Ciao a tutti!Chiedo scusa per la prolungata assenza, ma ho dovuto preparare un esame e non ho avuto tempo da dedicare alla fanfiction. In questo nuovo capitolo ho cercato di dare spazio al nuovo personaggio da me inventato oltre che ai classici. Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate. Buona lettura, a presto!
Capitolo
5: Identità svelata
C'era
molto schiamazzo nella parte della nave adibita a mensa, tanto che
Elizabeth esitava ad entrare e perciò Will e Gibbs la
incontrarono
nei corridoi; quest'ultimo la invitò a seguirli e
così cenarono. I
due fidanzati non scambiarono una parola mentre intorno a loro
regnava baldoria, musica e canzoni rozze. Terminato il pasto la
ragazza si ritirò nella sua cabina mentre Will
restò a parlare con
Gibbs. Si chiuse la porta alle spalle, non c'era neanche la chiave;
delle calde lacrime le rigarono le guance: si era sentita
terribilmente fuori posto in quei due giorni in mezzo a quegli
uomini. E ripensò alle parole di Barbossa: -
“Potreste vivere
nell'ozio e nel lusso”... Ma quella non le era mai parsa vita
vera:
era tutto fondato sull'apparenza, al contrario sul mare erano
soltanto le doti di ciascuno a rendersi necessarie per la
sopravvivenza. Così quando partecipava ad una qualche
noiosissima
cerimonia, data in onore di un rampollo di una qualche importante
famiglia, che aveva ricevuto un prestigioso incarico, politico o
militare, lo faceva solo per accontentare suo padre. Suo padre. A
stento aveva acconsentito di farle sposare un semplice fabbro,
attirandosi i commenti maligni degli altri aristocratici, ma
l'avrebbe mai perdonata per essersi unita a dei fuorilegge rifiutando
la possibilità di tornare in Inghilterra?D'altra parte non
poteva
neppure immaginare di dover restare in un paese che ormai non sentiva
più suo con l'angoscia di non sapere niente di Will, o
peggio,
scoprire che era stato giustiziato. Lo avrebbe seguito ovunque, non
voleva perderlo, avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui; ma lui ne era
cosciente? Per il modo in cui si comportava le sembrava di averlo
già
perduto. Era vero, continuava a difenderla letteralmente a spada
tratta, ma forse lo faceva solo perché era proprio del suo
carattere: non aveva più ricevuto alcun gesto di affetto da
parte
sua, né una parola che non riguardasse la <<spedizione>>
che stavano compiendo con Barbossa. Guardandosi attorno notò
che
qualcuno aveva portato un tavolino e vi aveva appoggiato un bacile ed
una brocca con dell'acqua che utilizzò per lavarsi il viso.
Pensò
che, seppure pirati, quegli uomini conservavano un briciolo di
cortesia. Poi si distese sul letto e, oppressa dai ricordi, dai dubbi
e dalle vane speranze sul loro futuro, infine si addormentò.
Qualche
ora più tardi aprì gli occhi: sentiva una luce
colpirle le palpebre
e quando ebbe messo a fuoco si accorse che era un raggio di sole
riflesso dalla lama di una spada. Non la sua: l'aveva lasciata vicino
al letto, era un'altra appesa ad un chiodo della parete. Con
meraviglia e felicità scoprì che era quella di
Will: lui era
scomodamente sistemato sulla poltrona di velluto viola,
chissà da
quanto tempo, e lei sorrise pensando che era la prima volta che
dividevano la stessa stanza per dormire. Mentre faceva questa
considerazione vide che stava per svegliarsi e allora chiuse gli
occhi. Il ragazzo si stiracchiò, sentì i suoi
passi avvicinarsi a
lei, lentamente, non voleva farsi sentire. Si diresse verso
l'oblò
aprendolo e facendo entrare la fresca brezza del mattino.
Avvertì
che si chinava su di lei: sfiorò con la punta delle dita il
palmo
della sua mano poggiata sul cuscino e con altrettanta delicatezza le
scostò i capelli dal collo. Il suo cuore iniziò a
battere più
forte quando percepì la sua vicinanza e il suo odore di
salsedine a
pochi centimetri dal suo viso.
