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Autore: Pendincibacco    08/10/2015    2 recensioni
"La tenebra era densa, fredda e viscida, avida. Se la sentiva spalmata addosso, ovunque, e per quanto tentasse di liberarsene strofinandosi freneticamente le braccia e il viso, quella rimaneva attaccata a lei e si insinuava ovunque: sotto ai vestiti, nella testa, in profondità dentro al petto."
"Fino ad un paio di mesi prima, non avrebbe mai creduto di poter essere così debole, essere quel tipo di persona che percepisce i traguardi delle vite altrui come deprivazioni alla propria. [...]
Eppure, nello scivolare nell'incoscienza, l’immagine dei suoi amici di una vita che si allontanavano da lei le fece sentire forte in bocca il sapore dell’abbandono."
Il 90% del mondo detesta Sakura (io compresa, generalmente). Beh, credo che questa volta cercherò di farvela piacere.
La storia è incentrata su di lei e su come elabora la paura di essere abbandonata dai suoi migliori amici e compagni di team. Cresciuta, e finalmente cambiata, si rende conto che l'amore è molto diverso da come lo immaginava da bambina e che lo si può trovare nelle persone più impensate.
Storia legata alla fic "Respirare", inserita nella serie "Konoha, dopo la tempesta", di cui è parte integrante.
Continui riferimenti Sasu/Naru
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sai, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Konoha, dopo la tempesta.'
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Note dell'Autrice: Eeeeeeeeeeeeeccomi qua! Dopo circa un mese! *si fustiga* Chiedo scusa come al solito per il ritardo, ma qualche casino con il lavoro, i preparativi per il Lucca Comics ed un fidanzato appena tornato dall'Erasmus mi hanno distratta leggermente! :D Detto questo, ecco finalmente l'ultimo capitolo de "Il silenzio è dei colpevoli". Questa storia è stata davvero travagliata, ci ho messo mesi a scriverla, mi sono bloccata varie volte ma sono giunta, infine, alla conclusione. Sono particolarmente affezionata a questo capitolo, mi sono divertita moltissimo e, per i miei standard, è davvero lungo, ma credo che la cosa abbia le sue dovute ragioni. In questo ultimo capitolo ho anche sperimentato un nuovo PointOfView, su cui ero molto scettica ma che in realtà, alla fine ho adorato e che a breve scoprirete. Insomma, scrivendo alcune parti ho riso un sacco! :D Per le info di carattere tecnico e le scemenze da "fine storia" vi rimando alle note finali, per il momento ... buona lettura!
P.S.: In questo capitolo c'è un riferimento in particolare alla mia prima storia, "Respirare". Non è essenziale, tutt'altro, ma se qualcuno di voi ancora non l'avesse letta gli consiglio di andarsela a recuperare, se non altro per capire cosa diamine è la Giornata del Memoriale e cosa è successo in quel frangente! :D

 
 




Capitolo 7
Il silenzio dei colpevoli
 



POV Sakura
 
Era di nuovo buio, e Sakura cominciava a non poterne davvero più. Ormai, dopo tutto quel tempo, era arrivata ad avere una certa consapevolezza residua anche durante il sonno: sapeva che ciò che vedeva non era reale, che si trattava di un incubo, tuttavia non riusciva a fare a meno di agitarsi, di avere paura, di sentirsi male. Semplicemente, a tutto quello, si aggiungevano la stanchezza e la frustrazione dovute alla sua incapacità di dormire sonni tranquilli.
Anche quella volta c’erano stati Naruto e Sasuke che ridevano di lei e la schernivano, ma in lontananza, come coperti da una nebbia, le voci ovattate; nel giro di poco tempo, comunque, erano totalmente scomparsi per lasciare spazio ad una figura solitaria, molto più vicina e nitida: Sai.
Se ne stava a pochi metri da lei, in silenzio, e la fissava con uno sguardo freddo e distaccato, come si osserverebbe la goccia di sangue da esaminare al microscopio per un progetto scientifico. Sakura aveva provato ad avvicinarsi a lui ogni notte, in quelle settimane, ma i suoi piedi erano bloccati a terra da quella sostanza nera e orribile, e Sai rimaneva in silenzio, un orribile silenzio, che le intasava le orecchie e le rimbombava nella testa in modo disumano. Un silenzio che non poteva scalfire nemmeno urlando, la voce muta, la gola inutile, le parole che rimanevano incastrate in bocca a soffocarla.
Riusciva a svegliarsi, finalmente, solo quando pensava che tutto quel silenzio l’avrebbe uccisa.
 
 
***
 
 
POV Naruto
 
- Sasuke, stavo pensando … non hai notato che Sakura ha qualcosa di strano in questi giorni? –
Naruto sganciò la domanda che gli rimbalzava nella scatola cranica da almeno tre giorni all’improvviso, mentre giocavano ai video games in casa sua; un modo come un altro per trascorrere quel libero ma uggioso pomeriggio. Neanche a dirlo, Sasuke stava vincendo, e non alzò nemmeno lo sguardo dallo schermo nell’udire la sua domanda.
- Strano in che senso? - chiese, concentrato sul gioco, le nocche quasi bianche tanto era spasmodica la sua stretta sul controller della consolle. Naruto sbuffò, infastidito dalla poca attenzione riservatagli dell’amico: Sasuke era davvero troppo competitivo e, anche se non se lo sarebbe mai aspettato da uno serio come lui, perdeva letteralmente la testa per i video games, diventando addirittura intrattabile nei rari casi in cui perdeva le partite.
 
- Non so, mi sembra che sia giù di morale, non pare anche a te? Insomma, è da un mese ormai che pare che si sia … spenta, per così dire. Anche l’altra sera, alla festa del Memoriale, ha partecipato ed è venuta ad abbracciarti, ma non mi sembrava che fosse serena. Tu non hai notato nulla? – continuò, sperando di ricevere stavolta un commento appropriato che, naturalmente, non arrivò.
- Mmmmh … - bofonchiò infatti l’altro, ancora apparentemente assorto. Naruto cominciava ad infastidirsi, tuttavia decise di tentare ancora una volta.
- Voglio dire, ci ho riflettuto, e mi sembra che da quando tu e Sai siete usciti dall’ospedale lei non si sia mai del tutto ripresa. Ma ormai è passato più di un mese, mi sembra strano che sia ancora in apprensione, non ci sono state conseguenze e quella banda di animali è stata sgominata da settimane, quindi dubito che sia quello il problema. -
- Mmh mmh. – assentì distrattamente Sasuke, ancora concentrato, mandando a quel paese la pazienza residua di Naruto che, essendo in possesso del controller numero uno, mise repentinamente in pausa la partita.
- Ehi, stavo vincendo! – esclamò Sasuke, zittito però velocemente da un’occhiata omicida. Si risolse quindi apparentemente ad ascoltare il compagno, disteso a terra, la mano a sostenersi la testa, con uno sguardo annoiato e infastidito che Naruto ignorò del tutto, continuando il suo discorso.
- E’ solo che non riesco proprio a capire quale sia! Insomma, che problema potrebbe mai avere? Va tutto bene in questo periodo, cosa la preoccupa? Forse c’entra con i corsi per insegnare all’Accademia? – ponderò, meditabondo.
 
