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Autore: StellaDelMattino    05/10/2015    1 recensioni
Quando Liv e suo padre si trasferiscono a Caligo, una città tranquilla afflitta da un perenne maltempo, sono convinti che per loro sarà un nuovo inizio.
Trasferirsi è un modo soprattutto per dimenticare, tenendo lontano dal cuore l'evento che per sempre li ha segnati.
Intanto, uno strano animale inizia ad attaccare le persone di notte, ma nessuno lo riesce a vedere: sembra quasi seguito da una nebbia fitta che lo rende invisibile.
In questo ambiente oscuro, Liv si imbatterà nel misterioso e affascinante giovane proprietario di un castello che solo all'apparenza è abbandonato.
In una serie di oscure coincidenze, la ragazza si ritroverà a mettere in dubbio non solo le persone che la circondano, ma anche se stessa.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3

 

Il titolo dell'articolo della prima pagina del giornale recitava sempre la stessa cosa: "Nuovo attacco della Bestia."
Era ormai il terzo in solo due settimane.
Gregor si passò una mano sul viso, sospirando.
La prima vittima era stata il vicino di casa, Bob, poi era toccato ad un uomo che aveva bevuto un po' troppo e ora a un ragazzo di ritorno da una festa di compleanno.
Tutti al limitare della città, tutti morsi.
Feriti, ma non gravi.
La natura dell'animale, che ormai avevano soprannominato "Bestia" era sconosciuta. Sembrava che nessuno l'avesse visto e nemmeno i morsi che aveva lasciato sulle sue vittime lasciavano intendere che fosse un animale piuttosto che un altro.
Il messaggio, però, era stato recepito da tutti: stare in casa la sera.
Eppure non era quella la pagina del giornale che più interessava a Gregor, anzi: la sua concentrazione era tutta sugli annunci di lavoro. Aveva la necessità di trovare qualcosa di fisso, con uno stipendio che bastasse a consentire loro di vivere.
Ancora una volta si ritrovò a dover cancellare con una x rossa uno degli annunci: aveva appena appreso che non lo avevano assunto.
"Papà, io..." incominciò Liv arrivando in salotto. Si interruppe subito, quando vide la faccia disperata del padre e capì subito cosa ci fosse che non andava. "Non ti hanno preso?" chiese allora.
Gregor scosse la testa, consapevole che fossero ben pochi i lavori disponibili che rimanevano.
"Dai, la prossima volta andrà meglio" continuò la ragazza, sedendoglisi vicino e posando una mano sul braccio del padre.
Quest'ultimo sorrise. "Sì" disse "sono sicuro che sarà così."
Dal suo tono era chiaro che non ne fosse per niente sicuro. Era pienamente consapevole che i problemi finanziari fossero seri.
E lo era anche Liv.
"Io stavo pensando che potrei trovare un lavoro, part-time" provò a dire la ragazza. Non sapeva come avrebbe reagito il padre, ma lei voleva in qualche modo essere d'aiuto.
Come aveva previsto, Gregor la guardò quasi con rimprovero.
"No. Non voglio che tu lo faccia: sono io il padre, io devo prendermi cura di te, mai più il contrario" sentenziò perentorio.
"Ma papà non si tratta di questo!" replicò subito Liv, con un tono quasi di supplica. "Ho ormai diciotto anni, voglio prendermi le mie responsabilità e in qualche modo voglio iniziare a vedere il mondo da un'altra prospettiva" disse gesticolando ampiamente. "Non voglio fare niente di che, solo dare ripetizioni, fare la babysitter, oppure aiutare a pulire la casa. Cose così."
Gregor vacillò: l'assolutamente no si stava trasformando in un forse.
Liv lo guardò e gli sorrise, sussurrando un "ti prego".
"E va bene" rispose alla fine il padre.
La ragazza esultò, sorridendo felicemente. Non era stato per niente difficile convincerlo.

