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Autore: SnidgetCielo    07/10/2015    3 recensioni
"I pray for no more youth
perish before its prime;
That Revenge and iron-heated War
May fade with all that has gone before
Into the night of time.”

Storia in fase di re-editing. Tra scherzi malandrineschi, draghi di polveri piriche e Incantesimi malfunzionanti, alcuni dei più suggestivi personaggi nati dalla penna della Rowling affrontano il Mondo Magico tra equivoci ed emozioni propri dell'adolescenza.
Marlene spicca tra tutti per caparbietà, goffaggine e superbia, ma anche per prontezza di spirito, spontaneità e l'innaturale capacità di attrarre a sè le attenzioni di entrambi i rampolli di casa Black.
Dall'ultimo capitolo - "C’era qualcosa che continuava a ronzarle in testa, un presentimento tanto infido quanto presuntuoso che le si era infilato nell’orecchio insieme alla voce squillante di Dorcas [...]. Quel presentimento era entrato nel suo cervello e lì sembrava voler restare: un presentimento che aveva l’aspro sapore del risentimento e l’aspetto maliziosamente affilato di Sirius Black."
Genere: Avventura, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Marlene McKinnon, Regulus Black, Sirius Black | Coppie: James/Lily, Lily/Severus, Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Best of Youth.'
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The best of Youth

Capitolo VI 
Il profilo della luna


 

1993

«Sei cambiato, Sirius» 
Ancora una volta, lei gli era davanti. La sua immagine aveva riempito la gabbia di un calore improvviso, un bruciore così intenso da essere quasi fastidioso. Ma Sirius restò in silenzio, inarcando le labbra in un ampio sorriso. Appoggiò la testa all'angolo umido.
«Hai un vecchio, ormai, di fronte»
Poi, voltò il viso verso la figura, senza perdere il sorriso.
«Tu, invece, sei identica a dodici anni fa»
Provò tristezza nel proferire quelle parole: sapeva bene perché lei era rimasta la stessa ragazza che aveva conosciuto fuori da quella prigione stantìa.
«Neanche la morte ha potuto niente su di te»
Lei abbassò lo sguardo, sorridendo.
«Il tuo sorriso non è cambiato»
«Neanche il tuo»
Di nuovo, l'uomo distese le labbra in un sorriso.
«Perchè sei qui?»
«Perchè hai dimenticato»
«Non ho dimenticato. Mai.» ribattè Sirius, con tono serio.
«Non dimenticherò mai»
Era vero. La certezza della sua innocenza era l'unica cosa in grado di mantenerlo in vita. E aveva fatto così tanta fatica, a focalizzare, per dodici anni, soltanto quegli ultimi, brevi avvenimenti. Aveva fatto così fatica a non pensare a lei. I primi anni, ad Azkaban, cercava di aggrapparsi ai loro momenti insieme, a quando l'aveva conosciuta, all'ultima estate prima dell'autunno di morte che li aveva separati per sempre – come foglie ancora troppo verdi portate via dallo stesso ramo dalla furia gelida del vento dell'Ovest. Ma i Dissennatori si erano nutriti degli ultimi attimi di letizia di Sirius Black, portandoglieli via, divorandoli. Faceva così male che avrebbe preferito divorassero lui. E aveva deciso di impiegare i restanti anni ad allontanare quei momenti, a cercare disperatamente di ricordare di dimenticarla.
«Hai dimenticato chi sei, Sirius» continuò il fantasma, aleggiando verso di lui.
«Io non sono nessuno» rispose Sirius, atono, voltando lo sguardo dall'altra parte.
«Non sei forse lo stesso con cui passavo quelle gelide notti di dodici anni fa, ad aspettare qualcosa che non sarebbe mai arrivato?»
La guardò ancora una volta: lei si era accasciata accanto a quello che rimaneva del suo corpo, e si era avvicinata al suo viso.
«Mi parli di una vita lontana, che a malapena ricordo di aver vissuto»
«..Era la tua vita, Sirius. La nostra vita»
Sirius tacque, e alzò una mano: la avvicinò al volto candido del fantasma, che rimase immobile. Le due dita incontrarono l'ombra bluastra, e percepirono il gelo di quella visione.
Rabbrividì, e scostò la mano.

«Ricordi i tempi della scuola?»
Lei seguì il suo sorriso, e lui vi riconobbe le piccole rientranze sulle guance che tanto adorava. Ai tempi della scuola, che aveva appena riportato alla memoria, erano l'oggetto con cui soleva schernirla, solo per continuare a nascondere una debolezza che non permetteva di riconoscere a sé stesso.

«Ricordo»

«Allora, non avresti mai detto una cosa del genere.. su di noi»
Le sue labbra si distesero ancora, mentre gli occhi imbevuti di dolcezza si abbassavano ancora una volta sul volto scarno del prigioniero.
Anche Sirius sorrise, voltando lo sguardo verso il buio impenetrabile della purulenta cella.

«Allora, tu eri così innamorata di lui..»

 