L’altro gli scoccò il suo migliore sguardo di superiorità, sbuffando.
- Per l’amor del cielo Naruto, non hai ancora imparato nulla sulle donne? – domandò, il tono strafottente che portò Naruto ad incrociare le braccia, lo sguardo scuro. Ormai aveva imparato che arrabbiarsi con Sasuke per ogni frecciatina era controproducente, e che un altezzoso comportamento lievemente offeso poteva dare risultati migliori.
- In caso non l’avessi notato, io non sono un asso con le ragazze, non è nelle mie corde. E non ho esperienza, dato che non mi hanno mai circondato come un’orda di pulcini starnazzanti come facevano con te. – asserì, piccato. Sasuke emise un grugnito, quello che utilizzava sempre per dissimulare le risate, ma un angolo della bocca si piegò, tradendolo.
- Si l’ho notato. Non che con gli uomini tu ti sappia comportare … -
- Ehi! – ululò l’altro, che cominciava ad offendersi un po’ per davvero.
- … ma sempre meglio che con le donne, con loro sei una frana completa! – concluse con aria di estrema superiorità. L’amico gli rivolse uno sguardo di traverso.
- E allora sentiamo, grande capo Uchiha, illuminami dall’alto della tua immensa saggezza! Quale sarebbe il problema di Sakura? – domandò, senza aspettarsi davvero una risposta, la quale invece giunse repentina.
- E’ innamorata, ovviamente. E la persona che le piace, ovviamente di nuovo, non la ricambia. – constatò Sasuke, come se si fosse trattato di una cosa assolutamente logica, come “la terra è tonda”. Naruto, manco a dirlo, rimase spiazzato.
- Oh. – Era perplesso, lo sguardo perso nel vuoto, come se stesse riflettendo febbrilmente per sbrogliare quell’informazione dalla matassa dei suoi pensieri.
- Già. – Sasuke sembrava calmo, e stiracchiava pigramente le dita, rimaste in tensione troppo a lungo.
- E da cosa mai l’hai capito? – domandò infine, allibito forse più da quello che dalla notizia in sé.
- Oh per favore, era chiaro! Per carità, Sakura è davvero migliorata con gli anni, ma quell’espressione da cucciolo bastonato con cui si aggira per il villaggio è la stessa che aveva quando eravamo ragazzini e io la mandavo al diavolo. –
Naruto gli rivolse un’occhiata divertita.
- Aspetta un po’ Sas’ke, ricordami chi di noi due si sa comportare con le ragazze. –
- Piantala, non è questo il punto. – sbraitò lui, punto sul vivo.
 
Il compagno scosse la testa, smettendo a poco a poco di ridacchiare, tornando alla questione principale.
- Vero, il punto è Sakura. Sei davvero sicuro che sia questo il motivo? –
Sasuke lo guardò, finalmente davvero concentrato, almeno apparentemente, sull’argomento.
- Non al cento percento, ma ne sono ragionevolmente convinto. Non ne ho parlato prima semplicemente perché non credevo che tu ti saresti mai accorto della cosa. –
Il ragazzo ignorò completamente il velato insulto: essere il compagno di Sasuke l’aveva reso maestro in quest’arte. Assunse un’aria meditabonda, come se stesse ponderando attentamente la questione, quando in realtà aveva già da un po’ deciso come avrebbero dovuto procedere.
- Mmmmh … beh, se le cose stanno così credo che dovresti andare a parlare con lei. – buttò là, candido. Sasuke, prevedibilmente, sgranò gli occhi e lo fissò, basito, quindi si riscosse e assunse in fretta il suo miglior sguardo infastidito.
- Io? Perché dovrei? E’ amica tua, non mia. –
A quel commento rispose con uno sguardo talmente freddo e tagliente che se avesse potuto l’avrebbe trapassato da parte a parte. Dopotutto, forse si sarebbe arrabbiato davvero …
Fortunatamente l’amico sembrò fiutare il pericolo e si affrettò a correggere il tiro, sbuffando sonoramente.
- Ok, è anche amica mia, ma non allo stesso modo! – brontolò. Naruto decise di giocare d’astuzia, anche se con Sasuke non aveva in effetti molte speranze.
- Ma l’hai detto tu Sas’ke, te la cavi molto meglio di me con le ragazze. – lo adulò, cercando di risultare innocente. Il ragazzo annuì distrattamente.
- Su questo non ci piove. -
- E poi, quando avevamo un problema Sakura è venuta a parlarne con te per aiutarci a risolverlo, ti ricordi? – continuò l’amico, tentando di fare leva anche sul senso di colpa.
- Non farmici ripensare, sento ancora l’umiliazione … -
 
“Bingo” pensò l’Eroe della Foglia, ormai vicino a raggiungere il suo scopo.
- Allora è giusto che tu ora le ricambi il favore, non ti pare? – concluse, fissandolo dritto negli occhi, in modo da non lasciargli scampo. Sasuke tentò per qualche momento di evitare il suo sguardo, quindi scosse mestamente la testa e capitolò.
- Ok, d’accordo. Domani andrò a parlare con lei, basta che tu la smetta di parlarmi come se fossi mia madre! Mi inquieti. –
Naruto rise, felice di aver convinto il compagno: a Sakura avrebbe di certo fatto piacere un po’ di interesse da parte sua. E, in effetti, era vero, lui con le donne non ci sapeva proprio fare, specialmente in merito alle questioni sentimentali.
- Ma io sono un po’ tua madre Sas’ke! E tuo padre, e tuo fratello, e tuo amico e il tuo ragazzo! – affermò, giocherellando con i cavi dei controller, fiero di poter affermare di essere, in un certo senso, anche la famiglia di Sasuke. Quello assunse un’espressione di palese disgusto, producendosi in una smorfia che risultava, in realtà, abbastanza comica.
- Ti prego, smettila, non posso pensare di farmi uno che è mio parente! –
Naruto gli diede uno spintone con la spalla, più per gioco che per colpirlo seriamente, e si finse offeso.
- Idiota, sai che non lo intendo in quel senso! –
Sasuke sogghignò sotto ai baffi, probabilmente felice di essere ancora in grado di infastidire il compagno.
- Sì sì, certo, ora fai play così posso suonartele come se fossi davvero il mio fratello scemo. – concluse fissando lo schermo, il sorriso che gli si allargava sulle labbra senza che potesse in alcun modo frenarlo.
- Ma brutto borioso … ! – cominciò l’altro, lanciandogli contro uno dei cuscini del divano, afferrato repentinamente.
Sapevano entrambi che la partita sarebbe rimasta in pausa per parecchio tempo, ormai.
 
