’età adulta. –

Fino a quel momento ero rimasta ad osservarlo con occhi sgomenti, ma c’era una cosa che non capivo: come mai tutto oggi?

- Passaggio all’età adulta? –

- Ogni elfo, compiuti i 18 anni di vita, acquisisce un potere che rispecchia il proprio carattere, poteri magici, come li chiamano gli umani. Bisogna solo scoprire quale: io, ad esempio, ho il potere di far fiorire i fiori. – Mosse la mano, e dopo pochi secondi, dove prima c’era solo fango nacquero dei grossi gigli. Osservai esterrefatta tutta la scena. –Tu, a giudicare dalle previsioni, hai il potere di colorare la natura. Ma dovrai scoprire da sola il tuo potenziale.-

Provai a sfiorare i fiori creati da Henri, e con mia sorpresa divennero del colore che avevo immaginato.

– Vedi? Noi elfi, tutti insieme, abbiamo un potere che supera ogni immaginazione: ma questo lo apprenderai presto. Ora non c’è tempo, devo tornare dalla mia... Nostra famiglia, prima che qualcuno mi scopra. –

- Non posso venire? –

- Un giorno Olly, quando il consiglio ti darà il consenso. Fino ad allora neppure noi due potremmo più vederci. Tu intanto torna dalla tua famiglia: non merita questo trattamento. –

Annuii abbassando lo sguardo. Cercai di non piangere ma non ci riuscii, e poco dopo anche il cielo pianse con me.

- Mi dimenticherai? – chiese all’improvviso.

Alzai gli occhi: il suo sguardo d’ametista incontrò il mio pieno di lacrime.

-Mai. – conclusi decisa.

Mi scostò una ciocca di capelli; poi, con il sorriso sulle labbra, scomparve tra gli alberi.

  
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