1977

Alice Fortescue annodò la treccia in cui aveva meticolosamente acconciato la chioma castana, e si alzò dal letto su cui sedeva. Prese dalla mensola due grandi vassoi di vetro, che poco prima aveva chiuso con della carta argentata, e si apprestò verso l'uscita della Sala Comune di Tassorosso. Risalita dalla botte, inebriata dall'odore delle cucine, percorse il corridoio indorato dalle fiaccole. Salì in superficie, e fu inondata dalla luce del tardo pomeriggio d'estate. Vide il professor Lumacorno chiacchierare animosamente con la professoressa Sprite: li salutò con un largo sorriso.
Sentì le risate goliardiche di un gruppo di ragazzi, accostati al muretto del portico, poco prima della Sala Grande. Salutò timidamente il ragazzo più alto, Frank Paciock, Grifondoro, che aveva conosciuto qualche settimana prima, al parco, dopo aver trovato una Ricordella nel prato. Frank arrossì, mentre i suoi compagni la osservavano interrogativi. Davanti ai giganteschi portoni della Sala, tentò di salutare anche Julia Sunpetyr, troppo presa da una crisi isterica che il colore dei festoni preparati da alcune ragazze del terzo anno le aveva provocato: apparentemente, sembrava ci fosse molta differenza tra il grigio topo e il grigio fango.
Stava camminando lungo la navata principale, quando vide Amelia Bones, Dorcas Meadowes e Marlene McKinnon all'estremità del tavolo di Grifondoro, alle prese con dei cartelloni con l'anagramma della loro associazione: la accolsero con un largo sorriso.
«Ho portato i biscotti» sorrise Alice, appoggiando i vassoi sopra al legno consumato del tavolo.
«Oh per Merlino!» esplose Dorcas «Sono arrivati i biscotti!».
La ragazza arraffò uno dei vassoi, lo scoprì della carta che ne celava il prezioso contenuto e rubò due larghi dischi di pastafrolla e goccie di cioccolato.
«I biscotti.. chomp.. dei Tassorosso... sono.. chomp... leggendari!»
«In sala stanno ancora preparando i festoni dei partecipanti di Tassorosso, saranno qui tra poco più di un quarto d'ora»
«Grazie mille, Alice» le sorrise Marlene, carezzandole la testa con fare divertito.
«Ti va di darci una mano con questi?» fece altrettanto cordialmente Amelia, mentre faceva levitare dei lunghi coriandoli argentati tra le candele che penzolavano a mezz'aria nel soffitto infinito della Sala Grande. I coriandoli andarono ad intrecciarsi ad una delle candele, formando un fiocco perfetto. Alice Fortescue sorrise, impugnando la sua bacchetta e seguendo i movimenti di Amelia.
«Hai visto la nostra presidentessa, Alice?»
«S-si.. mi sembra parecchio.. emozionata per la festa» biascicò la ragazzina, tenendo gli occhi bassi.
«Non devi essere sempre così carina, Alice!» la ammonì Marlene.
«Già..» biascicò Dorcas, con la bocca ancora piena di frolla «è meglio.. chomp.. dire che.. è andata completamente fuori di testa»
«Da quando ha saputo che avrebbe partecipato Lionella Wild, si è comportata come se volesse un biglietto di sola andata per il reparto Janus Thickey del San Mungo1» fece Amelia, puntando la bacchetta sui vassoi di biscotti e portandoli lontani dalle fauci di Dorcas.
«Non rimarrà niente da mangiare, se non tieni a freno la tua ingordigia!» tuonò, colpendola tra capo e collo.
«Chi.. chi è Lionella Wild?» chiese Alice.
«E' a capo della Divisione Animali dell'Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche.» spiegò Lene. «Una vecchia compagna di scuola della McGrannitt e della Sprite. Sono state loro a proporci la sua presenza»
«Si.. e qualcuno sta rischiando di perdersela» brontolò Dorcas. «Dov'è Lily?»
«Non ne ho la più pallida idea» sospirò Amelia «L'ho sentita piangere nel bagno di Mirtilla Malcontenta, ieri sera. Ho provato ad entrare, ma non voleva saperne»
Marlene aveva sgranato gli occhi, e ascoltava attenta. 
«Cos'è successo?»
«L'alterco con Mocciosus l'ha distrutta»
«Di che stregoneria state parlando?» insisté Marlene, alzando la voce.
«Non sai niente dell'altro giorno?» esplose Dorcas, facendo sussultare tanto Marlene quanto la piccola Tassorosso al suo fianco.
«I Malandrini hanno preso di mira il povero Piton, l'hanno appeso al vecchio salice sulla riva est del lago e gli hanno tirato i pantaloni»
«Idioti» ridacchiò Marlene, evidentemente divertita.
«Lily è intervenuta in difesa di Piton e... e...»
«E lui l'ha chiamata “Sporca Mezzosangue”» concluse Amelia con poche, amare parole.
Marlene sentì un tuffo al cuore.
«Quando.. quando sarebbe successo?»
«Subito dopo la fine dell'ultima prova scritta degli esami, questo mercoledì»
«Per Merlino, Lene, tu dov'eri?»
Provò a ricordare: per lei, i G.U.F.O. erano finiti soltanto quel giovedì; per questo, probabilmente, era evasa dalla realtà per concentrarsi sulle poche ore che le rimanevano prima degli esami. Era così presa dall'ansia e dalla preoccupazione, prima degli esami, da eclissare qualsiasi cosa fosse in grado di respirare intorno a lei. Se ne rese conto solo in quel momento, in cui si accorse, con un tonfo al cuore che aveva il peso del senso di colpa, della totale assenza di Lily, in quei giorni.
Sentirono un improvviso baccano provenire dall'entrata alla Sala, e videro i Malandrini entrare scomposti e sorridenti, mentre si avvicinavano al tavolo di Grifondoro.
«Che diavolo di stregoneria è questa?» tuonò James, afferrando un cartellone inneggiante al libero lavoro dei folletti nelle miniere.
«E' ora di cena, che cosa state facendo?»
«E' la festa delle Salamandre» fece Dorcas serenamente.
«Sala.. Salamandre?»
«Sostegno Associativo-Lenitivo per Animali Magici Ambigui Nonchè Deturpati, Rapiti o Abbandonati»
Ci fu un attimo di gelido silenzio prima che la fragorosa risata di Sirius risuonasse sulla navata principale della Sala.
«E' davvero l'associazione con il nome più stupido dell'intero Mondo Magico»
«Allora potrebbe piacerti» fece prontamente Marlene, lanciandogli un'occhiata maligna
«Agli stupidi piacciono cose stupide»
Si sentì gelare dallo sguardo, seppur sorridente, del ragazzo.
«Dov'è la Evans? Ancora non l'ho vista dall'altro giorno» fece James, mentre giocherellava con i pochi coriandoli argentati ancora rimasti sul tavolo.
«E non la vedrai presto, pezzo di un cretino!» tuonò Amelia. «Lily è ancora sconvolta da quanto è successo l'altro giorno al lago. Stagli alla larga, se non vuoi...»
Amy si fermò, quando sentì le dita di Marlene stringersi intorno al suo polso. Si voltarono verso l'entrata, mentre Lily Evans entrava nella nuvola dei suoi lunghi capelli, che ondeggiavano fiammeggiando intorno la testa china. Evitò i ragazzi e si sedette tra le ragazze, alzando il viso e rivelando gli occhi ancora arrossati.
«Scusate per il ritardo, stavo riordinando il mio baule» si spiegò con un largo sorriso «Posso ancora fare qualcosa per aiutare?»
«Evans!» la salutò James, prendendo posto accanto a lei «Perchè quegli occhioni rossi?»
Tutti quanti, intorno all'estremità del tavolo osservavano la sfacciataggine di James e avvertivano quanto duramente sarebbe stata punita di lì a poco.
«Davvero te la sei presa per il veleno che ha sputato quel serpente a sonagli di Mocciosus? Perché se è così gliela faccio pagare, Evans, ti giuro che..»
L'urto delle mani di Lily su tavolo fu più rumoroso di quanto potessero immaginare. Fece sussultare persino James Potter, mentre Alice sentì chiaramente il cuore che tentava disperatamente di uscirgli dalla gola.
«Voglio che tu te ne vada, James Potter» disse con voce bassa, ma ferma.
«L-Lily, io..» balbettò James.
«Dovevi già esserti alzato. Vuoi per caso un invito?»
Lily estrasse la bacchetta e con un rapido gesto del braccio schiantò James lungo il pavimento di mattoni chiari. Il suo corpo andò a cadere sopra al tavolo, a
qualche metro di distanza. Si alzò in piedi sul tavolo, cercando di darsi un contegno.
«Andiamo, Lily, non puoi...!»
«Vattene!» gridò nuovamente Lily, senza abbassare la bacchetta di un centimetro.
James Potter la guardò affranto, tirando un sospiro. Scese sulla panca, e poi sul marmo, prima di voltare le spalle a suoi compagni. Solo quando fu scomparso dietro la porta, Marlene ebbe il coraggio di guardarsi intorno: Peter si era nascosto dietro al mantello di Remus, che aveva abbassato lo sguardo. Sirius sedeva alla sua destra, e anch'esso teneva gli occhi bassi. Dorcas aveva ancora le mani tra i capelli, mentre Amelia aveva coperto la bocca. Le altre ragazze nella stanza avevano assistito con lo stesso silenzio intriso di terrore. Nessuno aveva mai visto una ragazza porsi con tanto astio verso qualcuno. Era un atteggiamento sconsiderato, e sicuramente un comportamento che nessuno, in quella stanza, si sarebbe aspettato da Lily Evans: se fosse stato presente un insegnante – l'insegnante sbagliato – gli sarebbe costato l'espulsione, al sesto anno di Hogwarts.
Lily abbassò lentamente il braccio e riprese compostamente il suo posto, senza aprire bocca, ma afferrando uno dei cartelloni del tavolo e riprendendo a lavorare su quello. Aveva un piccolo riccio di compiacimento stretto sull'angolo della bocca. Marlene pensò che sarebbe stato meglio non chiedere; sarebbe stato meglio non parlare affatto.
Con un veloce sguardo ad Amanda, capì che lei pensava la stessa cosa.
«Si preannuncia una serata piuttosto.. movimentata» sorrise Sirius, rivolto a Marlene.
«Sei ancora qui?» rispose lei, mentre passava due scatole di Puffole Pigmee da regalare alla festa a Alice Fortescue. «Mio cugino avrà bisogno di te, non credi?»
«James può cavarsela anche da solo» sorrise Sirius.
«Non avrei mai pensato che avresti partecipato a una cosa del genere»
«Mi hanno fatto una proposta piuttosto convincente»
«Da quando ti interessano gli animali?»
Marlene alzò le sopracciglia - ma non lo sguardo dalle sue faccende.
«Da tutta la vita.. più o meno»
«Sai, un po' di tempo fa ho sentito delle voci di corridoio, una sciocca storiella. Mi hanno detto che un cucciolo di volpe artica sarebbe scesa dal Nord fino a raggiungere la Foresta proibita»
La ragazza si fermò, alzando lo sguardo verso il suo interlocutore: la osservava con occhi affilati e un fastidioso sorrisetto.
«Scommetto che ti piacerebbe tanto vederla»
Rimase a guardarlo ancora, mentre richiamava Alice e le chiedeva di sostituirla nell'aiutare Lily con gli ultimi festoni.
Afferrò il mantello di Sirius Black e lo trascinò via, verso la porta d'ingresso.
«Si può sapere che cosa stai facendo, per Morgana?!» chiese a denti stretti e il fuoco nelle orbite.
«Sono settimane che non mi rivolgi la parola, e ora mi segui di notte? Sei forse impazzito?»
Lui sorrise sfacciatamente, affilando il suo sguardo sul viso paonazzo di Marlene.
«Non ti ho seguita, Fossette. Ti ho solo proposto un'uscita al chiaro di luna alla ricerca di un esemplare più unico che raro»
Si avvicinò ancora un po' al profilo della ragazza.
«Non è una volpe, è troppo grande per essere una volpe. E lo sai bene anche te, dato che mi segui di notte.» fece Marlene, spingendolo aggressivamente lontano da lei: «Sei una sorta di psicopatico?! Prima mi rimbocchi le coperte a letto, e ora mi segui di notte? Che diavolo di problemi hai?»
Sirius non aveva smesso di ridere.
«Ti sto solo chiedendo di uscire, McKinnon»
Sussultò. Le sue guance e la fronte arrossirono così tanto da assumere un colorito violaceo, e lei sapeva che se si fosse accarezzata la pelle, sarebbe rimasta scottata. Col tempo, Marlene McKinnon aveva imparato che poteva aspettarsi qualsiasi cosa da Sirius Black, e aveva cercato di comportarsi di conseguenza: ma in quel momento le parve di realizzare che non c'era proprio modo per evitare quella fastidiosa sensazione di imbarazzo di fronte agli atteggiamenti imprevedibili di lui. L'unica cosa che riusciva a pensare, dopo quell'assurda richiesta, era quale incantesimo avrebbe dovuto inventare per non farsi mettere a disagio così da lui.
Poi riflettè: se non riusciva a difendersi da quegli “attacchi”, allora doveva attaccare anche lei.
Ed affrontarlo ad armi pari.
«N-No. No Black, non voglio uscire con te!» farfugliò Marlene, abbassando lo sguardo.
Non avrebbe dovuto distogliere gli occhi da lui, lo sapeva bene: ma Marlene McKinnon non aveva mai saputo raccontare bugie.
«Andiamo, McKinnon» sorrise Sirius, riaccostandosi a lei.
«Certo che vuoi uscire con m
La sua impudenza di quel ragazzo l'aveva sempre disturbata, ma questo Sirius Black aveva nei suoi confronti un atteggiamento fastidiosamente invadente rispetto alle altre volte. Si scostò dal ragazzo e voltò lo sguardo lontano dai suoi occhi d'argento, verso l'entrata: scorse l'uniforme perfettamente ordinata e lo sguardo lucente di Regulus. Anche il ragazzo, seguendo gli occhi di lei, lo vide, ma stette attento a non mostrare la collera che lo assaliva davanti a Marlene. E lei intanto si era girata di nuovo, e ora lo guardava con occhi brillanti.

