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Autore: Fanny Jumping Sparrow    15/02/2009    1 recensioni
In revisione
Ho provato ad immaginare cosa sia potuto succedere ai personaggi nell'intervallo tra il secondo e il terzo capitolo della saga.
 ...La Perla Nera, la nave conosciuta con terrore fino a qualche anno prima in tutti i Caraibi, si era lentamente inabissata. A nulla erano valsi i tentativi della sua ciurma, forse l’unica ad aver avuto il coraggio e la lucidità di sfidare il kraken delle maree...
– Ma se dovrete sfidare le infestate e arcane coste dei confini della terra, allora vi occorrerà un capitano, uno che conosca bene quelle acque...
- Seguendo le indicazioni delle carte nautiche – rispose semplicemente Barbossa dando nuova speranza ai marinai.
Non tutti però. Will, in particolare, aveva il sentore che si trattasse di un nuovo viaggio pericoloso che non escludeva la possibilità di un fallimento e non si sentiva del tutto pronto a rischiare la vita per un uomo che in fondo lo aveva soltanto ingannato ed era perfino riuscito a derubarlo dell’unico tesoro che aveva: l’amore di Elizabeth...
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elizabeth Swann, Hector Barbossa, Joshamee Gibbs, Tia Dalma, Will Turner
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti!Chiedo scusa per la prolungata assenza, ma ho dovuto preparare un esame e non ho avuto tempo da dedicare alla fanfiction. In questo nuovo capitolo ho cercato di dare spazio al nuovo personaggio da me inventato oltre che ai classici. Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate. Buona lettura, a presto!


Capitolo 5: Identità svelata

C'era molto schiamazzo nella parte della nave adibita a mensa, tanto che Elizabeth esitava ad entrare e perciò Will e Gibbs la incontrarono nei corridoi; quest'ultimo la invitò a seguirli e così cenarono. I due fidanzati non scambiarono una parola mentre intorno a loro regnava baldoria, musica e canzoni rozze. Terminato il pasto la ragazza si ritirò nella sua cabina mentre Will restò a parlare con Gibbs. Si chiuse la porta alle spalle, non c'era neanche la chiave; delle calde lacrime le rigarono le guance: si era sentita terribilmente fuori posto in quei due giorni in mezzo a quegli uomini. E ripensò alle parole di Barbossa: - “Potreste vivere nell'ozio e nel lusso”... Ma quella non le era mai parsa vita vera: era tutto fondato sull'apparenza, al contrario sul mare erano soltanto le doti di ciascuno a rendersi necessarie per la sopravvivenza. Così quando partecipava ad una qualche noiosissima cerimonia, data in onore di un rampollo di una qualche importante famiglia, che aveva ricevuto un prestigioso incarico, politico o militare, lo faceva solo per accontentare suo padre. Suo padre. A stento aveva acconsentito di farle sposare un semplice fabbro, attirandosi i commenti maligni degli altri aristocratici, ma l'avrebbe mai perdonata per essersi unita a dei fuorilegge rifiutando la possibilità di tornare in Inghilterra?D'altra parte non poteva neppure immaginare di dover restare in un paese che ormai non sentiva più suo con l'angoscia di non sapere niente di Will, o peggio, scoprire che era stato giustiziato. Lo avrebbe seguito ovunque, non voleva perderlo, avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui; ma lui ne era cosciente? Per il modo in cui si comportava le sembrava di averlo già perduto. Era vero, continuava a difenderla letteralmente a spada tratta, ma forse lo faceva solo perché era proprio del suo carattere: non aveva più ricevuto alcun gesto di affetto da parte sua, né una parola che non riguardasse la <<spedizione>> che stavano compiendo con Barbossa. Guardandosi attorno notò che qualcuno aveva portato un tavolino e vi aveva appoggiato un bacile ed una brocca con dell'acqua che utilizzò per lavarsi il viso. Pensò che, seppure pirati, quegli uomini conservavano un briciolo di cortesia. Poi si distese sul letto e, oppressa dai ricordi, dai dubbi e dalle vane speranze sul loro futuro, infine si addormentò.
