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Autore: aasil    09/10/2015    9 recensioni
Christine parte per il college e porta con sé una valigia ricolma di sogni e speranze. E' convinta di condividere la sua nuova casa con altre quattro ragazze, ma il destino ha deciso di aggiungere un po' di pepe alla sua vita.
Dal primo capitolo:
"Quello che mi trovai davanti fu ben diverso da ciò che mi aspettavo.
«T-tu non sei.. Una ragazza» Mi sentii dire. Non lo avevo detto a voce alta vero? A giudicare dalla risata del ragazzo appoggiato allo stipite della porta, l'avevo fatto eccome.
«Direi di no, e visto che abbiamo appurato questa grande notizia, vattene via che devo tornare a finire la mia doccia.» Notai in quel momento lo stato in cui si trovava: i capelli castani erano spettinati e ancora bagnati, goccioline d'acqua imperlavano il suo volto dai lineamenti perfetti e un accenno di barba intorno alla bocca lo rendeva tremendamente sexy."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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ALEX




POV Alex

 

Mi rigirai nel letto scosso da un brivido, le immagini di ciò che avevo fatto continuavano a girare nella mia mente. I suoi occhi così profondi e scuri che mi guardavano quasi imploranti di concederle quel bacio che da tanto desiderava, le sue guance arrossate, il suo respiro agitato..
Mi ero lasciato trascinare in una cosa più grande di me, non avrei dovuto permetterlo. Se non fosse entrata Emily scossa dal pianto a interromperci, probabilmente avrei reso mia Chris su quel divano, e lei non si sarebbe opposta. Sentire le sue mani dolci su di me, il suo accarezzarmi come se fossi la cosa più preziosa del mondo mi avevano fatto sentire completo e finalmente in pace con me stesso.
Quella pace però era durata poco e in quel momento nel letto, da solo con la mia coscienza, analizzavo tutti gli errori commessi dal primo all'ultimo.
Tenevo abbastanza a Chris da non poter permettere che quell'episodio potesse in qualche modo compromettere le audizioni, la musica era il suo sogno.
Come potevo aver percepito che baciarla fosse la cosa più naturale da fare?
Chris era la la sosia, la fotocopia esatta della mia Chris.
La mia Christal.
Stessi capelli ondulati fino alla spalla, stesso naso all'insù, stesse guance piene e rosee, stesso profilo morbido della mascella, stessa altezza e quasi lo stesso nome. Solo gli occhi erano diversi, quelli di Christal erano dello stesso colore dei miei.
Come potevano esistere due ragazze completamente identiche? Come potevo averle conosciute entrambe? Questo mistero me lo sarei portato dentro per tutta la vita, qualcuno lassù mi aveva inviato una punizione per ciò che avevo fatto.
La prima volta che avevo visto Christine era stata una pugnalata in pieno petto. Avevo tirato fuori la parte peggiore di me per tenerla lontana, per proteggerla, ma non era bastato.
Era testarda, non sapeva in che situazione si stava gettando a capofitto. Come potevo arrendermi al desiderio bruciante che avevo di lei, se ogni volta che la guardavo mi ricordava in qualche modo Christal?
Col tempo avevo iniziato a notare delle differenze fra loro, il modo in cui Christine si spostava i capelli dietro l'orecchio, oppure come arricciava il naso quando qualcosa non le riusciva. Era anche più forte caratterialmente, mi aveva stampato uno schiaffo sonoro in faccia per non darmela vinta, mentre Christal non avrebbe mai avuto il coraggio di farlo.
Uguali ma diverse, mentre assaporavo le sue labbra i miei pensieri non avevano nemmeno lontanamente sfiorato Christal, perchè tutto ciò che volevo era lei, lei in carne ed ossa. Lei Christine Williams.
Perchè mi ero trovato in quella situazione? Sarei dovuto fuggire da quella casa appena l'avevo vista. Mi ero ripromesso che non le avrei permesso di entrare nella mia vita e invece lei aveva preso a sassate la mia barriera e l'aveva distrutta. Era entrata nel mio cuore senza che me ne accorgessi. Come mi sarei comportato l'indomani quando avremmo dovuto provare le canzoni insieme? Decisi che dormirci su era l'unica soluzione, quindi mi sforzai con tutto me stesso di rilassarmi e mi addormentai con il viso sorridente di Christine nella mente.

 


***


 

Avevo impostato la sveglia all'alba in modo da uscire prima che lei si svegliasse e mi venisse incontro raggiante.Volevo stare un po' da solo, lontano da lei, anche se sapevo che questo l'avrebbe ferita.
Salii sulla mia auto scura parcheggiata davanti al nostro appartamento e partii senza una meta.  
Guidavo e sentivo la tensione aumentare mano a mano che i kilometri mi separavano da Chris, la volevo con tutto me stesso anche se sentivo che era sbagliato.