Quanto avrebbe voluto che quegli occhi brillassero per lui.

«Devo andare, Black» si congedò.
«Dov'è che vai?» chiese lui, togliendo le mani dalla tasca.
«A parlare con una persona»
Sentì la stretta ferma delle dita di Sirius sul polso, e sussultò. Quando incontrò di nuovo il suo viso, Sirius continuava a sorridere, nonostante sentisse la rabbia salire dallo stomaco e pervadergli la gola. Ma il rossore d'imbarazzo sulle gote di Marley era salito negli occhi, inondati di rabbia.
«Scherzi, Marlene?» chiese, stentando il sorriso. «Quello è un viscido schifoso»
La luce collerica degli occhi di Marlene avvampò, e Sirius smise di sorridere.
«Finirà col ferirti, come Mocciosus ha fatto con Lil..»
Con un strattone, Marlene si svincolò dalla sua presa, e fece qualche passo indietro.
«Non credo sarei in grado di definire mio fratello un “viscido schifoso” neanche se ammazzasse i nostri genitori»
Fu Sirius a sussultare, mentre Marlene raggiungeva la figura ormai lontana di Regulus lungo il corridoio.
Si sporse dalla grande porta di mogano, e cercò tra le teste degli studenti quella mora, ormai così familiare, di Regulus. Corse verso l'ala nord, strattonando maldestramente qualche ragazzo, quando lo vide.
Lo afferrò per la manica del mantello, ottenendo la sua attenzione: quando si voltò, la sua espressione era più insofferente del solito.
«Ciao» sorrise Marlene, tentando di passar sopra a quell'espressione.
Regulus non rispose.
«Eri... eri venuto a vedere i lavori?» continuò lei, sorridendo.
«Mi hai chiesto di passare. Sono passato» rispose freddamente.
«Verrai stasera» fece Marlene «Non è vero?»
Regulus sembrò indisporsi ancora di più.
«Ti ho già detto che non è roba per me...»
«Ma che Pluffe mi significa?!» tuonò Marlene, aggrottando le sopracciglia scure.
«Me lo hai promesso, Regulus Arcturus Black
Lui girò lo sguardo verso il chiostro. Marlene aveva puntato i piedi a terra e, invece, lo fissava torva.
«Devo mettere in dubbio la tua parola, Reg?!» continuò con voce alta.
«Se la smetti di strillare come una lattante, ci vengo»
Vide la collera svanire dal suo viso. Senza che potesse adottare una contromisura, Marlene gli si buttò al collo.
«Grazie! Grazie! Grazie!» esclamò lei «Vedrai che dopo stasera riuscirai a convincerti a non riservare a Kreacher il trattamento dei suoi precedenti colleghi!»
«Scollati, Marley» implorò lui «Non sei propriamente un peso piuma..»
Ricadde a terra, ma non aveva perso il sorriso.
«Lo so che cosa stai cercando di fare»
Regulus sbuffò: guardandola, potè vedere che continuava a sorridere.
«Che cosa blateri, adesso?»
«Stai cercando di infastidirmi, così mi arrabbierò e ti dirò che non voglio più vederti. E tu non sarai più obbligato a venire a questa “stupida cosa”»
«Ti crei delle storie, dentro quella piccola testa poco dotata...»
«Non ci riuscirai, caro mio!» Marlene aveva alzato l'indice nella sua direzione, puntandoglielo proprio sotto il naso. Con una piroetta, gli diede le spalle e trotterellò verso la Sala Grande.
Guardandola camminare in modo così buffo, non riuscì a trattenere un sorriso.

