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Autore: RisinG    07/10/2015    2 recensioni
Liberamente ispirata dalla lettura del manga, la storia si colloca 6 mesi dopo il rientro di Akito Hayama in Giappone.
Deciso ad accorrere in aiuto di Tsuyoshi, Akito impegna sé stesso e le proprie risorse in un importante torneo di arti marziali che sta per svolgersi in Giappone e che rappresenta l'ultima speranza per la famiglia dell'amico. La manifestazione sarà anche un'occasione per confrontarsi con quanto accaduto a Los Angeles durante la permanenza di 2 anni. Sana scoprirà persone ed eventi di cui era all'oscuro e dovrà decidere e trovare la strada giusta per affrontare le conseguenze di quanto accaduto insieme ad Akito.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Sana/Akito
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza
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una panchina

Capitolo 5 - Una panchina

 

Ndr 07/10/15 Rieccomi dopo una breve assenza dovuta ad un viaggio ed al lavoro che, in questo periodo, mi tiene occupato al punto da farmi rientrare a casa letteralmente sfinito. Questo capitolo, come probabilmente il prossimo, è un flashback che si propone di illuminare alcuni aspetti fondamentali della trama. Scriverlo è stato molto faticoso. Mi scuserete per la lunghezza forse eccessiva, ma lo considero fondamentale, e ho cercato di realizzarlo al meglio.
Come al solito, sarò contento per qualsiasi recensione o critica vorrete indirizzarmi. Buona lettura !

 

***

 

Hayama era in piedi di fronte al suo avversario. Tentava in ogni modo di raggiungerlo con i suoi colpi, ma ad ogni sforzo la sua mano destra si faceva sempre più pesante e difficile da muovere.

Sfiancato, con le energie ormai prossime ad abbandonarlo e la vista annebbiata dal dolore, assisteva impotente al sorriso beffardo rivoltogli dal suo nemico.

Tentò disperatamente un ultimo attacco, ma il terreno gli si aprì improvvisamente sotto ai piedi facendolo franare in un baratro profondo.

Riuscì ad aggrapparsi con l’arto indolenzito a una crepa e tentò di risalire ad ogni costo la china, ma l’uomo contro cui combatteva si affacciò a quella voragine e prese a calpestargli la mano.

Alzò la testa per guardarlo in volto; Ryota rideva restituendogli uno sguardo di puro sadismo.

Un attimo prima di abbandonarsi e cadere nel vuoto, i suoi occhi si posarono sulla persona comparsa al fianco di Ryota. Quando la vide, ne rimase sconvolto.

Reiko se ne stava lì accanto al suo nemico giurato, e come lui gli sorrideva perfidamente.

Avrebbe voluto supplicarla di aiutarlo, ma fu proprio lei a dargli il colpo di grazia, colpendolo sulla mano e precipitandolo nel buio.

--

 

Si svegliò di soprassalto respirando affannosamente; impiegò qualche secondo prima di riprendere contatto con la realtà, poi, lentamente, la consapevolezza di essere stato vittima di un incubo si sostituì alla paura.

Il suo sguardo corse subito alla mano destra; quasi dovesse accertarsi delle sue buone condizioni, iniziò a muoverla e rotearla. Una volta constatato che rispondeva ai comandi, si rasserenò.

Sapeva che quella mano rappresentava ancora un punto debole, oltre che la sua più grande paura.

Per quanto l’operazione e la fisioterapia ne avessero ristabilito le funzioni principali, non era certo di poter disputare un incontro regolare senza riportare danni che questa volta sarebbero stati permanenti.

E, qualora ciò fosse accaduto, avrebbe dovuto nuovamente separarsi da Sana per recarsi oltreoceano e seguire nuove terapie. La preoccupazione di una simile eventualità, che avrebbe significato la fine del loro rapporto, lo fece rabbrividire.

Hayama si mise a sedere al centro del letto massaggiandosi le tempie e riprendendo fiato. Guardò l’orologio sul comodino segnare le 4:05 del mattino.

