Capitolo 5 - Una panchina
Ndr 07/10/15 Rieccomi
dopo una breve assenza dovuta ad un viaggio ed al lavoro che, in questo
periodo, mi tiene occupato al punto da farmi rientrare a casa letteralmente
sfinito. Questo capitolo, come probabilmente il prossimo, è un flashback che si
propone di illuminare alcuni aspetti fondamentali della trama. Scriverlo è
stato molto faticoso. Mi scuserete per la lunghezza forse eccessiva, ma lo
considero fondamentale, e ho cercato di realizzarlo al meglio.
Come al solito, sarò contento per qualsiasi recensione o critica vorrete
indirizzarmi. Buona lettura !
***
Hayama
era in piedi di fronte al suo avversario. Tentava in ogni modo di raggiungerlo
con i suoi colpi, ma ad ogni sforzo la sua mano destra si faceva sempre più
pesante e difficile da muovere.
Sfiancato,
con le energie ormai prossime ad abbandonarlo e la vista annebbiata dal dolore,
assisteva impotente al sorriso beffardo rivoltogli dal suo nemico.
Tentò
disperatamente un ultimo attacco, ma il terreno gli si aprì improvvisamente
sotto ai piedi facendolo franare in un baratro profondo.
Riuscì
ad aggrapparsi con l’arto indolenzito a una crepa e tentò di risalire ad ogni
costo la china, ma l’uomo contro cui combatteva si affacciò a quella voragine e
prese a calpestargli la mano.
Alzò
la testa per guardarlo in volto; Ryota rideva restituendogli uno sguardo di
puro sadismo.
Un
attimo prima di abbandonarsi e cadere nel vuoto, i suoi occhi si posarono sulla
persona comparsa al fianco di Ryota. Quando la vide, ne rimase sconvolto.
Reiko
se ne stava lì accanto al suo nemico giurato, e come lui gli sorrideva
perfidamente.
Avrebbe voluto supplicarla di aiutarlo, ma fu proprio lei a dargli il colpo di grazia, colpendolo sulla mano e precipitandolo nel buio.
--
Si
svegliò di soprassalto respirando affannosamente; impiegò qualche secondo prima
di riprendere contatto con la realtà, poi, lentamente, la consapevolezza di
essere stato vittima di un incubo si sostituì alla paura.
Il
suo sguardo corse subito alla mano destra; quasi dovesse accertarsi delle sue
buone condizioni, iniziò a muoverla e rotearla. Una volta constatato che rispondeva
ai comandi, si rasserenò.
Sapeva
che quella mano rappresentava ancora un punto debole, oltre che la sua più
grande paura.
Per
quanto l’operazione e la fisioterapia ne avessero ristabilito le funzioni
principali, non era certo di poter disputare un incontro regolare senza
riportare danni che questa volta sarebbero stati permanenti.
E,
qualora ciò fosse accaduto, avrebbe dovuto nuovamente separarsi da Sana per
recarsi oltreoceano e seguire nuove terapie. La preoccupazione di una simile
eventualità, che avrebbe significato la fine del loro rapporto, lo fece
rabbrividire.
Hayama
si mise a sedere al centro del letto massaggiandosi le tempie e riprendendo
fiato. Guardò l’orologio sul comodino segnare le 4:05 del mattino.
“Maledizione”
si disse cadendo nuovamente disteso sul materasso.
Da
quando aveva accettato di occuparsi degli allenamenti di Tsuyoshi,
quell’assurdo incubo aveva preso a perseguitarlo senza sosta, ed era sicuro di
cominciare a portarne i segni anche durante il giorno.
Presto,
Sana si sarebbe accorta che qualcosa in lui non andava, e gli avrebbe fatto
delle domande. Alle quali, avrebbe dovuto mentire.
Dentro
di sé, Akito era consapevole di non potersene lamentare; piuttosto avrebbe
dovuto essere grato alla ragazza, la quale aveva accettato tutte le (poche)
spiegazioni che era riuscito a darle senza aver mai voluto indagare più fondo
sui dettagli della sua permanenza all’estero.