Anche lui si voltò dalla parte opposta, e si diresse verso l'esterno. Il sole di giugno era ancora alto, e sfiorava le vette morbide delle colline intorno al castello: il Lago Oscuro era bagnato di mille sfumature fiameggianti, ma sempre meno roventi. Si sedette sull'erba seccata dall'estate, ascoltando la brezza salire dall'acqua.
Sapeva che stava per essere stata interrotta dall'acidula voce di una donna, ma non credeva sarebbe successo di lì, a un attimo.
Senza voltarsi, la invitò a sedere; lei rifiutò. Piuttosto, gli chiese di alzarsi.
«Ti trovo bene, cugina» sorrise, senza troppo entusiasmo.
La bellezza di Bellatrix Black non eguagliava quella di sua sorella Narcissa, ma era comunque stata una strega di straordinario aspetto. Si era sposata quando Regulus aveva appena otto anni, subito dopo la scuola, con un ricco mago Purosangue, il cui bell'aspetto non riusciva a nascondere un sadismo profondo, che a Regulus aveva l'impressione la cugina avesse sempre ammirato. Rodolphus Lestrange era solito lodarsi delle crudeli torture che infliggeva a quei Babbani che, nelle sue passeggiate notturne a Londra, avevano cominciato a fare troppe domande.
Era ancora un bambino, quando ascoltava quelle storie dell'orrore.
La bellezza di Bellatrix aveva cominciato a scemare poco dopo il matrimonio: era dimagrita eccessivamente, e i capelli la cui lunghezza (vincolata da una lontana consuetudine della sua famiglia, che impediva alle donne maritate di accorciarla), una volta scura come il carbone, tradiva ora un ingrigimento precoce, così come i suoi occhi di topazio.
«Anche tu non sei male, cuginetto» sorrise, con una nota di malizia: «Ma non sono l'unica ad essersene accorta»
Regulus trasalì. Che lei avesse...?
«Chi è lei? Non mi pare di conoscerla..»
«Lei chi?» chiese freddamente.
«La mocciosa che ti era al collo, cuginetto...» sorrise Bellatrix.
«Non è nessuno»
Capì che avrebbe potuto essere convincente solo quando vide come si allargava il sorriso di sua cugina.
«Si può sapere perché tanta urgenza? La scuola finisce tra una settimana..»
«Il Signore Oscuro mi manda ad avvisarti»
Sussultò nel sentire come lo aveva chiamato.
«Avvisarmi? Stai per uccidermi?» chiese, abbozzando un sorriso.
«Sei il cugino sbagliato, mi dispiace»
La fragorosa risata della strega riecheggiò tra le tempie di Regulus, scorrè lungo la sua gola, si infilò nel sangue e avvolse le ossa, raggelandolo completamente. Fece finta che si trattasse soltanto del cattivo senso dell'umorismo che Bellatrix aveva sempre dimostrato di possedere.
L'espressione della strega divenne improvvisamente seria.
«Comincerai a lavorare da Magie Sinister lunedì. Dovrai essere lì alle cinque. Lui verrà da te una volta al giorno, tre volte alla settimana. Assieme al signor Burke, ti istruiranno su tutto. Tutto ciò che devi sapere»

Tutto ciò che devo sapere?

Il signor Riddle gli aveva detto che avrebbe passato l'estate lavorare al negozio del signor Burke, ma non immaginava che avrebbe seguito delle lezioni. La cosa lo eccitava e lo terrorizzava al tempo stesso.
«Togliti quella faccia da Ramora2 lessa, Regulus Arcturus»
Il sorriso della strega era scomparsa. Al suo posto, un'espressione arcigna si annidava sul viso consumato.
«Sei stato scelto per divenire un suo allievo, e per servire il signor Burke come lui ha fatto prima di te. Pensavi fosse un gioco, per caso?»
«No di certo» esclamò Regulus, immediatamente. «So cosa devo fare, e sono totalmente convinto»
«Buon per te, allora» 
Con un rapido gesto del braccio sinistro, Bellatrix alzò la bacchetta in aria. Prima che si smaterializzasse, il sorriso di sua cugina gli regalò un ultimo, brusco brivido. 
«Un ultimo consiglio, cugino caro. Tieni quella ragazzina fuori da questa storia»
Con una lieve piroetta, sparì dalla sua vista.
Il tempo di alzare gli occhi, e il sole era già scomparso.

 

La notte scintillava tra stelle cadenti rosse, gialle e verdi, nella Sala Grande.
Striscioni di un ricco smeraldo e di magenta, su cui campeggiava una salamandra dorata, facevano bella mostra di sè sulla pietra delle pareti. I quattro, lunghi tavoli erano stati rimossi, per lasciar spazio ad un grande palco sul lato ovest della sala, mentre quello dei professori, rialzato, erano rimasto al suo posto, e gli insegnanti osservavano banchettanti i loro studenti ballare al ritmo delle note delle Sorelle Stravagarie.
Mentre Lily ed Alice si occupavano di offrire biscotti e regalare Puffole Pigmee ai ragazzi, Marlene e Dorcas, appena fuori, in piedi sopra alla base del drago di pietra alla destra della porta, incitavano i passanti con un o striscione inneggiante l'abolizione della caccia ai Graphorn. Marlene continuava a girare la testa da una parte all'altra del corridoio, ansiosa.
«Datti pace, Marley, ti prego» la esortò Dorcas, prima di urlare: «Usate le vostra, di corna, per le pozioni! E lasciate ai Graphorn le loro»
Marlene sorrise.
«Sai bene come dare un messaggio alla folla, non è vero?»
«Io so come attirare l'attenzione, almeno»
La sottile bocca della ragazza si allargò in un sorriso sbarazzino, mentre si voltava verso l'amica, mentre lo sguardo famelico si abbatteva sulla calca di studenti.
«Mentre la tua, di attenzione, è totalmente altrove, stasera»
Marley sospirò.
«Mi dispiace, Dorcas. Davvero. E' che...»
«Aveva fatto una promessa che non ha mantenuto. Pazienza, hai qui noi. La serata sta andando bene: abbiamo raccolto un sacco di firme, e tantissime offerte. Te lo ricordi ancora lo scopo di questa serata, no? Raccogliere fondi, perché altrimenti l'associazione è spacciata. E divertirsi, perché altrimenti non ha senso avere sedici anni e aver finito gli esami. E dire cose assurde alle persone, terrorizzandole, perché altrimenti non ci divertiamo: ad esempio, potremmo dire che, se ignoreranno questo manifesto, domattina si sveglieranno con un corno di Graphorn al posto del naso»
Marley rise fragorosamente. 
«E magari a Black Jr. glielo facciamo crescere veramente, alla fine della serata» sorrise Dorcas, con voce dolce.
«Hai ragione». 
Fu allora che Marlene alzò il manifesto in alto e urlò a gran voce.
«Mai più pelliccie di Graphorn a Natale!»
La risata di Dorcas le risuonò nell'orecchio destro
«No, non fa proprio per te»
Mentre ancora battibeccavano su cosa fosse meno appropriato dire per attirare l'attenzione dei ragazzi, un suono fragoroso, simile allo schiocco di mille dita, provenì dall'interno della Sala, ponendo fine alla musica assordante del palco diretto dalle Sorelle Stravagarie.