 
***
 
 
POV Sasuke
 
Domenica. La domenica, secondo Sasuke, avrebbe dovuto essere un giorno sacro, un giorno in cui si fa quello ciò si vuole, in completo relax: ci si allena, ci si riposa, si fa una passeggiata nel bosco, si fa sesso, si beve del tè … di certo non ci si affanna, di domenica. La domenica per lui, quindi, non era certo adatta alle fastidiose incombenze della vita sociale, e la cosa più sociale a cui potesse pensare di dedicarsi in quel particolare giorno era, appunto, il sesso. Non a caso, quindi, Sasuke avrebbe di gran lunga preferito trovarsi a casa tra le lenzuola, piuttosto che sotto quella pioggerella leggera davanti alla porta dell’appartamento di Sakura. D’altro canto, se non si fosse deciso ad andare, Naruto gli avrebbe dato il tormento per il resto della sua vita … e, comunque, a sé stesso poteva anche ammettere che gli dispiacesse che la compagna di team stesse in quelle condizioni da più di un mese. Dunque si fece coraggio, un groppo in gola all’idea di gettarsi volontariamente in uno dei momenti più imbarazzanti della sua esistenza, e suonò il campanello. Non dovette attendere molto: Sakura aprì leggermente la porta e fece capolino da dietro di essa.
 
- Ciao Sakura. Posso entrare? – domandò, educato. Da quando era tornato al villaggio si impegnava ad essere sempre educato con tutti … tranne che con Naruto, ovviamente, ma con lui era diverso. Non che dovesse sforzarsi, per essere gentile: non c’era più alcuno motivo di prendersela con tutti, specialmente dopo quello che era successo alla giornata del Memoriale. Tuttavia, tutti quei sentimenti positivi a volte gli risultavano ancora strani, anche se, in effetti, non con Sakura: lei era sempre stata dolce con lui. Infatti, non si smentì nemmeno in quel frangente; sgranò leggermente gli occhi per la sorpresa e sorrise, illuminandosi.
- Oh! Ciao Sasuke! Certo, entra pure … - salutò, scostandosi e spalancando l’uscio per farlo passare.
L’appartamento di Sakura era piccolo ma luminoso, gli spazi organizzati in modo funzionale, pulito ed ordinato. Forse, per i gusti di Sasuke, un po’ troppo colorato, ma di certo era preferibile a quel buco caotico e colmo di ciarpame che Naruto definiva casa.
- Qual buon vento ti porta qui? Hai bisogno di qualcosa? – domandò la ragazza, dopo che gli ebbe indicato il divano, facendogli cenno di accomodarsi. In effetti, non andava a trovarla di frequente, anzi, probabilmente da solo non c’era mai andato; quindi era comprensibile che la cosa le suonasse strana.
- Vorrei solo parlarti di una questione, hai un momento? – domandò, chiedendosi quanto sarebbe stato lungo e pesante quel momento. Probabilmente molto. Sakura sembrava un po’ confusa, ma sorrise comunque, conciliante.
- Sicuro, metto a scaldare l’acqua per il tè. – affermò, dirigendosi in cucina e lasciandolo solo per qualche minuto, ad arrovellarsi su come introdurre la questione.
 
- Hai un aspetto orribile, sai? – commentò lui, deciso, non appena Sakura ricomparve dalla cucina portando una teiera e due tazze vuote. Era vero: la ragazza aveva due occhiaie infinite sotto agli occhi, tendenti al bluastro, il colorito smunto e i capelli spettinati e spenti tipici delle persone malaticce. Lei sorrise, un leggero stiracchiarsi delle labbra.
- Sempre gentile, eh? – commentò versando il tè. Sembrava troppo stanca persino per offendersi.
- Sai che intendo … - rispose, afferrando la tazza che lei gli porgeva e bevendo un sorso. Il tè era discretamente buono e pensò di dirlo a Sakura, ma lei stava già rispondendo.
- Mmmh si, ma non è nulla, è solo che dormo poco ultimamente. – spiegò, come se ce ne fosse stato bisogno; le occhiaie parlavano da sole. Sasuke decise, ancora una volta, di optare per un approccio diretto: via il dente, via il dolore.
- E’ per via della recente delusione amorosa? –
La ragazza sgranò gli occhi, evidentemente presa alla sprovvista. Era chiaro che aveva avuto ragione, dalla sua reazione era palese. Non che avesse avuto grossi dubbi: lui aveva praticamente sempre ragione.
- Prego? – domandò lei, simulando confusione. Sasuke sospirò, decidendo di essere più diretto.
- Cercavo di avere tatto ma, ok, sarò schietto: è perché qualcuno ti ha scaricata? –
Lei non cedette, anzi, assunse un’espressione ancora più perplessa, in un modo assolutamente esagerato ed irrimediabilmente fasullo.
- Ma di che parli?? – pigolò con voce acuta. “Bene” pensò lui “immagino di dover essere brutale”.
- Sakura non fare il teatrino con me, ti conosco bene, anche troppo bene sotto certi aspetti. Riconosco la tua faccia da cuore infranto, e ce l’hai addosso da settimane. Ora, capirò se non vorrai parlarne, ma ti prego di non girare intorno alla questione. –
La kunoici abbassò lo sguardo, stringendo la tazza da tè, e rimase in silenzio per almeno un minuto, prima di decidersi a parlare.
- Senti, non è importante. Non sono più una ragazzina, so badare a me stessa, sono certa che sopravvivrò anche a questo. -
- Lo credo anche io, ma Naruto è preoccupato per te. Quando ha avuto quel “problema” tu l’hai aiutato, e gli hai detto che avrebbe dovuto parlarne. Allora segui il tuo stesso consiglio e parlamene. – affermò, convinto.
- Sasuke … vuoi davvero che io ti parli dei miei problemi di cuore? – Sakura sembrava stanca, sfibrata e sorpresa, due sensazioni delle quali coincidevano con ciò che Sasuke provava in quel momento. Sbuffò, posando la tazza e fissandola dritta negli occhi.
- No che non voglio … ma se è quello che serve per farti stare meglio allora ti ascolterò. Ascolto le scemenze di Naruto per quasi ventiquattro ore al giorno, credo che stare a sentire te non sarà poi così traumatico. –
Sakura tentennò per qualche momento, quindi prese un respiro e capitolò.
- Se lo dici tu … beh, si tratta di Sai. –
Questa, in effetti, Sasuke non se la aspettava, nemmeno dall’alto della sua saggezza.
- Sai? –
- Sì. –
- Cioè ti piace Sai? – domandò, per essere certo di aver capito correttamente il fulcro della questione.
- Sì. –
- Ah. –
Per un po’ tentò di rimanere impassibile, tuttavia non dovette riuscirgli molto bene, perché Sakura gli lanciò un’occhiata bruciante e lui si rese conto che stava ridacchiando come un cretino. Cercava di smettere ma non poteva farci nulla; la questione per lui aveva un retrogusto comico incredibile.
-  Cosa diavolo c’è di tanto buffo? Guarda, se sei venuto per prendermi in giro … – cominciò la ragazza, ma Sasuke la interruppe subito: se l’avesse fatta incavolare Naruto si sarebbe lamentato da lì alla fine dei tempi.
- No, non ti prendo in giro, è solo che … si può sapere qual è il tuo problema Sakura? I ragazzi normali non ti piacciono proprio? Ti attirano solo quelli con grossi disturbi comportamentali? –
Sakura rimase interdetta per un attimo, quindi scoppiò a ridere di gusto, tanto da doversi asciugare le lacrime dagli angoli degli occhi.
- Temo di si! Deve essere l’istinto da crocerossina … -
 