Al
suo posto, non era tanto sicuro che gli sarebbero bastate, e con coerenza
riconosceva di non poter pretendere di evitare ancora a lungo un confronto con
la persona che amava.
Quel
pensiero gli fece istintivamente prendere a pugni il cuscino, e per un momento
maledisse sé stesso, il padre di Tsuyoshi e lo stesso amico per averlo
catapultato in quella situazione senza via di uscita.
La
scelta di abbandonare il karate era stata sofferta; non era neanche sicuro che
fosse definitiva, ma si era reso conto che, senza Reiko e Gonshiro, quel mondo
gli era diventato assolutamente indifferente e privo di fascino.
Credeva
di poter aiutare Tsuyoshi senza risentirne eccessivamente, invece così facendo
aveva superficializzato tutti i sentimenti che lo avevano accompagnato da
quando era rientrato a Tokyo, e che aveva faticosamente messo a tacere.
Pensò
a Reiko, dall’altra parte del mondo, e si domandò che cosa stesse facendo dopo
aver calcolato a mente che ore fossero in California.
Da
diversi giorni l’idea di contattare lei e suo padre gli pizzicava la mente ad
intervalli regolari, ma avrebbe dovuto farlo all’insaputa di Sana; e ciò
bastava a fargliene passare subito la voglia ogni volta.
Di nuovo, lo sguardo andò alla mano destra e il ricordo del giorno in cui era guarito del tutto lo fece sorridere per un momento.
***
Los Angeles, 1 anno prima…
Akito
era solo al centro del quadrato. Attendeva un segno dal proprio maestro.
Gonshiro era in piedi di fronte a lui; le muscolose braccia conserte e lo
sguardo altero gli conferivano l’aria di un guerriero trionfante pronto a
colpire la sua preda. Per la prima volta, Hayama veniva messo alla prova contro
il proprio sensei dopo mesi di addestramento.
Concentrato
come mai nella vita, era pronto allo scontro.
Gonshiro
avanzò fermandosi a qualche metro di distanza, incrociando lo sguardo con quello
del suo allievo; si sfidarono così per alcuni lunghi secondi.
-
Hayama, sei pronto? -
-
Sono pronto, sensei -
-
Oggi si decide il tuo destino. Se avrai saputo ascoltare, potrai proseguire nel
tuo percorso; in caso contrario, avrò preso la più grossa cantonata della mia
vita -
Era
tipico del padre di Reiko passare nella stessa frase da un tono grave ad uno
spiritoso. Qualcuno tra i presenti rise, e questo servì ad allentare
leggermente la tensione che si era creata nella stanza.
Tutti
gli allievi della palestra Wilmington erano accorsi per assistere all’esame di
Hayama. Tra di essi, Reiko era in prima fila ed era di gran lunga la persona
più consumata dall’ansia, anche se tentava di non darlo a vedere.
I
due atleti mantennero le loro posizioni ancora per qualche istante; poi
Gonshiro passò all’offensiva.
La
sua velocità fu sbalorditiva; con sole due gigantesche falcate raggiunse Akito
e assestò il primo colpo all’altezza del volto.
Hayama
aveva alzato la mano destra a protezione giusto in tempo per pararlo. Lo
scontro tra i due arti fu pesante da sostenere per entrambi.
Tentò
di reagire restituendo il colpo con quanta forza avesse; ma il tempo che
impiegò a imprimere l’energia necessaria al braccio finì per rallentare
l’attacco al punto da renderlo assolutamente prevedibile. Perciò, fallì.
Immediatamente,
realizzò di non poter competere per forza bruta contro un uomo più imponente di
lui, pertanto decise di ritirarsi in una posizione più arretrata e cercare di
aggirarlo con la propria velocità.
Ma
Gonshiro, ben piazzato fisicamente e consapevole delle sue intenzioni, gli
tagliò la strada impedendogli di portare a compimento l’opera.