La voce della McGrannit risuonò nella Sala, rimbalzando dalle pareti di pietra: si tuffò fuori dalla porta e investì il corridoio.
«E' il discorso» disse Marlene, e scese dal piedistallo del drago, lasciando il cartellone. Afferrò tanto frettolosamente la mano di Dorcas che la fece quasi cadere dal piedistallo. Si fece strada tra gli studenti e, bloccata dalla calca, fu costretta a fermarsi per potersi guardare intorno, alla disperata ricerca di una via d'uscita.
«Vorrei ringraziare il Preside, per aver permesso questa festa..»
«Marley, si può sapere cosa stai cercando di fare?»
«...E le Sorelle Stravagarie, per allietare la nostra serata con le loro.. melodie stravaganti»
«Sto cercando di avvicinarmi, saranno tutte lì sotto. Non voglio perdermi il discorso della Wild!»
Si guardava attorno, Marlene, mentre il cuore cominciava a palpitarle. Lo scopo dell'associazione a cui aveva aderito con così poco entusiasmo le stava a cuore più di quanto non desse a vedere: e l'appoggio di Lionella Wild era fondamentale, essenziale alla sopravvivenza stessa delle Salamandre.
«Vorrei rendere noto che tutto il denaro raccolto dalle ragazze, questa sera, sarà devoluto al reparto Divisione Animali dell'Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche del Ministero della Magia. E ora passerei la parola alla nostra ospite: una strega eccezionale, che ha saputo e sa sempre far valere i diritti degli Animali Magici quali creature alla pari dei Maghi e delle Streghe. Lionella Wild!»
L'applauso fu pacato e fioco; come anche Julia aveva confessato di temere, la maggior parte degli studenti non conosceva neanche il motivo della festa organizzata, e, una volta rivelato loro, sarebbe aleggiato fuori dalle orecchie con la stessa velocità ed indifferenza con cui vi era entrato.
Marlene e Dorcas si guardarono intorno: i visi dei ragazzi palesavano la loro noia.
Una donna bionda, dalla pelle diafana e un piccolo paio di occhiali rettangolari, si era alzata dal tavolo dei professori per oltrepassarlo e raggiungere la professoressa McGrannitt: indossava un lungo mantello nero drappeggiato di fiori d'argento. Dalle maniche sporgevano i polsini di una camicia luminosa come le sue mani, lunghe e nude. Aveva il naso lungo e dritto, e due piccoli, vivaci occhi verdi; le labbra rotonde erano distese in un sorriso benevolo. Nonostante Marlene sapesse avere una certa età, dato che era noto che era la strega, in tutto il Ministero, ad essere rimasta a capo del suo reparto per più di mezzo secolo, la trovava bellissima.

Maledizione.

Un'improvvisa reverenza le era esplosa dentro, accompagnata dall'invidia per Julia Sunpetyr, in piedi con quel suo orribile sorriso supponente accanto alla professa, e le mani magre ad applaudire. L'idea di conoscere Lionella Wild - di cui aveva letto la biografia a soli otto anni, dopo aver fino il manuale di Newt Scamander -  la eccitavano più dell'idea di una stanza piena di Bacchette alla Liquirizia. Guardò il palco delle Stravagarie, a qualche metro alla sua sinistra: era rialzato e rivestito, all'estremità, di tende di velluto nere alte più di un metro.
L'idea si tramutò subito in un altro strattone al braccio di Dorcas.
«Passeremo da sotto il palco!» le gridò, mentre strattonava studenti per raggiungerlo.
«E' per me un onore tornare come ospite nella mia scuola..»
«Mi sembra un'idea geniale, Marlene, davvero!»
«..Quando la Professoressa McGrannit e la Professoressa Sprite sono venute da me, non credevo..»
«E' l'unico modo che abbiamo per avvicinarci ancora!»
Superarono qualche altro studente e Marlene inciampo' in un piccolo gradino, proprio sotto al palco, tirando Dorcas con sé, a terra.
Quando si rialzarono dalla maldestra caduta, si accorsero che sotto la tenda non erano da sole: sotto il palco, in uno spazio molto più largo di quanto potesse fisicamente esserci, James Potter, Sirius Black, Remus Lupin e Peter Minus erano chini su di una grossa scatola di legno, piena di petardi ed esplosivi sfavillanti. Avevano acceso un piccolo lume, troppo fioco da poter essere percepito dall'esterno, ma abbastanza luminoso per far vedere a Marlene gli autori del futuro sabotaggio.
«James!» gridò, rialzandosi e aggrottando le sopracciglia.
«Ciao, cuginetta!» sorrise.
«Che diavolo state facendo?!» continuò, con la voce che le faceva male, per quanto stava strillando.
«Shhh! Possibile che non capisci che ci scopriranno, Fossette
«Avete fatto un Incantesimo di Estensione Irriconoscibile qui sotto? Siete dei geni!» esultò Dorcas entusiasta, gettando le braccia al vento, prima di ricevere un'occhiata cagnesca da Marlene.
«E' stata un'idea del nostro brillante Lupin!» esclamò James, che indicava il ragazzo magro, seduto ad un angolo, mesto, mentre continuava a mescolare la polvere di diversi petardi, aperti davanti alla scatola, facendo roteare la bacchetta sopra di loro.
«Remus Lupin
» sogghignò Marlene, guardandosi intorno.
«Un mascalzone vestito da prefetto...
 Che cosa sono quelli? Non vorrete dare fuoco alla scuola?! Metti giù quella roba, Black!» strillò, notando Sirius alle prese con un grande tubo di cartone che assomigliava ad un enorme razzo scarlatto.
«Tranquilla, per Merlino!» fece lui, indifferente al tono iracondo di lei: «E' solo per ravvivare un po' la festa»
«La festa non va ravvivata! È un evento serio, e voi rischiate di ucciderci tutti. O peggio, di buttare a monte giorni e giorni di duro lavoro!»
«Mi fai vedere come si fa?» chiese Dorcas a Sirius, avvicinandosi a lui, sotto agli occhi increduli di Marlene.
«DORCAS!»
«Rilassati, per l'amor di Merlino!» ripeté il ragazzo, mentre faceva accomodare Dorcas sopra la sua coscia sinistra, senza alzare gli occhi felini dalla sua occupazione. Intanto, James aveva ordinato a Peter di prendere il razzo dorato alla sinistra della scatola, mentre la voce di Lionella Wild risuonava intorno al loro rifugio, ovattata dalle tende che lo nascondevano agli occhi degli altri: e proprio quella voce rinsavì in Marlene la consapevolezza che non solo si stava perdendo il discorso dell'anno, ma che, ancora una volta, la colpa era tutta di suo cugino e dei cretini che si portava dietro dal primo anno di scuola. La rabbia non gli fece notare che, accanto a lei, Peter Minus stava goffamente installando un piccolo sostegno per il razzo, diretto proprio verso la tenda.

Inspirò.
«Ok. Allora, possiamo concluderla in due maniere.»
Alzò l'indice medio, e fissò un punto imprecisato, mentre i ragazzi, in meticoloso silenzio, continuavano nei loro lavori.
«Potete mettere via quella roba, rimuovere l'Incantesimo e uscire di qui in mezzo minuto. Oppure posso lasciarvi far esplodere la Sala Grande, uccidendoci tutti o facendoci espellere!»
«Sei.. come al solito.. esagerata, cugina cara!»
James si era alzato, e stava aiutando Peter ad installare l'enorme razzo rosso sul piedistallo appena montato.
«Avete deciso di partire col botto, immagino» commentò Remus, atono, ancora seduto in disparte con un braccio appoggiato sugli occhi.
«Ti senti bene, Remus?» chiese Dorcas, ancora seduta delle ginocchia di Sirius, notando la fievolezza della voce di Lupin, che sorrise in risposta.
«Certo, Dorcas. Sono solo un po' stanco»
Mentre osservava il pallore del suo viso e le profonde linee violacee che solcavano gli zigomi magri del ragazzo, Marlene sentì qualcosa ronzare attorno al suo orecchio: si voltò verso le tende che ricoprivano il sottopalco, e vide un minuscolo passerotto di carta fluttuare all'altezza del suo naso. Il passerotto cinguettò per un attimo, prima di volare contro il suo profilo e aprirsi completamente.
«C'è posta per te, McKinnnon!» sorrise Sirius, che intanto aveva fatto scendere Dorcas, e estraeva dalla tasca dei suoi jeans scuri un accendino d'argento.
Marlene diede loro le spalle, e tenne tra le mani il piccolo biglietto. Dalla scrittura minuta e precisa comprese subito di chi fosse.