“Maledizione” si disse cadendo nuovamente disteso sul materasso.

Da quando aveva accettato di occuparsi degli allenamenti di Tsuyoshi, quell’assurdo incubo aveva preso a perseguitarlo senza sosta, ed era sicuro di cominciare a portarne i segni anche durante il giorno.

Presto, Sana si sarebbe accorta che qualcosa in lui non andava, e gli avrebbe fatto delle domande. Alle quali, avrebbe dovuto mentire.

Dentro di sé, Akito era consapevole di non potersene lamentare; piuttosto avrebbe dovuto essere grato alla ragazza, la quale aveva accettato tutte le (poche) spiegazioni che era riuscito a darle senza aver mai voluto indagare più fondo sui dettagli della sua permanenza all’estero.

Al suo posto, non era tanto sicuro che gli sarebbero bastate, e con coerenza riconosceva di non poter pretendere di evitare ancora a lungo un confronto con la persona che amava.

Quel pensiero gli fece istintivamente prendere a pugni il cuscino, e per un momento maledisse sé stesso, il padre di Tsuyoshi e lo stesso amico per averlo catapultato in quella situazione senza via di uscita.

La scelta di abbandonare il karate era stata sofferta; non era neanche sicuro che fosse definitiva, ma si era reso conto che, senza Reiko e Gonshiro, quel mondo gli era diventato assolutamente indifferente e privo di fascino.

Credeva di poter aiutare Tsuyoshi senza risentirne eccessivamente, invece così facendo aveva superficializzato tutti i sentimenti che lo avevano accompagnato da quando era rientrato a Tokyo, e che aveva faticosamente messo a tacere.

Pensò a Reiko, dall’altra parte del mondo, e si domandò che cosa stesse facendo dopo aver calcolato a mente che ore fossero in California.

Da diversi giorni l’idea di contattare lei e suo padre gli pizzicava la mente ad intervalli regolari, ma avrebbe dovuto farlo all’insaputa di Sana; e ciò bastava a fargliene passare subito la voglia ogni volta.

Di nuovo, lo sguardo andò alla mano destra e il ricordo del giorno in cui era guarito del tutto lo fece sorridere per un momento.

***

 

Los Angeles, 1 anno prima…

 

Akito era solo al centro del quadrato. Attendeva un segno dal proprio maestro. Gonshiro era in piedi di fronte a lui; le muscolose braccia conserte e lo sguardo altero gli conferivano l’aria di un guerriero trionfante pronto a colpire la sua preda. Per la prima volta, Hayama veniva messo alla prova contro il proprio sensei dopo mesi di addestramento.

Concentrato come mai nella vita, era pronto allo scontro.

Gonshiro avanzò fermandosi a qualche metro di distanza, incrociando lo sguardo con quello del suo allievo; si sfidarono così per alcuni lunghi secondi.

- Hayama, sei pronto? -

- Sono pronto, sensei -

- Oggi si decide il tuo destino. Se avrai saputo ascoltare, potrai proseguire nel tuo percorso; in caso contrario, avrò preso la più grossa cantonata della mia vita -

Era tipico del padre di Reiko passare nella stessa frase da un tono grave ad uno spiritoso. Qualcuno tra i presenti rise, e questo servì ad allentare leggermente la tensione che si era creata nella stanza.

Tutti gli allievi della palestra Wilmington erano accorsi per assistere all’esame di Hayama. Tra di essi, Reiko era in prima fila ed era di gran lunga la persona più consumata dall’ansia, anche se tentava di non darlo a vedere.

I due atleti mantennero le loro posizioni ancora per qualche istante; poi Gonshiro passò all’offensiva.

La sua velocità fu sbalorditiva; con sole due gigantesche falcate raggiunse Akito e assestò il primo colpo all’altezza del volto.

Hayama aveva alzato la mano destra a protezione giusto in tempo per pararlo. Lo scontro tra i due arti fu pesante da sostenere per entrambi.