A
quel punto Akito non ebbe altra scelta che attaccarlo frontalmente; ma decise
di farlo puntando sulla rapidità più che sulla potenza.
Dopo
aver sferrato un calcio veloce all’altezza della spalla destra, attaccò con la
mano sinistra per colpirlo al fianco scoperto.
Gonshiro
parò entrambi i colpi; poi con abile mossa, riuscì a bloccargli il braccio tentando di sbilanciarlo
con la gamba sinistra.
Il
suo assalto andò a buon fine, e Hayama perse l’equilibrio; ma prima che avesse
modo di colpirlo di nuovo, lo vide far leva sulla gamba di appoggio e riprendere
una posizione stabile.
I
due si studiarono nuovamente; per qualche secondo si sorrisero, dopo di che
ripresero a combattere.
Una
serie di rapidi colpi in entrambi le direzioni sancì l’inizio di una nuova fase
della lotta; abbandonate le riserve iniziali, e dimentico del pericolo, Akito prese
a combattere mettendo a frutto tutta la sua velocità senza più timori
reverenziali.
Gonshiro
sembrava però intuire ogni sua mossa, e finiva sempre per anticiparlo un attimo
prima che i suoi colpi giungessero a destinazione.
Reiko,
che assisteva emozionata allo svolgersi di quello scontro esaltante, riusciva
chiaramente a distinguere la soddisfazione nello sguardo di suo padre nell’aver
trovato un discepolo così talentuoso. Ed era ammirata dalle capacità atletiche
di Hayama, che reggeva bene un confronto così ostico e complicato.
Protrassero
ancora per qualche secondo il loro corpo a corpo, prima di allontanarsi
vicendevolmente di qualche metro allo scopo di recuperare fiato.
-
Sei diventato un atleta eccezionale, Hayama - riconobbe Gonshiro ansimando
leggermente.
Fu
ammirato nel constatare le notevoli capacità di ripresa del giovane, che
sembrava già pronto per ricominciare.
-
Tuttavia - aggiunse - Difetti ancora in esperienza, pertanto la tua
preparazione non può definirsi ancora completa -
Hayama,
che aveva recuperato le energie, ricompose subito la sua posizione di difesa e
si preparò a fronteggiarlo nuovamente.
Ciò
nonostante, per tutto il combattimento aveva evitato accuratamente di
utilizzare la mano destra come strumento di offesa, preferendo adoperarla a
scopo difensivo.
Consapevole
del potenziale non sfruttato a causa di questo grave impedimento, non riusciva
a escogitare un sistema alternativo che fosse altrettanto valido.
Gonshiro
intuì quella debolezza, e si preparò a sfruttarla cambiando guardia; avrebbe
portato gli attacchi successivi sul lato destro, in modo tale da lasciare Akito
impossibilitato a compiere qualunque ulteriore tentativo di aggressione.
Scattò
nuovamente in avanti e questa volta, grazie al suo stratagemma, riuscì a
colpirlo al volto, pur misurando la forza in modo da non ferirlo gravemente.
Hayama
barcollò arretrando, ma decise di non mollare; ripiegò quindi su un fianco e
tentò di resistere all’impeto del maestro che cominciò ad abbattersi su di lui.
Gonshiro
prese a bersagliarlo senza sosta, e ormai lo stava spingendo alle corde, dove
gli avrebbe assestato il colpo di grazia.
Resosi
conto della situazione difficile in cui era venuto a trovarsi, il giovane non
ebbe alternative.
“Se
non cambierò guardia, non riuscirò ad allontanarlo” si disse.
Era
costretto ormai a rimanere curvo su sé stesso pur di resistere, ma cominciava
ad avvertire l’indolenzimento provocato ai muscoli dai danni subiti, e sapeva
che, bloccato in quella posizione, non avrebbe resistito ancora a lungo.
Reiko
osservava la scena letteralmente divorata dall’ansia.
Aveva
capito che suo padre avrebbe seguitato a colpire il ragazzo senza riserve,
trattandolo da pari a pari.