 
***
 
 
- Ricapitoliamo. Tu ti sei resa conto che lui ti piace. Dopo mesi di tentennamenti gli hai chiesto cosa pensa di te. Lui ti ha dato una risposta … carina, diciamo. Tu gli hai chiesto se c’era altro e lui ha chiesto che altro avrebbe dovuto esserci. Di conseguenza, tu ti cibi di incubi notturni e vivi da zombie da un mese. Ho dimenticato qualche dettaglio? – ricapitolò Sasuke, incerto se avere pietà della ragazza o se prenderla a schiaffi per darle una svegliata. Le voleva bene, doveva ammetterlo, ma a volte proprio non capiva cosa avesse nella testa.
- Io non vivo da zombie …! – protestò la ragazza, ma lui non parve farci caso.
- Sakura, non prenderla male ma … a volte sei proprio tarda. In effetti, in certi momenti mi ricordi Naruto. –
- Ma cosa …! – tentò lei, offesa, ma Sasuke la interruppe immediatamente.
- Lasciami parlare per cortesia. Sai qual è il problema? Tu a volte pretendi troppo dalle persone. –
La fissò dritta negli occhi mentre parlava; lo sguardo della compagna tradiva un leggero fastidio, ma soprattutto una malcelata sorpresa dovuta alle sue parole.
- Pretendere ogni tanto può andar bene, soprattutto considerando quanto sei disponibile con gli altri, ma tu scegli le persone sbagliate. Pretendevi che io mi interessassi a te, quando non ero in grado di interessarmi nemmeno a me stesso … e ora pretendi da Sai qualcosa che probabilmente lui non sapeva nemmeno di poter provare. Non voglio essere crudele, sul serio, voglio solo che tu capisca che hai preteso troppo. Fino ad un paio di anni fa Sai era più simile ad una macchina che ad una persona, non sentiva quasi nulla, non sapeva nemmeno cosa volesse dire provare trasporto nei confronti di qualcuno. Non puoi porgli delle domande così generiche e sperare davvero in una risposta chiara, non funziona così con le persone come … noi. Abbiamo bisogno di domande chiare e precise, non siamo ancora abituati al fatto di sentirci in un certo modo, di provare un certo tipo di interesse per gli altri. Io ci ho messo mesi per capire … - si interruppe distogliendo lo sguardo, imbarazzato, quindi fece mente locale e si preparò a concludere la propria arringa.
- Odio parlare di me, quindi non approfondirò la questione. Il punto, comunque, è che hai posto le domande sbagliate, devi essere molto più diretta se vuoi ottenere qualcosa. Bada bene, non sto dicendo che avrai quello che vuoi … ma di certo, se qualcosa c’è, non lo otterrai girando intorno alla questione. – concluse, sfinito. Parlare così a lungo e così sinceramente lo metteva ancora in difficoltà; sperava dunque che ne fosse valsa la pena.
 
Sakura rimuginò a lungo sulle sue parole; Sasuke fece in tempo a finire il tè e a versarsene anche una seconda tazza. Finalmente, quando ormai si stava chiedendo se non fosse sopravvenuta la morte cerebrale, la kunoichi parlò di nuovo, la voce bassa e tremolante, imbarazzata.
- Non lo so … insomma, io e lui avevamo già parlato di sentimenti … è migliorato davvero moltissimo, mi ha detto delle cose davvero … “dolci”, perciò io credevo che fosse, diciamo, chiaro … -
Sasuke si chiese se il discorso avrebbe mai potuto prendere una piega più imbarazzante di quella e si rispose dicendosi che avrebbe potuto essere peggiore solo se Sakura gli avesse parlato di sesso; tuttavia, in quel caso, non pensava che sarebbe sopravvissuto per potersene lamentare. Bevve gli ultimi residui di tè, quindi prese un profondo respiro prima di trarre le sue conclusioni.
- Proprio perché ti ha detto quelle cose io, se fossi in te, gli parlerei. Forse anche per lui è lo stesso, ma non sa mettere in parole la sensazione. Fai questo tentativo: forse non otterrai nulla, ma almeno avrai una certezza assoluta. E se invece dovesse andare bene saresti felice … senza contare che Naruto smetterebbe di darmi il tormento, il che non guasterebbe. – concluse, alzandosi in piedi, pronto ad uscire di scena.
 
Sakura lo fissò negli occhi, sembrava uno scoiattolo abbagliato da una torcia, confusa e sperduta.
- Ci penserò, lo prometto. – e Sasuke seppe che quello era tutto ciò che avrebbe potuto ottenere da lei. E, del resto, si parlava della sua vita: lui poteva darle dei consigli, ma stava a lei decidere come viverla.
- Bene. – disse quindi, avviandosi verso la porta - Vado a riferire a quel concentrato di molestia che ho fatto quel che mi aveva chiesto … Buona fortuna. –
Sakura lo seguì, accompagnandolo, quindi si alzò sulla punta dei piedi e lo abbracciò brevemente, un abbraccio che lo mise un po’ in soggezione ma che ricambiò comunque, anche se goffamente. In effetti, erano comunque amici.
- Ringrazia Naruto … e grazia anche a te Sasuke. –
Lui sbuffò, allontanandosi agitando una mano in segno di saluto.
- Aspetta di vedere come va a finire prima di ringraziare. E poi non serve, ora siamo pari. -
 
 
***
 
 
POV Sakura
 
Sakura saltellò, evitando una pozzanghera fangosa. In quei giorni aveva piovuto molto e le strade di Konoha erano un mosaico di piccoli specchi d’acqua, un vero e proprio campo minato per chi, come lei, detestava sporcarsi le scarpe. Si diresse verso casa di Sai, pensierosa. Erano passati un paio di giorni dalla visita di Sasuke, giorni che lei aveva trascorso arrovellandosi su mille questioni. Aveva davvero commesso un errore, ponendo una domanda poco chiara? Sai davvero poteva non aver capito le sue intenzioni? Si era fasciata la testa prima di essersela rotta? Davvero si era comportata come uno zombie?
In merito all’ultima questione si era detta che Sasuke, come sempre, doveva aver esagerato: aveva condotto la sua vita normalmente, interagendo con tutti, anche se con meno brio del solito, questo era indubbio. Era stata giù di morale, era stata un po’ sulle sue … ma non si era comportata male, questo no. Non aveva rifiutato i contatti umani, non si era nascosta, non aveva lasciato che quella questione influenzasse il suo lavoro. Certo, era conscia del fatto di non essere stata al top: Sai le aveva chiesto molte volte se si sentiva bene, dicendole che gli sembrava stanca. Naturalmente era vero, era stanca: faceva incubi, rimuginava di continuo, non riusciva a passare le sue giornate serenamente … era triste, per farla breve. Ma, si era detta, era normale essere tristi, non c’era nulla di sbagliato. Del resto, non si era gettata a terra a piangere disperata nascosta nel bosco, né si era lasciata andare al tormento rifiutandosi di uscire dalla protezione delle coperte. Era solo stata triste ed era giunta alla conclusione di non potersi rimproverare nulla di quel periodo, nonostante le insinuazioni del grande esperto Uchiha.
Quanto alle altre domande, a quelle avrebbe potuto trovare una risposta solo parlando con Sai. E, nonostante non fosse molto convinta delle parole di Sasuke, il tarlo del dubbio si era insinuato in lei e questo era, in fin dei conti, il motivo per cui aveva deciso di chiarire la questione una volta per tutte: niente più dubbi, niente più tentennamenti.
 