Tentò di reagire restituendo il colpo con quanta forza avesse; ma il tempo che impiegò a imprimere l’energia necessaria al braccio finì per rallentare l’attacco al punto da renderlo assolutamente prevedibile. Perciò, fallì.

Immediatamente, realizzò di non poter competere per forza bruta contro un uomo più imponente di lui, pertanto decise di ritirarsi in una posizione più arretrata e cercare di aggirarlo con la propria velocità.

Ma Gonshiro, ben piazzato fisicamente e consapevole delle sue intenzioni, gli tagliò la strada impedendogli di portare a compimento l’opera.

A quel punto Akito non ebbe altra scelta che attaccarlo frontalmente; ma decise di farlo puntando sulla rapidità più che sulla potenza.

Dopo aver sferrato un calcio veloce all’altezza della spalla destra, attaccò con la mano sinistra per colpirlo al fianco scoperto.

Gonshiro parò entrambi i colpi; poi con abile mossa, riuscì a  bloccargli il braccio tentando di sbilanciarlo con la gamba sinistra.

Il suo assalto andò a buon fine, e Hayama perse l’equilibrio; ma prima che avesse modo di colpirlo di nuovo, lo vide far leva sulla gamba di appoggio e riprendere una posizione stabile.

I due si studiarono nuovamente; per qualche secondo si sorrisero, dopo di che ripresero a combattere.

Una serie di rapidi colpi in entrambi le direzioni sancì l’inizio di una nuova fase della lotta; abbandonate le riserve iniziali, e dimentico del pericolo, Akito prese a combattere mettendo a frutto tutta la sua velocità senza più timori reverenziali.

Gonshiro sembrava però intuire ogni sua mossa, e finiva sempre per anticiparlo un attimo prima che i suoi colpi giungessero a destinazione.

Reiko, che assisteva emozionata allo svolgersi di quello scontro esaltante, riusciva chiaramente a distinguere la soddisfazione nello sguardo di suo padre nell’aver trovato un discepolo così talentuoso. Ed era ammirata dalle capacità atletiche di Hayama, che reggeva bene un confronto così ostico e complicato.

Protrassero ancora per qualche secondo il loro corpo a corpo, prima di allontanarsi vicendevolmente di qualche metro allo scopo di recuperare fiato.

- Sei diventato un atleta eccezionale, Hayama - riconobbe Gonshiro ansimando leggermente.

Fu ammirato nel constatare le notevoli capacità di ripresa del giovane, che sembrava già pronto per ricominciare.

- Tuttavia - aggiunse - Difetti ancora in esperienza, pertanto la tua preparazione non può definirsi ancora completa -

Hayama, che aveva recuperato le energie, ricompose subito la sua posizione di difesa e si preparò a fronteggiarlo nuovamente.

Ciò nonostante, per tutto il combattimento aveva evitato accuratamente di utilizzare la mano destra come strumento di offesa, preferendo adoperarla a scopo difensivo.

Consapevole del potenziale non sfruttato a causa di questo grave impedimento, non riusciva a escogitare un sistema alternativo che fosse altrettanto valido.

Gonshiro intuì quella debolezza, e si preparò a sfruttarla cambiando guardia; avrebbe portato gli attacchi successivi sul lato destro, in modo tale da lasciare Akito impossibilitato a compiere qualunque ulteriore tentativo di aggressione.

Scattò nuovamente in avanti e questa volta, grazie al suo stratagemma, riuscì a colpirlo al volto, pur misurando la forza in modo da non ferirlo gravemente.

Hayama barcollò arretrando, ma decise di non mollare; ripiegò quindi su un fianco e tentò di resistere all’impeto del maestro che cominciò ad abbattersi su di lui.

Gonshiro prese a bersagliarlo senza sosta, e ormai lo stava spingendo alle corde, dove gli avrebbe assestato il colpo di grazia.

Resosi conto della situazione difficile in cui era venuto a trovarsi, il giovane non ebbe alternative.