Nonostante
sapesse che quell’atteggiamento sottintendeva un riconoscimento ufficiale della
sua dignità di avversario, non riuscì a scacciare il tormento che la affliggeva.
Una
sola speranza occupava il suo cuore e la sua mente : Che Hayama trovasse il
modo di uscire da quella trappola.
Si
protese a guardarlo finché i loro occhi si incrociarono.
-
Coraggio Hayama, reagisci! - lui la sentì sussultare, e questo gli diede il
coraggio di giocarsi la sua ultima carta.
Decise
che avrebbe colpito alla prima occasione propizia. Per l’ultima volta, quindi,
si spostò di lato muovendo velocemente le gambe e tentando di ingannare
l’avversario con la sua rapidità.
Gonshiro
riprese la posizione e partì all’attacco.
Nel
volgere di un secondo, Akito cambiò guardia; spostò la mano sinistra in
posizione di difesa ed alzò quella destra per offendere.
Il
suo colpo centrò violentemente il maestro alla nuca, facendolo sbilanciare all’indietro;
un secondo dopo, lo colpì in pieno petto con un calcio veloce e preciso,
facendolo crollare contro le corde del ring.
Lo
stupore si diffuse nella sala, seguito da un’ovazione spontanea da parte degli
spettatori. Hayama aveva appena realizzato un K.O. ai danni di Gonshiro
Matsuda, cintura nera affermata e titolare del Wilmington Karate Club; nessuno
aveva memoria di aver mai assistito ad un simile evento.
Reiko
esibiva un’espressione di puro stordimento; un attimo dopo, nonostante lo
conoscesse solo da alcuni mesi, e nonostante avesse appena mandato al tappeto
suo padre, si ritrovò ad estasiarsi per lui insieme agli altri.
Lentamente,
Gonshiro, quel grande maestro il cui allievo, inferiore per esperienza e
statura aveva atterrato, si rialzò.
Il
silenzio scese di nuovo nella stanza, raggelando temporaneamente l’ambiente. Tutti
attendevano con ansia la reazione del sensei, ma quando lo videro esibire
un’espressione di pura gioia i loro timori svanirono.
-
Congratulazioni Hayama - disse Gonshiro, orgoglioso
-
Sei riuscito a recuperare la calma in una situazione di difficoltà, e hai agito
usando razionalmente il cervello prima dei muscoli. Tuttavia, non pensare di
aver già raggiunto un punto di arrivo. Lo scopo del nostro incontro era
mostrarti la via giusta…e diamine, l’hai trovata! - concluse con un sorriso.
Un
attimo dopo, si inchinò di fronte al discepolo, ormai maturo.
Akito,
frastornato dall’emozione e sommerso dal fragore degli applausi, ebbe serie
difficoltà a non perdere il suo famigerato sangue freddo.
Da
lontano, vide Reiko corrergli incontro per poi abbracciarlo saltandogli
letteralmente al collo - Sei stato fantastico! -
Poi
le strette di mani… I complimenti dei presenti, le pacche sulle spalle degli
altri atleti, andarono a sommarsi come tante gocce in quel mare infinito di
gioia.
Più
tardi, si sarebbe sentito in colpa per non aver minimamente pensato, in quei
frangenti, né a Sana, né alla sua vita a Tokyo.
Mai come in quei momenti, il suo passato gli era parso più remoto.
Approfittando
del momento di confusione che si era venuto a creare, Reiko si avvicinò al
padre, il quale era volutamente rimasto in un angolo ad assistere ai
festeggiamenti con aria appagata.
Quando
gli fu giunta vicino, gli diede una affettuosa pacca sulla spalle.
Lui
si girò a guardarla, felice come poche volte lo aveva visto.