Devo parlarti.
Incontriamoci a mezzanotte, al solito posto.
R.

«Non puoi accendere la miccia se prima non hai conficcato il razzo nel terreno, Felpato!»
La voce di suo cugino la ridestò dai suoi pensieri.
«Qui non c'è terreno, Ramoso! Ricordi? Siamo dentro la scuola! Ci sono mattoni a terra» Sirius pigiò il pavimento di marmo con la scarpa. 
Cos'è che Regulus doveva dirle? Perché non era venuto alla festa? D'un tratto, Marlene comprese che la sua assenza e i motivi del loro incontro dovevano essere inscindibilmente collegati. Guardò il suo orologio, e notò che mancava poco meno di un'ora alla mezzanotte. Da quanto tempo era lì sotto con quegli idioti? Quanto del discorso di Lionella Wild aveva perso, mentre Julia splendeva accanto a lei, prendendosi il merito del lavoro di tutte? 
Ebbe un brivido di rabbia – e gelosia. Scrollò la testa e gridò.
«Ok, ora basta!» esclamò, afferrando razzo rosso per il bastone di legno all'estremità. Dagli sguardi esterrefatti di suo cugino e dei suoi amici, sentì il bisogno di guardare il razzo: era già acceso, e stava per esplodere. Dorcas strillò, e Marley, per la paura, lo buttò a terra.
Il razzo esplose con un fischio, e lacerò le tendine del palco. Con un balzo, le due ragazze e i Malandrini si proiettarono fuori dal nascondiglio: il fuoco salì a mezz'aria, lasciando fortunosamente illesi gli studenti e ammutolendo Lionella Wild. Le fiaccole verdi, rosse e dorate si confusero in un'immagine dapprima indistinta, che volteggiò sopra le candele e si aprì in due enormi ali. Un drago enorme era apparso nel cielo magicamente stellato della Sala Grande, tra gli strilli e gli applausi degli studenti. La testa del drago di luce si abbassò verso di loro, e con una piroetta si buttò in picchiata sulla folla, con una velocità impressionante. Gli studenti terrorizzati si abbassarono tra le urla, spintonandosi fuori dalla Sala. Il dragò li sorvolò, uscendo dalla Sala e catapultandosi tra le arcate del chiostro principale; poi risalì in alto, verso il cielo, ed esplose in milioni di coriandoli di fuoco, in uno spettacolo memorabile.
La folla si era spinta fuori, e aveva assistito allo spettacolo pirotecnico con un sospiro di sollievo e urla di entusiasmo. Lionella Wild aveva applaudito con una risata fragorosa, mentre, accanto a lei, Minerva Mcgranitt, con sguardo felino, si era guardata intorno, alla ricerca dei responsabili. I suoi occhi esperti sapevano già dove posarsi, ma non immaginavano di trovare, altrettanto sporchi della fuliggine prodotta dallo scoppio, i volti di Dorcas Meadowes e Marlene McKinnon.



«Mi chiedo che cosa vi sia passato per quella testa vuota»
Marlene pensò che la voce della professoressa fosse terribilmente calma, date le circostanze. Le sue dita affusolate strisciarono lungo la scrivania, e raggiunsero una scatola di Zenzerotti, rivestita di tartan verde e blu; la trovarono vuota, e il disappunto arricciò le labbra sottili di Minerva McGranitt.
«Ma, d'altronde, c'era da immaginarselo. Avrei dovuto provvedere da me a rinchiudervi nella vostra Sala Comune»
Peter Minus, Remus Lupin, Sirius Black, James Potter, Marlene McKinnon e Dorcas Meadowes erano in piedi di fronte alla scrivania, e tenevano le braccia conserte e il viso, ancora sporco di fuliggine, basso. La Professoressa McGranitt batté lievemente il palmo della mano sul mogano scuro del tavolo, e si alzò in piedi, girandogli intorno.
«Quello che mi rincresce - e che naturalmente era imprevedibile da parte mia - è sorprendere assieme a queste canaglie due signorine della mia Casa»
Marlene sentì sussultare Dorcas, e avvertì lo sguardo gelido dell'anziana strega su di loro.
«Come vi è venuto in mente di prendere parte ad un così indignitoso, scioccamente goliardico scherzo?!»
«Professoressa, vi posso assicurare che le ragazze non c'entrano...»
«Mi è forse sfuggito il momento in cui ti ho concesso il permesso di parlare, signor Potter?» proferì gelidamente la Professoressa.
«Escludo che abbiate congegnato voi gli ordigni: sono troppo ben fatti, persino per delle menti criminali come le vostre. Ma ciò non vuol dire che le vostre azioni rimarranno impunite. Potrò chiedere la vostra sospensione da qui alla fine della scuola per introduzione di materiale non autorizzato all'interno di Hogwarts, ma so che questo vorrebbe dire anicipare le vostre vacanze estive, ed io non voglio compiacervi. Si tratterebbe di un premio, piuttosto che di una punizione»
La strega passò la mano sopra la bocca stretta, fissando un punto indefinito, in fondo alla stanza.
«Quanti punti possiede Grifondoro più della Casa attualmente sotto di essa?»
«Si riferisce alla Classifica della Coppa delle Case?» balzò Dorcas, allarmata. «Professoressa, non può farlo! Non può toglierci tutti i punti che ci allontanano da Corvonero! Finiremmo per essere gli ultimi qualificati!»
«Si dà il caso, signorina Meadowes, che possa fare quello che voglio coi punti della Casa che dirigo: anche consegnarla ad una disfatta completa, se ritengo che i suoi appartenenti non meritino alcun tipo di onore»
«Per uno stupido fuoco di artificio...» bofonchiò Sirius. Gli occhi vividi della professoressa McGranitt, allora, si diressero verso di lui, fulminandolo.
«Cosa sta blaterando, signor Black? Si ritenga molto fortunato, che nessuno si sia fatto male! Questa festa è costata molto alle ragazze dell'Associazione, e voi stavate per rovinare tutto»
Marlene respirò profondamente, prima di intervenire.
«In realtà, Professoressa, non credo che i ragazzi volessero sabotare la festa. Magari volevano soltanto.. movimentarla un po'» sorrise.
«Non creda di essere divertente, McKinnon»
«Non voglio esserlo, professoressa. I ragazzi mi avevano accennato la cosa questo pomeriggio, ed io ho acconsentito, dopo essermi assicurata che non fosse niente di pericoloso. Il fatto è che i fuochi sarebbero dovute essere trasportati nel cortile, prima di essere esplosi, ma qualcosa è andato storto...»
«E comunque non si è fatto male nessuno, e la nostra ospite ha apprezzato!» esclamò Peter, balbettante.
«Si! Era veramente entusiasta!» Fece Dorcas, estraendo quello che sembrava un biscotto sbriciolato dalla sua tracolla, e tendendo la mano aperta verso la strega, con un largo sorriso. 
«Vuole uno Zenzerotto?»
La McGranitt serrò le labbra in un'espressione ancor più severa, e rivolse di nuovo lo sguardo verso Marlene.
«Trovo alquanto sconcertante il fatto che non abbia sentito il bisogno di avvertire me o un altro professore di questa vostra iniziativa, McKinnon. E sono ancor più sorpresa dal fatto che sia stata proprio lei, a creare tanto disagio! Non le nasconderò che il tuo comportamento mi ha delusa»
Marlene abbassò gli occhi, in segno di rispetto per le parole della professoressa McGranitt, ma non provò vergogna. Aveva mentito, e non sapeva neanche bene il perché di quella bugia; aveva soltanto pensato che fosse la cosa che avrebbe nuociuto meno alla sua Casa.
E avrebbe comunque avuto modo di riconquistare la fiducia della professoressa al successivo esame in Trasfigurazione.
«Venti punti in meno a Grifondoro, per la tua grave mancanza di giudizio» proferì grave la strega, voltandosi poi verso i ragazzi.
«E spero che sia chiaro che non ci saranno altre conseguenze per voi soltanto per la fortuna sfacciata di non aver causato nessuna particolare lesione ai presenti o di non aver demolito la Sala Grande. Ma non abusate della mia pazienza.»
Gli studenti ringraziarono in coro, prima di essere congedati dalla professoressa McGranitt: percorsero lo studio uno dietro l'altro e, mentre si voltava per andarsene, Dorcas, l'ultima della fila, lasciò lo Zenzerotto sulla scrivania della professoressa, serbandole un largo sorriso.
«Che diavolo di problemi hai per tenere degli Zenzerotti nella borsa?» bisbigliò Marlene, subito fuori dalla studio, preceduta dai Malandrini.
«E' per i cali di zucchero, ho la pressione bassa»
«Hai la testa vuota, piuttosto» rispose la ragazza, guardando il suo orologio da polso.
Era quasi la mezzanotte.
«Devo proprio andare»
«Dobbiamo tornare dalle ragazze! Julia starà ancora strillando!» esclamò Dorcas.
«Coprimi, ok? Devo risolvere una questione, prima»
Dorcas annuì con un sorriso stretto, e lasciò che si allontanasse. Ma Sirius no: quando la vide sorpassarlo, affrettò il passo, per raggiungerla. La fermò solo dopo svoltato l'angolo, chiamandola in un bisbiglio.
«Perchè quella bugia, Fossette?» sorrise il ragazzo.
«Non era la prima volta che ci trovavamo di fronte a Minerva, te lo posso assicurare»
«Per evitare che seppellissi vivo te stesso e tutti gli altri con la tua presunzione, Black» rispose Marlene, con un piccolo ghigno in viso.
«Sembrava la cosa più intelligente da fare per salvare tutti quanti da una più che semplice espulsione»
«Ed io te ne ringrazio, McKinnon» sorrise Sirius, appoggiato con le spalle al muro in pietra dietro di lui.
«E volevo scusarmi per oggi»
Marlene sussultò, totalmente sorpresa da quell'atto di gentilezza di Sirius Black.
«Mi sono reso conto di essere stato... troppo invadente»
«Lo sei stato» sorrise Marlene.
«Ed io accetto le tue scuse»
«Uscirai con me, quindi?»
Sirius inclinò un po' la testa, sorridendo in modo audace. Anche Marlene sorrise.
«Non sono ancora completamente fuori di testa, Black»
Guardò ancora una volta l'orologio, e scappò via, sparendo nel buio del corridoio.