“Se non cambierò guardia, non riuscirò ad allontanarlo” si disse.

Era costretto ormai a rimanere curvo su sé stesso pur di resistere, ma cominciava ad avvertire l’indolenzimento provocato ai muscoli dai danni subiti, e sapeva che, bloccato in quella posizione, non avrebbe resistito ancora a lungo.

Reiko osservava la scena letteralmente divorata dall’ansia.

Aveva capito che suo padre avrebbe seguitato a colpire il ragazzo senza riserve, trattandolo da pari a pari.

Nonostante sapesse che quell’atteggiamento sottintendeva un riconoscimento ufficiale della sua dignità di avversario, non riuscì a scacciare il tormento che la affliggeva.

Una sola speranza occupava il suo cuore e la sua mente : Che Hayama trovasse il modo di uscire da quella trappola. 

Si protese a guardarlo finché i loro occhi si incrociarono.

- Coraggio Hayama, reagisci! - lui la sentì sussultare, e questo gli diede il coraggio di giocarsi la sua ultima carta.

Decise che avrebbe colpito alla prima occasione propizia. Per l’ultima volta, quindi, si spostò di lato muovendo velocemente le gambe e tentando di ingannare l’avversario con la sua rapidità.

Gonshiro riprese la posizione e partì all’attacco.

Nel volgere di un secondo, Akito cambiò guardia; spostò la mano sinistra in posizione di difesa ed alzò quella destra per offendere.

Il suo colpo centrò violentemente il maestro alla nuca, facendolo sbilanciare all’indietro; un secondo dopo, lo colpì in pieno petto con un calcio veloce e preciso, facendolo crollare contro le corde del ring.

Lo stupore si diffuse nella sala, seguito da un’ovazione spontanea da parte degli spettatori. Hayama aveva appena realizzato un K.O. ai danni di Gonshiro Matsuda, cintura nera affermata e titolare del Wilmington Karate Club; nessuno aveva memoria di aver mai assistito ad un simile evento.

Reiko esibiva un’espressione di puro stordimento; un attimo dopo, nonostante lo conoscesse solo da alcuni mesi, e nonostante avesse appena mandato al tappeto suo padre, si ritrovò ad estasiarsi per lui insieme agli altri.

Lentamente, Gonshiro, quel grande maestro il cui allievo, inferiore per esperienza e statura aveva atterrato, si rialzò.

Il silenzio scese di nuovo nella stanza, raggelando temporaneamente l’ambiente. Tutti attendevano con ansia la reazione del sensei, ma quando lo videro esibire un’espressione di pura gioia i loro timori svanirono.

- Congratulazioni Hayama - disse Gonshiro, orgoglioso

- Sei riuscito a recuperare la calma in una situazione di difficoltà, e hai agito usando razionalmente il cervello prima dei muscoli. Tuttavia, non pensare di aver già raggiunto un punto di arrivo. Lo scopo del nostro incontro era mostrarti la via giusta…e diamine, l’hai trovata! - concluse con un sorriso.

Un attimo dopo, si inchinò di fronte al discepolo, ormai maturo.

Akito, frastornato dall’emozione e sommerso dal fragore degli applausi, ebbe serie difficoltà a non perdere il suo famigerato sangue freddo.

Da lontano, vide Reiko corrergli incontro per poi abbracciarlo saltandogli letteralmente al collo - Sei stato fantastico! -

Poi le strette di mani… I complimenti dei presenti, le pacche sulle spalle degli altri atleti, andarono a sommarsi come tante gocce in quel mare infinito di gioia.

Più tardi, si sarebbe sentito in colpa per non aver minimamente pensato, in quei frangenti, né a Sana, né alla sua vita a Tokyo.

Mai come in quei momenti, il suo passato gli era parso più remoto.

Approfittando del momento di confusione che si era venuto a creare, Reiko si avvicinò al padre, il quale era volutamente rimasto in un angolo ad assistere ai festeggiamenti con aria appagata.

