Erano sporchi e rozzi -XVII-
V’era
la Venere delle foreste e dell’acciaio, che era madre buona ed
era priva di vizi, e portava fiori e alloro sul suo cammino e vento di
ponente al suo sospiro. La chiamarono Freya, ed era fertile come la
più bella delle terre, stringendo in seno frate sole e le figlie
stelle.
Quando il cielo s’era fatto nero ed il vento aveva tirato forte- e quando giungevano gli ululati dei vecchi Re dei Nibelunghi dai borghi, incuneati fra le pieghe di notti più buie delle precedenti-, l’uomo bianco stringeva il cuore ed apriva di più i suoi occhi di brace, che allontanavano il lupo ed i sospiri delle foreste.
Quando cadeva il braccio di montante e le streghe si aggrappavano forti alle caviglie, al petto e alla gola secca, notava –nella sua distrazione, nella rabbia e nella sventura!- il vecchio falco del Reiks puntato sulle mura di casa, che fossero poi balaustre e guglie e cancellate, e che il tempo lo vessasse e che la pioggia ne tormentasse le piume.
Sostava facendosi curvo e adunco, vestendosi degli occhi profondi e furbi degli Elfi, lanciando di quei suoi ruggiti terribili solo se avvicinato- poiché era scuro e severo, e pareva più essere una sentinella di quel regno di nubi borbottanti e tempestose.
Il falco non aveva tempo comune ed era dissimile ad altri, era ritto e fiero e vecchio e stanco ed era un relitto dagli odori pungenti delle selve- era lo stesso rapace di Wotan, dagli artigli rugginosi e sanguinolenti.
Lo chiamarono Vati quando fu d’abitudine, e lo videro giungere in silenzio quando Signorina Sventura ballava nelle loro case e baciava mani e piedi.
-Vati!-
Gilbert si fasciò braccia e petto, trattenendo il riso ed il sangue che andava a bagnar il volto e le mani- che era suo e non solo suo, e s’avvicinò zoppicando e mostrandosi storto e scomposto.
-Vati, sei ancora qui?- si fece tanto impudente e sciocco, ed era stanco e soffiava aria con sforzo. Avvicinò una mano, come quel tale Sigfrido che aveva levato lo scudo sul drago di Brunilde, e invece della brace della bestia Gilbert avvertì una dolorosa beccata.
Un suono freddo, pulito, pieno.
Avviso: Il nome di Ariovisto, come quello di Lucio per Roma, impiegato in altre mie fanfic, non è quello ufficiale! Ho impiegato diverso tempo a sceglierlo, anni orsono, dopo essermi informata a riguardo. Terrei che prima di utilizzare i nomi in altri vostri scritti, chiedeste o avvisaste! Non avrei nulla in contrario.
Note: Non è un capitolo uniforme agli altri, ma cercavo spazio anche per questa mia ideuccia. Lascio che ovviamente sia il lettore ad interpretare come vuole l’intero capitolo, e spero che un po’ piaccia.
Non ci sono altri tipi di note, credo di aver spiegato i riferimenti alla mitologia norrena precedentemnete (nel caso qualcosa non fosse chiaro, esponete liberamente i vostri dubbi!).
Tengo a ringraziare di cuore Nordwestwinde per aver segnalato la raccolta alle scelte. Mi hai lusingato tantissimo, sono felice che quello che ho scritto ti abbia arricchito in qualche modo! Grazie infinite!
Tanti tanti grazie anche a McBlebber e Tsukiakari, che mi lasciano sempre un commentino e aiutano inconsapevolmente la raccolta ad andare avanti.
Mi scuso per i ritardi generali, ma l’inizio degli impegni da pendolare si fa sentire. Buona settimana a tutti!
Blacket.