Era talmente immersa nei suoi pensieri che quasi non si rese conto di essere arrivata alla meta, e si riscosse da quello stato di torpore mentale solo una volta che si fu ritrovata nel salotto di Sai.
- Accomodati pure, gradisci del tè? – domandò il ragazzo, gentile, senza manifestare alcun particolare fastidio per la sua visita improvvisa. Aveva gli avambracci e la felpa consunta sporchi di pittura nera, le maniche arrotolate; probabilmente l’aveva interrotto mentre dipingeva. Sakura si riscosse improvvisamente dai suoi pensieri, spaesata.
- Eh? Ah no, grazie, l’ho bevuto a casa. –
Lui si sedette di fronte a lei, su un pouf nero, i movimenti sempre aggraziati.
- Certo. Dimmi pure, di cosa mi volevi parlare? C’è qualche problema? – domandò, sembrando leggermente in apprensione. Sakura provò una fitta di tristezza: in quel periodo, il fatto che si preoccupasse sempre per lei le provocava delle terribili strette al cuore. Prese un respiro, preparandosi ad un discorso che avrebbe potuto cambiare tutto tra di loro, forse per sempre.
- Sono settimane che rimugino su questa storia e non ne posso più, sono sfibrata, davvero, quindi andrò dritta al sodo senza tanti preamboli. Ti ricordi il tuo ultimo giorno in ospedale, quando ti ho fatto quella domanda strana? –
Sai la fissò con uno sguardo inconsueto, come se fosse sorpreso ma non del tutto, come se in un certo senso si aspettasse quella domanda.
- Sì, me lo ricordo … ho detto qualcosa di brutto vero? E’ per questo che sei giù? E’ un po’ che ci penso. – ammise. La ragazza non potè fare a meno di indirizzargli un sorriso sottile, tanta era la premura che lui riservava nei suoi confronti.
- Non è questo, il fatto è … insomma, come hai potuto chiedermi cos’altro avrebbe dovuto esserci? E’ stato indelicato da parte tua. – commentò, scurendosi in volto. Per quanto fosse passato ormai del tempo l’amarezza ancora bruciava. Si era sentita così … ininfluente, così banale. Come se fosse assolutamente chiaro che non poteva esserci altro per lei.
- Indelicato? – Sai sembrava perplesso, e Sakura si disse che non doveva essere troppo dura con lui perché, ne era certa, non era stata sua intenzione essere scortese.
- Senti, capisco che ti ho messo in imbarazzo, ma avresti potuto essere un po’ meno brusco, ecco tutto. –
Lui continuava ad apparire sconcertato, una leggera ruga di incomprensione scavata tra le sopracciglia.
- Beh, non capivo esattamente cosa intendevi dire, quindi mi dispiace se in qualche modo ho ferito i tuoi sentimenti. – affermò, incerto. Lei sgranò gli occhi, fissandolo per la prima volta. “Non può essere che Sasuke abbia ragione … non può!”
- Tu … non avevi capito? Ma se era chiaro! – quasi sbraitò, agitata. Sai sembrò farsi più piccolo, probabilmente basito dalla sua reazione.
- Era … chiaro? –
Sakura provò l’istinto impellente di sbattere ritmicamente la testa contro il tavolo.
- Vuoi dirmi che davvero non avevi capito che cosa ti stavo chiedendo? – domandò ancora una volta, per amor di chiarezza. Sai assunse uno sguardo dispiaciuto, come un cagnolino che fosse stato appena sgridato.
- Mi dispiace se c’è stato un malinteso! Lo sai Sakura, ancora non me la cavo bene con queste questioni. Avresti dovuto parlarmene subito però, mi dispiace sapere che sei stata male a causa di una mia risposta stupida. –
 
La kunoichi quasi non riusciva a crederci, Sasuke aveva capito davvero: era stata lei a sbagliare, non ponendo le domande giuste o, comunque, in modo chiaro! Si sentì di colpo così stupida per aver lasciato passare tutto quel tempo, deprimendosi senza rendersi conto dell’incomprensione. Riscossasi dall’incredulità si rese conto che quello era il momento di agire, di chiarire la questione. Non si fece illusioni: il risultato, probabilmente, non sarebbe cambiato. Tuttavia, avrebbe avuto una certezza assoluta e avrebbe saputo di aver provato tutto il possibile.
- Lascia stare, non importa adesso! Ho una domanda: con il tempo hai capito cosa ti stavo domandando? – chiese, lo sguardo fisso in quello dell’altro.
- Non ne sono sicuro sai? Insomma, ho ripensato a lungo a quella conversazione, quando ho visto com’eri abbattuta nei giorni successivi, ma non sono riuscito davvero a capire come mai. Ho compreso parecchie cose, nelle scorse settimane, pensando a quel momento, però non ho afferrato precisamente il significato della domanda. – affermò lui, titubante, distogliendo lo sguardo. Sembrava in imbarazzo, ma la ragazza decise di non fermarsi: quello era il momento della verità, bando ai tentennamenti.
- Che tipo di cose hai capito? Anzi no, lascia perdere, c’è una cosa più urgente: vuoi che ti spieghi il senso della domanda? –
- Cosa? Beh sì, certo che voglio che me lo spieghi. – Sai parve riscuotersi, davvero interessato alla questione. “Deve averci riflettuto davvero un sacco.”
- Sei sicuro? E’ una cosa importante, poi non si torna indietro. – specificò, volendo essere sicura oltre ogni ragionevole dubbio di poter procedere. Sai si protese verso di lei, lo sguardo limpido ed estremamente sincero.
- Proprio perché per te è così importante lo voglio sapere! – esclamò, e Sakura provò un moto di tenerezza sconfinata nei suoi confronti. Si fece coraggio e sganciò la bomba.
- Ok. Ti stavo domandando se, per caso, provavi per me qualcosa di più, oltre all’amicizia. Insomma, ti stavo chiedendo se ti piaccio, romanticamente parlando. Perché tu mi piaci Sai, mi piaci moltissimo, e volevo sapere se avevo speranze di essere ricambiata. –
Sospirò, sollevata di essere riuscita a dire tutto senza ingarbugliare il discorso. Osservò quindi Sai, per studiarne la reazione: sembrava pietrificato. Era immobile, ad occhi sgranati, e pareva in difficoltà nel tentare di articolare una frase.
- Tu … io ti piaccio? – domandò infine, dopo qualche minuto.
- Sì, un sacco. Se devo essere sincera, credo di essere oltre la cotta, credo di essermi innamorata di te. –
Lo l’espressione di Sai era completamente inebetita, come se non potesse credere alle sue orecchie; la notizia doveva averlo davvero scioccato. Sakura lasciò andare il respiro, “sgonfiandosi”. Non era andata, era evidente, ma si sentiva meglio. Più leggera, in un certo senso, nonostante la stanchezza e la logica delusione.
 