Averla vista in quelle condizioni al club Skyfall aveva scatenato in me una reazione che non riuscivo ancora a spiegarmi del tutto. Sentivo che lei era solo mia, nessuno poteva toccarla, e vederla subire le violenze di quel bastardo mi aveva accecato dalla rabbia.
Parcheggiai davanti al cimitero di Tucson, la forza dell'abitudine mi aveva portato lì ancora una volta. Scesi e percorsi il sentiero fra le lapidi, era un ambiente curato, l'erba era tagliata di fresco e su ogni pietra sepolcrale spiccavano fiori colorati. Mi sedetti su un grosso sasso levigato vicino a Christal.
«Come stai sorellina?» Sussurrai come se potesse sentirmi.
Mi era capitato spesso di confidarmi con lei, anche se ormai non potevo più ricevere alcuna risposta. Le raccontai di come andavano le cose a Phoenix e le parlai di Christine.
Christal era stata una bravissima pianista, ma sapeva anche cantare. Viveva per la musica e io dopo la sua morte avevo deciso di inseguire il suo sogno. Lei era l'unica persona di fronte alla quale riuscivo a cantare, forse perchè era nostra abitudine farlo fin da quando da piccoli nostro padre ci lasciava soli ogni notte per spassarsela con i suoi amici o con qualche prostituta.
Non sarei mai stato in grado di affrontare un palco e soprattutto di affrontare Christine, perchè cantare davanti a lei avrebbe evocato sensazioni troppo dolorose che ormai erano anni che tentavo di reprimere.
Sulla tomba di Christal c'era un mazzo di tulipani ormai appassiti e marcescenti che avevo portato io due settimane prima. Quel giorno non avevo portato fiori nuovi perchè non era in mio programma farle visita e, ovviamente, nostro padre non si era preoccupato di cambiarli. A lui non importava di niente e di nessuno.

Avvocato di grande fama, pensava solo alla sua carriera e ai suoi divertimenti. Lo odiavo da quando avevo ricordi. Passai una mano sulla foto della mia sorellina per togliere la polvere che la offuscava e poterla osservare.

