Anime & Manga > Death Note
Ricorda la storia  |      
Autore: Mirella__    07/10/2015    2 recensioni
In questo universo alternativo L non fa il detective, ma riveste i panni del direttore di un orfanotrofio tormentato da incubi di una vita ormai passata. Gli tornano alla mente ricordi che preferirebbe dimenticare quando esce dal suo isolamento forzato. Qual è il confine tra sogno e realtà?
Genere: Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: L, Light/Raito | Coppie: L/Light
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La statua che venne dagli inferi


Ryuzaki odiava uscire: in quei giorni si era chiuso nel mutismo assoluto e si era isolato nel suo studio che ormai vedeva come un bunker di massima sicurezza. Lì, i suoi sogni non lo raggiungevano, non lo perseguitavano, era solo Ryuzaki Lawliet, direttore dell'orfanotrofio di Winchester.
Non dormiva più. Le occhiaie erano profonde e i cali d'attenzione numerosi. Se prendeva sonno lo faceva mentre era seduto tra le scartoffie. Il suo orologio era diventato per lui una dolce nenia che con il suo continuo e regolare ticchettio lo accompagnava nell'oblio. Era stato un giorno particolarmente stressante quello in cui aveva deciso di portarsi le ginocchia al petto. Inizialmente aveva trovato non poche difficoltà ad accucciarsi su quella sedia girevole in un equilibrio precario, ma poi ci aveva fatto l'abitudine e piano piano i muscoli si erano riabituati a quella posizione adatta più a un infante che ad un uomo di venticinque anni. Aveva notato che la concentrazione era aumentata, ma non lo aiutava affatto a fronteggiare gli incubi.

Era per questi motivi che, quando il prete lo aveva convocato nella sagrestia della chiesa abbandonata, Ryuzaki era come entrato in crisi. Il padre gli voleva parlare del contratto che legava l'edificio alla Wammy's house – l'orfanotrofio - ma Ryuzaki era sicuro che non ci fosse poi molto da fare, avrebbe semplicemente dovuto apporre delle firme sui documenti per dare il via libera alla ristrutturazione, nulla che non potesse fare dal suo studio. Mentre si avvicinava al luogo dell'incontro tentò di estraniarsi dall'ambiente esterno, perdendosi nei ricordi che quelle strade conosciute da una vita gli suscitavano.

Campane.
La pioggia precipitava al suolo e il fango sporcava le suole delle scarpe, rendendo il passo instabile e faticoso. Non gli piaceva affatto l'idea d'andare lì. Lo trovava inutile.
Profumo di incenso.
Non aveva mai creduto in Dio, anzi, Ryuzaki credeva che se ce ne fosse stato uno sarebbe stato incredibilmente ingiusto e sadico.
La voce del prete.
Il canto che si sollevava dalla parrocchia e che giungeva fino a dentro la sua camera... lo ricordava ancora. Lo aveva sentito per tutta la sua infanzia, ma quando poi era cresciuto - trovando rifugio nell'orfanotrofio della Wammy's House - si era come spento e, di quella chiesa, non aveva voluto saperne più nulla.

L era sempre stato curioso.
Da piccolo, tra le mura di casa sua, tra un'ora di studio e un'altra di gioco, trovava interessante osservare i fedeli che con passo svelto si recavano a messa. Sarebbe stato considerato irrispettoso, ma voleva capire a chi si rivolgessero quegli uomini, da chi andassero.
Poi era successo. I suoi genitori non c'erano più.
Matrimonio o funerale? Le campane avevano lo stesso suono.
Adesso, mentre guardava la folla fuggire via dalle strade bagnate, vedeva quella chiesa abbandonata e si chiedeva che fine avessero fatto le persone che erano solite frequentarla. Era stata sconsacrata, ma la fede di quella gente doveva essere ancora viva. Chissà perché il prete voleva che entrasse lì dentro.

Forse,” disse a bassa voce, incamminandosi nella direzione del grande e maestoso edificio, “se mi riparassi sotto l'arco della porta principale, a parte le campane, sentirei qualcosa di diverso. Magari ho la capacità di percepire dell'altro, un profumo...” Ma quando Ryuzaki poggiò la schiena contro la porta della chiesa sentì solo il legno freddo e umido alle sue spalle.
Nulla.
Si voltò e col pugno bloccato a mezz'aria restò immobile: Elle a volte ricordava quel giorno.
Gli venivano alla mente quelli che non erano altro che lampi, fugaci attimi, quasi indistinguibili; ricordava le vetrate che vorticavano attorno a lui veloci e inarrestabili; ricordava il suono di campane che non avrebbero dovuto suonare; ricordava il sangue che sporcava le sue mani di bambino.