-
Non mi sentivo così soddisfatto dal giorno in cui ti ho vista vincere il tuo
primo match, quel ragazzo è davvero formidabile -
Lei
gli sorrise - Ha avuto un formidabile sensei, ma tu non me la conti giusta… -
Gonshiro
assunse un’espressione confusa - Di cosa parli? -
-
Non fare il finto tonto con me, sono tua figlia, dopotutto - gli disse Reiko, astuta
- Hai subito il primo colpo, ma hai lasciato volontariamente che sferrasse
anche il secondo, quando avresti potuto pararlo, perché? -
Vide
suo padre abbandonarsi ad una fragorosa risata - Non ti si può nascondere
proprio nulla, vero? - affermò scompigliandole affettuosamente i capelli.
Lei
scosse la testa giocosamente - Sii serio, papà; credevo combattessi al 100%
contro di lui, perché hai lasciato che ti mandasse al tappeto? -
A
quel punto, il volto di Gonshiro si fece serio.
-
Perché non era vincere, il mio vero obiettivo -
-
E qual era allora? -
La
osservò un po’ pensieroso prima di risponderle.
-
Un vero combattente non deve aver paura di rischiare - le spiegò infine,
sospirando - Deve sforzarsi di superare i propri limiti; è questa la sola, ma
fondamentale differenza tra un semplice atleta che studia, ed un vero karateka.
E Io credo che lui possa farcela ad arrivare fino in fondo… proprio come te -
A
quel punto si interruppe un momento; beandosi del sorriso di cui lo gratificò
la figlia.
- Insomma - concluse guardandola, sorridendo - Chi se ne frega di quel colpo! -
--
Più
tardi quel giorno, affaticati, ma ancora in preda all'euforia, Reiko e
Hayama si erano incamminati fianco a fianco di ritorno dalla
palestra Wilmington.
Camminavano
a passo spedito lungo il boulevard principale, compiacendosi dei risultati
raggiunti e godendo della vista di un tramonto sereno, i cui mille colori
andavano a sommarsi a quelli della grande città.
A
un certo punto la ragazza gli aveva sorriso.
-
Ehi “biondo”, davvero una bella prova oggi -
Eccezion
fatta per lei, nessuno avrebbe mai avuto l’ardire di chiamarlo “biondo”;
tuttavia il fatto che glielo consentisse, testimoniava in parte l’affetto che
le portava.
Akito
l’aveva guardata socchiudendo gli occhi
- Ne dubitavi? -
Reiko
aveva scosso la testa - Assolutamente no - poi gli si era fatta più vicina e,
quasi sfiorandolo con il corpo, aveva aggiunto sottovoce - A dire il vero,
considerato il tuo livello di 6 mesi fa, ti avrei dato per spacciato dopo pochi
secondi -
Allora
Akito, cui non era sfuggito quel gesto, si era impercettibilmente irrigidito,
tentando comunque di mantenere una certa compostezza.
-
Mi spiace per te - l’aveva beccata di rimando - Avresti perso -
-
Suvvia non essere così rigido - fu la sua risposta pacata - Non ce l’avrai
ancora con me? - chiese poi facendosi apprensiva tutto d’un tratto.
Lui
aveva assunto un’espressione seria - No -
La
ragazza però, non sembrava convinta - Ne sei Sicuro? -
Per
un attimo, la scrutò. Quella manifestazione di incertezza, così insolita dato
il suo carattere risoluto, lo sorprese
profondamente e gli diede uno spunto di riflessione che, a dire la verità, lo
inquietò un poco.
Tuttavia
decise di non badarci.
-
Avevi tutte le ragioni per avercela con me, prima - le rispose tornando a
guardare dritto di fronte a sé - Credo che la tua sia stata una reazione umana
e basta -
Lei
sembrò sollevata di sentirglielo dire - Lo credo anch’io. Non è stato facile
accettare che mio padre ti desse tutte quelle attenzioni; tanto più che non
riuscivo a capire cosa ci vedesse in te -
A
quel punto aveva smesso di camminare ed era rimasta a fissarlo.
Hayama
proseguì di alcuni passi prima di fermarsi a sua volta.
Voltandosi
verso di lei, la guardò intensamente, e la domanda uscì dalle proprie labbra
prima che potesse fermarla.