 

La vide ai piedi del lago. Avvicinandosi, notò che i suoi piedi si muovevano nell'acqua cristallina della riva, facendola zampillare. Non le servì voltarsi per avvertire la sua presenza.
«Avevi promesso che saresti venuto»
Regulus abbassò gli occhi e allungò le mani nelle tasche dei pantaloni.
«Sono venuto, ma tu eri impegnata»
«Essere dei pessimi bugiardi è forse l'unica cosa che abbiamo in comune» rispose lei greve, prima di voltarsi.
«Sarei dovuta rimanere con le altre a festeggiare, piuttosto che raccogliere il tuo invito» sorrise.
Allungò la mano verso di lui, che prontamente la raccolse.
«Ma voglio, devo farti vedere una cosa»
Afferrò le sue scarpe dal terriccio umido. Le infilò e camminò davanti a lui.
«E' andata bene, ho saputo» proferì Regulus, timidamente. Alzò gli occhi giusto un attimo, per controllare che lei non si voltasse per rispondergli.
«Meglio di quanto immaginassi. Abbiamo raccolto un sacco di soldi e di firme. E, nonostante tuo fratello e mio cugino abbiano fatto di tutto per demolire la scuola, la signora Wild ha promesso di essere la nostra Portavoce al Ministero»
«Fantastico»
Non vi fu una risposta immediata. Continuavano a camminare al chiarore bluastro della luna. In quei momenti di assordante silenzio, Regulus guardò a terra, per allontanare i suoi sensi di colpa, e pensò che mai aveva visto la luce notturna delineare la sua sagoma così precisamente. Avrebbe voluto essere anche lui così preciso, nel dirle tutto quanto. Nello spiegargli perché non era andato alla festa. Nel dirgli a cosa aveva pensato, quella sera, disteso nel suo letto, con le tende del baldacchino chiuso, nella più assoluta oscurità dei suoi pensieri. Dopo tutto quel buio, la luce della luna sembrava accecante.
«Sai» fece Marley d'un colpo, facendo trasalire Regulus. Si era fermata, e, voltandosi, poté vedere che sorrideva.
«Non devi essere per forza gentile ed educato, in tutte le occasioni e con tutti, Reg. Non devi esserlo con me. Lo so che non te ne fregava niente, di stasera»
«Non è vero» ribatté lui, prontamente.
«Voglio sapere di stasera, se è stato qualcosa di importante, per te
Lo guardò come non aveva mai fatto prima, mentre il suo sorriso svaniva. Fu una sensazione strana per lei: per la prima volta, le parve difficile interpretate le parole di Regulus. Nell'oscurità, riusciva a percepire solo il bagliore dei suoi occhi.
Abbozzò un nuovo sorriso.
«Bene. Perché questo è molto più importante»
Erano arrivati davanti alla capanna di Hagrid. Marlene si avvicinò all'uscio, e si chinò a terra, piegandosi sulle ginocchia. Frugò nella sua tracolla, e vi raccolse qualcosa di lungo e sottile, dal profilo irregolare: a Regulus assomigliò ad una striscia di carne secca. Allungò delicatamente la mano verso una piccola porticina intagliata nel legno dell'entrata.
Le luci della piccola capanna erano spente, e dall'interno provenivano rumori lunghi e soffocati: il buon gigante dormiva profondamente.
Emise un fischio profondo. Ma dalla fessura non uscì niente. Ritentò. Al terzo fischio, una piccola creatura, dal pelo vaporoso e bianco, si affacciò timidamente. Annusava curioso la bacchetta di carne che Marlene teneva in mano, mentre lei gli si rivolgeva affettuosamente.
L'animale guardò Regulus, dubbioso, e indietreggiò, per girare intorno al braccio di Marlene e accucciarsi sotto le sue ginocchia, reclamando con una zampetta il suo pasto.
«Non è bellissimo?» chiese Marlene, con un largo sorriso. 
«L'ho trovato un paio di settimane fa, nella Foresta»
Regulus era rimasto in piedi, e guardava Marlene carezzare la nuca della creatura, con le mani in tasca, e l'aria per niente intenerita.
«Cosa sei andata a fare, da sola, nella Foresta?»
«Io... non lo so. C'era una cane, un cane nero, qui fuori, una sera»
Regulus sobbalzò.

Non è possibile.