Decisa a chiudere la questione definitivamente, prese nuovamente la parola.
- Mi dispiace se la cosa ti turba, lo capisco benissimo. Non voglio metterti in difficoltà con questa cosa, né pretendere nulla da te. Però volevo che le cose fossero chiare, tra noi, non avrei sopportato di vivere nell’incertezza … - tentò di spiegare, ma venne interrotta da Sai, che le prese una mano alzandosi di scatto, facendola sobbalzare.
- Vieni con me. Ti devo mostrare una cosa. – dichiarò, deciso. Sembrava essersi ripreso dallo sgomento e il suo sguardo era deciso, determinato.
- Cosa? Ma … - balbettò, confusa, ma lui la fece alzare tirandola verso di sé e cominciò a condurla verso il retro della casa, dove lei lo seguì, traballante e perplessa.
- E’ importante, davvero, devi vedere assolutamente! – affermò, con un’aria agitata ma sicura che mise la ragazza ancora più in confusione.
- Sei sicuro? Cioè, posso andarmene se sei a disagio … -
- NO! – quasi urlò lui, fermandosi di fronte alla porta chiara di una stanza. - Cioè, non voglio che tu te ne vada, devo davvero mostrarti una cosa. – chiarì, riprendendo il controllo di sé. Sakura era quantomeno allibita, ma Sai sembrava davvero impaziente di mostrarle quel “qualcosa” e, dopotutto, si fidava di lui.
- Ok, va bene … - acconsentì, e lo seguì nella stanza non appena lui ebbe aperto la porta.
 
***
 
- Allora, cosa vedi? –
Sakura si trovava al centro della stanza, dove Sai l’aveva sospinta: era un locale ampio, rettangolare, con grandi finestre su tre lati che illuminavano l’ambiente, lasciando anche spazio ad uno splendido panorama, data la vicinanza della casa con il bosco. L’ambiente era pregno dell’odore del diluente e della trementina, i pavimenti ricoperti di teli sporchi erano ingombri di cavalletti da pittura e da tele, dipinte e non, accatastate dappertutto lungo le pareti. Gli strumenti da pittura erano sparsi ovunque, un po’ qui e un po’ là, e i barattoli di colore luccicavano alla luce del tramonto. L’effetto complessivo della stanza era davvero sorprendente nella sua disordinata bellezza.
- Sono i tuoi quadri, no? Caspita, sono un sacco … - commentò a voce bassa, quasi non volesse disturbare la quiete perfetta di quell’ambiente. Sai le si avvicinò e si fermò al suo fianco.
- Certo, ma che altro vedi? Rispetto ai quadri intendo. –
- Beh, sono davvero bellissimi. Lo sai che mi piace molto come dipingi. – dichiarò dopo aver osservato le tele, sincera, e le parve di vedere un sorriso imbarazzato fare capolino sul volto dell’amico.
- Uh, grazie. Ma quello che devi fare è provare ad andare oltre. Riesci a capire che altro c’è? –
Lo sguardo confuso che Sakura gli indirizzò dovette fargli capire che le sue indicazioni non le sembravano affatto chiare, quindi si spostò dietro di lei, le pose entrambe le mani sulle spalle e la indirizzò ancora una volta verso le proprie opere.
- Fai finta che questi quadri non siano miei, ok? Fingi che siamo … ad una mostra d’arte. –
- Ad una mostra? –
Era decisamente perplessa. “Dove diamine vuole arrivare con tutta questa storia?” si chiese per la milionesima volta.
- Sì. Siamo ad una mostra e stiamo guardando questi quadri, disposti in questo ordine, tutti dello stesso autore. E io ti ho chiesto cosa pensi che significhino, non uno ad uno, ma nel loro impatto generale. Ti ho chiesto di capire l’autore che sta dietro alle opere. Tu cosa rispondi? –
Sakura si risolse ad osservare nuovamente i quadri, concentrata, conscia che doveva esserci qualcosa di importante da capire, se Sai insisteva in quel modo. Rimase in silenzio per qualche minuto, assorta.
- Mmmmh. Direi che si vede una … progressione, in un certo senso. Da sinistra a destra. Se sono disposti in ordine cronologico … - un cenno del capo di Sai le confermò che la sua intuizione era corretta - … allora immagino significhi che è cambiato qualcosa nel tempo. Andando verso destra le forme sono generalmente più definite, a tratti quasi geometriche. E il colore … all’inizio non c’era, erano in bianco e nero. Poi si aggiungono i colori. Ce ne sono di ricorrenti, compaiono più spesso: grigio, blu, nero, giallo, rosa, marrone … e a destra un sacco di rosso, rosso e nero . Il cambiamento è evidente. Direi … direi che con il tempo l’artista è diventato più felice. E stabile, in un certo senso. – concluse, voltando il viso verso il compagno di team.
- Ma questo lo sapevo già Sai, ti conosco. Sapevo già che hai fatto passi da gigante. –
 
Lui le sorrise, uno di quei sorrisi aperti, reali e sinceri che in quei mesi le avevano dato del filo da torcere, facendole contrarre lo stomaco.
- Ti ringrazio, ma c’è altro. I colori, cosa ti dicono? – domandò Sai ancora, e lei si concentrò nuovamente, il silenzio che si addensava in quella luce crepuscolare.
- I colori … siamo noi? Il team sette, nelle sue varie forme? – chiese infine, titubante, anche se le sembrava la spiegazione più logica. Ad ogni colore era associato un diverso tipo di pennellata: imprecisa, lineare, dolce e leggera, sfumata o decisa … Sai annuì ancora una volta, confermando la sua ipotesi.
- Il giallo è Naruto, il blu è Sasuke, il rosa sono io … il nero sei tu, il grigio è kakashi … il marrone … Yamato? –
- Esatto. Sai brava. –
Sakura corrugò le sopracciglia, aggrottando la fronte, le braccia incrociate davanti a sé.
- E’ il rosso che non mi spiego. E’ una persona anche quella? –
- Non è proprio rosso, se ci fai caso. – precisò lui, e la ragazza si avvicinò ad un grande quadro sulla destra. Le linee delle pennellate si rincorrevano sulla tela dando vita ad un motivo a spirali, dove i due colori si amalgamavano perfettamente, creando un contrasto e, allo stesso tempo, un’armonia davvero sorprendenti.
- Vero, è magenta, ma la questione rimane aperta … sta in tutti gli ultimi quadri, è importante. –
Si concentrò ancora, analizzando tutti i quadri della parte destra: il tipo di linee, lo scorrimento fluidissimo delle pennellate, il modo in cui i due colori sembravano fondersi …
- Oh. E’ qualcuno che ti piace. – realizzò all’improvviso, avvertendo come un pugno alla bocca dello stomaco. Sai abbassò il viso, lo sguardo imbarazzato ma intenerito al tempo stesso.
- Io … io credo di sì. Non l’avevo capito al principio, non me ne rendevo conto, io … non vedevo la differenza. Ma ultimamente ci ho pensato moltissimo e ad un certo punto la risposta è … schizzata
fuori dal pennello, per così dire. E allora ho capito. Penso … sì, mi sono innamorato. – ammise.
 