-
E adesso? -
I
suoi occhi incontrarono quelli profondi e fieri della ragazza, che in un attimo
si colorarono di una emozione intima e genuina.
-
Adesso lo capisco. Forse l’ho sempre saputo -
Rimasero
in silenzio a guardarsi ancora per qualche secondo. Il vento scelse quel
preciso momento per animarsi tra loro, dando vita a un quadro fino a quel
momento statico.
Resosi
conto dell’atmosfera che si stava creando, Akito stabilì velocemente che fosse
più saggio proseguire.
-
Andiamo? - le fece muovendo appena la testa.
Reiko
sembrò destarsi improvvisamente da un sogno, arrossì senza riuscire a dominarsi
e abbassò la testa - Sì, scusami -
Ripresero
a camminare, questa volta la ragazza fece il possibile per tenersi ad una
educata distanza fisica.
Quando
furono giunti nel viale del suo appartamento, che distava pochi passi da quello
preso in affitto dalla famiglia di Hayama, lei volle fargli una domanda che
teneva in serbo già da alcuni mesi.
Trattandosi
di una domanda personale, avrebbe voluto trovare un modo gentile di porla. Ma
la sua naturale schiettezza le rendeva difficile elaborare metodi troppo
complicati. Alla fine fu più diretta di quanto desiderasse.
-
Ho notato che quando combatti, tendi ancora ad evitare il più possibile
l’utilizzo della mano destra - gli disse piegando la testa verso di lui
- Sii sincero, hai ancora dolore non è vero ? -
Hayama
era rimasto in silenzio. Per qualche istante gli unici rumori furono quelli dei
loro passi sul viale di pietra; Reiko stava quasi per rinunciare ad insistere
quando lui le rispose.
-
E’ così. Non posso ancora usarla bene quanto vorrei. Se non sarò prudente,
potrei subire danni irreparabili al nervo radiale. Questo renderebbe vane tutte
le terapie a cui mi sono sottoposto; sarei costretto a rimanere a Los Angeles
per sottopormi ad un nuovo intervento, e non posso permettermelo; prima o poi,
dovrò andare -
Lo
aveva detto con semplicità, senza tacere nulla, e così facendo le aveva anche
rivelato esplicitamente che un giorno, che lei lo volesse oppure no, lui
avrebbe fatto ritorno a Tokyo.
La
scoperta la spinse involontariamente a girare la testa di scatto, quasi a voler
scacciare quel brutto pensiero. Nel giro di pochi attimi, quella semplice
risposta le diede una conferma definitiva sulla natura dei sentimenti che la
legavano a quel ragazzo.
Non
poteva avere dubbi, poiché mai nella vita si era sentita legata in quel modo
particolare ad una persona. Questo sentimento le fece girare la testa.
Tuttavia,
essendo fiera per carattere, la sua reazione esteriore fu quella di indurire lo
sguardo e chiedere.
-
Se quello che dici è vero, perché hai accettato di seguire il programma di mio
padre? Stando alle tue parole, un bel giorno te ne andrai e allora cosa ne
rimarrà? -
Di
nuovo, la risposta fu semplice e diretta.
-
Non posso sapere quale sarà con certezza il mio domani - mormorò Akito
appoggiandosi al muro di uno dei palazzi, lasciando penzolare svogliatamente la
borsa della palestra che manteneva con la mano sinistra.
- Oggi
la mia vita è qui, e sarebbe stupido e disonesto non viverla appieno. Devo
ragionare un passo alla volta - proseguì poi cercando di evitare lo sguardo
ferito della ragazza - Ho scelto di seguire te e tuo padre perché è ciò che
desidero fare, fin quando potrò. Con voi ho scoperto un mondo nuovo che mi
esalta. Nondimeno, non posso mentire; se me lo chiedi adesso, ti dico che un
giorno tornerò a casa -
Ma
Reiko non sembrava disposta a cedere facilmente. Le tornava in mente l’immagine
del padre di poche ore prima, e la felicità che aveva provato nel vedere i
progressi di Hayama.