Perché entrare qui dentro?” Continuava a chiedersi Ryuzaki, ma la sua mano si avvicinava al battente e non potè frenarsi dal compiere un altro passo. Suo padre... suo padre che rideva in modo sadico mentre disegnava qualcosa sull'altare; suo padre che parlava di vita eterna, di morti e di sacrifici.

La porta si aprì, nonostante lui non l'avesse minimamente sfiorata.
Un lungo corridoio in pietra si stagliava di fronte a lui: muschio e altri funghi avevano ricoperto di verde gli affreschi e le arcate, lanciandosi furiosamente contro l'altare dove persino la croce era avvolta da spine che si arrampicavano lungo il corpo dell'uomo crocifisso.
Ai lati di ognuna delle tre navate si ergevano statue di maestosa bellezza. Nessuna di esse era stata toccata dall'incuria, sembrava fossero destinate a restare terse, come se lo sporco non le avesse potute raggiungere.
Alla sinistra dell'altare ce ne era una in particolare che catturò l'attenzione di L come il fuoco attira le falene.
E ricordò ancora.
Statue che sorgevano dal sottosuolo, la terra che si spaccava. Poi c'erano ancora urla, tante grida che all'unisono sembravano volerlo assordare.

I suoi stessi passi lo riportarono alla realtà.
Perché sto camminando? Io non voglio camminare”.
A chi lo stava chiedendo? Tra i meandri della sua coscienza iniziava a sentire una voce: lo chiamava, lo lusingava, lo pregava di venire.
Ryu... Ryuzaki... L...
Che buffo, sembrava anche conoscere il suo vero nome. Nessuno lo ricordava più, sepolto com'era tra i registri dell'orfanotrofio nel quale era cresciuto e che ora dirigeva.

Ryuzaki!”
Sussultò.
La voce era dietro di lui.
Si voltò di scatto, ma alle sue spalle non c'era altro che il nulla.

Ryuzaki!”
Le lettere sembravano quasi accavallate le une alle altre: la voce nella sua testa lo faceva di proposito, in modo che non capisse da dove proveniva. Girò su se stesso, guardò ovunque, ma tra le luci e le ombre dell'edificio tutto gli sembrava talmente aggressivo che si piegò su se stesso. Le mani afferrarono i capelli e tirarono, le unghie graffiarono la cute.

Ryuzaki!”.
L'uomo si morse le labbra. Tutto era illogico! No! Non poteva essere! Perché? Perché lo chiamava?
Il prete voleva forse giocare con lui? Lo voleva spaventare? Solo lui poteva chiamarlo! Solo lui era lì dentro! Un brivido freddo gli percorse la spina dorsale. E se avesse voluto ucciderlo? Se avesse voluto completare il rito?

Elle...”
Quattro lettere, scandite con una calma e una dolcezza che furono capaci di calmare i battiti accelerati del direttore.

Sono qui”.
Ecco, adesso la voce non correva più, adesso gli diceva dov'era. Proprio lì, al suo fianco. Si diede dello sciocco per non aver capito prima a chi appartenesse. Com'era bella quella statua! Il viso affilato, gli zigomi alti e le labbra delicate ma dal tratto deciso. Cosa ci faceva una figura tanto pagana, capace di suscitare desideri incommensurabili nell'animo degli uomini, in un luogo tanto casto come quello?
Era bello – o forse bella? - il ragazzo che raffigurava, sembrava essere stato messo lì come sfida, per ricordare a Dio che, dopotutto, l'uomo aveva raggiunto bellezze perfette, proprio come lui.

Non dovrei salire qui,” disse Ryuzaki, ma già aveva fatto un passo sul piedistallo e le mani avevano preso a carezzare la veste di marmo che copriva le spalle della statua. Poi le dita furono attirate dall'attaccatura alle sue spalle: ali, forti e flessuose che si slanciavano verso l'alto.
Forse mi sono sbagliato,” sussurrò L, “forse questo non è un umano, ma una creatura nata direttamente dalle mani di Dio”. Lentamente le carezze del moro si soffermarono sul viso della pietra e un tenue colorito si espanse da lì, dove le sue mani erano posate, per ridare vita al resto della creatura.
Le palpebre tremarono, altra polvere cadde, poi si mossero e L non si allontanò: terrore o curiosità – non capiva quale fosse il vero sentimento - lo tenevano lì, inchiodato a quel piedistallo. Non sapeva se scappare via o assistere a quel miracolo.
Gli occhi erano d'ambra, non aveva mai visto un colore simile e quando quelle pupille si soffermarono su di lui e le labbra di marmo si tesero in un sorriso benevolo, decise di restare.