Quando gli fu giunta vicino, gli diede una affettuosa pacca sulla spalle.

Lui si girò a guardarla, felice come poche volte lo aveva visto.

- Non mi sentivo così soddisfatto dal giorno in cui ti ho vista vincere il tuo primo match, quel ragazzo è davvero formidabile -

Lei gli sorrise - Ha avuto un formidabile sensei, ma tu non me la conti giusta… -

Gonshiro assunse un’espressione confusa - Di cosa parli? -

- Non fare il finto tonto con me, sono tua figlia, dopotutto - gli disse Reiko, astuta - Hai subito il primo colpo, ma hai lasciato volontariamente che sferrasse anche il secondo, quando avresti potuto pararlo, perché? -

Vide suo padre abbandonarsi ad una fragorosa risata - Non ti si può nascondere proprio nulla, vero? - affermò scompigliandole affettuosamente i capelli.

Lei scosse la testa giocosamente - Sii serio, papà; credevo combattessi al 100% contro di lui, perché hai lasciato che ti mandasse al tappeto? -

A quel punto, il volto di Gonshiro si fece serio.

- Perché non era vincere, il mio vero obiettivo -

- E qual era allora? -

La osservò un po’ pensieroso prima di risponderle.

- Un vero combattente non deve aver paura di rischiare - le spiegò infine, sospirando - Deve sforzarsi di superare i propri limiti; è questa la sola, ma fondamentale differenza tra un semplice atleta che studia, ed un vero karateka. E Io credo che lui possa farcela ad arrivare fino in fondo… proprio come te -

A quel punto si interruppe un momento; beandosi del sorriso di cui lo gratificò la figlia.

- Insomma - concluse guardandola, sorridendo - Chi se ne frega di quel colpo! -

--

 

Più tardi quel giorno, affaticati, ma ancora in preda all'euforia, Reiko e Hayama si erano incamminati fianco a fianco di ritorno dalla palestra Wilmington.

Camminavano a passo spedito lungo il boulevard principale, compiacendosi dei risultati raggiunti e godendo della vista di un tramonto sereno, i cui mille colori andavano a sommarsi a quelli della grande città.

A un certo punto la ragazza gli aveva sorriso.

- Ehi “biondo”, davvero una bella prova oggi -

Eccezion fatta per lei, nessuno avrebbe mai avuto l’ardire di chiamarlo “biondo”; tuttavia il fatto che glielo consentisse, testimoniava in parte l’affetto che le portava.

Akito l’aveva guardata socchiudendo gli occhi  - Ne dubitavi? -

Reiko aveva scosso la testa - Assolutamente no - poi gli si era fatta più vicina e, quasi sfiorandolo con il corpo, aveva aggiunto sottovoce - A dire il vero, considerato il tuo livello di 6 mesi fa, ti avrei dato per spacciato dopo pochi secondi -

Allora Akito, cui non era sfuggito quel gesto, si era impercettibilmente irrigidito, tentando comunque di mantenere una certa compostezza.

- Mi spiace per te - l’aveva beccata di rimando - Avresti perso -

- Suvvia non essere così rigido - fu la sua risposta pacata - Non ce l’avrai ancora con me? - chiese poi facendosi apprensiva tutto d’un tratto.

Lui aveva assunto un’espressione seria - No -

La ragazza però, non sembrava convinta - Ne sei Sicuro? -

Per un attimo, la scrutò. Quella manifestazione di incertezza, così insolita dato il suo carattere risoluto, lo  sorprese profondamente e gli diede uno spunto di riflessione che, a dire la verità, lo inquietò un poco.

Tuttavia decise di non badarci.

- Avevi tutte le ragioni per avercela con me, prima - le rispose tornando a guardare dritto di fronte a sé - Credo che la tua sia stata una reazione umana e basta -

Lei sembrò sollevata di sentirglielo dire - Lo credo anch’io. Non è stato facile accettare che mio padre ti desse tutte quelle attenzioni; tanto più che non riuscivo a capire cosa ci vedesse in te -

A quel punto aveva smesso di camminare ed era rimasta a fissarlo.

