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Autore: Lexi Niger    16/02/2009    5 recensioni
Cinque anni. Sono rimasti separati a lungo, senza cercarsi affatto. Ora Blair ha bisogno dell'aiuto di Chuck per scoprire un segreto che le è stato a lungo nascosto. Lo convincerà? Insieme verranno a capo al mistero? Un incontro il loro che cambierà necessariamente lo scorrere ordinario delle giornate di entrambi.
Genere: Romantico, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao!
Eccomi qui con una nuovo capitolo. Vi confesso che ci ho messo molto ad elaborarlo per non tradire l'indole dei personaggi, spero di esserci riuscita.
Mi lasciate un commentino?
Grazie a presto.



Capitolo 4.


Odiava trovarsi in situazioni che non poteva prevedere e di cui non aveva cercato le soluzioni.
In quel caso, poi, non avrebbe nemmeno potuto ordinare a qualcun altro di rimediare al suo posto, visto che in quella stanza c'era solo lui, se si escludeva la causa di ogni sua preoccupazione, ovviamente.
< Speravo non fossi mio cognato > rispose alla perplessità della sua uscita precedente, carica di frustrazione.
Blair Waldorf fece finta di osservarsi, come se non conoscesse il proprio aspetto, al solo scopo di innervosirlo.
< Direi che sei stato fortunato. Benchè tuo cognato possa avere fattezze effeminate, non credo mi somigli > sorrise compiaciuta di averlo spiazzato.
Chuck Bass buttò giù in un sorso le due dita di scotch che si era versato, tentando inutilmente di recuperare il controllo della situazione.
Il liquido ambrato gli bruciò la gola, impedendogli di ribattere subito.
< Avrei voluto rimanere solo > sottolineò appena riuscì, con voce leggermente roca.
Sperava che lei recepisse il messaggio e se ne andasse dal suo studio, che aveva cominciato a sembrargli troppo piccolo ed eccessivamente caldo.
La ragazza si voltò, avvicinandosi alla porta, e il giovane tirò un sospiro di sollievo: gli pareva impossibile aver ottenuto ciò che voleva, senza nemmeno una flebile protesta da lei, di cui conosceva la testardaggine.
Si voltò verso il mobiletto alle sue spalle, deciso a festeggiare il successo con un altro po' di liquore, d'altronde lei non aveva salutato, quindi lui era autorizzato a fare lo stesso.
Il suono che sentì, tuttavia, e che lo bloccò all'istante, non fu quello di una porta che si chiude, ma di una chiave che ruota nella serratura, emettendo un sonoro tac al termine del giro.
< Che diavolo fai? > chiese, voltandosi immediatamente verso la ragazza.
Lei sorrise, compiaciuta, infilando la chiave nella borsa che portava al braccio, del tutto indifferente al suo disappunto.
< Non me ne andrò così facilmente > confermò, mentre prendeva posto in una poltrona di pelle al centro della stanza, invitandolo a fare lo stesso, per avere una conversazione civile.
< Ho una festa a cui è richiesta la mia presenza, purtroppo non ho tempo da dedicarti > replicò, avvicinandosi allo schienale della poltrona, rimanendo comunque in piedi, come se questo gli garantisse un qualche margine di vantaggio.
< Non mi sembrava ti entusiasmasse l'idea > sottolineò lei, sapendo di avere ragione.
< No, infatti, ma ho dei doveri da rispettare > ammise lui, cercando di nascondere quanto questo aspetto della vita matrimoniale gli andasse stretto.
< Una volta non l'avresti mai detto e le tue feste non sarebbero sembrate ritrovi di ricreazione per anziani > continuò la giovane, stupita dalle sue parole.
Chuck Bass sorrise, quasi nostalgico, celandosi dietro al cristallo che si portò alle labbra, meccanicamente, per guadagnare secondi preziosi.
< Le persone cambiano > confermò, una volta assicuratosi di essere obiettivo.
Per qualche minuto calò il silenzio, mentre entrambi si osservavano, silenziosamente, chiedendosi quanto di quello che sapevano l'uno dell'altro fosse ancora valido, dopo cinque lunghi anni di lontananza, in cui non si era mai sentiti.