Si
soffermò a guardarla: sembrava più tranquilla ora
rispetto a
quando, qualche ora prima, si era deciso a trascorrere lì la
notte
anziché restare sul ponte a prendere umidità.
Contemplò la dolce
forma delle sue labbra ed ebbe voglia di baciarla ma si trattenne
ricordando che l'ultima volta era stato Jack Sparrow a farlo,
così
si allontanò prendendo la sua spada e uscendo. Elizabeth si
alzò
sedendosi non appena se ne fu andato; si passò le dita fra i
capelli
che lui aveva toccato e restò per qualche secondo a
respirare più
forte, come non aveva potuto fare prima, per non fargli capire che
era sveglia. Le aveva fatto piacere trovarlo lì con lei,
perciò
scelse di fingere di non essersene accorta, sperando che quello che
era successo si ripetesse.
Sul
ponte c'era agitazione e le prime due persone che Will vide furono
Barbossa e Tia Dalma, impegnati in un'accesa discussione di cui colse
alcune parole:
-
Mi avevi assicurato che non ci sarebbero stati problemi! - sbraitava
il pirata.
-
È questo il massimo che posso fare finché
sarò costretta in questo
corpo! - ribatteva la donna con altrettanto fervore.
-
Dovrai impegnarti di più, allora! - replicò il
filibustiere con
tono minaccioso.
-
Altrimenti cosa farai? - lo incalzò quella per nulla
intimorita,
anzi quasi canzonandolo. Gibbs venne incontro a Will e questo subito
gli chiese, mentre i due si zittirono: - Che sta succedendo?
-
Velè in vista e bandiera inglese! - rispose Capitan Dumont
guardando
nel cannocchiale.
-
Dovremo prepararci ad affrontarli – suggerì
Elizabeth che era nel
frattempo salita sopra coperta; il fidanzato le rivolse uno sguardo
rapido come se volesse carpire se per caso avesse un modo diverso di
guardarlo, avendo scoperto che aveva dormito lì con lei, ma
la
ragazza abbassò subito gli occhi e allora parlando al
capitano
francese disse: - Quanti cannoni avete?
-
Ma insommà!Questa è la mia nave! - esplose
quello, offeso dalla
presa di posizione dei due giovani – Descido io come agire!
-
Avete ragione, monsieur Dumont – lo appoggiò
Barbossa
rimproverando con una occhiata sia Will che Elizabeth – Vi
ascoltiamo – aggiunse.
-
Dobbiamo cambiare rotta – stabilì il francese, gli
altri restarono
senza parole – Se continuiamo a spingersci verso il golfo sci
prenderanno! Invece se andiamo verso est...
-
Torneremo indietro! - constatò con incredulità
Will.
-
Ma Singapore è in oriente, no? - affermò il
capitano.
-
Ci vorrà molto tempo! - si intromise Pintel.
-
Ullallallà!La mia nave è veloscissima...al
massimo... due mesi –
esclamò il filibustiere con ottimismo, accingendosi a
manovrare il
timone. A quel punto Barbossa cambiò espressione e contegno
e con
forza gli trattenne un braccio: - Codardo di un francese! Te la fai
sotto perché quelli hanno due file di cannoni? - lo
provocò.
-
Mi sombra un motivo più che buono! - osservò
quello – E poi mi
sembrava vi fosse clar che qui c'è moi le Capitan! -
aggiunse
irritato. Will e Gibbs temettero che Barbossa volesse impugnare la
pistola, perciò si affrettarono a farlo allontanare,
afferrandolo
per le braccia insieme ai marinai della Tempete.
-
Pronti alla manovra, capitano – asserirono Pintel, Ragetti e
Marty.
-
Toute a gauche! - allora ordinò quello e tutti si mossero
seguendo i
marinai francesi che erano stati gli unici a capire quelle parole.