Hayama proseguì di alcuni passi prima di fermarsi a sua volta.

Voltandosi verso di lei, la guardò intensamente, e la domanda uscì dalle proprie labbra prima che potesse fermarla.

- E adesso? -

I suoi occhi incontrarono quelli profondi e fieri della ragazza, che in un attimo si colorarono di una emozione intima e genuina.

- Adesso lo capisco. Forse l’ho sempre saputo -

Rimasero in silenzio a guardarsi ancora per qualche secondo. Il vento scelse quel preciso momento per animarsi tra loro, dando vita a un quadro fino a quel momento statico.

Resosi conto dell’atmosfera che si stava creando, Akito stabilì velocemente che fosse più saggio proseguire.

- Andiamo? - le fece muovendo appena la testa.

Reiko sembrò destarsi improvvisamente da un sogno, arrossì senza riuscire a dominarsi e abbassò la testa - Sì, scusami -

Ripresero a camminare, questa volta la ragazza fece il possibile per tenersi ad una educata distanza fisica.

Quando furono giunti nel viale del suo appartamento, che distava pochi passi da quello preso in affitto dalla famiglia di Hayama, lei volle fargli una domanda che teneva in serbo già da alcuni mesi.

Trattandosi di una domanda personale, avrebbe voluto trovare un modo gentile di porla. Ma la sua naturale schiettezza le rendeva difficile elaborare metodi troppo complicati. Alla fine fu più diretta di quanto desiderasse.

- Ho notato che quando combatti, tendi ancora ad evitare il più possibile l’utilizzo della mano destra - gli disse piegando la testa verso di lui
- Sii sincero, hai ancora dolore non è vero ? -

Hayama era rimasto in silenzio. Per qualche istante gli unici rumori furono quelli dei loro passi sul viale di pietra; Reiko stava quasi per rinunciare ad insistere quando lui le rispose.

- E’ così. Non posso ancora usarla bene quanto vorrei. Se non sarò prudente, potrei subire danni irreparabili al nervo radiale. Questo renderebbe vane tutte le terapie a cui mi sono sottoposto; sarei costretto a rimanere a Los Angeles per sottopormi ad un nuovo intervento, e non posso permettermelo; prima o poi, dovrò andare -

Lo aveva detto con semplicità, senza tacere nulla, e così facendo le aveva anche rivelato esplicitamente che un giorno, che lei lo volesse oppure no, lui avrebbe fatto ritorno a Tokyo.

La scoperta la spinse involontariamente a girare la testa di scatto, quasi a voler scacciare quel brutto pensiero. Nel giro di pochi attimi, quella semplice risposta le diede una conferma definitiva sulla natura dei sentimenti che la legavano a quel ragazzo.

Non poteva avere dubbi, poiché mai nella vita si era sentita legata in quel modo particolare ad una persona. Questo sentimento le fece girare la testa.

Tuttavia, essendo fiera per carattere, la sua reazione esteriore fu quella di indurire lo sguardo e chiedere.

- Se quello che dici è vero, perché hai accettato di seguire il programma di mio padre? Stando alle tue parole, un bel giorno te ne andrai e allora cosa ne rimarrà? -

Di nuovo, la risposta fu semplice e diretta.

- Non posso sapere quale sarà con certezza il mio domani - mormorò Akito appoggiandosi al muro di uno dei palazzi, lasciando penzolare svogliatamente la borsa della palestra che manteneva con la mano sinistra.

- Oggi la mia vita è qui, e sarebbe stupido e disonesto non viverla appieno. Devo ragionare un passo alla volta - proseguì poi cercando di evitare lo sguardo ferito della ragazza - Ho scelto di seguire te e tuo padre perché è ciò che desidero fare, fin quando potrò. Con voi ho scoperto un mondo nuovo che mi esalta. Nondimeno, non posso mentire; se me lo chiedi adesso, ti dico che un giorno tornerò a casa -

Ma Reiko non sembrava disposta a cedere facilmente. Le tornava in mente l’immagine del padre di poche ore prima, e la felicità che aveva provato nel vedere i progressi di Hayama.