In uno dei suoi tanti giri al centro commerciale con Cashiel, Liv decise di appendere un annuncio.
C'era una bacheca, proprio per quel genere di cose, appena entrati: lasciò il suo numero di cellulare, il suo indirizzo e ovviamente nome e cognome.
"Cercasi lavoro part-time" diceva il foglio che aveva appeso, sotto aveva scritto alcune delle cose che avrebbe potuto fare, un po' come quelle che aveva detto al padre.
Passò solo qualche giorno ed arrivò una lettera indirizzata a lei.
"Penso che sia per il lavoro" stava dicendo al telefono a Cashiel. "Strano, pensavo che mi avrebbero chiamata."
"Infatti di solito succede sempre così" disse l'altra incuriosita.
Liv aprì la lettera, titubante. Quando lesse ciò che era scritto inarcò un sopracciglio.
"È da parte del proprietario del castello, dice che serve una domestica."
"Cavolo, io pensavo che quel castellaccio fosse disabitato!" rispose l'amica.
In effetti, col suo aspetto decadente nessuno avrebbe detto che qualcuno viveva lì. Tra l'altro, mai nessuno degli abitanti dell'edificio aveva messo piede in città, o almeno nessun cittadino li aveva mai incontrati.
"Hai intenzione di accettare il lavoro?" continuò Cashiel.
Liv scrollò le spalle. "Non so. È tutto un po' inquietante, però voglio comunque andare a vedere e parlare con il propretario."
"Quando dovresti andare?"
"Dopodomani."

I due giorni successivi furono pieni di ansia.
Olivia aveva sperato che arrivasse un'altra richiesta di lavoro, ma non fu così.
C'era qualcosa in quel castello che fin da subito l'aveva inquietata. Era così imponente, così decadente. Così antico e in un certo senso sbagliato, rispetto alla modernità delle case di Caligo.
Trovandosi davanti all'enorme portone che faceva da entrata al castello, Liv esitò. Si fermò qualche secondo, chiedendosi se stesse facendo la cosa giusta, poi sospirò e premette il tasto che faceva da campanello. A vederlo così non avrebbe mai detto che in quell'edificio ci fosse qualcosa di moderno.
Non passarono che pochi secondi prima che un uomo, sui sessant'anni, le aprisse.
Era magrissimo, con i capelli lunghi che sembravano decisamente poco puliti, le lanciava uno sguardo torvo con quei suoi occhi scurissimi, quasi neri, nascosti dalle folte sopracciglia.
Non disse nulla, ma le fece segno di entrare.
Ignorando tutti gli scenari catastrofici di killer e uccisioni che la mente di Liv le stava facendo vedere, la ragazza andò avanti. Doveva solo stare calma.
"Mi scusi, è lei il padrone di casa?" chiese gentilmente. Le stava venendo la pelle d'oca.
L'uomo non rispose, ma scosse la testa. Le fece segno di seguirlo, conducendola al piano superiore.
Mentre camminava, Liv si rese conto che il castello dentro era proprio come era fuori: decadente. Le ragnatele abbondavano, il pavimento scricchiolava: come struttura era stabile, ma di certo c'era un sacco di lavoro da fare per ripulire tutto.
I suoi pensieri furono interrotti da una voce, ancora lontana. Olivia non capiva esattamente cosa stesse dicendo, ma si rese conto che qualcuno stava parlando al telefono. E sembrava anche piuttosto arrabbiato.
Man mano che si avvicinavano, si faceva più forte, fino a che iniziarono a definirsi delle parole.