Poi il bucaniere chiamò Barbossa in disparte: - Non vi
faccio
mettere in scella solo per rispetto del vostro grado precedonte,
capitano – lo ammonì fingendosi serio; l'uomo fece
una smorfia di
disappunto e poi restò saldamente aggrappato alla ringhiera.
“Io
l'avrei fatto, invece”, pensò.
Il
trealberi compì la manovra con lentezza ma una volta
rigiratosi
cominciò a filare sulle onde con maggiore impeto; anche il
veliero
inglese era veloce e presto iniziò ad incalzarlo.
-
Non è certo la Perla Nera! - disse Pintel mentre stringeva
una cima
rivolgendosi a Ragetti impegnato nello stesso compito.
-
Se ci prendono ci impiccano tutti! - esclamò quello
– Speriamo che
non usino corde troppo lunghe. Perché ho sentito storie di
uomini
rimasti appesi per il collo anche ore prima di morire strozzati!
-
Qui nessuno sarà impiccato se vi date una mossa! -
urlò Gibbs – E
smettila con queste storie!
-
Ma io non ho paura di morire, solo dovrei confessarmi prima –
ribatté il pirata dall'occhio di legno; le sue parole
restarono
inascoltate mentre la nave inglese riduceva sempre di più le
distanze.
-
Una volta rasgiunto l'Osceano vedrete come filerà velosce! -
gridò
il capitano francese. Ma il veliero che li seguiva era ormai a pochi
metri e aveva aperto il fuoco.
-
Sempre che ci arriviamo all'Oceano – constatò
amaramente Barbossa.
-
Perché non vuole usare i cannoni?Abbiamo molte munizioni!
–
sostenne Will avendo udito ciò che aveva detto il pirata.
Quello
scrollò le spalle, poi, come assalito da un'improvvisa
scossa, si
diresse a grandi passi verso il timone strappandolo dalle mani di
Dumont, il quale finì per terra a gambe all'aria. Allora
dichiarò:
- Assumo io il comando oggi! - e così dicendo
iniziò a dare ordini
a destra e a sinistra con la consueta animosità riuscendo ad
ottenere il consenso dello stesso capitano francese che traduceva per
i suoi marinai. Will pensò che quell'uomo era portato per
gli
ammutinamenti, mentre Elizabeth ammirò la sua
capacità di
destreggiarsi in una situazione che sembrava ormai segnata. Ma
nessuno dei due capì cosa lo spingesse davvero a mettere in
gioco la
sua vita: audacia?incoscienza?gusto del rischio?Non potevano sapere
che, paradossalmente, era proprio la voglia di vivere ad indurlo ad
un tale atto di sfida: Calipso era stata molto chiara: o l'avrebbe
fatta ritornare come prima o sarebbe tornato nel mondo dei morti. Era
un'occasione troppo importante e unica per mettersi a subire
passivamente la vigliacca condotta del pirata francese. E infatti
poco dopo decise di far mettere in funzione i cannoni, dato che il
veliero inglese era riuscito, nonostante gli sforzi fatti, ad
affiancarli. Ben pochi colpi giunsero, in verità, a segno
perché il
vento continuava a sospingere le imbarcazioni e nessuno dei due
capitani aveva voluto gettare l'ancora. Dopo qualche minuto una palla
di cannone ebbe un ruolo decisivo andando ad abbattere un albero
della nave avversaria che perse così velocità e
restò quindi
indietro.
-
Non ci daranno più fastidio! – annunciò
trionfante Barbossa alla
ciurma e al Capitan Dumont che si era avvicinato: - Credete che
riusciremo ad arrivare fino al Capo di Buona Speranza o dovremo fare
una sosta prima? - domandò a questo.
-
Guardate che è a voi che davano la casccia. Io non ho mai
dato
fastidio a nessuno – sostenne il francese riprendendo il
timone
come se nulla fosse accaduto. Ci fu un mormorio,poi Ragetti
esclamò:
- Davvero?
-
Scertamente! - asserì quello con sicurezza.