E ora lui se ne stava lì a dirle con quel suo odioso modo di fare, che sarebbe tutto finito; che un giorno sarebbe tornato a casa.

In lei si accese a quel punto un risentimento tipicamente femminile che la spinse a sentirsi offesa oltre che tradita.

- La vita qui ti deve far parecchio schifo se non consideri nemmeno l’idea di provare a restare, dopo tutto quello che c’è stato - lo aggredì con risentimento.

Questa volta fu Hayama a fissarla con rabbia - E’ una delle cose più stupide che potessi dire! Come diavolo ti salta in mente una simile idiozia ? -

- Bè non deve essere proprio un’idiozia - inveì Reiko alzando la voce
- Altrimenti non parleresti di tornare e mandare tutto all’aria! Dimmi, cos’è che ti spinge a voler tornare? - lo aggredì con fare imperioso.

- Sei maledettamente insistente! - Urlò Hayama, confermandosi intollerante agli interrogatori  - Perché non vai a casa a dormire? Credo che tu abbia preso un brutto colpo in testa durante l’allenamento, stai vaneggiando! -

Il temperamento della ragazza si rivelò aggressivo quanto il suo.

- Sei tu che vaneggi, stupido bamboccio! - gli sbraitò contro puntandogli il dito al petto - Dimmi, da quando sei diventato un piagnucolone senza attributi che scappa di fronte a una innocua domanda? -

- E tu? - rispose prontamente Akito ringhiando - Da quando sei diventata una donnetta isterica in perenne fase mestruale? -

A quel punto, lo scontro tra i loro due caratteri decisi e bellicosi, fu pressoché totale ed incontenibile.

Reiko piegò sulla gamba destra, tentando di assestargli un colpo deciso alla spalla con quella sinistra. Akito, più rapido di lei, parò senza difficoltà il colpo e rispose con un altro.

La ragazza però saltò agilmente indietro, evitandolo, prima di scattare nuovamente all’attacco con una serie di pugni agili e veloci; tutti prontamente parati dal biondo.

- Hayama-sei-un-deficiente - inveì lei scandendo ogni parola con un colpo.

- E tu una femminuccia isterica - rispose lui schivando l’ennesimo attacco piegandosi sulle ginocchia e spingendola via appoggiandole una mano sul petto.

Lei sussultò costernata.

- Mi hai toccato il seno! Sei un dannato maniaco! -

Akito era letteralmente sconvolto - Ma cosa blateri, sei tu che mi hai attaccato! Che dovrei fare, portarti dei dolcetti? -

A quel punto, rimasero a guardarsi ansimando, in cagnesco. Poi così com’era venuto, quell’attimo di rissosità passò.

- Vieni, sediamoci - propose Hayama invitando la ragazza a sedersi su una panchina poco distante da loro.

- Mpf - fu la risposta seccata di Reiko, che tuttavia accettò di seguirlo pur con le braccia conserte.

Fu mentre erano diretti verso la panca, che la ragazza ebbe un improvviso mancamento. Forse fu a causa delle emozioni intense di quel giorno; o forse, per quel breve litigio, fatto sta che le energie le vennero meno.

- Hayama… - ebbe giusto il tempo di dire prima di portarsi una mano alla fronte e piegarsi sulle ginocchia.

Akito si voltò improvvisamente ed ebbe la prontezza di riflessi di prenderla al volo con una mano, sorreggendola di peso e portandola fino alla panchina, dove la fece sedere.

- Va tutto bene? - le chiese preoccupato - Vado a prenderti dell’acqua -

Lei lo fermò con la mano - Non preoccuparti, sto bene, è stato solo un momento; rimani qui vicino a me -

Lui le si sedette accanto - D’accordo, ma tu resta seduta fin quando non ti sarai ripresa del tutto -

- Va bene - acconsentì Reiko chiudendo gli occhi.