Era doloroso guardarla con lo scopo di trovare qualcosa di nettamente diverso da Chris, qualcosa che alleggerisse il macigno sulla mia coscienza.
Era nata un anno prima di me, e per la poca differenza di età eravamo cresciuti insieme, il nostro legame sembrava indissolubile fino a quando la sua vita era stata spezzata.
Spostai lo sguardo sulla lapide accanto. Era quella di Hanna Becket, la donna che ci aveva partoriti ma che non avevamo mai conosciuto veramente, per causa mia.
Morta di parto all'età di soli venticinque anni, i dottori avevano dovuto decidere se salvare me o lei e per mia sfortuna avevano scelto me.
Se non fosse morta probabilmente la mia famiglia sarebbe stata molto più felice, e mio padre non sarebbe diventato odioso e menefreghista.
Presi il taccuino dalla tasca della camicia a quadri blu che indossavo e iniziai ad appuntare qualche frase senza senso, lo facevo sempre, mi piaceva pensare che quello fosse il modo in cui Christal parlava con me. Quel giorno però la mia sorellina era silenziosa e le uniche parole che riuscii a scrivere furono rivolte a Christine. Descrissi i suoi occhi, di un marrone scuro come il cioccolato fondente, della luce di vitalità che brillava sempre nel suo sguardo quando incrociava il mio.
Mi mancava, era appena mezzogiorno e avevo una voglia insaziabile di vederla. Continuai ad appuntare i miei pensieri sul taccuino, a volte nel migliore dei casi si trasformavano in canzoni che non avrebbe mai cantato nessuno.
«Cosa devo fare Chris?» Le chiesi, usando quel diminutivo che le rappresentava entrambe. Strinsi nel pugno l'anello che mia nonna le aveva regalato per i suoi diciotto anni e trovai la forza di alzarmi.
Dovevo provarci, dovevo riuscire a stare vicino alla ragazza di cui mi stavo innamorando senza rovinare tutto come al solito. Questa volta avrei combinato qualcosa di buono, era impossibile che la mia vita fosse un completo fallimento.
Mi fermai a mangiare in una tavola calda prima di rimettermi in viaggio per tornare a casa. La cameriera era un'avvenente ragazza sulla ventina, aveva i capelli dorati e un bel paio di occhi azzurri, per non parlare del decolté davvero niente male. Perchè pur essendo così bella non riusciva a scatenare niente in me? Se mi fossi innamorato di una come lei forse sarebbe stato tutto più semplice, ma io non avevo mai amato le cose facili. Complicarmi la vita era da sempre una delle mie più grandi passioni. Risi amaramente di questa osservazione mentre ancora fissavo la cameriera, e lei mi lanciò uno sguardo ammiccante di rimando.
«Desideri qualcos'altro?»Mi chiese in modo avvenente. Era la tipica ragazza per cui Sam avrebbe perso la testa, era sempre stato attratto dalle ragazze-barbie senza quoziente intellettivo e io lo avevo sempre preso in giro per questo. Emily era l'ennesima oca con cui aveva tentato di stabilire una relazione stabile ma gli era nuovamente andata male. Se continuava a concentrarsi sull'aspetto puramente fisico non sarebbe mai riuscito ad essere felice. Ma chi ero io per giudicarlo? L'unica ragazza per cui avevo provato una vera attrazione era uguale a mia sorella..
Mi accorsi che la cameriera era ancora lì a fissarmi e le risposi prima che pensasse che volevo davvero uscire che lei.
«Il conto, grazie.» Abbassò lo sguardo, forse in imbarazzo, e tornò pochi secondi dopo con lo scontrino.
Il viaggio di ritorno durò più del previsto, c'era un grosso incidente sull'autostrada e rimasi fermo nell'ingorgo per più di due ore.
Quando rientrai in casa fui colto dal profumo di carne alla griglia, e vidi Sam in cucina.
«Cosa ci fai qui? Ti sei riappacificato con Emily?» Dissi confuso.
«Ieri sera mi sono comportato da stronzo. Oggi sono venuto a riparlarle e abbiamo fatto un accordo, ma non stiamo più insieme.»
«Mi dispiace Sam.» Era il mio migliore amico e mi pareva il minimo consolarlo anche se non approvavo per niente Emily.
«Non preoccuparti, è meglio così. Ho capito che lei non faceva per me, sono un po' confuso sui miei sentimenti al momento..» Finì la frase in un sussurro.
«C'è un'altra ragazza per caso?» Ero abbastanza sconcertato, in passato aveva fatto passare mesi se non anni fra una relazione e l'altra.
«Non lo so ancora Alex.. Ma dove sei stato tutto il giorno? Ti avrò chiamato cinquanta volte!»
«Avevo lasciato il cellulare a casa e volevo stare per un po' da solo..»
«Sei andato a trovarla?» Sam mi conosceva come le sue tasche e io sapevo benissimo a chi si riferisse.
«Si..»
«Stai bene?» Non lo sapevo nemmeno io.
«C'è Chris?» Evitai la sua domanda, ponendogliene un'altra che mi interessava molto di più.
«Si è nella sua stanza, è tutto il giorno che ti cerca.»
«Sono contento che tu sia tornato a vivere qui Sam, stare da solo con tre donne non è stato facile.» Scoppiò a ridere e mi dette un pugno sulla spalla in modo amichevole.
«Comportati bene con lei.» Annuii e mi diressi verso la sua stanza.
Prima di entrare mi fermai davanti alla porta, immobile e indeciso, come al solito. Sentii la sua voce, stava cantando “My heart will go on”. Il suo timbro era totalmente diverso da quello di Christal, aveva delle sfumature più calde e particolari che rendevano la sua voce speciale e più bella di qualsiasi altra avessi mai sentito.
Bussai ma non ebbi risposta, così entrai con cautela. Chris era seduta a gambe incrociate sul letto, aveva gli occhi chiusi e le cuffie nelle orecchie, non si era accorta di me.
Mi beai di quella visione e capii che la ragazza che avevo di fronte era unica e totalmente diversa da mia sorella, anche se le assomigliava fisicamente.
Aprì gli occhi e lessi la sorpresa nel suo sguardo, che fu subito sostituita dalla rabbia. Strappò le cuffie dalle orecchie con foga e venne verso di me con fare accusatorio.
«Tu, brutto stronzo!» Mi prese a pugni e io non potei che sorridere di quella sua reazione. Era così carina quando si arrabbiava, sembrava una gattina infuriata. Le bloccai le mani con facilità e la avvicinai a me, arrossì subito e il mio sorriso si ingrandì ancora di più. La baciai, per la seconda volta, lasciai andare i suoi polsi e l'abbracciai. Lei si appoggiò al mio petto e si rilassò, era così minuta e dolce, si aggrappò alla mia maglietta come se quasi le mancasse la terra sotto i piedi. La strinsi più forte per farle capire che ci sarei sempre stato, che non l'avrei mai abbandonata. Le passai una mano fra i capelli morbidi e fui circondato dal suo profumo di vaniglia. Mi sentivo completo come se ogni parte di me avesse trovato il suo posto, e finalmente felice.





Buon pomeriggio, vi ringrazio per il sostegno che mi avete dato e per l'aiuto nel ritrovare l'ispirazione. Citando la dolcissima 
emmegili:"In fondo è questo il bello della scrittura".
Sono felice di essere riuscita ad andare avanti, voglio portare a termine questa storia, perchè ormai fa parte di me.
Dire che vi adoro tutti dal primo all'ultimo è riduttivo, grazie per le recensioni, per aver messo la mia storia fra le seguite/preferite/ricordate e grazie anche per le letture silenziose! ♥
Ci sentiamo venerdì prossimo !! 
Bacioni
Aasil

   
 
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