-
Perché, voi non siete un pirata che ruba forse? - chiese
Barbossa
poco convinto dal modo di comportarsi del francese. La sua risposta
fu inaspettata.
-
No,infatti! Se non ve ne siete accorti non ho neppure una bandiera
mia.
-
Come?! - disse con stupore Will dopo aver dato una rapida occhiata
all'albero maestro che era privo di qualsiasi vessillo.
-
Sono un agente al servizio di sua maestà cattolicissima il
re di
Francia Luigi... - mentre parlava un'espressione preoccupata si
stampò sui loro volti.
-
Frena, amico! - irruppe Pintel – Ci hai preso in giro!
-
Perché eravate a Tortuga? - incalzò Barbossa.
-
Il mio re mi ha mandato nei Caraibi per controllare la situazione di
queste isole a cui anche lui è interessato. E Tortuga
è l'unico
porto in cui è possibile attraccare e comprare
ciò che si vuole a
buon prezzo e senza pagare alcuna tassa agli inglesi! -
spiegò
sorridendo l'uomo.
Barbossa
alzò gli occhi al cielo non capacitandosi di quanto
facilmente si
fosse abbassato a chiedere aiuto a quello sconosciuto che non aveva
alcun interesse in comune con lui: ora capiva perché aveva
mostrato
tanta resistenza ad accoglierli a bordo e perché non capiva
il
discorso della Fratellanza.
-
Che intendete fare di noi? - proferì Elizabeth mentre gli
altri
guardavano il filibustiere che li aveva cacciati in quella situazione
con avversione.
-
In fondo sono in debito con voi... - iniziò il francese -
...persciò
potrei anche prendervi a bordo con me – Pintel, Ragetti e
Gibbs,
che avevano già immaginato un destino peggiore, spalancarono
occhi e
bocca in un sorriso di sollievo ma il loro capitano fu pronto a
frenare quell'entusiasmo: - Non possiamo accettare, abbiamo una
missione da compiere – sostenne con serietà.
-
Si, me lo avete già detto: dovete arrivare a Singapore il
prima
possible. Anche io devo andare in Orientè perché
la mia seconda
tappa è l'India, ma prima passeremo per Scittà
del Capo – asserì
con tono amichevole il francese.
Quelle
parole convinsero ancora di più la ciurma superstite della
Perla a
restare ma Barbossa, non avendo ancora digerito lo smacco,
tornò ad
attaccare il capitano che si mostrava stranamente disponibile: -
Potremo anche accettare di prolungare la nostra permanenza a bordo
della Tempete, ma prima gradirei che ci metteste a parte di un paio
di cose.
L'uomo
abbassò il capo in segno di riconoscenza delle motivazioni
di
sospetto del pirata e allora pronunciò: - Vi invito a
discutere
sotto coperta. E può seguirci anche la vostra amica
– concluse
alludendo a Tia Dalma per la quale sembrava avere un debole; quella
lo ringraziò con tono vezzoso.
-
Vorrei venire anch'io – si intromise Will.
-
Va bene – disse inaspettatamente Barbossa – e
può anche Miss
Swann – aggiunse. Il capitano non si oppose e così
tutti e quattro
scesero nella cabina personale del comandante dove la sera precedente
Barbossa e Tia Dalma avevano cenato ma che era sconosciuta a Will ed
Elizabeth. I due giovani si soffermarono ad osservare la grande
quantità di oggetti che vi era raccolta: sulle pareti
campeggiavano
molte carte geografiche incorniciate, spade, pistole di vario tipo,
quadri con paesaggi di campagna che l'uomo dichiarò di aver
dipinto
personalmente quando si trovava nella sua amata Francia. Dal tetto
scendeva un lampadario di bronzo a dieci braccia, e vi era un tavolo
abbastanza lungo, di forma rettangolare, con sei sedie attorno. Il
francese li fece accomodare e poco dopo giunse un suo marinaio che
portò un vassoio con cinque bicchieri e una bottiglia di
liquore che
nessuno, però, si risolse a bere, a parte il capitano che
dopo
averlo sorseggiato asserì: - Excellent!