Passarono alcuni minuti in silenzio. Poi la ragazza aprì gli occhi mormorando con voce debole - Ehi… Sbaglio o hai usato la mano destra per prendermi? -

Per un momento, Hayama la guardò senza capire, poi annuì - E’ vero -

Lei sorrise debolmente - Allora, non devi essere messo poi così male se riesci a sostenere un peso morto -

Akito rimase in silenzio, fissandosi l’arto. Se quel che diceva Reiko era vero, allora il giorno del suo rientro a casa, non poteva essere lontano.

Pian piano, stavano passando anche quei mesi. In quel preciso istante, il volto di Sana gli affiorò nella mente, e i sensi di colpa per essersi dimenticato di lei per tutto il giorno, affiorarono insieme ad esso.

Nel mentre, lo sguardo della ragazza si era fatto di nuovo triste; perciò decise di mettere da parte quei pensieri e parlare con lei per rasserenarla.

Ancora una volta, gli si chiedeva di essere più estroverso di quanto la natura lo spingesse a fare; ma si rese conto di doverle almeno qualche spiegazione.

- Non voglio che tu pensi che non sia felice di essere qui con voi  - esordì sospirando - Quello che ho provato in questi mesi…è stato esaltante. Tu e tuo padre mi avete restituito una serenità che temevo di aver perduto; avete aperto le porte di un mondo nuovo; io guardo a voi con ammirazione, ed è per questo che non voglio più sentirti dire certe cose -

Lei lo ascoltò parlare, rapita, e quelle parole la emozionarono al punto che le sue gote si tinsero di rosso.

Akito la guardò in volto, e una spiacevole sensazione si impadronì del suo stomaco, facendolo sentire tremendamente a disagio. Di nuovo, Sana gli balenò nella mente.

Avrebbe voluto alzarsi e tornare subito a casa; tuttavia mantenne il controllo pur di non ferire la persona che in quel momento gli era vicina.

- Ad ogni modo - disse alzandosi, poiché comunque non riuscì più a stare fermo - Per adesso ti ripeto che la mia vita è qui; di tornare, non se ne parla; devo completare gli studi, o mio padre mi darà il tormento, quindi non pensiamoci più, va bene? Ciò che conta per me, è proseguire ancora su questa strada, insieme a voi -

Reiko si era ripresa dal temporaneo malessere; la felicità di essersi scoperta così importante per lui aveva spazzato via tutte le domande che avrebbe voluto ancora fargli sul perché volesse tornare a tutti i costi in Giappone.

Rinunciando, perse un’occasione importante per venire a conoscenza di Sana; in egual modo, Hayama perse l’opportunità di rivelarglielo quando sarebbe stato più opportuno farlo.

- Va bene “biondo”, eviterò di strapazzarti ancora, per stasera - lo schernì rialzandosi e colpendolo affettuosamente sulla spalla.

Akito riprese subito il suo naturale atteggiamento di supponenza.

- Figuriamoci; non mi servono entrambe le mani per atterrarti - la schernì.

- Attento a te, bamboccio! -

Nel giro di qualche mese, quando la verità su Sana sarebbe venuta a galla, Reiko avrebbe avuto le risposte che quella sera non aveva osato cercare.

Quando ciò avvenne, non riuscì a non portargli rancore; ma più di ogni altra cosa, non poté evitare di disprezzare sé stessa per essersi umiliata a quel punto.

Hayama, non avrebbe mai avuto il tempo né il modo di spiegarsi.

 

***

 

L’orologio segnava le ore 5:00 del mattino.

Fermo, disteso ancora nel letto, Akito rifletteva sulla piega assurda che gli eventi della propria vita avevano assunto negli ultimi due anni, e sui danni che il tempo e l’incomunicabilità possono causare tra due persone.

Quando riuscì a riaddormentarsi, l’alba era ormai vicina. Le risposte che cercava, ancora no.

  
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