Sakura si chiese per quale motivo le avesse fatto fare tutto quel gioco da critici d’arte. Avrebbe potuto semplicemente dirle: “Mi dispiace Sakura ma mi piace qualcun altro”. Rapido e non troppo doloroso, come strappare un cerotto.
- Sono … contenta Sai. E’ … un bel passo, per te. E io sono davvero felice. – commentò senza guardarlo in viso, la voce sottile, quasi pigolante. Era davvero contenta per lui, senza dubbio. Tuttavia in quel momento non riusciva davvero a gioire come avrebbe dovuto.
Sai la fissò, e Sakura fu stupita di leggere la confusione sul viso dell’amico. Lui aggrottò le sopracciglia in quel modo plateale che l’aveva sempre divertita, quindi parve realizzare qualcosa e ridacchiò, nervoso.
- Io non credo che tu abbia capito. – dichiarò, e lei sbuffò, leggermente infastidita ma, soprattutto, stanca di tutta quella situazione. Aveva fatto il suo tentativo, non era andata … se ne sarebbe fatta una ragione, naturalmente, ma in quel momento sentiva solo il bisogno di una doccia calda e di un letto dove sciogliersi.
- Certo che ho capito. Senti, mi dispiace davvero per come sono saltata fuori prima con la mia dichiarazione, è solo che non volevo lasciare conti in sospeso … -
- Sakura … -
- … ma non mi devi spiegare niente, davvero! Spero vada bene … -
- Sakura! – quasi gridò Sai, interrompendo il suo monologo.
- Cosa? –esclamò, sobbalzando.
- Come si fa il magenta? –
La domanda era talmente assurda che Sakura temette per un attimo che le si fosse fritto il cervello per via della cocente delusione.
- Eh? –
Lui sembrava impaziente, come se stesse cercando di spiegare qualcosa ad una bambina poco attenta che continuasse a non afferrare il punto della spiegazione.
- Con i colori Sakura, sai come si fa il magenta? –
- Con il rosso e il viola, o il rosa! –
- Rosso e rosa, appunto. E cosa significano? –
“Altra domanda assurda.” pensò. Se non fosse stata certa della buona fede di Sai si sarebbe seriamente domandata se la stesse prendendo in giro.
- Il rosso non ne ho idea, non sono un’esperta. –
- Il rosso significa passione, amore, felicità. E il rosa? –
Sakura si decise a stare al suo gioco ancora per qualche momento, quindi cercò di ricordare: sapeva fin da bambina il significato del rosa.
- Il rosa lo so, per via dei capelli. Significa tenerezza, dolcezza, amore incondizionato. Senti, è stato carino quello che hai fatto per lei, chiunque essa sia, ma … - tentò nuovamente di concludere tutta quella assurda faccenda, ma lui la interruppe di nuovo.
- Questo nel linguaggio generale dei colori, ma nel mio linguaggio il rosa non indica questo. – chiarì, gli occhi fissi nei suoi.
- Nel tuo? Nel tuo … ah. –
Per un momento le sembrò che il suo cervello si fosse svuotato del tutto. Mente vuota, bianca, non riusciva a pensare a nulla di sensato.
- Mi stai prendendo in giro? – domandò, per fugare ogni dubbio.
- Cosa? No! – esclamò lui, agitato.
La ragazza prese un profondo respiro, cercando di calmarsi e di mettere ordine tra i pensieri confusi che ora le rimbalzavano nella testa.
- Tutta questa manfrina con i colori vuole dire davvero quello che penso? –
- Davvero. –
- Davvero davvero? – chiese conferma.
- Davvero davvero. – ripetè lui, sorridendo.
- Oh. – sospirò, incredula.
 
Sembrava incapace di metabolizzare davvero la notizia. A Sai lei piaceva. Aveva dipinto non si sa quanti quadri su di loro, insieme, perché era innamorato di lei. “Assurdo…”
- Sei … arrabbiata con me? – domandò l’amico, prendendole le mani con delicatezza, come a volerla riscuotere da quello stato catatonico.
- Eh? No, certo che no. –
- Ma non sembri felice. – commentò lui, mogio. Lei gli strinse le mani; non voleva che lui si sentisse in colpa. Era il momento di smettere di sentirsi male.
- Sono felice, molto. Ma sono un po’ … scioccata, sai. Non me lo aspettavo, ecco. Dopo il tuo silenzio in ospedale io non credevo che … –
- Mi dispiace molto per quella volta, te lo assicuro. Mi hai preso alla sprovvista, non mi ero mai davvero soffermato a riflettere sul nostro rapporto, non così seriamente. Non capisco bene l’amore, non è il genere di cosa che si può imparare attraverso i libri credo; pensavo di non essere in grado di innamorarmi, lo sai, pensavo che forse non mi sarebbe mai accaduto, e la cosa mi rattristava quindi cercavo di non pensarci. E quando mi hai posto quella domanda sono andato in crisi, non ero certo di quello che mi stavi chiedendo, temevo di dire qualche sciocchezza. Non credevo che la tua domanda avesse delle implicazioni romantiche … ma mi ha portato a riflettere sulla questione. Ho pensato a quale fosse il significato dell’affetto che provavo nei tuoi confronti, mi sono chiesto cosa ci fosse di speciale in te, cosa ti rendesse più cara ai miei occhi rispetto a tutte le altre persone … ed ero così confuso, non sapevo cosa pensare, non trovavo una risposta e non riuscivo a sbrogliare i miei pensieri. Perciò sono rimasto in silenzio. –
Sai fece una pausa, come se non riuscisse a trovare le parole giuste.
- Ho sbagliato, avrei dovuto chiederti del tempo per riflettere, piuttosto di non rispondere … ma davvero, non pensavo che la tua domanda avesse a che fare con l’amore. Forse semplicemente non riuscivo a crederci. Ma nelle settimane successive la cosa ha continuato a tormentarmi, volevo trovare una risposta alla tua domanda, anche se non sapevo come tu l’avessi intesa. Volevo comprendere il significato dei pensieri che mi avevano affollato la mente qual giorno in ospedale, ma mi sembrava di essere bloccato, in un certo senso. Forse, con il senno di poi, era solo paura. In ogni caso, ero frustrato, non riuscivo a dormire bene. E vedevo che tu eri giù di morale, e temevo di esserne io la causa, il che ha peggiorato la situazione. Così mi sono gettato sui pennelli; dipingere mi aiuta spesso ad organizzare i pensieri. E a quel punto, quando ho riversato i miei sentimenti sulle tele, è diventato tutto così luminosamente chiaro: come se l’avessi sempre saputo e, semplicemente, non riuscissi a ricordarlo, come accade a volte con i vecchi sogni. Eri speciale, lo sei sempre stata, fin dal principio. Per te provavo più effetto che per gli altri, eri più importante … eri indispensabile. Vederti soffrire … mi faceva soffrire, come se il tuo dolore fosse anche il mio, come se con te desiderassi condividere tutto, persino la sofferenza. Era chiaro, limpido, cristallino: ero innamorato. Sono innamorato di te. Fin da quando ho ricominciato a “sentire”, nel mio cuore ci sei stata tu, la tua pazienza, il tuo coraggio, la tua lealtà, la tua dedizione, il tuo sorriso. Tutta te, tutta Sakura. E mi dispiace da morire per quel silenzio, di essere stato colpevole del tuo dolore: è l’ultima cosa che avrei mai voluto a questo mondo. – concluse, guardando le loro mani ancora congiunte.
 
