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Autore: BlackDream99    04/10/2015    2 recensioni
"Te lo prometto", le disse Ron, quando l'oscura presenza del dolore aleggiava ancora nelle menti di tutti e due. In un viaggio per terre lontane, il rapporto fra Ron e Hermione si andrà rafforzando, contro quello che pensavano gli altri, contro quello che pensavano anche loro stessi. Una storia limpida che si basa su frasi aleatorie, baci appassionanti, sulla voglia di stare insieme, di perseverare, di continuare ad andare avanti, perché la vita, appena pensi che debba lasciarti in pace, ti rende le cose più difficili di quanto già non lo siano state. Un'ennesima ricerca porterà Ron e Hermione prima su strade buie e scomode, e infine, a quello che desideravano entrambi, forse lui ancor più di lei. Tra lacrime, gioie, congetture e inesperienza, l'amore avrà la meglio. Perché loro sono nati per stare insieme. E insieme resteranno. Per sempre.
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Lettura consigliata con: I'm Yours - Jason Mraz
''Grazie mille, Ron. Non ho parole...'' sussurrò dolcemente Hermione mentre si stavano alzando dal tavolo, dopo una cena sontuosa e soprattutto non pagata.
Ron le sorrise affettuoso: ''È solo perché te lo meriti. Tranquilla, che prima di fare una cosa del genere cerco di capire se quel qualcuno per cui agisco merita ciò che provo''. Hermione era semplicemente meravigliata. 
''Ron, io... non so come...''.
''Ringraziarmi? Non devi, non ho fatto nulla. Come dicevo, ringrazia te stessa, perché soltanto le mie di parole non saranno mai abbastanza''.
Ogni frase era un forte abbraccio in più. Hermione doveva reprimere le lacrime con più forza ogni sillaba che veniva pronunciata. 
''Se continui così io svengo'' disse scherzosa, ma sincera, quasi adorante.
Lui rise, un po' per l'affermazione, un po' perché era felice di essere riuscito a farla divertire, sorridere, dimenticare. 
Percorsero al contrario il viale illuminato che si andava via via svuotando, fin quando, tornati alla piazza pedonale dalla quale erano partiti, Hermione, nel notare che Ron procedeva a passo spedito verso un'altra strada che si allontanava dal posto, disse lentamente, per non turbare la magia che si era creata nell'ambiente: ''Ron, torniamo alla tenda, per piacere. Sono stanca, fa freddo e si sta alzando il vento anche in città''. Ron sgranò gli occhi, non se l'aspettava, ma annuì tranquillo e seguì Hermione verso un angolo della piazzetta deserta. Un'ultimo sguardo all'infinito dei suoi occhi nocciola e venne scaraventato con lei fuori dal mondo. 
Un attimo dopo si trovavano di nuovo al caldo affettuoso della tenda. Hermione si tolse il cappotto e si lasciò cadere sul letto con tutte le scarpe e la borsa, mentre Ron rimase in piedi a sistemare alcuni abiti che aveva lasciato disordinatamente in giro. Lanciò un'occhiata dolce ad Hermione, che respirava profondamente con gli occhi chiusi, e un brivido di freddo lo assalì quando gli occhi caddero sul Manuale degli Incantesimi aperto sul comodino alla destra di lei. 
''Non ci pensare'' si disse, distogliendo lo sguardo. Ma più provava a pensare ad altro, più il nero mostro misterioso si faceva nitido nella sua testa. 
''È una possibilità remota. Non è detto che sia così'' continuava a ripetersi e nella sua testa i suoi ragionamenti prendevano la forma di un'antitesi fra la situazione attuale di speranza e l'ignoto. E in tutto quello c'entrava Hermione, era sempre lei ad essere al centro.
''Perché non dirglielo?''.
Era una domanda a cui non sapeva rispondere, ma doveva essere così. Non doveva aggiungere altre preoccupazioni a quello stato delle cose.
''Lo saprà se tutto questo non sarà servito a nulla'' gli consigliava la parte ottimista dell'animo, quella che cercava di guardare avanti.
''È sbagliato non dirle niente. Deve sapere, deve essere informata. Lei vorrebbe essere informata, perché potrebbe essere fondamentale'' diceva invece una voce più profonda, con tono più austero. La prospettiva di una Hermione arrabbiata era però notevolmente migliore rispetto a vederla fragile e preoccupata, pensò Ron. 
''Basta, smettila di tormentarti e va là ad abbracciarla'' si disse orgoglioso.