«Voleva che lo seguissi. L'ha trovato lui, probabilmente..»
«Devi portarlo via, Marlene. Qui non può stare» la interruppe bruscamente.
«Ho già parlato con Hagrid. Lo terrà lui, quest'estate. E quando tornerò ad Hogwarts..»
«Non hai capito» continuò Regulus, greve: «E' una creatura delle Terre Desertiche. Non può stare ad Hogwarts»
Marlene ruotò il viso in alto, verso la sagoma di Regulus, scostando via i capelli che le ricadevano sul viso. «E che dovrei fare? Abbandonarlo a sé stesso?»
Regulus rimase in silenzio; lei capì che non avrebbe detto nient'altro, e corrugò la fronte in un'espressione arrabbiata.
«Stai scherzando, Reg? Avresti il cuore di abbandonarlo?»
«Non è uno dei tuoi stupidi Kneazle, Marlene! Vuoi capirlo o no?» tuonò il ragazzo, facendola sussultare. Indicava l'animale, che, spaventato dall'improvviso cambio di toni tra i due, aveva smesso di mangiare, e rimaneva accucciato sotto di lei.
«Non è neanche una Volpe Artica, non sai neanche tu cosa sia, quel mostro!»
«Non chiamarlo così!» urlò Marlene, alzandosi in piedi. Il cucciolo, derubato del suo nascondiglio, corse verso la piccola fessura della capanna da cui era silenziosamente uscito.
«Se mangia carne essiccata a pochi mesi, che cosa mangerà quando sarà un adulto?»
Ma Marlene non lo ascoltava più. Aveva visto la creatura scappare, ed era rimasta a fissare la porta scura.
Solo dopo qualche secondo si voltò nuovamente verso di lui, e lui capì subito che era furiosa.
«Hai la minima idea di quanto ci abbia messo a portarlo fuori dalla Foresta? A conquistarmi la sua fiducia?! Che cosa c'è di sbagliato in te, Reg, si può sapere?»
Era arrabbiata. Aveva passato le ultime notti ad infrangere il coprifuoco, a rischiare l'espulsione, pur di star accanto alla piccola creatura rinvenuta sul letto della foresta. La reazione poco entusiasta di Regulus l'aveva ferita profondamente
«Hai detto che non vuoi che io sia gentile, Marlene, non lo sarò. Devi smetterla di comportarti come se avessi dieci anni. Devi smetterla di raccontare bugie a te stessa. Devi smetterla di sorvolare i problemi. Prendi una decisione, in vita tua»
«Ah si? E tu, quante decisioni hai preso, nella vita?»
«Oh, io la mia decisione l'ho già presa, e da tempo»
«E quale sarebbe?»
«Sei tu. Sei sempre stata tu. Ma sei troppo sciocca per riconoscere cosa provano le persone che ti stanno intorno. Hai fatto lo stesso con Lily, no?»
«Non ti azzardare, Reg. Non ti azzardare a mettere in ballo le mie amiche»
«E ti prendi troppo, troppo sul serio per riconoscere che, come tutte le altre, sei perdutamente innamorata di mio fratello»
Marlene sobbalzò. In un momento, l'ira che le impediva di capire le parole del ragazzo sembrò svanire. Come poteva aver scavato così in fondo? Come poteva aver capito qualcosa che tentava di nascondere persino a sè stessa da così tanto tempo, forse da prima di conoscere Regulus?
«Forza, ammettilo» la esortò lui, nuovamente. Ma lei non rispose: rimase immobile, con le labbra socchiuse e l'espressione sbigottita. Allora Regulus rise di gusto, una risata di quelle che lasciano l'amaro in bocca, quando si sa di avere ragione, e tuttavia si farebbe qualsiasi cosa, pur di essere nel torto.
«Sei proprio come tutte le altre» 
La reazione di lei fu subitanea: lo schiaffo risuonò sullo zigomo magro con uno schiocco, e fu abbastanza forte da causare una piccola roteazione della sua testa. Rimase con gli occhi chiusi per un attimo, mentre lei ritirava la mano, ma non lo sguardo infuocato. Poi, prima che lei potesse accorgersene, le aveva costretto il polso della mano violenta tra le dita.
Con un mugolìo di dolore, Marlene tentò di divincolarsi dalla presa, ma la presa di lui era più forte di quanto potesse immaginare.
«Mi fai male, Regulus» disse, con tono più fermo possibile.
Non vi fu risposta: il ragazzo continuava a stringerla, sebbene avesse potuto percepire una minima diminuzione di forza nella sua presa.
Una coltre di nuvole aveva ammantato la luna, nascondendo ad Hogwarts la sua argentea luminescenza. Guardandolo in viso, Marlene si accorse che di Regulus non era rimasta che un ombra scura, illuminata solo dal baglio fulgido di smeraldo dei suoi occhi. Una luce che, con terrore, si accorse di non aver mai riconosciuto in quegli occhi.
Frastornata, urlò di nuovo.
«Lasciami, Reg...!»
Lui l'aveva strattonata a sé, e non aveva fatto fatica ad incontrare le sue labbra. Le premette il viso contro il suo, quando sentì lei divincolarsi. Strinse la presa intorno le sue braccia, costringendola in un abbraccio, mentre continuava a baciarla. Vi fu un piccolo, impercettibile momento, in cui Marlene ebbe voglia di abbandonarsi completamente a lui, e quando Regulus avvertì la rigidità del suo corpo affievolirsi, allentò la presa.
Ma Marlene non ebbe il coraggio di sciogliersi: colse l'occasione per spingersi via da lui, e retrocedette di qualche passo, con le mani che circondavano la bocca e gli occhi strabuzzati dalla sorpresa.
Regulus non sembrava altrettanto meravigliato: aveva la stessa espressione ferma di prima, ma aveva abbassato lo sguardo.
«Mi dispiace»
«Che... che cosa significa?» balbettò Marlene, in un sussurro.
«Che non posso più starti accanto, Marlene» proferì Regulus, ancora una volta, gelido come la pietra. Le diede le spalle, e rimirò la luna, che continuava a colorare d'argento il profilo del castello.
«Per anni ho vissuto accanto a te, e ho provato dell'affetto per te, soltanto per te.. mi dispiace di averti mentito su questo...»
Marlene era rimasta immobile, mentre sentiva i suoi occhi bagnarsi, e le lacrime percorrere la forma rotonda delle sue guance. 
«... ma sono stato il secondo per tutta la mia vita. Sono secondo in lui per tutto. E non starò accanto a te, anche ove questa mia confessione cambiasse i tuoi sentimenti nei miei confronti. Non starò con te perchè non puoi avere mio fratello. Non quando ho passato metà della mia vita ad amarti
»
Regulus richiuse il suo mantello, e ripose le mani in tasca.
«Addio, Marlene» proferì in un soffio, mentre cominciava a percorrere il viale verso il castello. 
Lei lo guardò scivolare via nella notte, finché il bagliore biancastro della luna non fu più sufficiente a delineare la sagoma della sua figura.

 

In the darkness before the dawn
In the swirling of this storm
When I'm rolling with the punches and hope is gone
Leave a light, a light on

 

 


 


Buona sera a tutti.
E' imbarazzante scrivere queste poche righe. Mi trovo nella sgradevole situazione di non aver mantenuto una promessa fatta, ossia quella di scrivere quest'estate. So che non si tratta di un best seller e che le vostre vite sono andate avanti molto tranquillamente anche senza la mia "storia", ma mi sento comunque molto in imbarazzo, e ho una (fottuta) grandissima paura di non ricevere recensioni positive di questo capitolo. Sono tornata al punto di inizio, praticamente!
Si ricomincia, allora. Con la promessa di essere un po' più puntuale. Perchè altrimenti questo progetto non lo terminerò mai.
Il capitolo è diviso in due parti, per mie scelte stilistiche e per dare uno stacco tra la fine dell'anno e l'inizio di quello successivo. Sto scrivendo molto velocemente la seconda parte, perchè, come molti altri capitoli, lo ho tutto in testa, e devo trovare solo il tempo (e la voglia) di metterlo per iscritto.
Un paio di note dal testo:
1
Un’ala dell’ospedale dedicata ai pazienti di “lungadegenza” che di solito è chiusa a chiave. I maghi e le streghe che vi sono internati hanno subito un danno permanente non curabile.
2La Ramora è un pesce dell'Oceano Indiano, direttamente da "Animali Magici: dove trovarli".

   
 
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