Sakura lo osservò, intenerita: sembrava imbarazzato e agitato, le sue mani tremavano leggermente. Sorrise, avvicinando il viso al suo per farsi guardare.
- Sei molto dolce. –
- Dici? – sussurrò, rivolgendole un’occhiata veloce, prima di distogliere nuovamente lo sguardo.
- Dico. Ho un’ultima domanda, però. Perché, quando hai capito tutte queste cose, non mi hai detto nulla? Avresti potuto dirmi che avevi trovato la risposta alla mia domanda. – chiese, posandogli una mano a lato del viso, costringendolo a sollevarlo. Sai fissò finalmente gli occhi su di lei e prese un respiro, come se dovesse racimolare la forza per andare avanti.
- Sinceramente non credevo che tu avresti mai potuto provare nulla del genere per me. Pensavo che fosse una cosa oltre l’impossibile, temevo che parlandotene ti avrei imbarazzata e basta, rovinando il nostro rapporto, e non avrei mai voluto che accadesse. Io sono disfunzionale Sakura, è evidente. Non comprendo del tutto nemmeno i miei sentimenti, non capisco le battute, metto a disagio le persone perché sono troppo … sincero? E tu hai così tante qualità, piaci a tutte le persone, sei uno straordinario ninja medico e diventerai un’insegnante incredibile. Sei forte, bella e coraggiosa, potresti stare con chiunque desideri. Perché mai avresti dovuto desiderare di passare la tua vita con me? –
In quel momento la ragazza divenne improvvisamente consapevole di quanto umidi fossero i suoi occhi, di quanto i suoi dotti lacrimali si stessero stringendo per tentare di impedirle di lacrimare come una stupida. Nessuno le aveva mai detto nulla di simile, né le aveva mai parlato con così tanta dolcezza e attenzione e, allo stesso tempo, con così tanta disarmante sincerità. O meglio, solo Sai l’aveva fatto, Sai lo faceva da tempo.
- Perché io non voglio chiunque. Io voglio te. – rispose alla sua domanda retorica, accarezzando lievemente la guancia dell’amico con tocco leggero, temendo di rovinare il momento.
- Ne sei certa? –
Sai sembrava nelle sue stesse condizioni; aveva lo sguardo di chi non crede di trovarsi in una situazione reale. E, in effetti, se non fosse stata così abituata agli incubi forse anche lei avrebbe pensato che si trattasse di un sogno.
- Più che certa. – concluse abbracciandolo, una stretta che lui ricambiò immediatamente.
 
- Sakura? – domandò il ragazzo dopo qualche minuto, strofinando lievemente il mento contro i suoi capelli in un gesto dolce e lieve.
- Mmh? –
Era restia a parlare: stava così bene in quell’abbraccio. Sai era caldo, la stretta gentile ma decisa confortante, la felpa morbida contro la pelle della sua guancia e il battito sordo e regolare del suo cuore come un calmante per la sua mente agitata.
- Ti posso baciare? I libri non spiegano esattamente quando ci si può baciare e quando è fuori luogo. Va bene baciarsi ora, vero? Ho tanta voglia di farlo ma ho paura di sbagliare il momento. – domandò, insicuro. Lei sollevò lo sguardo sorridendo, lasciando il conforto della sua spalla per una buona causa.
- Direi che è il momento perfetto. –
Il bacio fu morbido, leggero, tiepido e dolce, diverso da qualunque cosa si fosse aspettata. In quel momento, nella pallida luce crepuscolare, mentre scambiava il suo primo bacio in una stanza che odorava di trementina, umidità e colore ad olio, pensò che fosse valsa la pena di attendere per tutti quegli anni pur di provare quella pace interiore e, contemporaneamente, quella strana infiammazione dei sensi. Sai le aveva posato una mano sulla nuca e passava le dita tra i suoi capelli, l’altra mano le sfiorava il viso; lei gli abbracciava la vita, sfiorando con le dita la pelle liscia del suo fianco, sotto la felpa leggermente sollevata. Era un momento perfetto, non c’era altro modo per definirlo.
Pensò brevemente che quello che aveva detto Kakashi era tremendamente vero: quando l’amore arriva lo sai, senza possibilità di errore, e lei in quel momento sapeva, oltre ogni ragionevole dubbio, che lei e Sai avevano entrambi trovato la persona giusta.
 
- Ma tu sei sicuro che ti vado bene? – domandò, una volta interrotto il bacio.
- Certo, te l’ho detto. Io ti adoro. –
- Sicuro? Un tempo non la pensavi così … mi prendevi in giro per il seno piatto! – commentò, ridacchiando. Non poteva farci nulla, metterlo in imbarazzo le piaceva, di tanto in tanto. La reazione di Sai, come previsto, non si fece attendere: distolse lo sguardo e arrossì lievissimamente, sulle spine.
- Ehm, non dicevo sul serio, volevo solo … essere irritante. Mi riusciva bene irritare le persone. A volte ho l’impressione di irritarle ancora. –
Sakura questa vola rise davvero, come solo chi sta provando una felicità assoluta riesce a fare. Si accostò a lui, dandogli delle leggere pacche sulla schiena, come a volerlo consolare.
- Più che altro le spiazzi! In ogni caso, se sei certo che anche il mio seno inesistente ti va bene … - insinuò, ammiccante. Il ragazzo questa volta ridacchiò, conscio della sua presa in giro, quindi le diede un leggero bacio sulla fronte, circondandole la vita con le braccia.
- Va bene. Tu vai benissimo, Sakura. Sei perfetta. –
- Nessuno è perfetto. – si schermì lei, ricambiando l’abbraccio.
- No, ma tu sei perfetta per me. -


 
Fine




 
Note finali: Eccoci qui, alla fine della storia. Vi ringrazio innanzitutto per aver seguito/letto/schifato questa cosa, che doveva essere un breve esperimento ma è finita con il diventare la mia storia più lunga (e per fortuna che non vado matta per Sakura :D). E' stato un tentativo, nulla di più, di creare una Sakura migliore, più forte, che sa prendere dalla vita ciò che vuole nonostante le paure e le insicurezze ... una Sakura più umana, in fin dei conti. Spero che abbiate apprezzato la storia e, nel caso abbiate tempo e voglia, fatemi sapere cose ne pensate, anche se vi ha fatto mortalmente schifo, sapere è il mezzo per poter cambiare. Segnalatemi senza problemi, come sempre, eventuali errori: a volte mi si incrociano gli occhi e me li perdo.
Inserirò la storia tra le concluse, perchè la trama principale si è cnclusa, ma inserirò sicuramente almeno un paio di extra che sto già sviluppando, uno serio e uno essenzialmente idiota. Indovinate chi saranno i protagonisti di quello idiota? Si, proprio quei due cretini :D
Inoltre, non so quando ma so sicuramente che accadrà, inserirò almeno altri due extra per "Respirare" (non riesco a lasciarlo in pace quel povero obrobrio) e ... inizierò probabilemte un'altra storia, sempre legata a questo "mondo". Protagonista indiscusso sarà (rullo di tamburi) Kakashi, che amo e venero, e il mio personalissimo dio della scrittura mi picchierebbe se ancora non creassi nulla su di lui. Perciò, se almeno uno di questi progetti vi interessa ... stay tuned!
Alla prossima!


Pendincibacco



 
  
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