Nemmeno una volta, neanche per messaggio o per mail.
Gli occhi del ragazzo non abbandonarono mai il corpo di lei, sostando sul viso dai grandi occhi espressivi, sulle labbra piene messe in risalto dal rossetto rosso, per poi percorrere il suo esile corpo, fasciato da un abito lilla che le arrivava sopra il ginocchio, mostrando parte delle sue gambe sottili, fasciate da semplici collant color carne.
Anche Blair osservava Chuck, forse con meno insistenza, alla ricerca di qualche tratto diverso, che lo rendesse indissolubilmente proprietà di un'altra donna, una donna che lei già sapeva di detestare, cordialmente s'intende.
Fu lei a rompere quel momento di attesa, in cui nessuno dei due aveva avuto il coraggio di parlare, come consapevoli che avrebbero rovinato l'atmosfera, altrimenti perfetta, che si era creata.
< L'amicizia, però, rimane intatta > disse, cercando di non sembrare fragile o illusa.
Chuck si prese il tempo per rispondere, sapendo che la sua non era una domanda: lei non metteva in dubbio quello che avevano condiviso in passato.
Ma lui poteva cancellare il loro addio, conservando solo tutti i momenti belli che avevano trascorso insieme, prima di quel momento?
No, lo sapeva bene.
Si era imposto di cancellare il passato, il loro passato, per continuare una vita senza il suo fantasma che lo tormentava, lasciandolo soffrire nel rimpianto, da solo.
< Le amicizie svaniscono > confermò, distogliendo lo sguardo, sicuro che in caso contrario non avrebbe avuto la forza per mettere ancora una volta la parola fine al loro rapporto.
Blair si alzò in piedi, abbandonando la borsa sulla poltrona, mentre si avvicinava insicura.
< Ho bisogno di un favore, Chuck > ammise, fermandosi a meno di un metro da lui.
Il suo profumo arrivò distintamente alle sue narici, inebriandolo, mentre si chiedeva da quanto tempo non sentiva pronunciare il suo nome con quel vezzeggiativo che aveva tanto amato e che sua moglie si rifiutava di utilizzare, reputandolo infantile.
Lui si chiamava Charles, un nome così importante da non ammettere sciocchi diminutivi.
< Non ti devo niente, Waldorf > replicò, sottolineando con attenzione il suo cognome.
Una volta l'aveva usato spesso per rivolgersi a lei con affetto, ma in quell'occasione il suo tono freddo ammetteva un'unica possibile interpretazione: distacco.
< Mi serve il tuo aiuto > continuò la giovane, incapace di arrendersi alla freddezza di quello che lei continuava a considerare un amico, il più importante probabilmente.
Chuck Bass rise amaramente, lasciandola perplessa ad attendere la sua risposta, mentre il respiro si faceva accelerato.
< Hai centrato il punto, Waldorf: ti servo >.
La ragazza si morse il labbro inferiore, mentre mentalmente si dava della stupida per non aver prestato abbastanza attenzione alle parole, conoscendo l'abilità di lui nello sfruttare ogni minuscolo sbaglio.
< Non intendevo quello > tentò di difendersi, sapendo in anticipo che a lui non sarebbe bastato.
< Ti sbagli, intendevi perfettamente quello che hai detto. E io non ho alcuna intenzione di lasciarmi utilizzare da te > concluse il giovane, ignorando il suo debole tentativo di scusarsi.
< Non ti ho mai usato, Chuck > replicò lei, accendendosi per quell'accusa poco celata che lui le aveva rivolto, provocandole un dolore sordo all'altezza del petto.
Il giovane si avvicinò rapidamente, annullando la distanza tra loro in un attimo.
Averla così vicino non aiutava assolutamente a mantenere la mente sgombra da altri pensieri, assolutamente inadatti alla situazione, ma la rabbia che gli era montata dentro era tale da metterli in secondo piano, in un angolo della sua coscienza.
< Tu mi hai usato Blair > iniziò, mentre il suo tono di voce abbandonava la pacatezza mantenuta fino a quel momento, per alzarsi di qualche ottava, < mi hai usato quando Nate ti ha lasciato, lo sappiamo entrambi. E più tardi, quando ti serviva avermi accanto, frequentando Yale: dopotutto il figlio di un milionario ha il suo fascino non trovi? >.