Qualche ora più tardi aprì gli occhi: sentiva una luce colpirle le palpebre e quando ebbe messo a fuoco si accorse che era un raggio di sole riflesso dalla lama di una spada. Non la sua: l'aveva lasciata vicino al letto, era un'altra appesa ad un chiodo della parete. Con meraviglia e felicità scoprì che era quella di Will: lui era scomodamente sistemato sulla poltrona di velluto viola, chissà da quanto tempo, e lei sorrise pensando che era la prima volta che dividevano la stessa stanza per dormire. Mentre faceva questa considerazione vide che stava per svegliarsi e allora chiuse gli occhi. Il ragazzo si stiracchiò, sentì i suoi passi avvicinarsi a lei, lentamente, non voleva farsi sentire. Si diresse verso l'oblò aprendolo e facendo entrare la fresca brezza del mattino. Avvertì che si chinava su di lei: sfiorò con la punta delle dita il palmo della sua mano poggiata sul cuscino e con altrettanta delicatezza le scostò i capelli dal collo. Il suo cuore iniziò a battere più forte quando percepì la sua vicinanza e il suo odore di salsedine a pochi centimetri dal suo viso.
Si soffermò a guardarla: sembrava più tranquilla ora rispetto a quando, qualche ora prima, si era deciso a trascorrere lì la notte anziché restare sul ponte a prendere umidità. Contemplò la dolce forma delle sue labbra ed ebbe voglia di baciarla ma si trattenne ricordando che l'ultima volta era stato Jack Sparrow a farlo, così si allontanò prendendo la sua spada e uscendo. Elizabeth si alzò sedendosi non appena se ne fu andato; si passò le dita fra i capelli che lui aveva toccato e restò per qualche secondo a respirare più forte, come non aveva potuto fare prima, per non fargli capire che era sveglia. Le aveva fatto piacere trovarlo lì con lei, perciò scelse di fingere di non essersene accorta, sperando che quello che era successo si ripetesse.
Sul ponte c'era agitazione e le prime due persone che Will vide furono Barbossa e Tia Dalma, impegnati in un'accesa discussione di cui colse alcune parole:
- Mi avevi assicurato che non ci sarebbero stati problemi! - sbraitava il pirata.
- È questo il massimo che posso fare finché sarò costretta in questo corpo! - ribatteva la donna con altrettanto fervore.
- Dovrai impegnarti di più, allora! - replicò il filibustiere con tono minaccioso.
- Altrimenti cosa farai? - lo incalzò quella per nulla intimorita, anzi quasi canzonandolo. Gibbs venne incontro a Will e questo subito gli chiese, mentre i due si zittirono: - Che sta succedendo?
- Velè in vista e bandiera inglese! - rispose Capitan Dumont guardando nel cannocchiale.
- Dovremo prepararci ad affrontarli – suggerì Elizabeth che era nel frattempo salita sopra coperta; il fidanzato le rivolse uno sguardo rapido come se volesse carpire se per caso avesse un modo diverso di guardarlo, avendo scoperto che aveva dormito lì con lei, ma la ragazza abbassò subito gli occhi e allora parlando al capitano francese disse: - Quanti cannoni avete?
- Ma insommà!Questa è la mia nave! - esplose quello, offeso dalla presa di posizione dei due giovani – Descido io come agire!
- Avete ragione, monsieur Dumont – lo appoggiò Barbossa rimproverando con una occhiata sia Will che Elizabeth – Vi ascoltiamo – aggiunse.
- Dobbiamo cambiare rotta – stabilì il francese, gli altri restarono senza parole – Se continuiamo a spingersci verso il golfo sci prenderanno! Invece se andiamo verso est...
- Torneremo indietro! - constatò con incredulità Will.
- Ma Singapore è in oriente, no? - affermò il capitano.
- Ci vorrà molto tempo! - si intromise Pintel.
- Ullallallà!La mia nave è veloscissima...al massimo... due mesi – esclamò il filibustiere con ottimismo, accingendosi a manovrare il timone. A quel punto Barbossa cambiò espressione e contegno e con forza gli trattenne un braccio: - Codardo di un francese! Te la fai sotto perché quelli hanno due file di cannoni? - lo provocò.