E
ora lui se ne stava lì a dirle con quel suo odioso modo di fare, che sarebbe
tutto finito; che un giorno sarebbe tornato a casa.
In
lei si accese a quel punto un risentimento tipicamente femminile che la spinse
a sentirsi offesa oltre che tradita.
-
La vita qui ti deve far parecchio schifo se non consideri nemmeno l’idea di
provare a restare, dopo tutto quello che c’è stato - lo aggredì con
risentimento.
Questa
volta fu Hayama a fissarla con rabbia - E’ una delle cose più stupide che
potessi dire! Come diavolo ti salta in mente una simile idiozia ? -
-
Bè non deve essere proprio un’idiozia - inveì Reiko alzando la voce
- Altrimenti non parleresti di tornare e mandare tutto all’aria! Dimmi, cos’è
che ti spinge a voler tornare? - lo aggredì con fare imperioso.
-
Sei maledettamente insistente! - Urlò Hayama, confermandosi intollerante agli
interrogatori - Perché non vai a casa a
dormire? Credo che tu abbia preso un brutto colpo in testa durante
l’allenamento, stai vaneggiando! -
Il
temperamento della ragazza si rivelò aggressivo quanto il suo.
-
Sei tu che vaneggi, stupido bamboccio! - gli sbraitò contro puntandogli il dito
al petto - Dimmi, da quando sei diventato un piagnucolone senza attributi che
scappa di fronte a una innocua domanda? -
-
E tu? - rispose prontamente Akito ringhiando - Da quando sei diventata una
donnetta isterica in perenne fase mestruale? -
A
quel punto, lo scontro tra i loro due caratteri decisi e bellicosi, fu
pressoché totale ed incontenibile.
Reiko
piegò sulla gamba destra, tentando di assestargli un colpo deciso alla spalla
con quella sinistra. Akito, più rapido di lei, parò senza difficoltà il colpo e
rispose con un altro.
La
ragazza però saltò agilmente indietro, evitandolo, prima di scattare nuovamente
all’attacco con una serie di pugni agili e veloci; tutti prontamente parati dal
biondo.
-
Hayama-sei-un-deficiente - inveì lei scandendo ogni parola con un colpo.
-
E tu una femminuccia isterica - rispose lui schivando l’ennesimo attacco
piegandosi sulle ginocchia e spingendola via appoggiandole una mano sul petto.
Lei
sussultò costernata.
-
Mi hai toccato il seno! Sei un dannato maniaco! -
Akito
era letteralmente sconvolto - Ma cosa blateri, sei tu che mi hai attaccato! Che
dovrei fare, portarti dei dolcetti? -
A
quel punto, rimasero a guardarsi ansimando, in cagnesco. Poi così com’era
venuto, quell’attimo di rissosità passò.
-
Vieni, sediamoci - propose Hayama invitando la ragazza a sedersi su una
panchina poco distante da loro.
-
Mpf - fu la risposta seccata di Reiko, che tuttavia accettò di seguirlo pur con
le braccia conserte.
Fu
mentre erano diretti verso la panca, che la ragazza ebbe un improvviso
mancamento. Forse fu a causa delle emozioni intense di quel giorno; o forse,
per quel breve litigio, fatto sta che le energie le vennero meno.
-
Hayama… - ebbe giusto il tempo di dire prima di portarsi una mano alla fronte e
piegarsi sulle ginocchia.
Akito
si voltò improvvisamente ed ebbe la prontezza di riflessi di prenderla al volo
con una mano, sorreggendola di peso e portandola fino alla panchina, dove la
fece sedere.
-
Va tutto bene? - le chiese preoccupato - Vado a prenderti dell’acqua -
Lei
lo fermò con la mano - Non preoccuparti, sto bene, è stato solo un momento;
rimani qui vicino a me -
Lui
le si sedette accanto - D’accordo, ma tu resta seduta fin quando non ti sarai
ripresa del tutto -
-
Va bene - acconsentì Reiko chiudendo gli occhi.