La ragazza lo guardava dritto negli occhi, mentre sentiva la stabilità sulle gambe venir meno: sarebbe caduta sicuramente se il braccio di lui non la stesse stringendo così tanto da impedirle qualsiasi movimento.
< Eppure non ti sei fatta scrupoli a pensare a te stessa quando hai capito che la mia carriera ti avrebbe costretta a delle scelte. Sei semplicemente un'egoista Waldorf, indegna di chiedermi aiuto > le sputò in faccia pieno di risentimento, mentre sentiva il bisogno di ingerire un altro po' di scotch invecchiato.
La lasciò, tornando al bicchiere che aveva lasciato sulla libreria al suo fianco, prima di quello scatto di rabbia che sapeva essere stato inopportuno: le aveva mostrato quanto aveva sofferto per quello che era successo tra loro anni prima, ma se questo fosse servito a cacciarla, allora poteva accettarlo.
< Non sarei venuta se non fosse stato indispensabile. Ho anch'io il mio orgoglio > ammise lei, mentre recuperava la borsa dalla poltrona.
Chuck la guardò un istante, scorgendo la sua espressione sfiduciata e gli occhi stanchi di chi era afflitto da una preoccupazione che lo teneva sveglio anche di notte.
Conosceva quei sintomi, li aveva sperimentati in prima persona da quando si era gettato, anima e corpo, nella conduzione della compagnia del padre, con l'obiettivo di ingrandirle.
Ma non per questo poteva avere compassione di lei, che gli aveva mentito così spesso, tradendo del tutto la sua fiducia, quando lui invece le aveva donato se stesso, senza riserve.
< Il tuo orgoglio ti riporti in America allora, qui non c'è nulla per te > concluse serio, senza traccia di rimorso per quelle parole dure.
La fissò negli occhi, vedendo il peso della definitiva sconfitta farsi largo sul suo viso, prima che lei si voltasse, nascondendosi alla soddisfazione di lui.
Aveva vinto, aveva mantenuto i suoi propositi, messi in dubbio dall'improvvisa ricomparsa di lei, eppure non ne trovava gioia.
La giovane cercò velocemente le chiavi nella borsa, estraendole e avvicinandosi alla porta per aprirla.
Fece scattare la serratura nel silenzio più assoluto e, prima di andarsene, si voltò verso di lui, in quella che sembrava una muta supplica.
Blair Waldorf aveva gli occhi umidi, prossimi alle lacrime: non gli era sfuggito, nemmeno nella penombra della stanza.
Con un cenno si accomiatò, mentre il giovane si accomodava nella stessa poltrona su cui si era seduta lei, cercando qualche traccia della sua presenza.
Un lieve bussare alla porta lo costrinse a sollevare lo sguardo verso l'ingresso, mentre rimaneva in quella stessa posizione, convinto che la festa avrebbe potuto aspettare un altro po'.
< Chi è quella sgualdrinella che è uscita da qui, un attimo fa? > esordì Jacques sorridendogli malizioso.
Chuck Bass fu costretto ad affondare le dita nei braccioli della poltrona, mentre le nocche sbiancavano al suo tentativo di trattenersi dal prendere a pugni il cognato, fino a ridurlo in una condizione che avrebbe richiesto il ricovero d'urgenza in ospedale.
< Nessuno > rispose, quando fu certo che la sua voce non avrebbe vibrato di nervosismo represso all'interrogativo di quell'uomo, la cui presenza, in quel frangente, era assolutamente indesiderata.
Dall'occhiata scettica che quest'ultimo gli rivolse capì di non aver convinto nemmeno lui.
Oltre a se stesso, ovviamente.



Spazio autrice:

-vale: davvero miglioro?! Meno male, sono felice che la storia ti coinvolga. Hai ragione è strano vedere Chuck sotto queste vesti XD
-kaho: hai visto che non sono stata sadica?! Ho cercato di mantenere Chuck abbastanza fedele alla serie, anche se il fatto che siano passati 5 anni qualche cambiamento lo ha portato. Il cognato lo adoro anch'io, è il primo personaggio di questo genere che creo XD
  
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