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Autore: darkrin    11/10/2015    1 recensioni
1. Quando Felicity ha diciassette anni, per una settimana non rivolge una parola a sua madre.
Una Felicity diciassettenne pensa che sia più facile rimanere in silenzio piuttosto che tentare di spiegare a sua madre perché Las Vegas non sia abbastanza per lei, perché voglia altro e perché tutti i sacrifici fatti da sua madre non siano mai abbastanza; perché anche Felicity si stia preparando ad abbandonarla. / o di cinque volte in cui Oliver e Felicity scelgono l'opzione più semplice e di una in cui non lo fanno.
( accenni di Sara/Oliver e Ray/Felicity + bonus Donna Smoak e Tommy Merlin che fanno una comparsata)
(Prima una one-shot, ora una raccolta discontinua di Olicity)
2. A dargli il sospetto che ci sia qualcosa di sbagliato è il pelapatate. (ambientata tra la fine della s3 e la 4x01)
3. Viene fuori che non è troppo presto. Che, ben presto, è troppo tardi. (Felicity Darhk!AU, angst, major character death)
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Felicity Smoak, Oliver Queen
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Avvertimenti: ambientata tra la fine della s3 e la 4x01 | Flash fic (500 parole tonde tonde), fluff, commedia, romantico, slice of life
Note: - Chiaramente non so più scrivere cose che non siano stupidissime e non so neanche dare titoli.
- Non sono pienamente sodisfatta di come sia venuta, ma tant'è.
- Scritta per La corsa delle 48 ore indetta dal forum La Torre di Carta in risposta al prompt: pelapatate.
- NO BETA quindi segnalatemi qualsiasi svista, errore, strafalcione.


 

Di pelapatate ed altre scoperte
 
 
 
Sono in viaggio da mesi, quando decidono di abbandonare motel – in cui si fermano quando il desiderio di sentire l’altro addosso, di sapere che sono vivi e insieme e felici, felici, felici, è troppo forte per proseguire – ed alberghi di lusso, per affittare una villetta minuta, tutta pareti bianche e mobili chiari, che dà su una minuscola spiaggetta privata. Oliver non ama il mare, non pensa che potrà farlo mai più, ma lo squittio eccitato che Felicity esala, varcando la soglia, e la luce che ha negli occhi quando si volta a guardarlo gli riportano alla mente quell’immagine tutta bianca e morbida che un Oliver bambino aveva del paradiso.
Quasi subito, Felicity annuncia che devono, anzi deve, cucinare qualcosa per commemorare quello che hanno: una casa, da qualche parte del mondo e non importa che sia solo per una settimana, non importa che non sia davvero loro perché sono insieme ed è una casa e –
Felicity, la richiama, Felicity. E Felicity si morde le labbra e lo guarda da sotto ciglia che sembrano lunghe come la strada che hanno percorso per ritrovarsi e che gettano ombre scure sulle sue guance arrossate. Quando la bacia, la ragazza esala un leggero singulto contro le sue labbra, gli porta una mano sul petto, all’altezza del cuore, e stringe le dita intorno alla stoffa della sua camicia. Non ti lascio andare, sembra volergli dire.
 
 
 
- Smettila di distrarmi e lasciami cucinare! – esclama ed è solo perché la sua voce ha raggiunto vette pericolosamente alte, che Oliver lascia cadere le mani che aveva portato ai fianchi della donna ed effettua una rapida ritirata.
 
 
 
A dargli il sospetto che ci sia qualcosa di sbagliato è il pelapatate.
- Felicity – la richiama con voce morbida per non spaventarla e rischiare di vederla tagliarsi un dito o scagliargli addosso l’oggetto come fosse un freesbee.
La ragazza si limita ad esalare un mugolio distratto, con il naso infilato nel grosso libro di ricette posato sul bancone e la fronte leggermente corrugata. In una mano tiene una patata martoriata e nell’altra il terribile attrezzo con cui l’ha torturata per mezz’ora.
Oliver ha imparato a cucinare su un’isola che sembrava l’inferno e in cui l’unico lusso era la possibilità di cuocere gli alimenti che si sarebbero, altrimenti, rivelati tossici ed anche quello non sempre era possibile. Certe volte bisognava rassegnarsi a mangiarli crudi e sopportarne le conseguenze pur di tirare avanti un altro giorno e sopravvivere ad un’altra notte insonne, passata a scrutare le fronde degli alberi e ad ascoltare il brusio della foresta alla ricerca di un rumore o di un singulto fuori posto, di un segno che qualcuno si stesse avvicinando.
Non è un cuoco e non può averne la certezza, ma è convinto che un pelapatate non andrebbe tenuto a quel modo, a meno che Felicity non stia pensando di usarlo come arma contundente e, in quel caso, il coltello distrattamente abbandonato sul tavolo sarebbe una scelta indubbiamente migliore.
- Felicity – prova ancora. – Hai mai cucinato? -
 
 
 
 

 
   
 
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