Passarono
alcuni minuti in silenzio. Poi la ragazza aprì gli occhi mormorando con voce
debole - Ehi… Sbaglio o hai usato la mano destra per prendermi? -
Per
un momento, Hayama la guardò senza capire, poi annuì - E’ vero -
Lei
sorrise debolmente - Allora, non devi essere messo poi così male se riesci a
sostenere un peso morto -
Akito
rimase in silenzio, fissandosi l’arto. Se quel che diceva Reiko era vero,
allora il giorno del suo rientro a casa, non poteva essere lontano.
Pian
piano, stavano passando anche quei mesi. In quel preciso istante, il volto di
Sana gli affiorò nella mente, e i sensi di colpa per essersi dimenticato di lei
per tutto il giorno, affiorarono insieme ad esso.
Nel
mentre, lo sguardo della ragazza si era fatto di nuovo triste; perciò decise di
mettere da parte quei pensieri e parlare con lei per rasserenarla.
Ancora
una volta, gli si chiedeva di essere più estroverso di quanto la natura lo
spingesse a fare; ma si rese conto di doverle almeno qualche spiegazione.
-
Non voglio che tu pensi che non sia felice di essere qui con voi - esordì sospirando - Quello che ho provato in
questi mesi…è stato esaltante. Tu e tuo padre mi avete restituito una serenità
che temevo di aver perduto; avete aperto le porte di un mondo nuovo; io guardo
a voi con ammirazione, ed è per questo che non voglio più sentirti dire certe
cose -
Lei
lo ascoltò parlare, rapita, e quelle parole la emozionarono al punto che le sue
gote si tinsero di rosso.
Akito
la guardò in volto, e una spiacevole sensazione si impadronì del suo stomaco,
facendolo sentire tremendamente a disagio. Di nuovo, Sana gli balenò nella
mente.
Avrebbe
voluto alzarsi e tornare subito a casa; tuttavia mantenne il controllo pur di
non ferire la persona che in quel momento gli era vicina.
-
Ad ogni modo - disse alzandosi, poiché comunque non riuscì più a stare fermo -
Per adesso ti ripeto che la mia vita è qui; di tornare, non se ne parla; devo
completare gli studi, o mio padre mi darà il tormento, quindi non pensiamoci
più, va bene? Ciò che conta per me, è proseguire ancora su questa strada,
insieme a voi -
Reiko
si era ripresa dal temporaneo malessere; la felicità di essersi scoperta così importante
per lui aveva spazzato via tutte le domande che avrebbe voluto ancora fargli
sul perché volesse tornare a tutti i costi in Giappone.
Rinunciando,
perse un’occasione importante per venire a conoscenza di Sana; in egual modo,
Hayama perse l’opportunità di rivelarglielo quando sarebbe stato più opportuno
farlo.
-
Va bene “biondo”, eviterò di strapazzarti ancora, per stasera - lo schernì
rialzandosi e colpendolo affettuosamente sulla spalla.
Akito
riprese subito il suo naturale atteggiamento di supponenza.
-
Figuriamoci; non mi servono entrambe le mani per atterrarti - la schernì.
-
Attento a te, bamboccio! -
Nel
giro di qualche mese, quando la verità su Sana sarebbe venuta a galla, Reiko
avrebbe avuto le risposte che quella sera non aveva osato cercare.
Quando
ciò avvenne, non riuscì a non portargli rancore; ma più di ogni altra cosa, non
poté evitare di disprezzare sé stessa per essersi umiliata a quel punto.
Hayama,
non avrebbe mai avuto il tempo né il modo di spiegarsi.
***
L’orologio
segnava le ore 5:00 del mattino.
Fermo,
disteso ancora nel letto, Akito rifletteva sulla piega assurda che gli eventi
della propria vita avevano assunto negli ultimi due anni, e sui danni che il
tempo e l’incomunicabilità possono causare tra due persone.
Quando
riuscì a riaddormentarsi, l’alba era ormai vicina. Le risposte che cercava,
ancora no.