- Mi sombra un motivo più che buono! - osservò quello – E poi mi sembrava vi fosse clar che qui c'è moi le Capitan! - aggiunse irritato. Will e Gibbs temettero che Barbossa volesse impugnare la pistola, perciò si affrettarono a farlo allontanare, afferrandolo per le braccia insieme ai marinai della Tempete.
- Pronti alla manovra, capitano – asserirono Pintel, Ragetti e Marty.
- Toute a gauche! - allora ordinò quello e tutti si mossero seguendo i marinai francesi che erano stati gli unici a capire quelle parole. Poi il bucaniere chiamò Barbossa in disparte: - Non vi faccio mettere in scella solo per rispetto del vostro grado precedonte, capitano – lo ammonì fingendosi serio; l'uomo fece una smorfia di disappunto e poi restò saldamente aggrappato alla ringhiera. “Io l'avrei fatto, invece”, pensò.
Il trealberi compì la manovra con lentezza ma una volta rigiratosi cominciò a filare sulle onde con maggiore impeto; anche il veliero inglese era veloce e presto iniziò ad incalzarlo.
- Non è certo la Perla Nera! - disse Pintel mentre stringeva una cima rivolgendosi a Ragetti impegnato nello stesso compito.
- Se ci prendono ci impiccano tutti! - esclamò quello – Speriamo che non usino corde troppo lunghe. Perché ho sentito storie di uomini rimasti appesi per il collo anche ore prima di morire strozzati!
- Qui nessuno sarà impiccato se vi date una mossa! - urlò Gibbs – E smettila con queste storie!
- Ma io non ho paura di morire, solo dovrei confessarmi prima – ribatté il pirata dall'occhio di legno; le sue parole restarono inascoltate mentre la nave inglese riduceva sempre di più le distanze.
- Una volta rasgiunto l'Osceano vedrete come filerà velosce! - gridò il capitano francese. Ma il veliero che li seguiva era ormai a pochi metri e aveva aperto il fuoco.
- Sempre che ci arriviamo all'Oceano – constatò amaramente Barbossa.
- Perché non vuole usare i cannoni?Abbiamo molte munizioni! – sostenne Will avendo udito ciò che aveva detto il pirata. Quello scrollò le spalle, poi, come assalito da un'improvvisa scossa, si diresse a grandi passi verso il timone strappandolo dalle mani di Dumont, il quale finì per terra a gambe all'aria. Allora dichiarò: - Assumo io il comando oggi! - e così dicendo iniziò a dare ordini a destra e a sinistra con la consueta animosità riuscendo ad ottenere il consenso dello stesso capitano francese che traduceva per i suoi marinai. Will pensò che quell'uomo era portato per gli ammutinamenti, mentre Elizabeth ammirò la sua capacità di destreggiarsi in una situazione che sembrava ormai segnata. Ma nessuno dei due capì cosa lo spingesse davvero a mettere in gioco la sua vita: audacia?incoscienza?gusto del rischio?Non potevano sapere che, paradossalmente, era proprio la voglia di vivere ad indurlo ad un tale atto di sfida: Calipso era stata molto chiara: o l'avrebbe fatta ritornare come prima o sarebbe tornato nel mondo dei morti. Era un'occasione troppo importante e unica per mettersi a subire passivamente la vigliacca condotta del pirata francese. E infatti poco dopo decise di far mettere in funzione i cannoni, dato che il veliero inglese era riuscito, nonostante gli sforzi fatti, ad affiancarli. Ben pochi colpi giunsero, in verità, a segno perché il vento continuava a sospingere le imbarcazioni e nessuno dei due capitani aveva voluto gettare l'ancora. Dopo qualche minuto una palla di cannone ebbe un ruolo decisivo andando ad abbattere un albero della nave avversaria che perse così velocità e restò quindi indietro.