Mi riporti alla vita dopo anni di attesa. Sei venuto qui, ti ho chiamato, mi hai sentito”.
I sogni?” Riuscì a chiedere Ryuzaki, le parole che faticavano ad uscire dalle labbra.
La mano delicata della statua si chiuse sul polso dell'uomo, lo tirò a sé. Le sue labbra d'angelo saggiarono il collo, prima con la punta della lingua, facendogli accapponare la pelle, poi giunse un lieve bacio che fece irrigidire L: dopo quello, nei suoi sogni, c'era la fine. Il morso lacerò le carni e, mentre il sangue copioso scendeva sulla pelle lattea del ragazzo, un urlo che sembrava non avere né tempo né luogo riecheggiò tra le mura.

Adesso L ricordava fin troppo chiaramente: sua madre che moriva trafitta da pugnali di uomini incappucciati; ricordava poi gli occhi di suo padre, che lo inglobavano nel loro campo visivo; ricordava le sei statue che erano rinate dagli abissi per completare quel rito e poi ricordava sempre suo padre avvicinarsi a lui con passo claudicante.
È il tuo turno, è il tuo turno!”. Ripeteva. “Tutto sarà completo con te, tutto finirà. Piccolo... vieni qui!” Le ultime parole furono un sibilo. Una mano mostruosa aveva arpionato il polso di suo padre. Era la mano di una statua, di quella statua!
In passato lo aveva difeso, quel mostro, e ora lo stava per uccidere? Perché?
L si svegliò madido di sudore e ansimante. Si strinse ancor di più le ginocchia al petto e vi tuffò il viso, cercando di calmarsi. Era ancora nel suo studio. Andava tutto bene, non stava morendo dissanguato tra le braccia di un angelo demoniaco. Non sarebbe più uscito dal suo studio, non ne aveva la minima intenzione.
Tremante, si portò alle labbra il caffè ormai freddo. Rischiò di versarselo addosso quando qualcuno bussò alla porta. Non voleva aprire! Non voleva vedere nessuno! Ma sapeva che il suo comportamento era del tutto privo di senso. Si dipinse sul viso un'espressione neutra e lasciò che la paura fosse accantonata in un piccolo angolo della sua mente.

Avanti!” Disse con una fermezza che non sospettava di avere, ma che si sgretolò nell'attimo in cui vide il viso dell'uomo.
Buongiorno,” disse l'altro, accomodandosi senza aspettare l'inutile permesso dell'altro. “Sono Padre Lucifero”.
Ryuzaki fece per parlare, ma non uscì alcun suono dalle sue labbra schiuse. Quell'uomo... no, quel ragazzo era la statua dell'angelo che aveva preso vita nei suoi sogni. Stava forse impazzendo? Non doveva restare in silenzio, doveva urlare, chiedere aiuto, chiamare qualcuno! Watari! No, no! Anche il vecchio precettore gli avrebbe detto che quelli non erano altro che sogni. Si sforzò di rimanere in sé e con un soffio, dopo lunghi attimi di silenzio, replicò: “Che nome inusuale, per un prete,” la tazzina di caffè venne poggiata sulla scrivania, il tremore gli impediva di sostenerla.

Oh... ai giorni nostri posso darti ragione”. Disse quello che si definiva prete, accavallando le gambe per mettersi comodo sulla sua sedia. “Per questo motivo sono disposto a cambiare il nome”. Il ragazzo si carezzò le labbra. “Diciamo che Light può andare”.
Da portatore di luce...” ma non finì quella frase, la sua mente era attirata da altro: quel nome. Si strinse le ginocchia al petto, nella sua tipica posizione che stavolta era usata come difesa. “Cos'è che desidera, padre?” Chiese vacuo, sottolineando con forza l'ultima parola.
Ma il prete si stava già alzando. “Solo ringraziarla”. Light lasciò la camera, gli occhi d'ambra che brillavano e un ghigno stampato sul viso.

Apocalisse.
Da portatore di luce alla luce stessa.
Avrebbe fatto rinascere gli uomini dalle loro ceneri.
Si sistemò addosso la veste sacerdotale del prete che aveva ucciso e sorrise ancora.
Un mondo perfetto.
L ne avrebbe fatto parte.


Angolo dell'autrice
Storia partecipante al contest: "Thrill me! Horror Contest Multifandom" indetto da Setsuka.
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Death Note / Vai alla pagina dell'autore: Mirella__