Si tolse il cappotto e le scarpe e si lasciò cadere lentamente al fianco della sua meraviglia preferita. Hermione cercò la mano di lui con la sua, mantenendo chiusi gli occhi. Si girò verso Ron, poggiandosi sul lato sinistro del corpo e gli poggiò l'altra mano sul petto, sorprendendolo. La magia di quell'istante si interruppe subito dopo, quando lei aprì gli occhi: ''Ron, che hai? Sei agitato'' sussurrò. Un brivido di freddo gli trapassò il corpo. Non ricevendo risposta, Hermione disse: ''Sei sicuro di stare bene? Stai tremando''. Gli occhi azzurro vivo incontrarono quelli nocciola in un moto di paura.
''No... non è niente, sta tranquilla, è tutto ok'' rispose lui, pensando di essere stato abbastanza convincente. Lei gli lanciò un'occhiata sconvolta: ''Ti odio quando fai così. Lo sento che c'è qualcosa che non va, e non ti capisco, ti senti orgoglioso tenendo le emozioni per te?''. Il tono di Hermione non ammetteva repliche. Ron si sentiva come un ragazzino stupido al centro di una discussione fra capi di stato, in parte per ciò che gli aveva detto Hermione, in parte per le paure che si erano di nuovo improvvisamente infiammate dentro di lui. Era come essere abitati da Voldemort, un qualcosa di arcano, oscuro, del quale si aveva addirittura paura di parlare. Ma in questo caso era la mente di Ron ad aver creato il mostro, e quindi le conseguenze della sua esistenza. 
''Sono preoccupato'' rispose in modo affrettato. Aveva guadagnato qualche altro secondo per pensare. 
''Anche io lo sono. Moltissimo''.
Le parole di Hermione aprivano una strada che Ron imboccò all'istante.
''Mi pare che avessimo deciso di non parlarne'' disse svogliato. Hermione continuò a guardarlo impassibile, senza aggiungere altro. Lui ora era imbarazzato, non sapeva se aspettare o parlare per primo. 
Dopo qualche secondo Hermione esordì severa: ''Non ci sono decisioni che non possono essere cambiate, ricordatelo''. 
Un nuovo silenzio freddo.
''Non voglio sviluppare un rapporto chiuso con te, non mi sentirei a mio agio. Io non mi pongo neanche il problema, ma voglio far capire anche a te che questo è l'ultimo posto dove chiudersi in se stessi, credimi'' riprese Hermione, come una mamma che rimprovera suo figlio. Milioni di idee diverse affollavano la testa di Ron, e non sapeva come organizzarle, come metterle in fila. Era tutto incredibilmente complesso, difficile. Un esame a cui si era presentato senza aver studiato.
''Ho paura, Hermione''.
''Lo so benissimo. Sarebbe da matti non provarne un po' in questa situazione''. 
''È che tutto dipende da questo! Se non funzionasse, se qualcosa andasse storto, siamo da zero, qualsiasi cosa che abbiamo fatto sarebbe inutile''.
Hermione strinse la mano sudata di Ron, e qualcosa si calmò all'interno del suo cuore: ''È vero, è così, non serve a niente negarlo. Ma non ci pensiamo, l'hai detto tu. Se non andasse bene pazienza, ma io so di poter contare su qualcuno che mi è vicino e che mi aiuterà sempre. E comunque non mi sembra il caso di esasperare i fatti. È così, punto e basta''. Ron la guardò commosso. Hermione era diventata il suo appiglio, qualcosa a cui aggrapparsi nelle difficoltà. Non riusciva a parlare, ma il cuore voleva esplodere di gioia. Aveva ragione lei, come aveva avuto ragione lui prima ancora. Ma mentre lei non sapeva, lui sì. Lo sguardo perso nel vuoto indispettì di nuovo Hermione, che parve davvero arrabbiata, infuriata: ''Non ti basta? Cosa devo dirti di più?''.
Ron fece per parlare, ma i pensieri sovrastarono le parole: ''Io... non...''. Stava guardando a terra quando la mano di lei sotto il mento lo costrinse a fissarla negli occhi duri. Lei scosse la testa, fredde lacrime cominciarono a salire agli occhi dal petto. 
''Sei un dannato stupido. Continua a fare come vuoi, tanto sei bravo così, no? Complimenti. Sono state parole e minuti inutili questi. Ma avrei dovuto capirlo prima''.
Livida di rabbia si alzò di botto, appellò il cappotto ed uscì violentemente dalla porta, lasciando Ron da solo con le sue paure, senza la possibilità di spiegarsi, senza un saluto, senza di lei.
   
 
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