- Non ci daranno più fastidio! – annunciò trionfante Barbossa alla ciurma e al Capitan Dumont che si era avvicinato: - Credete che riusciremo ad arrivare fino al Capo di Buona Speranza o dovremo fare una sosta prima? - domandò a questo.
- Guardate che è a voi che davano la casccia. Io non ho mai dato fastidio a nessuno – sostenne il francese riprendendo il timone come se nulla fosse accaduto. Ci fu un mormorio,poi Ragetti esclamò: - Davvero?
- Scertamente! - asserì quello con sicurezza.
- Perché, voi non siete un pirata che ruba forse? - chiese Barbossa poco convinto dal modo di comportarsi del francese. La sua risposta fu inaspettata.
- No,infatti! Se non ve ne siete accorti non ho neppure una bandiera mia.
- Come?! - disse con stupore Will dopo aver dato una rapida occhiata all'albero maestro che era privo di qualsiasi vessillo.
- Sono un agente al servizio di sua maestà cattolicissima il re di Francia Luigi... - mentre parlava un'espressione preoccupata si stampò sui loro volti.
- Frena, amico! - irruppe Pintel – Ci hai preso in giro!
- Perché eravate a Tortuga? - incalzò Barbossa.
- Il mio re mi ha mandato nei Caraibi per controllare la situazione di queste isole a cui anche lui è interessato. E Tortuga è l'unico porto in cui è possibile attraccare e comprare ciò che si vuole a buon prezzo e senza pagare alcuna tassa agli inglesi! - spiegò sorridendo l'uomo.
Barbossa alzò gli occhi al cielo non capacitandosi di quanto facilmente si fosse abbassato a chiedere aiuto a quello sconosciuto che non aveva alcun interesse in comune con lui: ora capiva perché aveva mostrato tanta resistenza ad accoglierli a bordo e perché non capiva il discorso della Fratellanza.
- Che intendete fare di noi? - proferì Elizabeth mentre gli altri guardavano il filibustiere che li aveva cacciati in quella situazione con avversione.
- In fondo sono in debito con voi... - iniziò il francese - ...persciò potrei anche prendervi a bordo con me – Pintel, Ragetti e Gibbs, che avevano già immaginato un destino peggiore, spalancarono occhi e bocca in un sorriso di sollievo ma il loro capitano fu pronto a frenare quell'entusiasmo: - Non possiamo accettare, abbiamo una missione da compiere – sostenne con serietà.
- Si, me lo avete già detto: dovete arrivare a Singapore il prima possible. Anche io devo andare in Orientè perché la mia seconda tappa è l'India, ma prima passeremo per Scittà del Capo – asserì con tono amichevole il francese.
Quelle parole convinsero ancora di più la ciurma superstite della Perla a restare ma Barbossa, non avendo ancora digerito lo smacco, tornò ad attaccare il capitano che si mostrava stranamente disponibile: - Potremo anche accettare di prolungare la nostra permanenza a bordo della Tempete, ma prima gradirei che ci metteste a parte di un paio di cose.
L'uomo abbassò il capo in segno di riconoscenza delle motivazioni di sospetto del pirata e allora pronunciò: - Vi invito a discutere sotto coperta. E può seguirci anche la vostra amica – concluse alludendo a Tia Dalma per la quale sembrava avere un debole; quella lo ringraziò con tono vezzoso.
- Vorrei venire anch'io – si intromise Will.
- Va bene – disse inaspettatamente Barbossa – e può anche Miss Swann – aggiunse. Il capitano non si oppose e così tutti e quattro scesero nella cabina personale del comandante dove la sera precedente Barbossa e Tia Dalma avevano cenato ma che era sconosciuta a Will ed Elizabeth. I due giovani si soffermarono ad osservare la grande quantità di oggetti che vi era raccolta: sulle pareti campeggiavano molte carte geografiche incorniciate, spade, pistole di vario tipo, quadri con paesaggi di campagna che l'uomo dichiarò di aver dipinto personalmente quando si trovava nella sua amata Francia. Dal tetto scendeva un lampadario di bronzo a dieci braccia, e vi era un tavolo abbastanza lungo, di forma rettangolare, con sei sedie attorno. Il francese li fece accomodare e poco dopo giunse un suo marinaio che portò un vassoio con cinque bicchieri e una bottiglia di liquore che nessuno, però, si risolse a bere, a parte il capitano che dopo averlo sorseggiato asserì: - Excellent!