Barbossa,
spazientito da quel temporeggiare, prese la parola con arroganza: -
Primo: perché volete continuare ad aiutarci?Siamo nove
persone, non
una, nove. C'è una taglia su ognuna delle nostre teste!
-
Anche sulle vostre mademoisselles? - chiese divertito l'uomo mentre
entrambe le donne abbassarono gli occhi.
-
Volete venderci? - tornò a chiedere il pirata.
-
Non mi permetterei mai! - rispose quello, quasi scandalizzato.
-
E secondo – si frappose Will – perché
dite che è a noi che
quegli inglesi davano la caccia?Voi navigate senza bandiere e
potreste essere scambiato benissimo per un pirata.
-
Insommà!Se avessi avuto cattive intensioni... - il francese
restò
per qualche secondo in silenzio come se volesse cercare le parole
più
opportune; poi riprese – Perché dovrei
considerarvi nemisci?Non
state dalla parte degli inglesi, anzi li danneggiate e questo al mio
re piace – spiegò.
-
Ma sapete benissimo che anche quando ci sarete voi a governare questi
mari, i pirati non vi daranno tregua – ammise Elizabeth.
-
Quello si vedrà – asserì l'uomo con
spavalderia mentre Barbossa
fece un sorriso che esprimeva una sorta di ironica compassione nei
suoi riguardi.
-
Non avete risposto alla mia domanda, capitan Dumont – si fece
avanti nuovamente Turner.
-
C'erano degli uomini che vi seguivano a Tortuga; me lo hanno riferito
i miei marinai – precisò. - Non ve ne siete
accorti?
Will
abbassò lo sguardo e per un attimo gli tornò in
mente che sì, tra
la folla aveva notato qualcuno che gli sembrava familiare, ma non ci
aveva dato peso; dopotutto era stata la terza volta che metteva piede
in qual posto. Ora riuscì a collegare quel volto ad un nome:
era
l'agente di Beckett, Mercer...Elizabeth lo osservava in attesa che
dicesse qualcosa ma restò muto.
-
Un' ultima domanda – tornò a parlare Barbossa
– Come mai mi
avete lasciato fare prima, al timone?
-
Vedete monsier, io sono un gentiluomo di campagna. È da meno
di un
anno che possiedo questa nave e non posso dire di essere
espertò di
battaglie navali come voi – dichiarò con un tono
velatamente
adulatore, ma il bucaniere lo guardò con diffidenza. - Non
ho più
nulla da dirvi persciò, se volete andare...
-
Sì, ce ne andiamo – disse il maturo pirata e con
lui si alzarono
Will ed Elizabeth.
-
Io resto qui – annunciò Tia Dalma scambiando uno
sguardo di
complicità con il capitano francese che sorrise lusingato.
Gli
altri tre non dissero niente e uscirono risalendo sopra coperta.
Subito Gibbs e gli altri si avvicinarono per sapere cosa si fossero
detti e Miss Swann si offrì di raccontare loro tutto dopo
aver avuto
il permesso da Barbossa. Will si rivolse a quest'ultimo che si era
affacciato al parapetto, con lo sguardo perso tra le onde: - Ci
possiamo fidare?
L'uomo
si voltò lentamente: - Arrivati a Città del Capo
cambieremo nave. E
comunque vi suggerisco di stare all'erta – lo
ammonì rigirandosi.
-
Quel vostro amico di Singapore... - ricominciò il ragazzo
nonostante
il filibustiere mostrasse poca voglia di conversare.
-
Sao Feng? - domandò seccamente.
-
Sì. Andremo da lui per informarlo di quanto sta per
accadere,
giusto?
-
Giusto! - rispose l'uomo sempre più spazientito dalle
continue
domande del giovane.
-
E tutti gli altri pirati nobili come verranno a saperlo? -
continuò
quello.
-
Con la canzone. Ci ho già pensato io – disse
bruscamente. -
Ma...che fine ha fatto Jack? - esclamò poco dopo
allontanandosi per
cercare la scimmietta, sua unica compagna fedele su quella nave.