"Ovviamente" stava dicendo la misteriosa voce. "La mia area bla bla bla, sempre le solite cose. E come al solito ti rispondo che me ne occuperò!" urlò alla fine.
Lo strano uomo che le aveva aperto, la condusse in una stanza, apparentemente uno studio, dove stava il propretario della voce.
Guardava fuori dalla finestra, quindi era di spalle, ma era palese che fosse un giovane sui venti anni o poco più.
"E lo farei anche subito se tu la smettessi con questa inutile lamentela!"
Olivia non sapeva cosa fare, doveva forse attirare la sua attenzione o semplicemente aspettare che chiudesse la telefonata? Optò per la prima opzione.
"Mi scusi..." iniziò a voce abbastanza alta, ma lui non diede segno di averla sentita.
Dopo pochi secondi, mise giù il telefono.
Solo allora la guardò.
I suoi occhi di ghiaccio si allacciarono a quelli di Liv, rendendole quasi impossibile distogliere lo sguardo. Aveva un'espressione impassibile sul bel volto dai lineamenti decisi, ma la guardava quasi sapesse già ogni suo minimo segreto.
Sembrava leggerle l'anima.
Il suo volto si illuminò in un sorriso storto, che sembrava quasi deriderla. Si passò una mano fra i ricci neri, tirandoseli indietro.
"Mi scusi" iniziò, avvicinandosi a lei. "Era una chiamata di lavoro piuttosto urgente."
"Non si preoccupi" mormorò Liv, vagamente intimidita.
Una lunga serie di domande si fecero strada nella testa della ragazza.
Era quindi lui il misterioso proprietario del castello? Aveva davanti un ragazzo, al massimo poteva essere considerato un giovane uomo, possibile che, da solo, stesse in quell'edificio enorme e decadente? Probabilmente era il figlio del propretario. In più, si chiedeva come fosse possibile che non andasse mai a Caligo: era sicura che avrebbe facilmente attirato l'attenzione se lo avesse fatto.
"Lei deve essere Olivia Thompson." Liv annuì velocemente. "Io sono il propretario del castello. Come vede" disse indicando l'inquietante uomo che la aveva accompagnata fino a lì e continuava ad avere un'aria sinistra. "il signor Clock ormai sta avanzando con l'età e non vorrei che la manutenzione di questo castello cadesse tutta sulle sue vecchie spalle."
Parlava con un tono freddo, noncurante.
Liv alzò un sopracciglio, stranita dalle parole del propretario, ma non disse nulla. Era molto schietto, decisamente non interessato alla salute del povero signor Clock, ma solo alla propria abitazione. Le sembrava quasi che lo stesse deridendo, ancora una volta.
"Le chiedo semplicemente di venire a pulire: fra qualche mese si terrà in questo castello un evento importante per il mio lavoro e desidererei che il castello fosse per lo meno presentabile. Ha capito?"
Chiaro, deciso. Forse un po' troppo imperioso, ma Olivia aveva deciso che non si sarebbe fatta sfuggire quel lavoro. O se non altro la possibilità di decidere se accettare.
La ragazza annuì.
Lui la guardò, in silenzio. Un angolo delle sue labbra era contratto in un sorriso storto, un sopracciglio più in alto dell'altro. Quegli occhi di un azzurro talmente chiaro da sembrare quasi bianchi avevano un qualcosa di malizioso.
"Olivia Thompson" mormorò lui in un sussurro quasi impercettibile.
Liv era a disagio. Si accorse solo in quel momento che ancora non sapeva il nome del misterioso... Non sapeva neanche se chiamarlo uomo o ragazzo.
"Scusi" iniziò, cercando di mascherare la sua preoccupazione "non mi ha ancora detto il suo nome."
"Può chiamarmi signor Cavendish."
Lei annuì, ma ancora si chiedeva cosa ci fosse dietro tutta quella segretezza. Voleva solo andare a casa e meditare. Una scelta calcolata e pensata, c'erano troppe cose oscure in quella storia per prendere una decisione così, su due piedi.
Discussero brevemente sull'orario -due giorni a settimana da fine scuola al tramonto era più che sufficiente- e sul pagamento. Era tutto perfetto, escludendo l'alone inquietante che circondava tutta quella faccenda.
Liv disse che doveva ancora decidere se accettare o no, Cavendish le disse di presentarsi lì nei giorni stabiliti se avesse deciso di accettare, se no di non andare direttamente.
Olivia si congedò, più confusa di prima.

Quella sera, da sola nel letto, Olivia ripensò a tutto.
A detta di tutti, quel castello c'era da sempre. Cashiel aveva detto che c'era da quando ne aveva memoria e non era difficile crederle, si vedeva subito che era un castello antico.
Nonostante ciò, però, Liv non capiva come mai nessuno avesse mai visto il propietario, che a quanto pareva viveva lì. Di certo, se il signor Cavendish avesse attraversato le strade di Caligo, un sacco di gente se ne sarebbe accorta. In più, non capiva il motivo per il quale nessuno si fosse accorto che qualcuno abitava lì dentro.
Altre domande trovarono spazio nella mente di Liv: perché aveva deciso proprio in quel momento di assumere una domestica, rivelando così la propria esistenza?
Ora però lei doveva decidere: accettare, con tutte quelle stranezza, sembrava quasi una follia. D'altra parte, se avesse rifiutato non c'era alcuna certezza che avrebbe trovato un altro lavoro.
Non lo avrebbe mai ammesso a se stessa, ma era attratta da tutto quel mistero, da quegli occhi gelidi. Forse fu questo il vero motivo per cui decise che avrebbe accettato.


 

   
 
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