Barbossa, spazientito da quel temporeggiare, prese la parola con arroganza: - Primo: perché volete continuare ad aiutarci?Siamo nove persone, non una, nove. C'è una taglia su ognuna delle nostre teste!
- Anche sulle vostre mademoisselles? - chiese divertito l'uomo mentre entrambe le donne abbassarono gli occhi.
- Volete venderci? - tornò a chiedere il pirata.
- Non mi permetterei mai! - rispose quello, quasi scandalizzato.
- E secondo – si frappose Will – perché dite che è a noi che quegli inglesi davano la caccia?Voi navigate senza bandiere e potreste essere scambiato benissimo per un pirata.
- Insommà!Se avessi avuto cattive intensioni... - il francese restò per qualche secondo in silenzio come se volesse cercare le parole più opportune; poi riprese – Perché dovrei considerarvi nemisci?Non state dalla parte degli inglesi, anzi li danneggiate e questo al mio re piace – spiegò.
- Ma sapete benissimo che anche quando ci sarete voi a governare questi mari, i pirati non vi daranno tregua – ammise Elizabeth.
- Quello si vedrà – asserì l'uomo con spavalderia mentre Barbossa fece un sorriso che esprimeva una sorta di ironica compassione nei suoi riguardi.
- Non avete risposto alla mia domanda, capitan Dumont – si fece avanti nuovamente Turner.
- C'erano degli uomini che vi seguivano a Tortuga; me lo hanno riferito i miei marinai – precisò. - Non ve ne siete accorti?
Will abbassò lo sguardo e per un attimo gli tornò in mente che sì, tra la folla aveva notato qualcuno che gli sembrava familiare, ma non ci aveva dato peso; dopotutto era stata la terza volta che metteva piede in qual posto. Ora riuscì a collegare quel volto ad un nome: era l'agente di Beckett, Mercer...Elizabeth lo osservava in attesa che dicesse qualcosa ma restò muto.
- Un' ultima domanda – tornò a parlare Barbossa – Come mai mi avete lasciato fare prima, al timone?
- Vedete monsier, io sono un gentiluomo di campagna. È da meno di un anno che possiedo questa nave e non posso dire di essere espertò di battaglie navali come voi – dichiarò con un tono velatamente adulatore, ma il bucaniere lo guardò con diffidenza. - Non ho più nulla da dirvi persciò, se volete andare...
- Sì, ce ne andiamo – disse il maturo pirata e con lui si alzarono Will ed Elizabeth.
- Io resto qui – annunciò Tia Dalma scambiando uno sguardo di complicità con il capitano francese che sorrise lusingato.
Gli altri tre non dissero niente e uscirono risalendo sopra coperta. Subito Gibbs e gli altri si avvicinarono per sapere cosa si fossero detti e Miss Swann si offrì di raccontare loro tutto dopo aver avuto il permesso da Barbossa. Will si rivolse a quest'ultimo che si era affacciato al parapetto, con lo sguardo perso tra le onde: - Ci possiamo fidare?
L'uomo si voltò lentamente: - Arrivati a Città del Capo cambieremo nave. E comunque vi suggerisco di stare all'erta – lo ammonì rigirandosi.
- Quel vostro amico di Singapore... - ricominciò il ragazzo nonostante il filibustiere mostrasse poca voglia di conversare.
- Sao Feng? - domandò seccamente.
- Sì. Andremo da lui per informarlo di quanto sta per accadere, giusto?
- Giusto! - rispose l'uomo sempre più spazientito dalle continue domande del giovane.
- E tutti gli altri pirati nobili come verranno a saperlo? - continuò quello.
- Con la canzone. Ci ho già pensato io – disse bruscamente. - Ma...che fine ha fatto Jack? - esclamò poco dopo allontanandosi per cercare la scimmietta, sua unica compagna fedele su quella nave.

   
 
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